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Avviato il 27 febbraio scorso, come avevamo segnalato sulle nostre pagine, proseguirà il 10 aprile (ore 17), il ciclo di tre incontri dedicati alla disfagia (deglutizione difficoltosa), promosso dalla UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), in collaborazione con MedicAir.
Coordinato da Anna Mannara, consigliera nazionale della UILDM e nutrizionista, questo appuntamento, anch’esso online, sarà dedicato al tema della Gestione del pasto nel paziente con disfagia e vi interverrà l’infermiera di MedicAir Alice Cescutti (per partecipare, fare riferimento a questo link). (S.B.)
L'articolo La gestione del pasto nelle persone con disfagia proviene da Superando.
Il termine Inspiration Porn è stato coniato dall’attivista e scrittrice australiana Stella Young e descrive un fenomeno tanto diffuso quanto invisibile: la tendenza a rappresentare le persone con disabilità come “eroi” o “fonti di ispirazione” per il solo fatto di vivere la loro quotidianità.
Non si tratta di pornografia nel senso classico del termine, ma di una forma di oggettificazione emotiva. Le persone con disabilità vengono mostrate in spot, articoli o meme come “esempi” da ammirare, spesso accompagnati da frasi come «Se ce l’ha fatta lui, che è in carrozzina, allora puoi farcela anche tu». Oppure: «Non si è arreso nonostante la sua condizione» ecc.
L’obiettivo di questi messaggi non è migliorare le vite delle persone con disabilità, ma far sentire meglio chi non le vive. È uno sguardo paternalista, che gratifica lo spettatore “normodotato” e trasforma la disabilità in uno strumento di motivazione altrui.
L’Inspiration Porn è dannoso ed è un problema perché disumanizza, nel senso che riduce la persona a un simbolo, ignorando la sua complessità, i suoi diritti, i suoi bisogni. Sdrammatizza le discriminazioni, facendo sembrare cioè, che con la sola forza di volontà, si possano superare barriere che in realtà sono sistemiche e sociali. Inoltre, non fa altro che rinforzare gli stereotipi, cosicché l’“eroe disabile” o l’“angelo speciale” diventano l’unica narrazione possibile, escludendo chi non corrisponde a questo modello. Lo scopo non è includere davvero, ma commuovere, rassicurare chi guarda da fuori o raggiungere altri fini.
La lotta contro l’abilismo, ovvero la discriminazione basata sulla disabilità, passa anche da un cambio radicale di narrazione. Non si tratta di evitare di raccontare le storie delle persone con disabilità — con i loro limiti, talenti, pregi e difetti — ma di farlo con rispetto, ascoltando le loro voci, senza semplificazioni, senza romanticizzare e senza trasformare la disabilità in una “lezione di vita” per gli altri. È un aspetto su cui tutti — anche noi stessi, persone con disabilità — dovremmo imparare a prestare più attenzione.
Come disse Stella Young: «Io non sono la vostra ispirazione, grazie. Non per il semplice fatto di essere andata a scuola o di vivere la mia vita».
L’inclusione non si fa con slogan motivazionali, ma con diritti, accessibilità, rappresentazioni realistiche e rispetto. E le persone con disabilità non devono essere un “motivo di ispirazione” per gli altri, ma protagoniste della propria storia, come chiunque altro.
*Attiva-Mente è un’Associazione della Repubblica di San Marino (contatto@attiva-mente.info).
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«Le Unità Spinali costituiscono per noi, persone mielolese, l’unico punto di riferimento, in àmbito sanitario, per tutta la durata della vita, dopo la fase acuta»: lo ha detto Filippo Preziosi, presidente del Comitato Consultivo Misto all’Istituto Riabilitativo Montecatone – la nota struttura di Imola (Bologna) impegnata nella riabilitazione di persone mielolese o con grave cerebrolesione acquisita – durante il collegamento con Palazzo Chigi, promosso il 4 aprile, in occasione della Giornata Nazionale della Persona con Lesione Midollare, evento di cui abbiamo ampiamente riferito in altra parte del giornale, che ha potuto contare sulla presenza, tra gli altri della ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli e dei presidenti della FAIP (Federazione delle Associazioni Italiane di Persone con Lesione al Midollo Spinale) e della SIMS (Società Italiana Midollo Spinale), Vincenzo Falabella e Adriana Cassinis, organizzazioni promotrici dell’evento stesso, patrocinato dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico) e sostenuto anche dalla Fondazione Serena Olivi.
Intervenuto dunque in rappresentanza degli utenti e delle loro famiglie, Preziosi ha evidenziato «l’importanza dell’individuazione precoce e degli interventi tempestivi per trattare le numerose complicanze conseguenti alla mielolesione» e ha sottolineato «la necessità di creare una rete tra le Unità Spinali con il supporto del Ministero, oltreché di istituire un Registro Nazionale dei Mielolesi», elementi ritenuti essenziali per definire politiche adeguate ai bisogni delle persone con tali problemi.
Montecatone, come avevamo riferito nei giorni scorsi, ha voluto articolare la Giornata in due momenti principali: il collegamento mattutino dall’Istituto con Palazzo Chigi, di cui si è detto, e l’iniziativa pomeridiana Scendi in pista con Montecatone, presso l’Autodromo di Imola.
Presente per l’occasione, Massimo Fabi, assessore della Regione Emilia Romagna alle Politiche per la Salute, ha ricordato che «ogni anno in Italia circa 2.500 persone subiscono una lesione al midollo spinale e in larga parte hanno meno di 40 anni. L’istituto di Montecatone è uno dei più avanzati a livello nazionale per la cura di questi pazienti, cui offre percorsi terapeutici e di riabilitazione straordinari. La Regione Emilia Romagna farà di tutto per sostenerlo, ma è fondamentale che anche a livello nazionale non venga ridotto, ma aumentato il numero di posti letto dedicati alle Unità Spinali, strutture che richiedono un’altissima e indispensabile specializzazione. È necessario infatti investire su queste realtà, perché oggi, grazie a tecnologie e materiali sempre più avanzati e innovativi, e a professionisti di grande competenza, è possibile dare nuove speranze e prospettive di vita alle persone con paraplegia o tetraplegia».
Dal canto suo, il commissario straordinario di Montecatone, Mario Tubertini, ha evidenziato a propria volta «l’importanza cruciale delle Unità Spinali in Italia per la gestione di pazienti fragili, dalla fase acuta fino alla dimissione. Ritengo inoltre, come anticipato da Filippo Preziosi e come più volte da noi sottolineato, che l’istituzione di una rete nazionale di Unità Spinali favorirebbe una ricerca più approfondita e mirata e, inoltre, promuoverebbe la condivisione di pratiche efficaci in questo specifico ambito medico».
Le ottime condizioni meteorologiche hanno poi favorito nel pomeriggio la bella riuscita dell’iniziativa Scendi in pista con Montecatone, incontro non competitivo aperto a tutti – cittadini a piedi, persone in carrozzina e in handbike – arricchito da attività complementari come il tennis tavolo e la pet therapy.
«Siamo orgogliosi – ha affermato Giancarlo Minardi, Presidente di Formula Imola – di ospitare questo evento all’Autodromo di Imola, in occasione della Giornata Nazionale della Persona con Lesione Midollare, un’iniziativa che incarna perfettamente i valori di inclusione e solidarietà. Il nostro circuito non è solo un luogo di competizione, ma anche un punto di incontro per la comunità, dove lo sport diventa un veicolo di unione e condivisione. La partecipazione delle persone con lesione midollare e l’impegno delle Associazioni coinvolte dimostrano quanto sia importante garantire a tutti l’accesso allo sport e al movimento. Formula Imola è fiera di poter contribuire a questa causa e di mettere a disposizione il proprio spazio per un evento che ha un profondo significato sociale. Ringraziamo dunque tutti gli organizzatori e i partecipanti per il loro impegno e per aver reso possibile questa giornata speciale».
Da ricordare in conclusione che oltre al supporto delle già citate organizzazioni FAIP, SIMS, CIP e Fondazione Serena-Olivi, Montecatone si è avvalsa per il 4 aprile anche del sostegno del Servizio Sanitario Regionale dell’Emilia Romagna. (S.B.)
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L’autodeterminazione della persona con disabilità e la sua partecipazione alla vita della società: intorno a questi due diritti fondamentali nasce Prima Persona Plurale, Festival della Vita Indipendente, manifestazione che si terrà dal 5 al 7 maggio 2025 a Torino, presso Open, lo spazio della Fondazione Time2, creata da Antonella e Manuela Lavazza.
Il Festival vuole essere l’occasione per celebrare la Giornata Europea della Vita Indipendente, che ricorre appunto il 5 maggio, focalizzando l’attenzione sul tema e rivendicando così questa Giornata in un anno, il 2025, in cui in Italia è iniziata la sperimentazione della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità.
La conquista dei diritti delle persone con disabilità è il risultato di una storia e di un impegno collettivi: così, con un programma fatto di panel, talk e attività, si toccheranno il passato, il presente e il futuro di questa storia. Tre giornate di divulgazione, riflessione e confronto per promuovere l’autodeterminazione e la piena partecipazione nella società e nella collettività delle persone con disabilità.
Tanti gli ospiti presenti a Torino per questa prima occasione: tra loro Giampiero Griffo, membro del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International), sin dagli anni Settanta attivo nel campo della difesa e tutela dei diritti umani e civili delle persone con disabilità; a raccontare la sua storia plurale, dando vita a una performance teatrale, sarà Jozef Gjura, attore tra le altre della recentissima serie TV Il gattopardo.
Parteciperanno a Prima Persona Plurale anche Valentina Perniciaro, autrice e attivista che con la sua Fondazione Tetrabondi ha avviato una rivoluzione nell’approccio della disabilità; ed Elisa Costantino attivista con disabilità e ricercatrice di Disability Studies e Vita indipendente. Queste e molte altre le persone e le storie che animeranno le tre giornate del Festival.
«Diventare adulti significa poter esercitare pienamente la propria cittadinanza: muoversi liberamente negli spazi pubblici, accedere al lavoro, scegliere dove e con chi vivere. Prima Persona Plurale nasce per offrire un’occasione di confronto su questi temi e per valorizzare il diritto alla Vita Indipendente», afferma Antonella Lavazza, vicepresidente della Fondazione Time2.
«Prima Persona Plurale significa riconoscerci nell’esperienza ordinaria di persone all’interno di uno spazio democratico. Non si tratta di un’eccezione o di un privilegio, ma della realizzazione concreta di ciò che è possibile e necessario: il diritto di ciascuna persona ad avere voce, a scegliere, a partecipare pienamente alla vita sociale», a dirlo è Lavinia D’Errico, filosofa e ricercatrice presso l’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa e componente del Comitato Scientifico del Festival, insieme a Samuele Pigoni, segretario generale della Fondazione Time2, Cecilia Marchisio, docente di Pedagogia Speciale e dell’Inclusione all’Università di Torino e allo stesso Giampiero Griffo.
Tutti gli eventi di Prima Persona Plurale saranno gratuiti e garantiranno la partecipazione a persone con e senza disabilità: gli spazi di Open, infatti, sono accessibili a persone con ridotta mobilità, con disabilità sensoriali e intellettive. Tutti gli incontri, inoltre, saranno sottotitolati dal vivo, disponibili in LIS e trasmessi in streaming. (C.C.)
Per maggiori informazioni: Ufficio Stampa Fondazione Time2 (Silvia Bellucci), silviabelluccicomunicazione@gmail.com.L'articolo Nasce “Prima Persona Plurale”, Festival della Vita Indipendente proviene da Superando.
Dal bullismo subìto alla condizione di disabilità fin dalla nascita, Jerry Hasani ha fatto delle proprie esperienze un potente messaggio musicale. Con la canzone Quicksand, l’artista albanese trapiantato in Italia racconta un percorso di resilienza e inclusività che ha già ispirato molti ragazzi e ragazze. Collaborando con Ilenia Tosto e Promo L’inverso, Jerry ha unito visioni e sonorità per creare un progetto unico. La musica, per lui, non è solo arte: è un ponte che collega esperienze e speranze.
La tua storia è ancora poco conosciuta: raccontaci innanzitutto di te e raccontaci quali aspetti del tuo percorso sono fondamentali per capire chi sei.
«Sono un rapper albanese e da quando sono nato vivo con la paralisi cerebrale. All’inizio i medici non avevano compreso la natura del mio problema. Nel 2006, io e mia madre decidemmo di trasferirci in Italia, dove finalmente trovammo delle risposte. Crescendo, ho affrontato la vita con il sorriso, cercando di non farmi sopraffare dalla mia disabilità. Tuttavia, quando arrivò il momento di iniziare le scuole medie, il mio mondo cambiò. I compagni mi parlavano sempre meno, fino a quando non rimasi completamente solo. Non capivo il motivo di questo comportamento, mi chiedevo cosa avessi fatto di sbagliato, finché non capii che la ragione era la mia disabilità. Fu un momento difficile, ma decisi di non abbattermi. Cominciai a rifugiarmi nella musica, in particolare nella trap. Col passare del tempo, la mia passione per la musica crebbe e così decisi di provare a scrivere le mie canzoni».
La canzone Quicksand prende ispirazione dalle sfide personali che hai vissuto, incluso il bullismo subito durante l’infanzia. Quando hai capito che quelle cicatrici potevano trasformarsi in un messaggio musicale?
«La canzone è un viaggio attraverso le esperienze difficili che ho vissuto, soprattutto il bullismo. Ho capito che quelle cicatrici potevano diventare un messaggio musicale quando ho trovato forza nelle mie esperienze e ho visto come la musica potesse essere un canale potente per esprimere emozioni e sensibilizzare gli altri. Scrivere Quicksand è stato un modo per dare un significato alle difficoltà passate, trasformando il dolore in qualcosa di positivo».
Come è nata la collaborazione con Ilenia Tosto e Promo L’inverso, e come siete riusciti a fondere le vostre visioni nel progetto?
«Entrambi eravamo interessati a usare la musica come mezzo per raccontare storie autentiche, con un impatto sociale. Abbiamo combinato le nostre esperienze e competenze, trovando un equilibrio tra i suoni e i temi. Ilenia ha portato un’energia unica al progetto, e Promo L’inverso ha dato una struttura al beat che ha permesso alla nostra visione di prendere vita. L’unione delle nostre visioni ha dato a Quicksand quella profondità emotiva e quella spinta creativa che la rende unica».
In che modo la tua disabilità ha influenzato il tuo percorso artistico e la tua capacità di connetterti con il pubblico attraverso la musica?
«La disabilità ha sicuramente influito sul mio percorso artistico. Fin da quando sono nato, ho dovuto affrontare sfide extra che altri non vivevano, ma queste esperienze mi hanno reso più sensibile e più determinato. La musica è diventata la mia voce, il mio modo di comunicare e di entrare in contatto con gli altri, soprattutto con chi può sentirsi escluso o diverso. Questo mi permette di connettermi con il pubblico a un livello molto profondo, perché attraverso le mie canzoni, sento che posso trasmettere un messaggio di speranza e di resilienza».
Usi la musica come strumento per sensibilizzare i giovani sul bullismo e sulla discriminazione. Come hanno reagito i ragazzi e le ragazze?
«Abbiamo ricevuto feedback molto positivi da parte di giovani che si sono riconosciuti nei temi trattati in Quicksand e di scuole che sono pronte ad affrontare il tema. Molti ci hanno raccontato che la canzone li ha aiutati a sentirsi meno soli e a comprendere che anche le difficoltà possono essere superate. Il bullismo e la discriminazione sono temi difficili da affrontare, ma la musica può davvero fare la differenza nel creare consapevolezza e innescare il cambiamento».
Quali sono i tuoi progetti futuri per continuare a promuovere il messaggio di inclusività e solidarietà che Quicksand rappresenta?
«Il mio progetto futuro è quello di continuare a portare avanti questo messaggio non solo attraverso la musica, ma anche con iniziative concrete. Io e Ilenia stiamo pianificando di lavorare con scuole e organizzazioni che combattono il bullismo, creando momenti di sensibilizzazione attraverso eventi e performance live. Vorremmo anche esplorare collaborazioni con altri artisti che abbiano la stessa missione, per amplificare il messaggio e raggiungere ancora più persone». (Carmela Cioffi)
L'articolo Jerry Hasani: il coraggio di trasformare il dolore in musica proviene da Superando.
La vita indipendente per le persone con disabilità è un diritto fondamentale, ma non si tratta di un’affermazione scontata: quando infatti parliamo delle esigenze più importanti delle persone con disabilità, ancora oggi il discorso scivola subito sul diritto all’assistenza, alla cura e, forse, alla scuola e al lavoro. La questione del diritto delle persone con disabilità di essere libere, fatica ancora ad imporsi nel discorso pubblico, anche e soprattutto di quello degli addetti ai lavori.
La vita indipendente per le persone con disabilità. Un diritto fondamentale (Ledizioni, 2024) è il titolo di un saggio scritto dal professor Massimiliano Verga (Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Milano-Bicocca) e con la dottoressa Alessia Lovece, testo che ripercorre la storia recente dell’affermazione del diritto alla vita indipendente di tutte le persone con disabilità: o forse sarebbe meglio dire del tentativo, ancora in corso, di affermare e riconoscere questo diritto fondamentale per tutte le persone, comprese tutte le persone con disabilità.
Si tratta di una pubblicazione opportuna, nel momento in cui stiamo sperimentando la fatica di mettere in atto tutti quei cambiamenti che sarebbero necessari per riconoscere e rispettare effettivamente la libertà di tutte le persone con disabilità di poter scegliere dove e con chi vivere e di partecipare alla vita sociale in condizione di uguaglianza (o anche solo simili) con gli altri.
Il punto di riferimento di questa riflessione non poteva che essere l’articolo 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che ha definitivamente sancito «il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone».
Il libro prende dunque le mosse dai fondamenti culturali e giuridici della Convenzione ONU, per poi immergersi nella realtà italiana e, in particolare, sulla natura della Legge 112/16 (Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare) e sulle difficoltà applicative di essa.
Seguendo un ordine cronologico, ampio spazio viene dato alle diverse affermazioni su questo tema del Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, ovvero di quell’organismo deputato ad offrire l’interpretazione autentica della Convenzione. Documenti ancora spesso poco conosciuti e le cui affermazioni, quando sgradite, vengono facilmente sottovalutate.
Quasi metà della pubblicazione si occupa poi di quanto sta avvenendo in Italia, a seguito delle disposizioni normative che hanno tradotto in legge quanto previsto dall’articolo 19 della Convenzione, analizzando opportunità, difficoltà e questioni aperte.
Una lettura utile – forse necessaria – almeno per tutte quelle persone, a partire dagli operatori sociali, oggi impegnate nel difficile compito di rendere concreto e reale un diritto fondamentale, ancora troppo spesso non rispettato.
*Direttore della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie).
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Come avevamo anticipato in altra parte del giornale, nel presentare il concorso Come vedi la disabilità?, promosso a Tivoli (Roma) dall’Associazione di Promozione Sociale Lega Arcobaleno, la cerimonia conclusiva di premiazione dello stesso coinciderà, nel pomeriggio del 9 aprile, con l’importante convegno scientifico divulgativo, denominato Malattie ossee comuni e rare; meccanismi biologici, speranze terapeutiche (Sala Convegni del Convitto Nazionale, ore 16), incontro durante il quale si toccheranno varie problematiche legate alla struttura scheletrica portante del corpo, «una preziosa occasione – spiegano dalla Lega Arcobaleno – per i cittadini e le cittadine giovani e meno giovani, per conoscere da vicino lo stato dell’arte della ricerca scientifica in questo specifico àmbito di cui parleranno direttamente due scienziati di livello internazionale che da anni lavorano intensamente in tale settore, vale a dire Maurizio Pacifici e Anna Maria Teti, che con un linguaggio accessibile a tutti e tutte, condurranno i presenti in un mondo poco esplorato dai non addetti ai lavori».
«Sappiamo – spiegano dall’Associazione promotrice dell’incontro – che spesso e volentieri si fanno alcuni errori di valutazione che a volte comprometteranno la nostra salute: la mancata attenzione ai primi sintomi e il non saper riconoscere i segnali possono infatti metterci in condizione di sottovalutare alcuni campanelli d’allarme che ci invia direttamente il nostro corpo. A tal proposito, tutti sanno ormai bene che la prevenzione è fondamentale, ma spesso non si ha né la voglia né l’occasione di informarsi per tempo su alcuni importanti argomenti, ignorando così informazioni utili per la nostra salute. Entrando nello specifico dell’incontro del 9 aprile, quando pensiamo alla nostra struttura scheletrica, abbiamo convinzioni non sempre corrette, credendo, ad esempio, che sia preferibile un osso molto ricco di calcio, ritenuto più forte e resistente. E invece non è affatto vero! Ma anche nella condizione opposta, quando ci troviamo di fronte all’impoverimento della calcificazione ossea, apparentemente solida, si ha una forma patologica che può portare a situazioni di dolore e fratture. La densità dell’osso dev’essere infatti equilibrata, la calcificazione di essa ottimale e da mantenere assolutamente, se è vero che un osso con il corretto apporto di calcio sarà più flessibile e quindi meno soggetto a traumi. Limitazioni funzionali, patologie nascoste, patologie deformanti, patologie tumorali spesso non visibili sono tutti termini che ormai abbiamo imparato a conoscere e infatti oggi definiscono malattie comuni. Ne parlerà il 9 aprile la professoressa Anna Maria Teti, già docente e ricercatrice all’Università dell’Aquila, oltreché ricercatrice associata senior presso l’Istituto di Biomedica e Biologia al CNR di Monterotondo (Roma)».
«Per quanto poi riguarda le malattie rare – proseguono dalla Lega Arcobaleno -, le cose si complicano perché le conoscenze sono ancora molto limitate. Fortunatamente la scienza non si ferma e con i suoi professionisti, scienziati noti o meno conosciuti che conducono ricerche e sperimentazioni, ci offre speranze di significativi miglioramenti. Esiste ad esempio una rara malattia pediatrica che causa la formazione di escrescenze ossee. Si tratta della severa patologia degli osteocondromi multipli, argomento su cui il 9 aprile si soffermerà il professor Maurizio Pacifici, direttore del Dipartimento di Ricerca del Children’s Hospital di Philadelphia (Stati Uniti), che con il proprio team sta studiando e sperimentando per cercare di trovare una terapia idonea. Si tratta di una malattia consistente in tumefazioni ossee che si manifestano in una parte specifica delle ossa lunghe (omero, tibia, femore) a volte anche nella scapola, caratterizzata appunto dallo sviluppo di escrescenze ossee che se non trattate continuano a crescere, distruggendo l’osso e l’articolazione».
Il convegno, ricordiamo in conclusione, è aperto a tutte le persone interessate. (S.B.)
Per ulteriori informazioni: Anna Benedetti (presidente Associazione Lega Arcobaleno), annabenedetti40@gmail.com.L'articolo Malattie ossee comuni e rare: i meccanismi biologici e le speranze terapeutiche proviene da Superando.
La mattina del 6 aprile ho partecipato, come negli anni scorsi, all’Abbracciata collettiva, la maratona natatoria a supporto delle persone con autismo e dei loro familiari, organizzata in relazione alla Giornata mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo del 2 aprile [dell’“Abbracciata collettiva” si legga già anche sulle nostre pagine a questo e a questo link, N.d.R.].
Io personalmente mi sono recato presso il CassiAntica Sporting Fitness di Roma (ma il 5 e il 6 aprile piscine in tutta Italia hanno ospitato l’evento) e mentre nuotavo ho fatto mente locale sulla recente istituzione del Garante Nazionale dei diritti delle persone con disabilità.
Il Garante è regolato dal Decreto Legislativo 20/24, che ha individuato nel 1° gennaio 2025 la data di effettiva istituzione dell’Autorità «Garante Nazionale dei diritti delle persone con disabilità» (articolo 1, comma 1) e, invero, si preoccupa altresì del fatto che in questa data realmente si dia «immediato avvio» alle attività in «piena operatività» (articolo 3, commi 6 e 7).
Si tratta di un organo collegiale, «composto dal presidente e da due componenti» (articolo 2, comma 1 del citato Decreto 20/24), alla cui nomina hanno provveduto i Presidenti di Camera e Senato, con «determinazione adottata d’intesa», ai sensi dell’articolo 2, comma 6 del Decreto istitutivo. Sempre il Decreto 20/2024, inoltre, disciplina puntualmente le funzioni affidate al Garante e anche la struttura organizzativa di esso.
Quel che emerge dal tessuto normativo è che questa nuova Autorità non dovrà operare in solitudine: già dall’articolo 1 del Decreto, del resto, viene definita come «articolazione del sistema nazionale per la promozione e la protezione dei diritti delle persone con disabilità» ed è chiamata a collaborare con l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità e col Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
Non è certo un compito semplice quello che attende il Collegio da poco nominato. Mentre nuotavo (e ogni tanto mi scontravo con gli altri “maratoneti”), avvertivo intorno a me l’energia, la forza degli operatori, dei volontari, delle persone con autismo e dei loro familiari, che tutti insieme animavano l’evento: tutte persone che conoscono bene i problemi da risolvere, visto che li affrontano quotidianamente.
Anche di queste esperienze, di queste competenze il Garante dovrà fare tesoro, per assolvere al meglio il suo importante ruolo in vista del bene delle persone con disabilità.
I migliori auguri di buon lavoro.
*Professore di Diritto Costituzionale all’Università Niccolò Cusano di Roma (www.siblings.it).
L'articolo L’autismo, il nuoto e il Garante Nazionale dei diritti delle persone con disabilità proviene da Superando.