Posti di sostegno in deroga a.s. 2024-2025
You must be logged into the site to view this content.
You must be logged into the site to view this content.
«Ha quasi duecento anni, ma ha la vivacità di un ragazzino ed è una vera forza della natura. Conosce un’infinità di lingue (matematica e musica comprese) e se la cava benissimo con le nuove tecnologie. Per lui l’inclusione non è una teoria, ma è questione quotidiana, concretissima, da toccare letteralmente con mano. Parliamo del Codice Braille, il sistema a punti in rilievo che consente alle persone cieche di leggere, di scrivere, di accedere in autonomia allo sterminato mondo del sapere»: così l’UICI del Piemonte (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) introduce l’incontro di riflessione e dialogo denominato Braille: tradizione e innovazione per un futuro inclusivo, promosso per la mattinata del 22 febbraio, presso l’Aula Magna del Liceo D’Azeglio di Torino (Via Parini, 8, ore 9.20-12.30), in occasione della Giornata Nazionale del Braille del 21 febbraio, «non una celebrazione ingessata e formale – viene precisato -, ma, al contrario, un’occasione per condividere esperienze di vita e per ripercorrere una storia – quella del Braille e del suo geniale inventore, Louis Braille appunto, un adolescente irrequieto e capace di sognare in grande – che ancora oggi sorprende e incoraggia. L’invito dunque non è rivolto solo agli addetti ai lavori (docenti, educatori, familiari di persone con disabilità visiva), ma a tutti i cittadini e le cittadine».
«Tra le testimonianze più significative dell’incontro – sottolinea Daniela Floriduz, vicepresidente dell’UICI Piemonte e referente per l’Istruzione – ci sarà quella di due scuole primarie della Provincia di Cuneo, dove, in due classi frequentate da altrettanti bimbi ciechi, tutti gli alunni hanno imparato il Braille [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.]. È un bellissimo segno di inclusione, che penso racconti bene il senso e il valore di questa giornata».
«Nell’era del web, degli smartphone e dell’intelligenza artificiale, il Braille non è da mandare in soffitta – aggiunge Floriduz -, anzi, nel tempo questo codice ha dimostrato una straordinaria adattabilità, che consente ad esso di convivere benissimo con le nuove tecnologie. Smettere di insegnarlo ai bambini con disabilità visiva significherebbe condannarli a una forma di analfabetismo».
«Il problema è – conclude la Vicepresidente dell’UICI Piemonte – che spesso chi dovrebbe insegnare il Braille è il primo a non conoscerlo. Penso, in particolare, agli insegnanti di sostegno. Non è una loro negligenza, ma una lacuna nei programmi ministeriali, che purtroppo prevedono pochissime ore per una materia così preziosa, ma anche così specifica. Ecco perché occasioni come questa sono fondamentali. Realtà come la nostra offrono anche opportunità formative, ma serve l’impegno di tutti. Dobbiamo lavorare insieme per il bene delle persone con disabilità visiva, perché padroneggiare il Braille significa, oggettivamente, avere una marcia in più!». (S.B.)
L'articolo Braille: tradizione e innovazione per un futuro inclusivo proviene da Superando.
Il 5 febbraio scorso si è riunito l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità. Nell’occasione – come si legge nel sito dello stesso – la Ministra per le Disabilità ha dichiarato che «la sperimentazione della riforma iniziata nelle nove province individuate continua il percorso di semplificazione e sburocratizzazione ed è un’opportunità unica per migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Dobbiamo proseguire uniti e convinti in questa direzione. Il cambiamento è iniziato e indietro non si torna. Non ci saranno intoppi burocratici o rallentamenti che ci potranno fermare, ma solo un grande lavoro da parte di tutti per risolvere i problemi e superare le difficoltà».
La Ministra ha poi ricordato l’appuntamento degli Special Olympics Winter Games in programma a Torino dall’8 al 15 marzo e ha annunciato che il tema dell’inclusione e delle persone «sarà presente nel tour mediterraneo della nave Amerigo Vespucci in ogni tappa».
Nel corso della riunione «è stata presentata – prosegue il comunicato – l’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità ed è intervenuto il presidente dell’Autorità; successivamente la presidente del Comitato italiano per l’UNICEF ha illustrato la traduzione italiana del Commento generale n. 9 del Comitato ONU sui diritti dell’Infanzia, Luigi Colombo ha presentato il Festival del Cinema Nuovo che si tiene a Bergamo e il Cav. Camillo Galluccio illustrato il “3° Festival Nazionale dello sport per bambini e ragazzi”. Al termine, il Ministro ha introdotto la giornata formativa sulla riforma della disabilità e sulla sperimentazione dedicata all’Osservatorio».
Non risulta, però, che a margine dell’annuncio di questi prossimi e meritori appuntamenti l’Osservatorio sia stato informato del fatto che l’applicazione su tutto il territorio nazionale delle misure previste dal Decreto Legislativo 62/24 (Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato) sarebbe stata differita al 1° gennaio 2027 [se ne legga già sulle nostre pagine a questo link, N.d.R.]; di fatto, un secondo differimento temporale, dato che il Decreto Legislativo 62/24, entrato in vigore il 30 giugno 2024, aveva già previsto la sua applicazione su tutto il territorio nazionale solo al 1° gennaio 2026. Per inciso, decisione, quest’ultima, non prevista dalla Legge Delega 227/21, così come non era contemplata una fase di sperimentazione.
In effetti, però, un emendamento proposto al Senato al Disegno di Legge di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202, recante disposizioni urgenti in materia di termini normativi (Disegno di Legge di conversione del cosiddetto “Decreto Milleproroghe”), ha previsto, per l’appunto, lo slittamento al 2027 dell’applicazione della riforma (introducendo l’articolo 19 quater nel Disegno di Legge stesso).
Il Disegno di Legge di conversione è stato già approvato, con voto di fiducia, al Senato il 13 febbraio 2025 e con le stesse modalità anche alla Camera.
Tale emendamento doveva essere in gestazione da tempo (dato che non è pensabile che un atto di tale portata non sia stato l’esito di lunga e attenta valutazione) e vede chiaramente la matrice o il placet governativo, sia perché presentato dai relatori di maggioranza del provvedimento, sia perché prevede scelte che impegnano la discrezionalità amministrativa dei Ministeri – quali l’individuazione di nuove Province sperimentali –, decisioni che devono essere state ragionevolmente concordate quanto meno con la Ministra per le Disabilità e, per gli atti regolamentari susseguenti a cui si fa riferimento nel comma 3 dell’articolo 19 quater, anche con quelli della Salute e del Lavoro e delle Politiche Sociali. D’altronde, se così non fosse, sarebbero di certo state violate le regole minima di correttezza procedurale interne a una maggioranza di governo, ma i Ministri interessati ne avrebbero potuto chiedere il ritiro in più modi e occasioni.
Comunque sia, per l’impatto che la materia ha nelle vite concrete delle persone con disabilità, non vorrei che questa vicenda si riducesse a una piccola questione di disfunzioni procedurali o a una mera questione tecnica risolta senza clamore, innestandola discretamente nelle pieghe di un provvedimento che si occupa di una gran mole di temi diversi. Ritengo, invece, che la vicenda interroghi lo statuto di cittadinanza reale delle persone con disabilità, dei loro familiari e dei caregiver. E, nelle vite soggette a processi di disabilitazione, gli anni si contano su di un calendario particolare, in cui un anno pesa molto più di dodici mesi.
Elenco, allora, in ordine sparso, le prime domande che la vicenda mi suscita e che mi piacerebbe fossero un primo stimolo a un dibattito pubblico.
In primo luogo – a parte il fatto che tutta la questione della sperimentazione meriterebbe un confronto aperto nel mondo della disabilità, perché ancora non mi è chiaro perché per le cittadine e i cittadini le leggi si applicano e per le cittadine e i cittadini con disabilità le leggi si sperimentano –, questo ulteriore differimento dei termini di applicazione è stato discusso con la comunità delle persone con disabilità e con i suoi rappresentanti? Se non nell’Osservatorio, la discussione è stata quanto meno fatta in altre sedi e con altre modalità? Chi ha preso parte al confronto e su quali basi informative e documentali?
In secondo luogo, non sarebbe stato etico da parte dell’autorità politica delegata informare preventivamente e pubblicamente (per esempio tramite i sempre attivi canali social) la comunità nazionale delle persone e delle famiglie con disabilità di una scelta così gravosa, almeno con lo stesso anticipo e la stessa solerzia con la quale la si informa dei festival prossimi venturi? Cioè, non meritava di essere condiviso e spiegato un provvedimento che necessariamente frustra – ancora una volta – le legittime attese delle persone e delle famiglie con disabilità che da mesi sono immerse nella narrazione di «una rivoluzione culturale civile» in corso, secondo la formula impiegata il 15 aprile 2024 dalla Ministra? Non sarebbe stato opportuno annunciare che la rivoluzione era in ritardo? Anche solo con un post del tipo: «Si comunica che la rivoluzione culturale e civile programmata per il 30 giugno 2024, procrastinata per motivi tecnici al 1° gennaio 2026, è ulteriormente posticipata al 1° gennaio 2027. Ci scusiamo per il disagio».
E ancora, non è che questa situazione debba essere posta all’attenzione degli organismi internazionali di monitoraggio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)? Dato infatti che la Legge Delega 227/21 e i suoi strumenti di attuazione (come il Decreto Legislativo 62/24) discendono dal PNRR, non è che l’Italia con queste dilazioni sta rispettando solo formalmente le scadenze previste dal PNRR, mentre non sta raggiungendo in maniera sostanziale gli obiettivi previsti?
Ma, soprattutto, le persone con disabilità non hanno diritto di sapere le ragioni che hanno indotto questo differimento? Non hanno diritto di sapere che cosa ha alterato l’iter attuativo del Decreto Legislativo 62/24? Non meriterebbero di sapere a chi è imputabile questa sospensione dei loro diritti attesi? Il fatto che si redigano Carte, come quella di Solfagnano in occasione del G7 Inclusione e Disabilità, non significa che i diritti delle persone con disabilità siano di carta.
Che cosa, insomma, non ha funzionato nelle previsioni ministeriali? Ci sono Ministeri in ritardo? Ci sono, forse, atti ministeriali propedeutici ai processi valutativi ancora non predisposti dai Ministeri competenti? Oppure si è ritenuto che i medici non fossero ancora in grado di applicare i nuovi sistemi di valutazione di base? O si sono valutati inadeguati alle nuove funzioni gli assistenti sociali? E, nel caso, i rispettivi Ordini hanno fatto pervenire pareri e documentazioni di questo tenore? Infine, la formazione ministeriale è stata sufficiente e adeguata?
Rispondere a queste domande servirebbe almeno a capire cosa inceppa il processo di inclusione democratica delle persone con disabilità, e da lì ripartire per superare ostacoli e resistenze in un’alleanza trasparente fra cittadini e istituzioni. L’alternativa di far entrare in vigore delle leggi e poi farle galleggiare nel limbo della non applicazione o dell’applicazione a “macchia di leopardo” e sperimentale significa, invece, creare per le persone con disabilità un circuito di cittadinanza differenziale che stride con la nostra Costituzione e con la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Queste, allora, sono solo le prime domande su cui, volendo, si potrebbe aprire un confronto pubblico per evitare in futuro nuove fratture nella cittadinanza democratica e nella cultura giuridica. Penso che non discutere di questa vicenda aggiunga alla frustrazione una profonda lesione alla dignità delle persone con disabilità che vengono così ridotte a uno stato infantile che speravamo superato da tempo. Come nei peggiori asili di un tempo, le si tiene a giocare al “gioco del silenzio”. Ma le persone con disabilità e i loro familiari hanno ancora voglia di giocare al gioco del silenzio?
*Docente di Sociologia del Diritto all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Il presente contributo di riflessione è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.
L'articolo Il rinvio dell’applicazione di quel Decreto Legislativo: ci sono domande che meritano risposte proviene da Superando.
«Ogni riforma deve partire dai bisogni reali delle persone con disabilità e dalla loro piena partecipazione ai processi decisionali. Non possiamo accettare che i diritti vengano rimandati all’infinito. Siamo di fronte a un cambiamento importante, un’opportunità per migliorare la vita di milioni di cittadini e cittadine con disabilità. È quindi fondamentale partire con il piede giusto, senza ritardi e incertezze. Ogni scelta deve essere fatta con responsabilità, mettendo al centro i diritti e il benessere delle persone, per garantire un sistema equo, inclusivo. Questa riforma non deve essere solo un atto burocratico, ma un vero passo avanti»: così Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), commenta la definitiva conversione in legge alla Camera del Decreto Legge 202/24, cosiddetto “Decreto Milleproproghe”, che all’articolo 19 quater, oltre ad allargare ad ulteriori undici Province, a partire dal 30 settembre prossimo (Alessandria, Lecce, Genova, Isernia, Macerata, Matera, Palermo, Teramo, Vicenza, Provincia Autonoma di Trento, Aosta), l’attuazione in via sperimentale del Decreto Legislativo 62/24 (Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato, in attuazione della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità), ne rinvia di un anno, dal 1° gennaio 2026 al 1° gennaio 2027, l’applicazione su tutto il territorio nazionale. Un provvedimento che sta suscitando varie e diverse reazioni di cui renderemo conto nei prossimi giorni.
Secondo la FISH, come si legge in una nota diffusa dalla Federazione, per quanto riguarda «l’estensione della sperimentazione della riforma dell’accertamento della condizione di disabilità a nuove Province e il prolungamento di essa possono garantire un migliore assestamento del sistema, a patto che servano a individuare eventuali criticità e colmare vuoti. È fondamentale ora che il Ministero della Salute lavori con tempi certi, senza creare ulteriori ritardi nell’applicazione della norma, ciò che di fatto andrebbe a compromettere i diritti delle persone con disabilità. Per raggiungere questi obiettivi sarà essenziale un confronto costante con le Associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità, evitando appunto che l’allungamento dei tempi si traduca in un ritardo nell’effettiva applicazione della nuova norma».
«Bene l’istituzione di una Segreteria Tecnica di supporto al Ministero per le Disabilità – concludono dalla FISH – per monitorare la riforma e garantire affiancamento ai territori e tuttavia, è necessario sin da subito verificare che le risorse da stanziare siano adeguate a garantire un’effettiva attuazione delle misure previste». (S.B.)
L'articolo Disabilità e riforma: servono certezze sui tempi, sulla sperimentazione e sulle risorse proviene da Superando.
La spesa privata degli italiani per il “welfare familiare” (salute e assistenza ad anziani e persone con disabilità) nel 2024 è stata di circa 138 miliardi di euro, ovvero quasi 5.400 euro per ciascun nucleo. Si tratta di un impegno a dir poco consistente, che colma il vuoto lasciato in molti settori dall’intervento pubblico, pur tenendo presente che l’Italia risulta essere al secondo posto in Europa per la spesa sociale (con circa 620 miliardi di euro, pari al 30% del prodotto interno lordo).
È quanto emerge dal Rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà, denominato Sussidiarietà e… welfare territoriale, presentato a Roma, presso il Centro Convegni Carlo Azeglio Ciampi della Banca d’Italia.
All’incontro, aperto dal Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, sono intervenuti Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, Francesco Maria Chelli, presidente dell’ISTAT, Pierciro Galeone, direttore della Fondazione IFEL (Istituto per la Finanza e l’Economia Locale), Daria Perrotta, ragioniere generale dello Stato e Lorenza Violini, professoressa di Diritto Costituzionale all’Università di Milano.
«Investire sullo Stato Sociale, sulla sua universalità e inclusività, non è solo un dovere di solidarietà verso i più fragili, ma significa anche costruire società più coese, sistemi più resilienti e una crescita economica più stabile», ha affermato Giorgio Vittadini, aggiungendo che «è venuto il momento di rinnovare il patto sociale che ci unisce, con la cultura della sussidiarietà, che è ricerca del bene comune attraverso la messa a sistema del contributo di tutti. Più società e più Stato insieme».
Il Rapporto analizza il welfare italiano, in particolare quello territoriale, ovvero l’insieme dei servizi sociali di competenza dei Comuni che comprendono l’assistenza verso anziani, famiglie e soggetti minori in stato di bisogno, persone con disabilità, soggetti affetti da dipendenza, indigenti, persone emarginate dal lavoro.
Povertà e disuguaglianza, che i servizi di welfare sono chiamati a limitare, stanno peggiorando: il 5% delle famiglie possiede infatti il 46% della ricchezza, mentre quasi il 10% della popolazione è in difficoltà. Particolarmente grave risulta la situazione delle famiglie con persone con disabilità, confermando una volta ancora quanto spesso ricordiamo sulla nostre pagine, ossia che povertà e disabilità sono strettamente legate, in un reciproco rapporto di causa/effetto: oltre un quarto di tali famiglie, infatti, è a rischio di povertà o di esclusione sociale.
La ricerca segnala ancora che negli ultimi tre anni una quota significativa (oltre il 67%) di chi ha richiesto assistenza ha incontrato difficoltà o impossibilità di accesso ai servizi del welfare territoriale. Viene quindi segnalata la disomogeneità della spesa, con una crescente disparità territoriale tra Nord e Sud, tra aree urbane e periferiche, e tra zone interne e non.
Per quantoi riguarda il giudizio sull’attuale sistema di welfare, esso non è ben visto dagli italiani, s è vero che solo il 38% dei cittadini e delle cittadine promuove le politiche per la lotta alla povertà e al disagio sociale.
E ancora, nel nostro Paese le prestazioni pensionistiche (vecchiaia, invalidità e reversibilità) assorbono quasi la metà delle risorse del welfare, mentre alle politiche sociali (famiglie e minori, disabilità e disoccupazione) è destinato meno del 20%.
In generale, il welfare territoriale in Italia è caratterizzato da un complesso reticolo istituzionale, con competenze distribuite tra Stato, Regioni e Comuni, carenza o assenza di coordinamento e potenziali conflitti, una situazione, questa, come emerge dal Rapporto, che causa sovrapposizioni, sprechi e inefficienze.
Il sistema, infine, risulta sbilanciato verso il trasferimento monetario rispetto alla più efficace offerta di servizi; è incentrato inoltre sull’offerta di servizi parcellizzati e non sulla presa in carico della persona; ha una governance policentrica che causa duplicazioni e inefficienze; il rapporto pubblico-privato sociale è troppo soggetto alle regole di mercato; manca un sistema di monitoraggio dei bisogni e di valutazione della qualità dei servizi. Quel che emerge dal documento prodotto dalla Fondazione per la Sussidiarietà è l’importanza di passare da una visione “amministrativa” dei bisogni a un approccio olistico che riconosca la complessità e la specificità delle esigenze individuali e comunitarie, mettendo al centro la persona.
Il Rapporto contiene infine alcune proposte per migliorare la situazione, vale a dire:
° La presa in carico della persona, che parta dalla valutazione del complesso dei suoi bisogni per poi individuare il piano di servizi più appropriato.
° La progettazione integrata dei servizi e un sistema di valutazione della loro qualità.
° La creazione di centri territoriali per servizi integrati e accessibili.
° Una regia centrale dei flussi di spesa, l’incremento delle risorse, con investimenti sul capitale umano.
° Il rafforzamento della collaborazione tra Pubblica Amministrazione e Terzo Settore, che parta dell’analisi dei bisogni ed esca dalle logiche di mercato. (C.C. e S.B.)
L'articolo “Welfare familiare”: 138 miliardi di euro per la spesa privata degli italiani proviene da Superando.
Anche quest’anno il Festival di Sanremo si è confermato non solo come un grande evento musicale, ma anche come uno spazio di racconto e di inclusione. Artisti come Lucio Corsi, Simone Cristicchi, Brunori Sas e altri hanno portato sul palco la fragilità attraverso la musica, con esibizioni cariche di emozione e introspezione.
La partecipazione di Bianca Balti ha testimoniato il coraggio di affrontare la malattia oncologica a testa alta, celebrando la vita e la propria professionalità. L’esibizione del Teatro Patologico ha messo in luce come l’arte possa essere un mezzo per dare voce a chi convive con disturbi psichiatrici e come essa possa avere un vero potere terapeutico. Il ricordo di Sammy Basso, giovane ricercatore e divulgatore scientifico affetto da progeria, scomparso nell’ottobre dello scorso anno, è stato un momento per celebrare la sua eredità e il contributo che ha offerto al dibattito sulla diversità.
Nonostante l’intento inclusivo, sono emerse critiche riguardo alla modalità di presentazione della disabilità durante il Festival. Alcuni osservatori hanno evidenziato l’uso di un linguaggio pietistico e stereotipato, segnalando come anche le buone intenzioni possano, in alcuni casi, cadere in cliché.
Premesso che l’intero Festival è stato tradotto nella LIS (Lingua dei Segni Italiana), permettendo alle persone sorde segnanti di fruire pienamente delle esibizioni, è doveroso riconoscere il ruolo determinante della Rai, in qualità di servizio pubblico, nel promuovere una rappresentazione autentica e positiva delle persone con disabilità. Con programmi innovativi – quali O anche no di Paola Severini Melograni e Il cacciatore dei sogni di Stefano Buttafuoco – la Rai non solo porta avanti l’impegno verso l’accessibilità, ma consolida anche un modello di comunicazione che mira a dare voce alle istanze della diversità e dell’inclusione.
Sanremo ha il potere di influenzare il dibattito culturale e sociale del nostro paese. Pertanto, le osservazioni poste possono essere viste come un’occasione per migliorare ulteriormente il Festival, rendendo la rappresentazione della disabilità più consapevole e rispettosa.
In questo contesto, il ruolo del disability manager emerge come una risorsa fondamentale: grazie al suo expertise, infatti, è possibile orientare le strategie comunicative e organizzative verso una narrazione che valorizzi la diversità senza cadere in stereotipi. Il disability manager è in grado di garantire che ogni iniziativa, sia sul palcoscenico che nei programmi televisivi, rispetti le esperienze e le esigenze reali delle persone con disabilità.
Inoltre, auspico che in futuro i direttori artistici del festival riescano a guardare sempre più oltre la condizione di disabilità, intercettando talenti che possano partecipare attivamente alla gara canora, arricchendo il panorama musicale nazionale.
L’inclusione è un processo in continua evoluzione, che si estende ben oltre il palcoscenico televisivo, investendo la realtà quotidiana, i media, il mondo del lavoro e l’intera società. Sono certa che la Rai, grazie alla sensibilità dei suoi vertici aziendali (amministratore delegato Giampaolo Rossi e direttore generale Roberto Sergio), all’impegno dei professionisti della disabilità presenti nell’organizzazione, continuerà a dare il proprio contributo per una società sempre più inclusiva e attenta alle diversità.
*Vicepresidente dell’AIDiMa (Associazione Italiana Disability Manager); Disability Management della Rai.
Sul Festival di Sanremo 2025, segnaliamo già, sulle nostre pagine, i contributi Teatro Patologico: attori e attrici”, non persone che “soffrono di disabilità”! e Il Festival di Sanremo si prenda “un anno sabbatico” dalla disabilità!.L'articolo La disabilità e la fragilità sul palco dell’Ariston proviene da Superando.
Anche quest’anno l’Istituto Statale Augusto Romagnoli di Roma celebrerà nel pomeriggio di domani, 21 febbraio, la Giornata Nazionale del Braille, con un seminario e un laboratorio in presenza, presso la propria Biblioteca Storica Braille (ore 15), evento dal titolo complessivo di Il Braille, il senso dell’incontro: strumento fondamentale per l’inclusione.
Rimandando Lettori e Lettrici al programma completo (a questo link), segnaliamo che interverranno all’incontro Gerardina Fasano, dirigente dell’Istituto Romagnoli, Stefania Chiarabini, Gilda Barone, Michela Aletti e Angela Lucinio. (S.B.)
L'articolo Il Braille, il senso dell’incontro: strumento fondamentale per l’inclusione proviene da Superando.
Un’eventuale diminuzione del Bilancio dell’Unione Europa alla voce Coesione metterebbe a rischio la vita stessa di tante persone con disabilità: a denunciare questo pericolo è l’EDF, il Forum Europeo sulle Disabilità, a seguito della comunicazione del 12 febbraio prodotta dalla Commissione Europea, sul futuro del Quadro Finanziario Pluriennale.
«Il focus crescente sulla competitività potrebbe portare a una riduzione dei finanziamenti per la coesione e ciò mette in pericolo programmi che, spesso, sostituiscono la mancanza di spesa dei governi nazionali per l’inclusione sociale», affermano dall’EDF.
Alcuni programmi, ad esempio, aiutano le persone con disabilità in Lettonia a vivere nella comunità. Aiutano i giovani danesi con autismo, ADHD, ansia o depressione a trovare istruzione e lavoro. Forniscono alloggi ai cittadini tedeschi senza tetto. Riducendo il bilancio alla voce della Coesione, i Paesi avranno due opzioni: spendere i propri soldi per coprire questi progetti o trascurare le vite dei loro cittadini.
«Invitiamo dunque le Istituzioni dell’Unione Europea, e in particolare i governi nazionali, a proteggere i fondi destinati alla sezione Coesione, Resilienza e Valori del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale. Chiediamo anche ai governi di aumentare il sostegno alla società civile, essenziale per garantire che questi programmi supportino le persone beneficiarie, assicurando che il programma Cittadini, Uguaglianza, Diritti e Valori sia ben finanziato anche dopo il 2027».
«In conclusione – concludono dal Forum – esortiamo l’Unione Europea e gli Stati Membri di essa a proteggere il bilancio destinato ai finanziamenti per Coesione, Resilienza e Valori; salvaguardare il supporto continuo alla società civile che lavora su uguaglianza e diritti umani; avviare iniziative più mirate per fare progressi in aree dove i risultati sono stati limitati».
«I programmi finanziati dalla Politica di Coesione – commenta Yannis Vardakastanis, presidente dell’EDF – hanno integrato la spesa nazionale e migliorato effettivamente le nostre vite. Dovrebbero essere il vanto dell’Unione Europea, non un altro elemento da tagliare». (C.C.)
Per ulteriori informazioni: André Felix (Ufficio Comunicazione EDF), andre.felix@edf-feph.org.L'articolo Il prossimo Bilancio dell’Unione Europea rischia di “mettere da parte” tante persone con disabilità proviene da Superando.
Il testo di conversione in legge del DL Milleproroghe (A.C. 2245), che è stato recentemente approvato in via definitiva sia dalla Camera che dal Senato, introduce importanti modifiche che riguardano la normativa in materia di disabilità, in particolare per quanto concerne l’attuazione del decreto legislativo 62/2024 e della direttiva UE sulla Disability Card e sul Contrassegno Auto. Ecco le modifiche principali:
Il Decreto Milleproroghe 2025 apporterà queste modifiche al decreto legislativo 62/2024, con l’obiettivo di migliorare l’attuazione delle politiche per le persone con disabilità, in particolare in relazione alla Disability Card e al contrassegno auto.
News a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex © HandyLex.org – Tutti i diritti riservati – Riproduzione vietata senza preventiva autorizzazione
L'articolo Il testo di conversione in legge del DL Milleproroghe approvato dalla Camera e dal Senato proviene da Handylex.
You must be logged into the site to view this content.
«L’oncologia di genere rappresenta un aspetto emergente e sempre più rilevante nella personalizzazione delle cure oncologiche. Le differenze biologiche, ormonali e metaboliche tra uomini e donne influenzano, infatti, in modo significativo l’insorgenza, la progressione e la risposta ai trattamenti antitumorali. Tuttavia, il genere non incide solo sugli aspetti fisiologici della malattia, ma anche sulla prevenzione in oncologia, sull’accesso alle cure, specie se sperimentali e sulla gestione degli effetti collaterali. L’integrazione della prospettiva di genere nella ricerca clinica e nei protocolli terapeutici è pertanto essenziale per ridurre le disuguaglianze e migliorare l’efficacia delle cure. Solo attraverso un approccio sensibile al genere possiamo garantire un’assistenza oncologica realmente personalizzata, equa ed efficace per tutti i pazienti. L’oncologia di genere non è dunque un’opzione, ma un dovere scientifico ed etico per la medicina del presente e del futuro»: lo ha dichiarato Rossana Berardi, ordinaria di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche e direttrice della Clinica Oncologica all’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche, nel corso del recente convegno di Roma sul tema Differenza di genere in medicina: il caso del carcinoma uroteliale, promosso da ISHEO, società italiana specializzata in ricerca e consulenza nel settore sanitario, operante a livello nazionale e regionale. L’organizzazione dell’incontro si è avvalsa del contributo della Società Astellas.
Considerare le differenze di genere significa quindi migliorare l’appropriatezza e la tempestività delle cure, con benefìci tangibili per tutti i pazienti. «Integrare le differenze di genere nella medicina – ha dichiarato durante lo stesso convegno Davide Integlia, general manager di ISHEO, economista sanitario ed esperto di percorsi terapeutico-assistenziali – significa non solo adattare i trattamenti alle specificità biologiche di ciascun sesso, ma anche affrontare le disuguaglianze sociali e culturali che influenzano la salute. Riconoscere e affrontare le disuguaglianze di genere è fondamentale per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria e garantire che tutte le persone ricevano trattamenti adeguati, tempestivi e personalizzati. Questo approccio non riguarda solo le malattie fisiche, ma anche il benessere psicologico, dove le differenze di genere sono altrettanto significative».
«La consapevolezza attuale della centralità della persona affetta da cancro – ha aggiunto dal canto suo Sarah Scagliarini dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia dell’Ospedale Cardarelli di Napoli – ci induce finalmente a partire dal vissuto, dai sintomi, dalle condizioni psicologiche e sociali, per poi arrivare alla valutazione strettamente oncologica. Ed è proprio in questo nuovo modo di riflettere che emerge la differenza di genere nel carcinoma uroteliale, con differenze nell’àmbito dei fattori di rischio, del ritardo alla diagnosi, della stadiazione iniziale e della risposta ai trattamenti oncologici. Sensibilizzare, accogliere, cambiare la rotta del cancro oltre che curare è il nostro prossimo obiettivo».
Non solo medici, ma anche esponenti di Associazioni hanno partecipato al convegno di Roma, quale Edoardo Fiorini, presidente dell’Associazione PaLiNUro (Pazienti Liberi dalle Neuroplasie Uroteliali), che ha dichiarato: «Allo stato attuale non esiste uno screening né alcuna forma di prevenzione per il tumore alla vescica. Nelle campagne di sensibilizzazione sulla diagnosi precoce, cerchiamo di porre una particolare enfasi sulla donna, stimolando un maggiore coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei ginecologi che hanno una scarsa sensibilità in merito. Lo facciamo attraverso i nostri canali di comunicazione, i gruppi di auto aiuto, i webinar informativi urologi, congressi ed eventi come quello di oggi».
Nello specifico del tema centrale trattato nel convegno, va detto che il tumore della vescica rappresenta tra il 90% e il 95% dei carcinomi uroteliali, ed è quindi la principale neoplasia del tratto urinario la cui sintomatologia, diagnosi e prognosi mostrano quanto sia essenziale un approccio di medicina di genere. Se è vero, infatti, che gli uomini hanno un rischio maggiore di sviluppare la malattia, le donne presentano stadi più avanzati, con prognosi ed esiti peggiori.
Diverse sono state le soluzioni proposte per risolvere tali problemi, quali richiamare l’attenzione dei medici e dei pazienti alla specificità di genere nella diagnosi della malattia; sensibilizzare le donne a prendere in seria considerazione tutti i sintomi del tumore alla vescica e a familiarizzare maggiormente con la figura dell’urologo. Infine, ci si è soffermati anche sulla necessità di aumentare i corsi di formazione sulla medicina di genere.
L'articolo L’importanza della medicina di genere: il caso del carcinoma uroteliale proviene da Superando.
Ci vuole più “ambizione” per migliorare in Europa i diritti dei passeggeri con disabilità: l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, invita così i membri del Parlamento Europeo ad adottare appunto una posizione più “ambiziosa” riguardo alla revisione proposta dalla Commissione delle leggi sui diritti dei passeggeri durante i viaggi aerei e multimodali. «Le proposte lanciate alla fine del 2023 – fanno sapere infatti dall’EDF – non hanno soddisfatto le nostre aspettative e i governi nazionali intendono ulteriormente indebolirle».
Ancora troppo spesso, infatti, le persone con disabilità, quando viaggiano, devono affrontare sfide insormontabili a causa di imbarchi negati, ausili che si rompono e via dicendo. Insomma, non possono viaggiare in modo indipendente a causa delle barriere alla mobilità, tra cui la mancanza di accessibilità nei veicoli e nelle infrastrutture, nonché la necessità di preavvisare l’intenzione di viaggiare in anticipo per ricevere l’assistenza appropriata.
«Gli Europarlamentari dovrebbero presentare emendamenti alla revisione delle leggi sui diritti dei passeggeri per tutelare maggiormente i diritti delle persone con disabilità e tali emendamenti dovrebbero vietare completamente la possibilità di rifiutare l’imbarco sulla base della disabilità, stabilire la piena responsabilità degli operatori per i danni e le perdite degli ausili e consentire alle persone con disabilità di viaggiare con il loro assistente gratuitamente quando imposto dal vettore per ragioni di sicurezza», sono queste le principali richieste avanzate dal Forum Europeo sulla Disabilità ai Deputati Europei.
Attualmente, infatti, mentre i passeggeri ricevono rimborsi in caso di ritardi, cancellazioni o diniego di imbarco, le persone con disabilità non hanno diritto a rimborsi quando l’assistenza non si presenta, le informazioni non sono accessibili o viene negato l’imbarco. Inoltre, gli ausili alla mobilità danneggiati o smarriti non vengono completamente risarciti durante i viaggi aerei e in più il trasporto aereo è l’unico in cui una persona accompagnatrice richiesta dal vettore per motivi di sicurezza deve pagare per il biglietto extra. «L’attuale revisione rappresenta un’opportunità che i membri del Parlamento Europeo devono cogliere per proteggere i diritti di oltre 100 milioni di persone con disabilità nell’Uione Europea».
Ulteriore passaggio fonamentale: la Proposta per i diritti dei passeggeri nei viaggi multimodali deve stabilire un legame più forte con la Direttiva Europea sull’Accessibilità (European Accessibility Act), eliminando il tempo di preavviso per richiedere assistenza, estendendo i diritti dei passeggeri a mobilità ridotta ad altre categorie di biglietti multimodali e non solo ai contratti multimodali singoli, oltreché ampliando le responsabilità del Punto Unico di Contatto per l’Assistenza. «Invitiamo pertanto i membri del Parlamento Europeo a presentare gli emendamenti da noi suggeriti che vanno in questa direzione», concludono dall’EDF. (C.C. e S.B.)
La sintesi degli emendamenti per il rafforzamento dei diritti dei passeggeri e la sintesi degli emendamenti per una regolamentazione sui diritti dei passeggeri nel contesto multimodale sono disponibili rispettivamente (in inglese) a questo e a questo link.L'articolo Disabilità e viaggi aerei: l’Europa dev’essere più “ambiziosa” nel migliorare i diritti proviene da Superando.
In occasione dell’imminente ventottesima Giornata Nazionale del Braille, l’Istituto Comprensivo Francesco d’Assisi-Nicola Amore di Sant’Anastasia (Napoli) ospiterà un evento dedicato all’importanza del Braille e all’accessibilità per le persone con disabilità visiva, iniziativa patrocinata moralmente dal Comune di Sant’Anastasia, che mira a sensibilizzare studenti e comunità su temi quali l’autonomia, l’istruzione e l’inclusione.
Organizzato in collaborazione con la Rete CIVES e le Associazioni Abili alla Vita, ADAC (Associazione Diversamente Abili Campania) e Real Vesuviana, l’evento (venerdì 21 febbraio, Sala Auditorium della Scuola Secondaria di Primo Grado di Via Verdi, 72, ore 10-12) prevede la partecipazione di Angela de Falco (dirigente scolastica); Veria Giordano e Angela Auriemma (assessore rispettivamente all’Istruzione e alle Politiche Sociali del Comune di Sant’Anastasia); Raffaele Di Vaio, tecnico per ausili informatici; Antonio Maione, esperto sportivo; Giuseppe Fornaro, presidente della Rete CIVES; Annacarmen Rea, psicologa; Alessandro Costantino, educatore per studenti ciechi; Pasquale Borrelli, esperto musicale; Alfonso Romano, esperto sportivo. (S.B.)
L'articolo L’importanza del Braille e dell’accessibilità per le persone con disabilità visiva proviene da Superando.