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Una visione distorta dell’inclusione scolastica

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Una recente Sentenza del TAR della Campania ha annullato il PEI (Piano Educativo Individualizzato) che aveva assegnato una cattedra intera di sostegno (18 ore) ad un alunno con disabilità, attribuendone tante quante sono le ore di lezione. «Si tratta di una Sentenza – scrive Salvatore Nocera – non condivisibile, sia per motivi sostanziali che formali»

Leggo numerosi lanci di notizie su una Sentenza del TAR Campania, prodotta il 13 gennaio scorso, fra cui anche un contributo da parte di «Orizzontescuola.it». In sostanza il TAR campano, su richiesta della famiglia, ha annullato il PEI (Piano Educativo Individualizzato) che aveva assegnato una cattedra intera di sostegno (18 ore) ad un alunno con disabilità, attribuendone tante quante sono le ore di lezione. Il provvedimento spiega tale decisione con il difetto di motivazione di tale numero.

Ad avviso di chi scrive, questa Sentenza non è condivisibile, sia per motivi sostanziali che formali.
Per motivi sostanziali perché, se si assegnano ore di sostegno in numero pari a quello delle ore di lezione, si corre il fortissimo rischio che i docenti curricolari deleghino al solo docente di sostegno tutta la gestione del PEI, ciò che costituisce una negazione piena dell’inclusione scolastica, come prevista dalla nostra normativa, che vuole essa sia il frutto della piena collaborazione tra docenti disciplinari e docente di sostegno. Anzi, il termine “docente di sostegno” significa che egli è appunto “di sostegno” ai colleghi curricolari nell’inclusione scolastica dell’alunno/alunna con disabilità, perché questi è alunno della classe al pari dei compagni senza disabilità ed è quindi affidato all’attività didattica di tutti i docenti, “sostenuti” dalle specifiche competenze inclusive del collega di sostegno.

Per quanto riguarda poi il profilo formale, a parte quanto accennato sopra nei rapporti giuridicamente previsti tra docenti di sostegno e colleghi disciplinari, è da tener conto delle Tabelle C e C1 allegate al Decreto Interministeriale 182/20, secondo le quali anche nei casi di bisogno molto elevato di sostegni la normativa prevede l’assegnazione di un massimo della cattedra completa. È vero che l’articolo 21 di quello stesso Decreto stabilisce che tali tabelle si applichino solo quando i Profili di Funzionamento verranno pienamente attuati, ma esse sono un indice di conferma normativa all’orientamento da sempre tenuto nella prassi inclusiva della scuola italiana, salvo rarissimi casi, come questo, di un anomalo intervento “anti-pedagogico” della Magistratura.

Suppongo pertanto che il Ministero dell’Istruzione e del Merito impugnerà tale Sentenza con appello al Consiglio di Stato, anche se ciò solleverà le ire degli interessati, che però, così facendo, vedono l’insegnante di sostegno come una sorta di “protesi” dell’alunno con disabilità il che invece di includerlo ne favorisce l’isolamento e quindi l’esclusione dal resto della classe.

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Fondo “Dopo di Noi” e Sicilia: 35 milioni giacenti nelle casse del Ministero!

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«Denunciamo con forza – scrive Giuseppe Giardina, presidente dell’Associazione ANFFAS Sicilia – la grave responsabilità dei Distretti Socio-Sanitari della Sicilia per il fatto che, a causa della loro inerzia, hanno determinato e stanno determinando il mancato trasferimento alla Regione Sicilia e, attraverso di essa, ai Distretti, delle risorse previste dal Fondo Nazionale per il “Dopo di Noi” di cui alla Legge 112/16»

Denunciamo con forza la grave responsabilità dei Distretti Socio-Sanitari della Sicilia per il fatto che, a causa della loro inerzia, hanno determinato e stanno determinando il mancato trasferimento alla Regione Sicilia e, attraverso di essa, ai Distretti, delle risorse previste dal Fondo Nazionale per il “Dopo di Noi” di cui alla Legge 112/16.
Tale Fondo, istituito per garantire assistenza e supporto alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, meglio noto anche come “Durante e Dopo di Noi” ha portato alla Sicilia dal 2016 al 2023 un totale di oltre 46 milioni e 308.000 euro (a questo link è disponibile una tabella con la ripartizione anno per anno), e tuttavia, ad oggi, solo poco più di 11 milioni di euro risultano effettivamente trasferiti alla Regione Sicilia.

A causa quindi delle inadempienze da parte dei Distretti, ben 35 milioni di euro risultano giacenti nelle casse del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nell’attesa che i Distretti stessi inviino, tramite la Regione, i propri piani di impiego, nonché la relativa rendicontazione. Di fatto, risulterebbero assegnate solo le prime due annualità, ovvero quelle relative agli anni 2016-2017, ma anche queste risorse, a causa della mancata rendicontazione o del parziale utilizzo, rischiano di dover essere restituite al Governo centrale.
Di contro, le persone con disabilità e le famiglie siciliane continuano a vedersi negato il diritto a poter progettare nel “Durante Noi” un sereno “Dopo di Noi”, proprio grazie ai fondi stanziati con la Legge 112/16, il tutto nonostante i numerosi solleciti inviati dal Ministero e dalla Regione ai Distretti affinché avviassero i piani “Dopo di Noi”.

Da registrare, inoltre, la scarsa adesione dei pochi piani presentati alle Linee Guida Ministeriali, l’inefficacia dei progetti individuali destinati alle persone con disabilità grave, i gravi ritardi nell’avvio dei piani sui territori dove sono stati validati e la mancata rendicontazione delle misure effettivamente avviate, nonché la mancata garanzia nella continuità dei progetti avviati.
È del tutto evidente come questa situazione penalizzi ulteriormente le persone con disabilità e le loro famiglie, che già vivono in Sicilia una condizione di grave disagio e di mancanza di un’adeguata rete di servizi, vedendosi anche negato l’accesso a risorse economiche fondamentali per migliorare la loro qualità di vita e per guardare al futuro con la giusta serenità.

Come ANFFAS Sicilia, pertanto, ci appelliamo ai Distretti Socio-Sanitari inadempienti per far sì che provvedano con urgenza a quanto di propria competenza, per sbloccare i fondi necessari a garantire, anche in Sicilia, la concreta, urgente e compiuta attuazione della Legge 112/16. Chiediamo al contempo alla Regione Sicilia e al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ognuno per quanto di propria competenza, di attivarsi anche con poteri sostitutivi. Dal canto nostro dichiariamo sin d’ora la nostra massima disponibilità a garantire collaborazione per i suddetti fini, anche attraverso l’attivazione di uno specifico tavolo di lavoro.

*Presidente dell’ANFFAS Sicilia (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e del Neurosviluppo), info@anffasicilia.net.

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“Sensuability & Comics”: si può ancora partecipare fino al 27 gennaio

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Prorogato al 27 gennaio il termine per partecipare alla settima edizione di “Sensuability & Comics”, il concorso promosso dall’Associazione NessunoTocchiMario, nell’àmbito del più ampio progetto “Sensuability”, voluto per diffondere una visione nuova e priva di pregiudizi della sessualità e della disabilità attraverso le illustrazioni e i fumetti L’immagine utilizzata pr la locandina della settima edizione di “Sensuability & Comics”

È stato prorogato al 27 gennaio il termine per partecipare alla settima edizione di Sensuability & Comics, il concorso seguito puntualmente anche su queste pagine, promosso dall’Associazione NessunoTocchiMario, nell’àmbito del più ampio progetto Sensuability, ideato da Armanda Salvucci per diffondere una visione nuova e priva di pregiudizi della sessualità e della disabilità attraverso le illustrazioni e i fumetti.
Come segnalato a suo tempo, il tema scelto per questa edizione è quello della letteratura, allo scopo di reinterpretare in chiave sensuale e ironica personaggi e storie tratte da opere celebri, celebrando la bellezza di ogni corpo, con tutte le sue imperfezioni.
La partecipazione è gratuita e le opere (in formato digitale o cartaceo) potranno dunque essere inviate, come detto, entro il 27 gennaio prossimo, a concorso@sensuability.it. La giuria, composta dalle scrittrici Giulia Blasi e Teresa Ciabatti, dal fumettista Tito Faraci, dall’illustratore Fabio Magnasciutti e dallo scrittore e regista Francesco Trento, selezionerà le opere migliori, che saranno in mostra a Roma dal 14 febbraio al 14 marzo 2025.
Ben volentieri proponiamo, qui a fianco, la bella immagine usata per la locandina del concorso, realizzata da Kutoshi Kimino del collettivo Sputnik, rielaborando una scena dell’Inferno di Dante, in chiave Sensuability. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Daniela Russo (russo.da@gmail.com).

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Quando la riabilitazione può essere “un gioco per bambini”

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Laboratori di riabilitazione ad alta tecnologia, nuove strumentazioni per l’oculistica, un elettroencefalografo (EEG) per ascoltare i ritmi del cervello, una stanza di stimolazione multisensoriale immersiva: sono dedicate ai bambini le nuove strumentazioni hi-tech inaugurate presso il Presidio di riabilitazione e ricerca La Nostra Famiglia di Pasian di Prato (Udine)

Laboratori di riabilitazione ad alta tecnologia, nuove strumentazioni per l’oculistica, un elettroencefalografo (EEG) per ascoltare i ritmi del cervello, una stanza di stimolazione multisensoriale immersiva: sono dedicate ai bambini le nuove strumentazioni hi-tech inaugurate recentemente presso il Presidio di Riabilitazione e Ricerca della Nostra Famiglia a Pasian di Prato (Udine).
Il parco tecnologico è dedicato a più di 3.000 bambini e bambine con disabilità congenite o acquisite o disturbi del neurosviluppo, che ogni anno accedono al Presidio per percorsi di cura e riabilitazione funzionale. Realizzato grazie al sostegno di Fondazioni, aziende e donatori, il parco è un laboratorio di ricerca e di cura che mette a disposizione di bambini e ragazzi spazi terapeutici e attrezzature dove le attività riabilitative assumono la forma di un gioco, grazie a tecnologie all’avanguardia.
«In àmbito pediatrico è fondamentale coniugare la proposta riabilitativa con attività accattivanti, che sostengano la partecipazione attiva e la motivazione dei bambini. Per questo siamo interessati ad un approccio che integri la riabilitazione tradizionale con la riabilitazione multimediale», spiega la direttrice generale regionale Tiziana Scaccabarozzi.

Il Presidio è dotato anche del sistema Nirvana, laboratorio dove diversi proiettori generano sul pavimento o su una parete scenari di stimolo interattivi, mentre sensori di movimento rilevano le azioni dei giovani pazienti. «L’utilizzo della realtà multisensoriale immersiva permette di creare un ambiente dove il bambino può giocare a spostare le nuvole, attraversare un deserto o interagire con un cagnolino festoso», afferma Arianna Michielutti, specialista in Medicina fisica e Riabilitazione. «Questo strumento – aggiunge – consente di realizzare contemporaneamente la riabilitazione cognitiva e motoria, permettendo un’interazione naturale con l’ambiente, senza l’utilizzo di strumenti invasivi come sensori, guanti, occhiali, caschi o joystick. Oltre all’attività di riabilitazione, questi dispositivi verranno utilizzati a scopo di ricerca, per raccogliere dati e metterli in rete con le sedi dell’IRCCS Medea di Bosisio Parini (Lecco) e di Conegliano (Treviso), così da avere evidenze più robuste negli studi clinici che vengono svolti nei nostri centri per migliorare sempre la risposta ai bisogni dei bambini».

Con il progetto Vediamoci chiaro, anche il servizio di oculistica, riconosciuto come presidio di riferimento regionale per l’ipovisione, si è dotato di macchinari che garantiscono ai piccoli pazienti visite e interventi giocosi e motivanti: «Dal territorio regionale ogni anno accedono al nostro servizio quasi 4.000 pazienti in età evolutiva, il 60% dei quali ha meno di 10 anni», precisa il direttore operativo della sede, Alessandro Giardina.

È destinato infine alla ricerca nell’àmbito delle neuroscienze il progetto Onde di bene, finalizzato a studiare l’attività elettrica del cervello e a verificare i cambiamenti che è possibile ottenere attraverso specifici interventi riabilitativi: «Nel Laboratorio di Neuropsicologia dello Sviluppo studiamo i correlati neurali a riposo o durante l’esecuzione di compiti sensorimotori, cognitivi e di percezione sociale in alcune popolazioni cliniche specifiche, come i disturbi del neurosviluppo o le paralisi cerebrali infantili, che come già sappiamo presentano difficoltà e disturbi nell’attività cerebrale», spiega il ricercatore dell’IRCCS Medea e dell’Università di Udine Cosimo Urgesi. «Per registrare i ritmi del cervello di questi bambini, ci siamo dotati di un elettroencefalografo di nuova generazione che garantisce tempi rapidi di preparazione, un segnale robusto rispetto agli artefatti da movimento e un sistema facile e leggero da indossare». (C.C.)

Per maggiori informazioni Cristina Trombetti (cristina.trombetti@lanostrafamiglia.it).

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A Torino è attiva la “Rete Obiettivo DAMA”

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«Questo progetto nasce con l’intento di promuovere l’implementazione nella nostra Regione del Modello DAMA, nato a Milano 25 anni fa, per fornire assistenza medica avanzata e personalizzata alle persone con disabilità»: a dirlo è un gruppo di Associazioni piemontesi e di persone impegnate per la tutela dei diritti della disabilità intellettiva/autismo, presentando l’iniziativa denominata “Rete Obiettivo DAMA Torino”

«Questo progetto nasce con l’intento di promuovere l’implementazione del Modello DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance, ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”) in Piemonte, una Regione che purtroppo, ad oggi, non dispone ancora di un sistema strutturato ed efficace per garantire accesso alle cure ospedaliere alle persone con disabilità gravi e gravissime»: a scriverlo in una nota, presentando l’iniziativa denominata Rete Obiettivo DAMA Torino, è un gruppo di Associazioni piemontesi (a questo link ne è disponibile l’elenco) e di persone impegnate per la tutela dei diritti della disabilità intellettiva/autismo, che intende appunto fare riferimento al sistema DAMA, di cui tante volte ci siamo occupati sulle nostre pagine.
Quest’ultimo, lo ricordiamo, è nato nel 2000 presso l’Ospedale San Paolo di Milano, per fornire appunto una risposta dedicata, efficiente e personalizzata alle persone con disabilità intellettive e neuromotorie, pazienti spesso esclusi dai percorsi diagnostico-terapeutici tradizionali a causa di difficoltà comunicative o comportamentali. In tal senso, un’équipe multidisciplinare coordina le cure, mettendo al centro la persona con disabilità e valorizzando il ruolo dei familiari caregiver, riducendo in tal modo l’ansia e lo stress sia per i pazienti che per le loro famiglie.

«Attualmente, in Piemonte – spiegano le Associazioni che intendono promuovere il progetto Rete Obiettivo DAMA  -, l’accesso alle cure ospedaliere per persone con gravi disabilità è spesso ancora ostacolato da barriere organizzative e culturali. Queste persone si trovano a fronteggiare tempi di attesa, difficoltà nell’interazione con il personale e la struttura sanitaria e mancanza di percorsi dedicati, con conseguenti peggioramenti delle condizioni di salute, nonché un aumento dei costi sanitari. Il DAMA, quindi, soluzione già collaudata in altre Regioni italiane e riconosciuta a livello nazionale, potrebbe e dovrebbe essere implementato anche in Piemonte.  Con la Rete Obiettivo DAMA Torino ci poniamo pertanto l’obiettivo di sollecitare le Istituzioni Regionali a implementare questo modello inizialmente in almeno un ospedale della Regione. La forza della Rete risiede del resto nella capacità di essa di aggregare competenze e sensibilità, fungendo da catalizzatore per decisioni politiche attese da tempo e recentemente sono stati avviati contatti con operatori e istituzioni regionali per esplorare le prime opportunità di attuazione».

«L’adozione del DAMA a Torino – è la conclusione – rappresenterebbe un passo avanti verso l’inclusione e il rispetto dei diritti delle persone con disabilità, in linea con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e con i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Oltre poi a migliorare la qualità delle cure e ridurre l’uso di interventi di emergenza, il DAMA si distingue per l’efficienza dei costi, offrendo un modello che si ripaga nel tempo, grazie alla prevenzione delle complicazioni e alla razionalizzazione delle risorse ospedaliere. Invitiamo pertanto cittadini, cittadine, associazioni e istituzioni a sostenere questo progetto, che non rappresenta un “favore” a una minoranza, ma un dovere etico e giuridico verso una parte più debole della società. L’auspicio è che Torino possa diventare un esempio di inclusione e innovazione per tutto il territorio piemontese, recuperando il tempo perduto». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: reteobiettivodama@gmail.com.

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Prime indicazioni dall’INPS sulle nuove modalità di accertamento della disabilità

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Suggeriamo senz’altro la consultazione di un approfondimento curato dall’OMAR (Osservatorio Malattie Rare), riguardante il recente Messaggio dell’INPS che contiene le prime indicazioni legate alle nuova modalità di accertamento della disabilità

Com’è noto, il Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, ha introdotto una profonda riforma dei criteri e delle modalità di accertamento della condizione di disabilità, prevedendo una “Valutazione di Base” affidata in via esclusiva all’INPS su tutto il territorio nazionale a partire dal 1° gennaio 2026.
Nel frattempo, è già stata avviata dal 1° gennaio di quest’anno, e si protrarrà fino al 31 dicembre, una fase di sperimentazione riguardante nove Province italiane (Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste).
La verifica degli esiti di applicazione della sperimentazione, che dovrà appunto portare ad un allargamento a tutta l’Italia, dovrà essere stabilita tramite un regolamento da adottare su iniziativa del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e con l’Autorità Politica delegata in materia di disabilità.
Nell’attesa, l’INPS, con il Messaggio numero 4465 prodotto il 27 dicembre scorso, ha diffuso le prime indicazioni legate alle nuova modalità di accertamento che l’OMAR (Osservatorio Malattie Rare) sintetizza in un approfondimento del quale suggeriamo senz’altro la consultazione (a questo link). (S.B.)

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Si conclude a Trieste il viaggio italiano della seconda edizione di “INCinema Film Festival”

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Si concluderà a Trieste, prima di continuare a Londra e a New York nei prossimi mesi, il viaggio in Italia della seconda edizione di “INCinema Film Festival”, Festival cinematografico fruibile anche dalle persone con disabilità sensoriali. Il 19 gennaio, nella città giuliana, verrà proiettata la versione accessibile del film “Il mio compleanno”, opera prima di Christian Filippi Una scena del film “Il mio compleanno” di Christian Filippi

Dopo le tappe di Firenze, Lecce, Roma, Torino, Udine e Milano, da noi seguite passo dopo passo, si concluderà domenica 19 gennaio a Trieste, prima di continuare a Londra e a New York nei prossimi mesi, il viaggio in Italia della seconda edizione di INCinema Film Festival, manifestazione ideata da Federico Spoletti e diretta da Angela Prudenzi, di cui Superando si onora di essere media partner sin dagli inizi.
Questo Festival, come abbiamo ampiamente riferito a suo tempo, si svolge sia in presenza al cinema, sia da remoto su piattaforma MYmovies One e soprattutto offre l’opportunità di vedere dei film in sala in modalità inclusiva anche a chi non può andare regolarmente al cinema. Si tratta infatti del primo evento del genere in Italia fruibile anche dalle persone con disabilità sensoriali, che solitamente non possono partecipare ai festival cinematografici. Una tappa decisamente importante nel cammino verso una piena accessibilità del settore cinematografico italiano, anche tenendo conto dell’ormai prossima entrata in vigore, nel mese di giugno, della nuova Direttiva Europea sull’Accessibilità (European Accessibility Act).

Nel pomeriggio del 19 gennaio, dunque, al Teatro Miela di Trieste (Piazza Duca degli Abruzzi, 3, ore 14.15) INCinema presenterà, grazie alla collaborazione con il Trieste Film Festival e con Alpe Adria Cinema, la versione accessibile del film Il mio compleanno, opera prima di Christian Filippi, presentato all’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Biennale College.

I film presentati nell’ambito di INCinema, va ricordato, sono resi accessibili tramite i sottotitoli sullo schermo e l’audiodescrizione (applicazione gratuita Earcatch). Ma l’operazione di inclusività riguarda anche le varie attività collaterali alle proiezioni cinematografiche, quali le masterclass, gli incontri con autori, le Domande/Risposte con attori e registi, il tutto accompagnato da trascrizioni in tempo reale.
Il Festival è prodotto e organizzato da SUB-TI ACCESS, in collaborazione con l’Associazione Libero Accesso, con il sostegno del Comune e della Banca di Udine, e anche in collaborazione con MYmovies, Alice nella Città, la Cineteca di Milano, la Fondazione Sistema Toscana, il Museo del Cinema di Torino, il Festival del Cinema Europeo di Lecce, Trieste Film Festival e l’Associazione +Cultura Accessibile.
Si avvale inoltre del patrocinio dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), della FIADDA (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone sorde e Famiglie), della FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), dell’Associazione Aniridia Italiana e della Consulta Regionale delle Associazioni delle Persone con Disabilità e delle loro Famiglie del Friuli Venezia Giulia.
I partner tecnici sono Earcatch e EasyReading, i media partner, oltre a Superando, Fred Film Radio e Motto Podcast. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Martina Tonarelli (martina.tonarelli@fred.fm).

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La “nuova scuola” non dimentichi la partecipazione di alunni e alunne con disabilità

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«La nostra raccomandazione è che non si vada verso una scuola per pochi, che selezioni ed escluda, ma che ci sia sempre più spazio alla personalizzazione della didattica, per promuovere la partecipazione anche dei tanti studenti e studentesse con disabilità»: lo dicono dall’Associazione AIPD, commentando le notizie riguardanti la riforma dei programmi scolastici, delineata dal ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara (Foto di AIPD Nazionale)

«Non spetta a noi entrare nel merito delle novità annunciate, ma la nostra raccomandazione è che non si vada verso una scuola per pochi, che selezioni ed escluda, ma che ci sia sempre più spazio alla personalizzazione della didattica, per promuovere la partecipazione anche dei tanti studenti e studentesse con disabilità»: lo dicono dall’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), commentando le notizie riguardanti la , delineata dal ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara.
«Da quarant’anni ci battiamo per l’inclusione scolastica – aggiungono dall’Associazione – che oggi preferiamo chiamare partecipazione, perché includere non basta: gli studenti e le studentesse con disabilità, sempre più numerosi nelle nostre classi, hanno bisogno di essere protagonisti attivi degli apprendimenti e delle competenze che ciascuno di loro può acquisire. Per questo, servono programmi personalizzati, ma soprattutto insegnanti specializzati, curricolari e di sostegno, che sappiamo cogliere in ciascun alunno il suo talento e valorizzarlo. Ben vengano il latino, la storia, la letteratura, la conoscenza delle proprie radici, ma si trovino i metodi, gli spazi, il linguaggio e le modalità perché l’apprendimento sia sempre attivo e la didattica favorisca la partecipazione di tutti».

«Invitiamo il ministro Valditara – è pertanto l’appello del presidente nazionale dell’AIPD Gianfranco Salbini – a coinvolgere le Associazioni che, come la nostra, hanno contribuito a creare, negli anni, una scuola di tutti. Insieme, possiamo rimettere mano non solo ai programmi, che certamente devono essere rivisti, ma soprattutto all’idea di scuola e di comunità educante, che deve essere riletta e riscritta, alla luce della realtà quotidiana che oggi vivono i ragazzi e le ragazze. Da parte nostra, saremo felici di mettere a disposizione le nostre competenze, le nostre esperienze e le nostre professionalità, per costruire una nuova scuola, che sia di tutti e per tutti». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampaaipd@gmail.com.

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Ancora sul Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità

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Alcune ulteriori riflessioni sul Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, istituito dalla Legge Delega 227/21 in materia di disabilità e dal Decreto Legislativo 20/24, attuativo di essa, il cui collegio è stato definito nel dicembre scorso. Ad esprimerle è PERSONE, il Coordinamento Nazionale Contro la Discriminazione delle Persone con Disabilità di recente costituzione Loghi che rappresentano altrettante diverse forme di disabilità

Il Decreto Legislativo 20/24, istitutivo del Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, stabilisce, all’articolo 2, comma 3, che «il presidente e i componenti del collegio sono scelti tra persone di notoria indipendenza e di specifiche e comprovate professionalità, competenze o esperienze nel campo della tutela e della promozione dei diritti umani e in materia di contrasto delle forme di discriminazione nei confronti delle persone con disabilita».
Stando alle nomine recentemente rese note, nasce tuttavia spontanea una domanda: «Davvero non c’erano personalità caratterizzate da competenze specifiche e di innegabile indipendenza nell’intero panorama nazionale?». Infatti, pur essendo in possesso di curricula rispettabilissimi e di indubitabili competenze, riferibili però ad àmbiti disciplinari distanti dal ruolo istituzionale attribuito, i profili eletti non rispettano i criteri sopra elencati.

Non abbiamo motivo di dubitare dell’impegno personale nello svolgere il delicato incarico, ma ci chiediamo: può essere considerato autonomo e indipendente il capo di gabinetto della Ministra per le Disabilità? Inoltre, perché, proprio nel momento in cui dovremmo, finalmente, immergerci nel modello sociale della disabilità di cui è impregnata la Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, si nomina un medico nella commissione? Senza negare l’importanza degli aspetti medico-clinici che interessano le varie condizioni, riteniamo intollerabile ridurre l’esistenza di una persona al suo progetto di cura, tradendo lo spirito stesso della riforma.

Domande ineludibili, visto che le scelte non sono neutre, ma indicano, al contrario, la direzione intrapresa. Come previsto nel Decreto Legislativo 20/24, ci saremmo aspettati la presenza di competenze legate all’àmbito dei diritti delle persone con disabilità, dei fenomeni di segregazione, discriminazione e limitazione della libertà personale.

Consapevoli dunque che quello attuale sia un momento di svolta per le persone con disabilità e per i loro familiari, è con grande rispetto, ma con altrettanto spirito critico, che il nostro Coordinamento intende vigilare sull’evolversi degli avvenimenti, avendo scelto la strada dei diritti e della libertà personale come unica stella polare.

*personecoordnazionale@gmail.com. Nella pagina Instagram del Coordinamento (a questo link) sono presenti una serie di ulteriori informazioni sullo stesso.

All’operatività dal 1° gennaio 2025 dell’ufficio del Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, il nostro giornale ha già dedicato i testi Fondamentale la collaborazione del Garante con le organizzazioni di persone con disabilità, Quanto potrà essere efficace l’azione di questo Garante? di Giampiero Griffo e Altre riflessioni sul Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità di ANFFAS Nazionale.

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Sclerosi multipla, la riabilitazione è cura

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Inaugurato nei giorni scorsi, il progetto “Sclerosi multipla, la riabilitazione è cura!”, promosso dall’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e sostenuto da Intesa Sanpaolo, in collaborazione con il CESVI, ha consentito di apportare una serie di interventi alla piscina riabilitativa del Servizio Riabilitazione AISM Liguria, per continuare a rispondere ai bisogni delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate La piscina riabilitativa dell’AISM Liguria

È stato inaugurato nei giorni scorsi il progetto Sclerosi multipla, la riabilitazione è cura!, promosso dall’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e sostenuto da Intesa Sanpaolo, attraverso il Programma Formula, in collaborazione con il CESVI, iniziativa finanziata attraverso una raccolta fondi del 2023, sulla piattaforma di Intesa Sanpaolo dedicata a sostenibilità ambientale, inclusione sociale e accesso al mercato del lavoro per le persone in difficoltà, consentendo di apportare una serie di interventi alla piscina riabilitativa del Servizio Riabilitazione AISM Liguria, per continuare a rispondere ai bisogni delle persone con sclerosi multipla.
Grazie al progetto, infatti, è stato possibile garantire un adeguato microclima sia dell’aria che dell’acqua della piscina, garantendo benefìci a circa 1.400 persone con sclerosi multipla o patologie correlate, seguite dal Servizio Riabilitazione dell’AISM Liguria.

«Il polo specialistico dell’AISM di Genova -sottolinea Mario Alberto Battaglia, direttore generale dell’AISM e presidente della FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’Associazione -, che è nato grazie anche al lascito di Filippo Malaponte, una persona con sclerosi multipla progressiva, risponde ai bisogni di chi convive con la sclerosi multipla, la neuromielite ottica (NMOSD), la MOGAD e patologie correlate. La riabilitazione è una vera e propria cura, essenziale per il benessere e l’autonomia delle persone e la riabilitazione in acqua facilita i movimenti e migliora l’equilibrio, permettendo attività che sarebbero difficili da svolgere fuori dall’acqua. Investire in strutture come questa significa costruire un futuro in cui nessuno resti indietro». (S.B.)

A questo link è disponibile un testo di ulteriore approfondimento. Per altre informazioni: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.

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Per far sì che l’inclusione non sia solo uno slogan

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«L’inclusione – scrive tra l’altro Gianfranco Vitale – non può essere ridotta a slogan né ad iniziative di facciata. Le strategie e le azioni da promuovere devono tendere a rimuovere le forme di esclusione di cui le persone con disabilità soffrono nella loro vita quotidiana» Una realizzazione grafica americana dedicata all’inclusione delle persone con disabilità

Negli ultimi anni, il termine “inclusione” è entrato sempre più spesso nel nostro linguaggio quotidiano. Iniziative, eventi e progetti dedicati a questo tema stanno crescendo, e ciò è senza dubbio un segnale positivo: indica che la società si sta muovendo verso una maggiore sensibilità e rispetto per le persone con disabilità.
Sbaglieremmo, tuttavia, a ignorare che dietro questa importante svolta si nascondono, a volte, limiti, errori e contraddizioni che rischiano di trasformare l’inclusione in semplice apparenza. Non sono poche, infatti, le iniziative che, pur muovendo da buone intenzioni, finiscono per rafforzare la separazione anziché superarla. In questi casi, innegabilmente, siamo più vicini a un’esclusione travestita che ad un’inclusione vera!

Un esempio emblematico è il Disability Day, organizzato da alcuni Comuni in “imbarazzanti” orari mattutini, con parchi divertimento riservati esclusivamente a persone con disabilità e alle loro famiglie. Anche se l’intento è lodevole, queste iniziative non rischiano di isolare ulteriormente i destinatari, invece di promuovere una reale integrazione?
La vera inclusione richiede che tutti (proprio tutti) partecipino alle stesse attività, nello stesso luogo e nello stesso momento. Nessuno pretende per i nostri cari la creazione di una nuova Disneyland, ma nemmeno è accettabile l’idea di realizzare una succursale di Disabilandia!
Il Disability Day non dovrebbe realizzarsi in tre ore al mattino, com’è ormai prassi, ma svilupparsi in tutto l’arco della giornata, tenendo conto che in quella stessa occasione tutti (proprio tutti) gli avventori dovrebbero anche “accontentarsi” di giostre rallentate, di musica ad un volume accettabile, di luci un po’ meno intermittenti…
Se non si comprende l’importanza di un simile percorso, la conseguenza è che più che includere si creino muri alti, spessi e difficilmente abbattibili, che nascondono varchi e crepe di ogni genere.
L’inclusione non può essere ridotta a slogan né ad iniziative di facciata. Le strategie e le azioni da promuovere devono tendere a rimuovere le forme di esclusione di cui le persone con disabilità soffrono nella loro vita quotidiana. Penso, esemplificando al massimo e riservandomi qualche approfondimento ad hoc, all’emarginazione scolastica; al mancato apprendimento di competenze sociali e di vita; alle esperienze affettive troppo spesso relegate all’esclusivo àmbito familiare; alla scarsa partecipazione alle attività di tempo libero; alla mancanza di un lavoro che sia altro rispetto a quello “retribuito” con mancette simboliche, che rasentano lo sfruttamento, da molte Cooperative ecc.

Proviamo ad analizzare, ad esempio, il contesto scolastico. Qui emerge un modello che spesso associa il concetto di inclusione a un mero adempimento burocratico. Se è vero che l’adozione di piani didattici personalizzati è fondamentale, è altrettanto vero che essa deve essere affiancata da un cambiamento culturale che eviti di etichettare gli studenti solo con sigle (BES, DSA, NAI, PDP…) o di catalogare ad ogni costo, con fantasiosi acronimi e diciture, ogni forma di disagio, a cominciare da quello cosiddetto sociofamiliare! L’etichettatura riduce le persone a diagnosi, trascurando colpevolmente le loro potenzialità.
È fondamentale che la scuola non trasformi le differenze tra gli studenti in disuguaglianze. Le risposte di tipo medico o terapeutico a problemi sociali non devono assolutamente prevalere sull’approccio pedagogico, che rappresenta il cuore del processo educativo.
Pur riconoscendo l’importanza di diagnosticare e affrontare le difficoltà specifiche degli studenti, occorre evitare il rischio che l’inclusione venga compromessa. Se è inconfutabile che alcune difficoltà richiedono una diagnosi e un supporto adeguato, è necessario evitare che l’inclusione si blocchi a causa di una medicalizzazione eccessiva, che oltretutto mortifica e depriva della loro identità professionale gli stessi docenti fino a renderli subalterni a psicologi e neuropsichiatri.
Non si tratta di criticare gli interventi individualizzati previsti e concordati nei Piani Educativi Individualizzati (PEI), ma è fondamentale condannare qualsiasi utilizzo improprio di strumenti che finiscono per creare esclusione ed emarginazione anziché favorire l’inclusione.
La scuola deve essere il luogo in cui le differenze vengono riconosciute e valorizzate, non trasformate in disuguaglianze. Occorre contrastare l’abuso di modelli che isolano gli studenti con disabilità, promuovendo invece ambienti autenticamente inclusivi, dove ogni alunno viene rispettato nella sua unicità.
Si pensi all’uso distorto che viene fatto, non di rado, delle “aule di sostegno”. Indicate come luoghi sereni e gioiosi, esse sono – nella realtà – spazi vuoti, deprimenti, altamente stigmatizzanti, perché separano gli allievi con disabilità dai loro coetanei, negando di fatto la piena partecipazione alla vita scolastica. Sono spazi che invece di abbattere segnano confini; nascondono e celano, oscurano alla vista e coprono alla mente.
Eppure questo falso modello inclusivo è ancora oggi promosso al rango di “laboratorio” da tanti dirigenti e ispettori scolastici che, incredibilmente, lo descrivono come “inclusivo”, pur sapendo, loro per primi, che è “riempito” di soli, e tanti, alunni con disabilità!

Promuovere davvero l’inclusione significa cambiare prospettiva: non considerare la disabilità come una malattia, ma riconoscerla come il risultato dell’interazione tra le caratteristiche della persona con disabilità e l’ambiente in cui vive, lavorando per eliminare le barriere che ostacolano la partecipazione.
Occorre rendere la disabilità una realtà che interagisce con altre realtà, perché la vera inclusione guarda oltre la disabilità come “problema personale” e si concentra sul contesto sociale, con l’obiettivo di abbattere le barriere culturali, fisiche e sociali che limitano le opportunità delle persone con disabilità.

In apparenza il nostro Paese ha dimostrato sensibilità nel disegnare processi e percorsi diretti a favorire la piena inclusione sociale delle persone con disabilità, ma, in verità, nonostante la ridondante produzione legislativa degli ultimi trent’anni, in tanti àmbiti di vita emergono e permangono significativi svantaggi delle persone con disabilità rispetto al resto della popolazione.
Questo significa che gli strumenti messi in campo non hanno ottenuto i risultati attesi, ma sono serviti, nella migliore delle ipotesi, ad attenuare le differenze o impedire che si amplificassero.
Una miriade di leggi, di cui lo Stato ipocritamente va fiero, non trova di fatto applicazione (ne cito, per brevità di esposizione, solo due, ma è bene sapere che il loro numero è almeno dieci volte più grande: la Legge 68 del 1999 su disabilità e lavoro, la Legge 328 del 2000 sul progetto di vita). Non dare attuazione alla Legge 68/99, ad esempio, da una parte ha significato tradire la possibilità di pensare alla persona con disabilità come individuo sociale, favorendone la piena integrazione sul territorio grazie a misure atte a trovare nuove motivazioni, sviluppare abilità, occasioni di socializzazione, attività formative, eccetera. Dall’altra ha significato rinnegare con brutalità e disprezzo il principio di una società equa e inclusiva.
Cosa c’è di più equo e inclusivo di un lavoro adeguato alle capacità individuali? Capirà mai questa classe politica, rozza e ignorante, che il lavoro non è solo un diritto ma è anche un potente strumento di autonomia e dignità? Fino a quando dovremo sopportare, anziché denunciare, la retorica di Servizi e Istituzioni che quando parlano di tutela dell’inclusione sociale delle persone con disabilità ricorrono solo a menzogne e omissioni?

A queste domande potrebbero e dovrebbero rispondere soprattutto le Associazioni, se per una volta fossero capaci di capire che su un tema così delicato e complesso come “l’inclusione”, oggettivamente trasversale a tutte le forme di disabilità, non ci si può ingenuamente dividere per la sola voglia di primeggiare come, in maniera infantile, avviene ogni giorno su tante altre questioni. È forse possibile distinguere tra l’inclusione della persona con disabilità fisica e quella della persona con disabilità psichica? No: l’inclusione riguarda tutti.
Per raggiungere una vera inclusione, le Associazioni, le famiglie e tanti cittadini perbene sensibili al problema devono unirsi in uno sforzo comune. Si lavori, allora, perché questo obiettivo diventi il collante capace di unire tutte le forze chiamate a fare fronte comune contro l’egoismo e la miopia di una classe politica brava solo a difendere e consolidare i suoi privilegi, ma completamente inaffidabile, insensibile e vergognosamente distante dai bisogni reali delle persone con disabilità (e, non dimentichiamolo mai, delle loro famiglie).
È tempo di superare divisioni e compromessi. La diversità è una risorsa straordinaria che arricchisce la società, e ogni persona con disabilità merita, a pieno titolo, di essere inclusa, accolta e valorizzata. Non si tratta di un privilegio, ma di un diritto primario che va difeso e promosso, in tutte le sedi, con coraggio e determinazione.

Alcune settimane fa ho promesso a Stefania Delendati, direttrice responsabile di Superando, che le avrei dedicato un articolo. Mantengo la promessa: quello che ho scritto qui è per Lei. (G.V.)

L'articolo Per far sì che l’inclusione non sia solo uno slogan proviene da Superando.

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