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Disabilità, Inclusione, Cooperazione: a Ostuni c’è stato impegno, consapevolezza e gioco

Nell’ottobre scorso a Ostuni (Brindisi), in parallelo con l’ottavo Festival della Cooperazione Internazionale, vi è stata la seconda formazione del progetto DICoo1 – Disabilità, Inclusione, Cooperazione, prima scuola di formazione professionale mediterranea per la cooperazione inclusiva con persone con e senza disabilità. Questo è il racconto di quell’sperienza da parte di chi vi ha partecipato I ringraziamenti alla fine della rappresentazione teatrale a Ostuni

Il 17 ottobre dello scorso anno era terminata a Tunisi la prima formazione in presenza del progetto DICoo1 – Disabilità, Inclusione, Cooperazione, prima scuola di formazione professionale mediterranea per la cooperazione inclusiva con persone con e senza disabilità, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Gioventù attraverso il programma Erasmus plus dell’Unione Europea [se ne legga già ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.]. Si tratta di un progetto promosso dalla RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo: se ne legga in calce), in partenariato con le organizzazioni SOIH Croazia, l’Associazione Casa Lahnina Marocco e l’AIFO Tunisia il cui obiettivo è la formazione di 24 persone con disabilità o impegnate in Associazioni di persone con disabilità, come esperte junior nel campo della cooperazione internazionale e dell’emergenza.

A Tunisi, dopo avere parlato dei concetti base della cooperazione inclusiva, ci eravamo soffermati sulla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e confrontati sulla gestione di progetti di emergenza e di protagonismo delle Associazioni di persone con disabilità.
Negli ultimi giorni, prima di lasciarci, avevamo steso a terra un lenzuolo bianco su cui ognuno di noi, con dei colori, aveva disegnato qualcosa; alla fine, quando tutti avevamo finito, l’abbiamo tagliato e ognuno ne ha portato a casa un pezzo, ripromettendosi che, quando ci saremmo rincontrati, l’avremmo portato con noi per ricomporre il puzzle.
Una volta tornati a casa, dopo avere organizzato qualche evento di disseminazione in cui abbiamo raccontato quella fantastica esperienza, il nostro lavoro è continuato online, facendo delle ricerche per capire come vivono le persone con disabilità e quali sono gli ostacoli che incontrano nella vita quotidiana. Per ognuno dei Paesi coinvolti, un partner locale ci ha seguiti dandoci consigli e suggerimenti su come preparare documentazione e materiali.
Nello specifico, abbiamo fatto ricerche su salute, lavoro, educazione e doppia discriminazione delle persone con disabilità; per ogni delegazione, ogni persona si è occupata di un campo specifico; oltre a studiare documenti e articoli trovati per lo più su internet, per avere un quadro ancora più completo, abbiamo intervistato persone con disabilità e operatori che con loro lavorano tutti i giorni.
Essendomi occupato di educazione inclusiva, la raccolta di storie di vita di persone con disabilità mi ha aiutato a capire che, sebbene l’Italia abbia uno dei sistemi educativi migliori d’Europa, vedere attuati i propri diritti dipende molto dalle famiglie di appartenenza e dalle persone che si incontrano lungo il cammino.
Infine, abbiamo sintetizzato il nostro lavoro creando dei PowerPoint da presentare durante l’ottava edizione del Festival della Cooperazione Internazionale di Ostuni (Brindisi) con cui questa seconda formazione in presenza del progetto DICoo ha colto la sfida e l’opportunità di entrare in sinergia.

La seconda formazione in presenza del progetto DICoo si è svolta dunque dal 6 al 14 ottobre a Ostuni, centro del Sud d’Italia che conta circa 33.000 abitanti, ma che, essendo una località turistica conosciuta in tutto in mondo, si triplicano nel periodo estivo.
Non esiste alcun treno che dalla caotica Roma (che oltretutto quest’anno si prepara ad ospitare il Giubileo) porta direttamente alla piccola città bianca pugliese; così, organizzare un viaggio confortevole partendo dalla Città Santa non è cosa scontata.
Come diceva Giampiero Griffo, presidente della RIDS, quando ci spiegava come organizzare una missione all’estero, una delle prime cose a cui pensare è proprio come organizzare un viaggio il più possibile confortevole per raggiungere la meta. Quindi, sebbene il viaggio Roma-Ostuni sia abbastanza semplice da organizzare, già viaggiando, abbiamo affrontato una piccolissima prova pratica; le delegazioni marocchina, tunisina e croata poi, oltre al treno per Ostuni, hanno dovuto prendere anche l’aereo per arrivare prima a Roma o a Bari.

Due momenti della festa del re-incontro

Con il mio amico e assistente personale Massimiliano Mansutti, siamo giunti alla stazione di Brindisi da dove un pulmino dell’UNITALSI, attrezzato per trasportare carrozzine, ci ha accompagnato al Centro di Spiritualità Madonna della Nova di Ostuni, struttura in cui abbiamo alloggiato e fatto formazione per l’intera settimana.
Molti erano arrivati e stavano finendo di cenare e Valentina Pescetti (formatrice senior dell’AIFO-Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), nonostante fosse tardi, ci ha accolto con un rituale di benvenuto: è venuta vicino ad ognuno di noi e, coprendoci la testa con una tela, ci ha appuntato due foglie d’alloro sovrapposte con su scritto il nostro nome sulla maglietta.
Nella mitologia greco-romana, la corona di alloro simboleggiava sapienza e gloria, tanto che ancora oggi si usa metterla in testa ai laureati; evidentemente, quelle due foglie stavano ad indicare il fatto che stavamo diventando “esperti junior”; inoltre, la sovrapposizione simboleggiava il fatto che, per risolvere i problemi, bisogna condividerli il più possibile con gli altri.
La mattina seguente, il corridoio davanti alla porta della sala convegni era affollato e dentro regnava il silenzio; Valentina, proponendo uno dei suoi tanti giochi educativi, ci ha fatto entrare uno alla volta e, camminando con gli occhi chiusi lungo un filo rosso che fungeva da passamano, siamo arrivati all’altro capo del filo dove ci aspettava un nostro compagno il quale, una volta riaperti gli occhi, ci ha dato il benvenuto. La persona appena entrata sostituiva l’amico che ci aveva accolti facendone entrare un’altra; andando avanti in questo modo, la sala si è riempita e abbiamo imparato ad avere più fiducia nell’altro.
È iniziata così la prima giornata di lavoro della seconda formazione in presenza del progetto DICoo dedicata al re-incontro.

C’erano persone che non avevano partecipato alla prima formazione e, per non lasciare indietro nessuno, Valentina ha fatto un breve riassunto del lavoro svolto in Tunisia e raccontato quello che si era fatto durante la formazione online.
Abbiamo anche cominciato a conoscere Susanna Bernoldi, coordinatrice del Gruppo AIFO di Imperia, nonché attivista dell’AIFO, che si è unita all’équipe di formazione, un gruppo che a Tunisi aveva potuto contare su Giampiero Griffo, Valentina Pescetti e Francesca Ortali, responsabile dell’Ufficio esteri dell’AIFO.
Avevamo con noi il pezzo di lenzuolo che avevamo portato a casa alla fine della prima formazione e abbiamo provato a riassemblare il puzzle; chi non era stato a Tunisi, ha portato un pezzo di stoffa colorata che abbiamo cercato di adattare. Ricomporre quel puzzle ha significato non solo che il gruppo si era ritrovato, ma che si era pure allargato, con l’aggiunta di nuovi pezzi di stoffa.

La consegna degli attestati

Nella giornata precedente l’inizio del Festival abbiamo svolto una formazione interna sui temi dell’accessibilità e della capacità di comunicare in modo efficace e inclusivo. Dopo cena, con i pulmini dell’UNITALSI, sempre disponibili quando dovevamo uscire, siamo andati a visitare la località che ci stava ospitando, cominciando a saggiare l’accessibilità di quella terra per le persone con disabilità.
Il 9 ottobre è iniziata quindi l’ottava edizione del Festival della Cooperazione Internazionale, dal titolo Nessuno fuori: la cooperazione inclusiva nel Mediterraneo. I lavori del Festival si sono svolti nella stessa sala in cui abbiamo fatto formazione e in cui avevamo un servizio di traduzione via streaming.
Dopo la presentazione dell’evento del giorno da parte di Francesco Colizzi, coordinatore del Festival, i saluti delle autorità locali e una presentazione del Progetto DICoo a cura di Griffo e Pescetti, abbiamo affrontato il tema del giorno, parlando di inclusione socio-economica delle persone con disabilità.
Dopo cena, in occasione della festa del re-incontro, quella sala si è trasformata in una vera e propria discoteca con musica per ballare. Abbiamo potuto assaggiare dolciumi tipici dei diversi Stati rappresentati ed è stato bello vedere ballare persone tunisine e marocchine indossando vestiti tipici dei loro Paesi; a ballare non eravamo solo noi del progetto DICoo, ma a far baldoria c’erano anche persone del gruppo locale di Ostuni che stavano seguendo il Festival.

Nei giorni successivi, abbiamo parlato di educazione e formazione professionale inclusiva, di doppia discriminazione e di discriminazione multipla, di accesso alla salute e di salute inclusiva comunitaria, di statistica e raccolta dati sulla disabilità, nonché di sport inclusivo.
Tutti gli incontri si sono svolti con la metodologia del Learning by doing (metodo di apprendimento basato sull’imparare qualcosa facendolo) e del Cooperative learning (apprendimento cooperativo), stimolando la partecipazione attiva di corsisti e assistenti personali; questa metodologia ci ha permesso non solo di assistere a lezioni interessantissime da parte di 15 esperti di cooperazione inclusiva, oltre a quelli dell’équipe di formazione, ma abbiamo potuto anche esporre le 30 presentazioni che noi corsisti avevamo preparato.
Durante la formazione, inoltre, Valentina Pescetti, che è formatrice senior in Ludopedagogia e LEN (Ludo-Educazione con la Natura come co-docente), ha proposto dei giochi che erano parte integrante della formazione e che ci hanno aiutato a capire ancor meglio i concetti che erano stati appena espressi.
Abbiamo incontrato diverse realtà (Comune, scuole, Associazioni di promozione di arte e sport) e varie Associazioni di persone con disabilità attive sul territorio che ci hanno proposto dei workshop cui abbiamo partecipato attivamente: con I Portatori di Gioia abbiamo assistito ad una perfomance di canto inclusivo, la Cooperativa Città Solidale ci ha proposto un workshop di teatro inclusivo, mentre con il centro di ricerca La Luna nel Pozzo di Orthia, abbiamo partecipato ad un workshop di clowing e orticultura inclusiva.
Anche i partner hanno avuto la possibilità di proporre dei workshop e in tal senso il gruppo Marocco ha curato uno spazio di arte pittorica e una bellissima iniziativa di sport inclusivo che si è svolta nella mattina dell’ultima giornata del Festival; il gruppo Italia, invece, ha curato uno spazio di arte partecipativa, realizzando un mosaico in stile trencadis che è stato installato in un giardino appena intitolato a Raoul Follereau.

A parte il centro storico di Ostuni e una spiaggia considerata accessibile, abbiamo visitato alcune strutture pubbliche del territorio (biblioteca comunale, scuole pubbliche e altre sale di eventi culturali), constandone la reale accessibilità per persone con disabilità.

Foto di gruppo alla fine dell’evento di sport inclusivo

L’autovalutazione di questa intensa e allo stesso tempo splendida settimana passata insieme, è stata fatta con la “valutazione dell’elettrocardiogramma”: eravamo seduti in semicerchio rivolti verso un muro su cui Valentina Pescetti aveva attaccato tre cartelloni affiancati in orizzontale, in modo da avere tanto spazio. Ognuno di noi, facendo scoppiare un palloncino, poteva prendere la parola per dire qualcosa di positivo o negativo riguardo ciò che aveva vissuto durante la settimana, dando a ciò un valore negativo o positivo e compreso fra 1 e 10; a seconda che il valore fosse positivo o negativo, sui cartelloni Valentina tracciava una linea verso l’alto o verso il basso.
Alla fine del gioco, il fatto che il tracciato su quel cartellone avesse pochissimi picchi negativi, stava a significare che quella vissuta insieme è stata una settimana positiva per la maggior parte di noi.

Infine, quella sala che ci aveva ospitato per un’intera settimana in cui abbiamo lavorato, giocato, ci siamo scambiate esperienze, abbiamo ballato e partecipato a workshop, era pronta ad accoglierci per l’ultima volta in occasione della cerimonia per la consegna degli attestati.
Corsisti e assistenti personali, eravamo tutti seduti su due lunghe file di sedie parallele e una di fronte all’altra; nel corridoio che si formava vi era un lungo tappeto rosso che ognuno doveva attraversare per andare verso l’équipe di formatori che, insieme ad un group leader, gli consegnava l’attestato.

L’ottava edizione del Festival della Cooperazione Internazionale si è conclusa nella mattinata del 13 ottobre nell’auditorium e campo da basket del Liceo Scientifico Pepe-Calamo. È stata un’indimenticabile mattinata a cura dalla delegazione marocchina in cui, oltre alla presentazione di buone pratiche e di storie di vita legate allo sport inclusivo, ci è stata offerta la possibilità di assistere e partecipare ad un torneo di basket accessibile, inclusivo e internazionale, con la collaborazione di Special Olympics Marocco e dell’AIPD Puglia (Associazione Italiana Persone Down), che ha partecipato con il suo team sportivo.
In quella settimana non solo ho imparato molto da esperti e dai miei colleghi di corso, ma ho visitato posti nuovi, rendendomi conto della loro accessibilità per le persone con disabilità; ho conosciuto nuove culture e ho fatto nuove amicizie con cui sono rimasto in contatto. Per il secondo anno consecutivo, inoltre, ho avuto anche l’onore di festeggiare il mio compleanno con i miei colleghi di corso, gli assistenti personali e l’équipe di formazione. Quest’anno, infine, vi erano anche molti soci dell’AIFO che mi ha fatto piacere vedere lì presenti.
Un grazie particolare va anche e soprattutto al gruppo AIFO di Ostuni che ha organizzato il Festival, all’UNITALSI, che ci ha messo a disposizione i propri pulmini ogni volta che dovevamo uscire e a tutto il personale della struttura che ci ha ospitato. 

*Vicepresidente dell’AIFO di Latina (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau).

La RIDS è un’alleanza strategica avviata nel 2011 da due organizzazioni non governative, l’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) ed EducAid, insieme a due organizzazioni di persone con disabilità, quali DPI Italia (Disabled Peoples’ International) e la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), alle quali si è aggiunto successivamente l’OVCI-La Nostra Famiglia (Organismo di Volontariato per la Cooperazione Internazionale). Il compito di essa è appunto quello di promuovere il protagonismo delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni nei progetti di cooperazione internazionale, come afferma la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

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FISH e ANFFAS nel Consiglio Nazionale del Terzo Settore

Organismo nazionale istituito dal Codice del Terzo Settore presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con funzioni di rilevanza strategica per il dialogo tra Istituzioni e mondo del Terzo Settore, il Consiglio Nazionale del Terzo Settore ha rinnovato il proprio assetto e all’interno di esso vi sono rappresentate la FISH e l’ANFFAS

Organismo nazionale istituito dal Codice del Terzo Settore (Decreto Legislativo 117/17) presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con funzioni di rilevanza strategica per il dialogo tra Istituzioni e mondo del Terzo Settore, il Consiglio Nazionale del Terzo Settore ha rinnovato il proprio assetto, tramite Decreto Ministeriale e all’interno di esso la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e l’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluuppo) vi sono rappresentate, su designazione del Forum Nazionale del Terzo Settore, da Vincenzo Falabella, presidente della Federazione e Roberto Speziale, presidente dell’ANFFAS e vicepresidente vicario della Federazione stessa.

«Si parla – commentano dalla FISH – di un importante punto di riferimento per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, delle loro famiglie e delle tante organizzazioni che aderiscono alla Federazione. La presenza della nostra Federazione e dell’ANFFAS in questo contesto conferma il nostro impegno nel promuovere politiche inclusive e sostenere le istanze delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni, garantendo che le loro voci siano ascoltate nei processi decisionali a livello nazionale, concorrendo quindi alla semplificazione e allo sviluppo dell’intero Terzo Settore». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it.

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Lega del Filo d’Oro: un momento speciale per i primi 60 anni

In occasione del 60° anniversario dalla propria fondazione, la Lega del Filo d’Oro si collega a distanza con i propri Centri Residenziali e le Sedi Territoriali presenti in 11 Regioni. Inoltre, nel Centro Nazionale di Osimo (Ancona), Poste Italiane attiva un servizio filatelico temporaneo con bollo speciale Neri Marcorè, testmonial “storico”” della Lega del Filo d’Oro, insieme a un bimbo seguito dalla stessa Lega del Filo d’Oro

Un viaggio lungo sessant’anni, che narra una storia fatta di solidarietà, impegno e risultati concreti: oggi, 20 dicembre, la Fondazione Lega del Filo d’Oro, punto di riferimento in Italia per persone con sordocecità e con pluridisabilità psicosensoriali, oltreché per le loro famiglie, celebra i suoi primi 60 anni.
Per l’occasione, Poste Italiane attiverà un servizio filatelico temporaneo con bollo speciale, con la dicitura 60esimo anniversario di Fondazione. In questa giornata, inoltre, in avvicinamento alle festività natalizie, la Lega del Filo d’Oro ha organizzato un momento speciale per far sentire tutta la sua vicinanza ai 5 Centri Residenziali e alle 6 Sedi Territoriali – presenti in 11 Regioni d’Italia – attraverso un momento di condivisione e scambio di auguri in video collegamento con il personale della Fondazione, gli ospiti, le famiglie e i volontari.

«Quello che volge al termine è stato un anno importante e ricco di soddisfazioni, che ci ha visto proseguire con impegno e passione nel cammino iniziato ormai 60 anni fa al fianco delle persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale e le loro famiglie – ha dichiarato Rossano Bartoli, presidente della Fondazione Lega del Filo d’Oro – In una data così importante, nel ricordo di coloro che hanno dato vita all’Associazione, voglio ringraziare sentitamente il personale, il Consiglio di Amministrazione e i componenti di tutti gli organi Istituzionali, i consulenti, i volontari per l’incessante impegno, le famiglie che rinnovano costantemente la loro fiducia in noi e i tanti sostenitori, senza i quali i nostri sforzi non sarebbero possibili».

Fondata nel 1964 da Sabina Santilli, tenace donna sordocieca di San Benedetto dei Marsi, insieme a don Dino Marabini giovane sacerdote di Osimo e un piccolo gruppo di persone di buona volontà, oggi la Lega del Filo d’Oro è punto di riferimento nazionale per la sordocecità e pluridisabilità psicosensoriale, arrivando ad essere presente in 11 regioni italiane con i suoi Centri Residenziali, Centri Diurni, Servizi e Sedi Territoriali, triplicando il numero di utenti seguiti negli ultimi vent’anni e seguendo oggi oltre 1.200 utenti, che hanno beneficiato di uno o più servizi nelle diverse modalità, garantendo loro interventi diagnostici, educativo-riabilitativi e socio-educativi e raggiungendo nel 2023 il numero più alto mai registrato. (C.C.)

Per maggiori informazioni: Federica Aruanno (f.aruanno@inc-comunicazione.it).

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“Sfumature d’arte”: un progetto artistico-culturale sull’inclusione

Si è svolto a Tergu (Sassari) un evento molto bello e significativo per la sua portata sull’inclusione. Si tratta del progetto Sfumature d’arte, giunto alla sua seconda edizione e dedicato quest’anno alla memoria di Sammy Basso, che ha visto riuniti in uno spazio sia fisico che da remoto artisti diversi: ballerine, pittori, scultori, scrittori, aventi principalmente una disabilità visiva Alcuni tra i protagonisti di “Sfumature d’arte”

Il 14 dicembre scorso si è svolto all’interno del Centro Culturale di Tergu (Sassari), un evento molto bello e significativo per la sua portata sull’inclusione.
Si tratta del progetto Sfumature d’arte, giunto quest’anno alla sua seconda edizione, che ha visto riuniti in uno spazio sia fisico che da remoto artisti diversi: ballerine, pittori, scultori, scrittori, aventi principalmente una disabilità visiva, ma anche con la gradita presenza di una giovane che ha ballato in sincronia con la sua collega ipovedente, in un duetto elegante e ritmato.

Il progetto culturale di quest’anno è stato dedicato alla memoria di Sammy Basso, alla sua vita, al suo studio, al suo impegno sociale per tutti coloro che affrontano le sfide della disabilità.
Uno spazio che rappresenta non solo un luogo fisico, ma anche un punto di incontro per idee, passioni e obiettivi comuni. In un mondo che corre molto veloce, momenti come questi sono veramente fondamentali. Ci consentono di fermarci, di riflettere e confrontarci su questioni importanti, stimolare la curiosità e alimentare la crescita sia personale che professionale.
«L’iniziativa nasce dalla convinzione che ogni attività culturale, sia essa artistica, letteraria, musicale, di danza, recitazione o di conoscenza in generale, debba essere concepita e sviluppata come un progetto universale, promovendo il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia e la partecipazione di persone con disabilità in ogni àmbito della vita, in linea con l’articolo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità» (Comitato organizzatore: Marco Farina, Alessia Arca, Alba Canu).

Sfumature d’arte è un progetto ideato nel 2023 dallo scrittore Marco Farina che ha saputo riunire con impegno, passione e creatività, un gruppo eterogeneo di artisti e professionisti. Questo “Gruppo di Progetto” ha lavorato per dare forma ad una iniziativa che riflette idee condivise e aspirazioni comuni. Sono state “messe in campo” performance diversificate che hanno garantito un accesso multisensoriale, permettendo a tutti, incluse le persone con disabilità, di partecipare in modo attivo sia come protagonisti che come fruitori.
Tergu è un paese di 661 abitanti e le persone riunite nella sala del Centro Culturale erano circa una trentina. Bello e prezioso riscontrare che ci sia stata la volontà di portare avanti un tale progetto. Ciò sta ad indicare che non sono i grandi centri e i grossi numeri che fanno la differenza, ma la volontà e la voglia di condividere, di “seminare” iniziative e idee, di far crescere capacità, talenti e competenze, testimoniando che si può riuscire a coltivare sogni e risorse in qualunque situazione ci si trovi a vivere.

Ricordiamo la presenza dell’artista scultore Andrea Bianco, dell’artista pittore Andrea Ferrero Sette, di chi scrive [Laura Bonanni, psicoterapeuta scrittrice e poetessa, N.d.R.], del già citato scrittore e poeta Marco Farina, delle danzatrici Rossella Boette e Denisa Ursache, dell’artista pittrice Annalisa Ruzza, del consigliere dell’UICI di Torino (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) Sergio Prelato, nonché membro della Direzione Nazionale dell’UICI stessa, con delega per l’accessibilità.
Malgrado dunque qualche problema di connessione correlato al collegamento online, si è riusciti a raggiungere l’obiettivo: parlare dell’inclusione possibile, mediante la messa in campo di talenti, competenze e performance. Chi scrive, ha messo a servizio del gruppo la propria estemporaneità poetica componendo, al momento, una poesia in merito alle difficoltà e alle fatiche di un ascolto da remoto, che di seguito riporto, facendosi interprete del pensiero comune di bellezza e ricchezza di cui l’evento è stato portatore, ma anche canalizzando positivamente un po’ di fastidio e frustrazione per le difficoltà nel seguire a distanza, da parte di un piccolo gruppo di noi, lo svolgersi dinamico e armonico della manifestazione.
Tutto serve per migliorare e migliorarsi.
Al prossimo anno, allora!

Effetti speciali
di Laura Bonanni
E malgrado qualche falla nella comunicazione, / fra un suono un po’ ovattato, un microfono offuscato, / una rete disturbante, / tutti abbiamo apprezzato bell’impegno, gran talento / e la voglia di scambiare…, condividere… / e di stare… / È un effetto assai speciale se non smetti di sperare… / Se non smetti di sognare, di rischiare e pur sbagliare. / Un effetto eccezionale che ti invoglia a ben campare, / che ti stimola i neuroni, che ti mette sempre in pista / e ti rende un vero artista.

*Psicologa psicoterapeuta, specialista in analisi transazionale.

 

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Come migliorare l’assistenza dei pazienti con tumori del sangue?

Superare le sfide dell’assistenza territoriale del paziente oncoematologico, conciliare innovazione e accesso in oncoematologia, migliorare la qualità del tempo di lavoro del medico ematologo, prevedere il supporto psicologico come servizio essenziale per tutti i pazienti con diagnosi di tumore e, infine, aumentare l’accesso alle cure palliative precoci. Sono le cinque proposte per migliorare la presa in carico “globale” del paziente oncoematologico in Italia, elaborate dal progetto Bridge the gap Un momento della conferenza stampa di presentazione del progetto “Bridge the Gap”

Superare le sfide dell’assistenza territoriale del paziente oncoematologico, conciliare innovazione e accesso in oncoematologia, migliorare la qualità del tempo di lavoro del medico ematologo, prevedere il supporto psicologico come servizio essenziale per tutti i pazienti con diagnosi di tumore e, infine, aumentare l’accesso alle cure palliative precoci. Sono le cinque proposte per migliorare la presa in carico “globale” del paziente oncoematologico in Italia, elaborate da Bridge the Gap, progetto ideato da Isheo, società specializzata in ricerca e consulenza nel settore sanitario in collaborazione con La lampada di Aladino, associazione fondata da ex malati di cancro che supporta i pazienti oncologici.

«Per i pazienti, soprattutto quelli con il tumore del sangue, il fattore qualità della vita diventa fondamentale, motivo per il quale occorre colmare le lacune presenti nel percorso di cura. Cito ad esempio quella del supporto psicologico, declinato dalla letteratura scientifica come un bisogno primario, che serve al paziente per vivere meglio la sua condizione, dalla scoperta della malattia e per tutto il resto della vita. Eppure, nonostante la figura dello psicologo sia disponibile nella maggior parte dei reparti di oncologia degli ospedali italiani, nella quasi totalità dei casi sono le associazioni di pazienti o di volontariato a garantirne la presenza, togliendo fondi al proprio budget. E questa cosa a lungo andare diventa insostenibile», ha affermato Davide Petruzzelli, presidente de “La Lampada di Aladino”.

«Ciò che abbiamo in mente sono veri e propri servizi strutturati in ogni centro di ematologia e oncoematologia, che prevedano il coinvolgimento di uno psicologo, psicoterapeuta o psichiatra in grado di condurre valutazioni e fornire consulti adeguati. Il tutto includendo anche i caregiver, come nel caso di pazienti pediatrici. Ma non solo, è necessario prevedere figure specializzate come supporto tecnico-amministrativo nei reparti ospedalieri per ridurre il “burden amministrativo” dei medici. Bisogna porre maggiore attenzione alla figura del farmacista ospedaliero per favorire l’idoneo accesso all’innovazione terapeutica, e al palliativista per le cure palliative precoci, entrambe figure da integrare nella discussione multidisciplinare, che deve necessariamente prendere in maggiore considerazione i servizi di assistenza territoriale per ridurre, laddove possibile, il carico sugli ospedali», ha dichiarato Davide Integlia, general manager ISHEO.

E di figure specializzate ha parlato anche l’ematologo Paolo Sportoletti, Sezione Ematologia Dipartimento Medicina e Chirurgia Università di Perugia: «Il burnout nei medici è spesso legato all’elevato carico complessivo di lavoro, a cui si sommano anche mansioni amministrative. Queste attività sottraggono tempo ed energie alla pratica clinica e all’aggiornamento professionale, essenziali per un’assistenza di qualità. Potenziare le figure di supporto tecnico-amministrativo nei nostri ospedali può contribuire a ridurre il carico, migliorare l’efficienza e salvaguardare il benessere del personale sanitario». (C.C.)

Per maggiori informazioni e approfondimenti: Anita Fiaschetti anitafiaschetti@gmail.com

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L’incontro “Centri storici e barriere architettoniche” di Cosenza

Valorizzare i centri storici, eliminare le barriere architettoniche significa mettere in sicurezza le persone con disabilità: è il messaggio che è emerso dall’incontro dell’UNMS Cosenza, “Centri storici e barriere architettoniche”

Accessibilità nei centri storici e fruizione dei beni culturali da parte delle persone con disabilità al centro dell’incontro, promosso dall’UNMS (Unione Nazionale Mutilati per Servizio) Cosenza, col supporto di FAND Calabria, FISH Calabria e dell’associazione “Soccorso senza barriere” nei giorni scorsi, al Chiostro di Sant’Agostino, a Cosenza (ne avevamo già parlato in questo pezzo). «L’accessibilità dei siti e dei beni culturali quali musei, complessi monumentali, aree e parchi archeologici deve essere considerata non solo come obiettivo da perseguire in base alle norme vigenti, ma come un mezzo per raggiungere importanti traguardi di inclusione sociale», ha spiegato Carmine Vizza, promotore dell’evento e presidente UNMS Cosenza.

Sull’inaccessibilità negli antichi borghi storici con case in pietra, stradine ripide, piccole piazzette, lunghe scalinate,  è  intervenuta in video-collegamento anche la presidente della FISH Calabria, Annamaria Coppedè, che ha aggiunto che esistono tanti tipi di barriere oltre quelle architettoniche: da quelle fisiche, sensoriali, cognitive, percettive a barriere di comunicazione, sociali, di genere per l’ eliminazione e sulle quali occorre lavorare con strategie condivise. «L’eliminazione delle barriere architettoniche è indispensabile per mettere in salvo e porre in sicurezza le persone con disabilità», ha spiegato invece il presidente dell’associazione “Soccorso senza barriere”, Gianfranco Simone.

“Che l’arte sia per tutti e che le bellezze di un territorio debbano essere accessibili a tutti” è stato infine l’incipit di presentazione del libro “Raccontando la Calabria: una nuova alba per la mia terra” di Gianpiero Taverniti, scrittore appassionato che ha dedicato la sua vita a raccontare e promuovere le bellezze della Calabria.

Per ulteriori informazioni: Silvana Paratore silvanaparatore@yahoo.it

 

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A Grosseto apre i battenti “FuoriCentro”

A Grosseto nasce “FuoriCentro”, un centro diurno per persone con disabilità, gestito da “Uscita di Sicurezza” e finanziato dal Comune

“FuoriCentro” è il nuovo centro diurno per persone con disabilità a Grosseto. La struttura, finanziata dal Comune di Grosseto e gestita dalla cooperativa sociale “Uscita di Sicurezza”, è stata inaugurata lo scorso 17 dicembre alla presenza dell’amministrazione comunale, dei rappresentanti del “Coeso Società della Salute”, delle persone che lo frequenteranno e dei loro familiari. Accederanno al Centro, in via Monteverdi 14/16, persone con disabilità dai 18 ai 65 anni, in stato di gravità certificata, secondo il regolamento di accesso redatto dal Coeso Società della Salute.

«Si tratta di una bellissima iniziativa che arricchisce l’offerta di aiuto e assistenza alle persone adulte con disabilità e alle loro famiglie», ha affermato Elena Improta, presidente dell’Associazione “Oltre lo sguardo”, presente all’inaugurazione. «Non ci sono barriere o cancelli tra la città e il Centro, lo spazio esterno è perfettamente integrato nel contesto abitativo del quartiere, e il tutto è concepito all’insegna dell’inclusività. Spero vivamente che si possano realizzare momenti di condivisione con gli spazi abitativi della “Casa di Mario”, il progetto di coabitazione dell’Associazione Oltre lo sguardo a Orbetello», ha concluso Improta.

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa.elena.improta@gmail.com

 

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“Un passo concreto verso una Santena più attenta”

Il Comune di Santena in provincia di Torino ha compiuto un importante passo avanti in tema di accessibilità e inclusione sociale con l’approvazione del Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA)

Santena, in provincia di Torino, sarà una cittadina più inclusiva e fruibile da tutti e tutte con l’approvazione, in Consiglio Comunale, giovedì 12 dicembre, del Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA). L’iter era stato avviato circa un anno fa, quando l’Amministrazione comunale aveva affidato allo Studio Associato LVM di Torino l’incarico per la redazione del PEBA, per un importo di 12.053 euro, coperto in buona parte da un contributo regionale ottenuto attraverso la partecipazione a un apposito bando. Con la deliberazione di Giunta Comunale n. 91 del 25 luglio 2024, il PEBA era stato adottato.

Il 30 luglio 2024 il Piano è stato pubblicato sull’Albo pretorio online e depositato presso l’Ufficio Tecnico Comunale, dando così la possibilità a chiunque di presentare osservazioni entro i successivi 30 giorni, garantendo la massima trasparenza e partecipazione.

Il PEBA di Santena si compone di tre elaborati (relazione, schede di censimento e risultati dei censimenti) e ha mappato con attenzione 14 edifici pubblici, 5 edifici scolastici, 7 impianti sportivi, 4 aree di verde attrezzato, 4 spazi urbani e il cimitero comunale, fornendo così un quadro chiaro delle criticità su cui intervenire.

«L’approvazione del PEBA è il frutto di un percorso condiviso, che nasce dall’ascolto del territorio e dal confronto con i vari attori coinvolti – commenta Cristian Barbini, assessore con delega al Patrimonio, Manutenzione degli edifici pubblici, Impianti sportivi, Cura dello spazio pubblico, Viabilità e trasporti, e Servizi cimiteriali – Questo strumento ci aiuterà a rendere la nostra città sempre più inclusiva e fruibile da tutti».

Per ulteriori informazioni: Debora Pasero – Responsabile Ufficio Stampa ufficiostampa@comune.santena.to.it

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Malattie rare, bloccato il fondo da un milione di euro per i test genomici

La Corte Costituzionale interviene a seguito di un ricorso presentato da Regione Campania. Gasparini (SIGU): «Mancheranno risorse per dare risposte alle persone in cerca di diagnosi»

Mentre il Parlamento discute la Legge di Bilancio per il 2025, una sentenza della Corte Costituzionale (n.195 del 29 ottobre), emessa a seguito di un ricorso della Regione Campania, dichiara l’illegittimità costituzionale del comma 557 dell’art. 1 della Legge n. 213 del 2023, la Legge di Bilancio per il 2024. In sostanza, viene dichiarato illegittimo il provvedimento che istituisce il Fondo specifico per i test di “Next-Generation Sequencing (NGS)” per la diagnosi delle malattie rare, nella parte in cui, secondo quanto riportato nel dispositivo, non prevede che il decreto del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sia adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Si tratta di quel Fondo da 1 milione di euro che le Regioni avrebbero potuto impiegare per dare risposte certe a pazienti e famiglie ancora in attesa di dare un nome alla propria patologia.

«Con grande sconcerto e rammarico siamo venuti a conoscenza di questa sentenza – commenta Paolo Gasparini, presidente di SIGU – Società Italiana di Genetica Umana – e uno dei motivi di sconcerto è che questa è stata emessa a seguito di un ricorso promosso dalla Regione Campania. Ora verranno a mancare risorse che servivano per risolvere, attraverso l’utilizzo di tecnologie sofisticate di analisi genomica, i ‘cold case’ delle malattie rare, permettendo di dare un nome alle sofferenze di tante persone ancora in cerca di una diagnosi. Per queste persone si tratta del passo fondamentale che, da una parte, chiude un percorso lungo e difficile di ricerca di una diagnosi e, dall’altra, apre le porte verso una consulenza genetica accurata e una più efficace presa in carico, che può anche includere l’accesso a nuove prospettive terapeutiche approvate o in via sperimentale».

«Il paradosso – prosegue Gasparini – è che i pazienti campani in cerca di diagnosi avrebbero potuto vedersi destinare una parte importante delle risorse, ben 96.840 euro su un milione complessivo, una cifra inferiore solo alla Lombardia e, per pochissimo, al Lazio. Questo perché il Fondo era stato concepito per essere ripartito in proporzione al numero di abitanti, al fine di avere una corretta ed equilibrata rappresentanza della popolazione italiana. Ora queste persone, così come quelle di tutte le altre Regioni, rimarranno senza».

Sul tema interviene anche Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice di OMaR – Osservatorio Malattie Rare, la quale spiega: «Uno dei grandi problemi dell’Italia è che si fanno le leggi e poi mancano i decreti attuativi. Il paradosso in questo caso è che il decreto attuativo da parte del Ministero della Salute era arrivato velocemente, segno dell’attenzione del Governo al tema, e a bloccare tutto stavolta è una Regione. Mi auguro che si possa trovare una soluzione per evitare un danno alle persone che aspettano la diagnosi, e che si faccia velocemente, magari approfittando dei lavori relativi alla Legge di Bilancio».

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Rossella Melchionna melchionna@rarelab.eu

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Sette note di inclusione: un maestro di musica nello spettro dell’autismo

Il maestro Alberto Chiavoni insegna batteria e i suoi corsi sono attualmente frequentati da 23 allievi che desiderano imparare questo strumento soltanto in apparenza facile, ma in realtà uno dei più difficili perché richiede coordinazione e senso del ritmo. Cosa c’è di “speciale” fin qui? Il maestro Chiavoni è un uomo di 37 anni con autismo cosiddetto “ad alto funzionamento”, i suoi allievi sono anch’essi autistici, insieme fanno della musica un mezzo inclusivo e di aggregazione. E non si tratta di musicoterapia, ma di vere e proprie lezioni “cucite” sulla persona e le sue peculiarità Alberto Chiavoni

Il maestro Alberto Chiavoni insegna batteria e i suoi corsi sono attualmente frequentati da 23 allievi che, bacchette alla mano, desiderano imparare questo strumento soltanto in apparenza facile, in realtà, dicono gli esperti, uno dei più difficili perché richiede coordinazione e senso del ritmo.
Cosa c’è di “speciale” fin qui? Il maestro Chiavoni è un uomo di 37 anni con autismo cosiddetto “ad alto funzionamento”, i suoi allievi sono anch’essi autistici, insieme fanno della musica un mezzo inclusivo e di aggregazione. Non si tratta di musicoterapia, queste sono vere e proprie lezioni “cucite” sulla persona e le sue peculiarità.
Alberto si confronta con i genitori e gli educatori per conoscere di ogni allievo tempi e caratteristiche, per far sentire ciascuno accolto e valorizzato; le sue lezioni si rivolgono a bambini, ragazzi e adulti con disabilità, non soltanto autistici, difatti il suo ventiquattresimo allievo ha la disprassia, una condizione caratterizzata dalla difficoltà nel coordinare i movimenti necessari per compiere un’azione volontaria.

Il maestro, vicepresidente del Gruppo Asperger Lazio e referente per i Castelli Romani di Rete Italiana Disabili, collabora con le realtà musicali della Capitale in diversi progetti. BattAut! è attivo ogni venerdì presso la Clivis APS (Accademia Musicale di Roma), un’Associazione accreditata dal Ministero dell’Istruzione e riconosciuta dalla Regione Lazio. Senza far venir meno la professionalità di BattAut!, si passa al contesto stimolante e divertente del corso più innovativo, BattAbility, nella Scuola di Musica Ponte Linari, destinato a bambini e ragazzi che, come tutti gli altri corsi, viene pensato per integrarsi con gli impegni terapeutici degli allievi.
Ormai storica è la collaborazione con l’Associazione Consonanze nella cui sede, in Via Laurentina a Roma, ogni lunedì la musica diventa un linguaggio universale che si adatta ai bisogni comunicativi di tutti.
Infine PiuEmme (Positive Music School), iniziativa dove il maestro mette in pratica la sua esperienza nell’ambito dello spettro autistico e nell’insegnamento della musica alle persone con elevato bisogno di supporto.

Si tratta di progetti relativamente nuovi, Alberto Chiavoni li racconta in rete e si allarga il gruppo che lo supporta in questa attività di promozione. Cresce l’interesse intorno ai corsi e, parallelamente, si conosce la sua storia personale che ha ripercorso nell’autobiografia Alberto. Passato e presente di una persona autistica, pubblicata nel 2023 (editore Porto Seguro).
La prima diagnosi arriva presto, a due anni e mezzo: ritardo cognitivo. Nei manuali diagnostici non si parla ancora di autismo, altri tempi. Alberto bambino che dondola il corpo in continuazione, parla ad alta voce, evita il contatto visivo, viene “catalogato” inizialmente in questo modo. Questa la fredda cartella clinica che nella vita di tutti i giorni si tramuta in discriminazione.
I bambini sanno essere “crudeli” nella loro spontaneità, Alberto viene emarginato nei giochi, bullizzato, diventa vittima di scherzi e sberleffi, lo chiamano “pendolo” per il suo continuo dondolio. Le difficoltà relazionali e l’isolamento aumentano con il passare degli anni, anche il rapporto con le ragazze è fonte di sofferenza e rabbia, alcune lo avvicinano per poi ridere di lui con le amiche.
Se oggi Alberto Chiavoni è l’uomo dal viso aperto e sorridente, l’animo appassionato e pieno di interessi che vediamo raccontarsi nelle interviste (a questo link il suo intervento a Cusano Italia TV), lo si deve alla musica che ha rappresentato la svolta decisiva. Ha 12 anni, quando un giorno, alle medie, un insegnante fa partire una canzone e gli mette in mano un tamburello per tenere il tempo. Alberto non sbaglia un colpo, una dote innata, un segno del destino, anche perché, quand’era piccolo, sbatteva per casa i cucchiaini che con il senno di poi si possono definire le sue prime bacchette da batterista.
Quell’insegnante parla con i genitori che lo mandano a lezione di musica. All’inizio non è facile, comincia con cose semplici, con dedizione arriva a suonare l’hard rock e il metal che diventano tra i suoi generi musicali prediletti, entra in diverse band. Si riavvicina alla fede, dopo essersene allontanato da bambino perché veniva emarginato durante il catechismo. Si unisce al gruppo della parrocchia, si relaziona per la prima volta con gli altri alla pari, è l’inizio della socialità. Accarezza perfino l’idea di fare il sacerdote, gli dicono però che le sue condizioni non lo permettono. Lui non si arrende, studia teologia e si laurea in Scienze Religiose. Parte per l’Africa come missionario, un’esperienza che gli insegna a non concentrarsi sui suoi problemi, ma a guardarsi intorno, a vedere chi vive altre situazioni di disagio. Al ritorno è un altro, più maturo, se ne accorgono gli amici; è un cambiamento anche fisico, è meno irruento, diminuiscono i dondolii. Alberto ha raggiunto traguardi straordinari, ha imparato a lavorare su se stesso, si è accettato senza fare la “vittima”.

Nel giugno 2024 ha portato all’altare Giulia Scataggia, anche lei con autismo “ad alto funzionamento” e socia del Gruppo Asperger Lazio, insieme gestiscono un’edicola. Un lavoro impegnativo a partire dal mattino presto, nella loro condizione con la difficoltà aggiuntiva di dover gestire più situazioni contemporaneamente, ad esempio dare il resto ad un cliente mentre un altro domanda una rivista.

Il maestro Alberto Chiavoni ha dato a se stesso e alla sua vita la forma che voleva, indubbio il contributo della musica in questa crescita personale. E non a caso il cambiamento è passato attraverso il suono ritmico della batteria, uno strumento che come Alberto si è evoluto nel tempo, partendo da pochi elementi per arrivare all’attuale assemblaggio. Uno strumento che non conosce confini, aperto agli altri, nel quale i componenti traggono origine da culture differenti, dalle percussioni e dagli ottoni suonati nella seconda metà dell’Ottocento a New Orleans, ai tamburi cinesi che danno origine al timpano, passando per piatti più leggeri, realizzati dai turchi abili artigiani nella lavorazione dei metalli, e le marce militari svizzere con i loro rullanti.
Una commistione di elementi che ha accompagnato il progresso culturale della società e che oggi con i corsi di Alberto perpetua questo ruolo, orientandolo verso l’inclusione delle persone con disabilità. Parlando di musica, lui afferma convinto: «L’arte non ha confini, è una forma di espressione che si adatta a tutti i vocabolari e rappresenta un grande strumento di comunicazione».

*Direttrice responsabile di Superando. Il presente contributo è già apparso in InVisibili, blog del «Corriere della Sera.it» e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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“Il Consiglio d’Europa indebolisce in modo inaccettabile i diritti dei passeggeri con disabilità”

Secondo il Forum Europeo sulla Disabilità, la decisione degli Stati Membri dell’Unione Europea di eliminare anche i pochi miglioramenti proposti dalla Commissione Europea, per le persone con disabilità che viaggiano in aereo, rischia di perpetuare l’esperienza di vivere un “incubo a occhi aperti”

«Siamo estremamente delusi dalla posizione negoziale avanzata dai Paesi dell’Unione Europea, che annacqua completamente le proposte della Commissione su un miglioramento dei diritti dei passeggeri con disabilità durante i viaggi aerei e nel trasporto multimodale», fanno sapere dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, in merito alle più recenti notizie trapelate su una cancellazione dei miglioramenti proposti dalla Commissione Europea.

Secondo l’EDF, che aveva per altro già manifestato il proprio scetticismo sulla stessa proposta della Commissione, volare per una persona con disabilità continuerà ad essere «un’esperienza orribile», se è vero che la decisione degli Stati Membri dell’Unione Euorpea di eliminare anche i pochi miglioramenti esistenti per le persone con disabilità perpetuerà l’esperienza di vivere un vero e proprio «incubo a occhi aperti» quando si viaggia in aereo.
In particolare, il Consiglio Europeo vuole:
° eliminare la disposizione della Commissione che impone alle compagnie aeree di consentire al caregiver di viaggiare gratuitamente;
° cancellare completamente gli obblighi dei vettori e degli operatori di riferire in modo trasparente sui reclami ricevuti e sull’assistenza fornita ai passeggeri con mobilità ridotta e disabilità;
° cancellare completamente le disposizioni della Commissione che consentirebbero agli organismi nazionali di monitorare  il rispetto da parte dei vettori e dei gestori dei terminal delle disposizioni sui diritti dei passeggeri.

L’EDF chiede dunque agli Stati Membri di invertire la rotta il prima possibile e di adottare un approccio in seno al Consiglio che rispetti la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Gunta Anca, vicepresidente dell’EDF, ha dichiarato: «È inaccettabile che il Consiglio intenda respingere anche i miglioramenti minimi della proposta. Se i governi nazionali sapessero quanto è difficile viaggiare per le persone con disabilità come me, farebbero a gara per migliorare la proposta della Commissione, non per indebolirla». (C.C.)

Per ulteriori informazioni: André Félix andre.felix@edf-feph.org

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Il Rapporto “Osservasalute 2024”

Verrà presentato il 19 dicembre a Roma il Rapporto Osservasalute 2024 sullo stato di salute e la qualità dell’assistenza nelle Regioni italiane, con la trasformazione dell’Osservatorio Nazionale per la Salute nelle Regioni Italiane in Osservatorio Nazionale per la Salute come Bene Comune, presieduto da monsignor Vincenzo Paglia

Nella mattinata del 19 dicembre a Roma (Centro Studi Americani, Via Michelangelo Caetani, 32, ore 9.30) verrà presentato il Rapporto Osservasalute 2024 sullo stato di salute e la qualità dell’assistenza nelle Regioni italiane, con la trasformazione dell’Osservatorio Nazionale per la Salute nelle Regioni Italiane in Osservatorio Nazionale per la Salute come Bene Comune, presieduto da monsignor Vincenzo Paglia.
Il Rapporto è il frutto del lavoro di oltre 230 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano, che operano presso Università, Agenzie Regionali e Provinciali di sanità, Assessorati Regionali e Provinciali, Aziende Ospedaliere e Sanitarie, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, il Ministero della Salute, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’ISTAT.
L’evento del 19 dicembre sarà anche l’occasione per presentare le attività del Think tank Osservasalute, promosso dal nuovo Osservatorio Nazionale sulla Salute come Bene Comune, in partnership con la Società Edra, un’Associazione indipendente, apartitica e internazionale, «nata con l’obiettivo – come viene spiegato – di promuovere il confronto e il dibattito sulla salute e il benessere intesi come bene comune, concentrandosi sui problemi e sulle sfide più attuali di politica, economia e cultura e promuovendo valori, conoscenze e interessi comuni attraverso partnership pubbliche e private, accademiche e sociali». (S.B.)

A questo link è disponibile il programma completo dell’incontro del 19 dicembre. Per ulteriori informazioni: Eleonora Demurtas (e.demurtas@lswr.it).

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Quelle Sentenze del Consiglio di Stato sul Progetto Individuale per l’Inclusione Sociale

Il Progetto Individuale per l’Inclusione Sociale è un diritto inalienabile delle persone con disabilità, non è soggetto a “sconti” e non sostituisce altri interventi. A ribadirlo conc hiarezza è stato il Consiglio di Stato in alcuni recenti pronunciamenti

Il progetto individuale è un diritto delle persone con disabilità, che deve accompagnare la persona lungo tutto l’arco della vita, che non è soggetto ad uno “sconto” in base al proprio Isee e non sostituisce altri interventi già previsti, come spesso purtroppo accade. A ribadirlo il Consiglio di Stato in alcune recenti sentenze.

Il Consiglio di Stato, in una serie di pronunce (Sentenza 3181/21; Ordinanza 2785/23; Sentenza 1690/24; Sentenza 4157/24), ha fatto chiarezza sull’obbligo delle Amministrazioni di predisporre un Progetto Individuale per l’Inclusione Sociale per le persone con disabilità, come da articolo 14 della Legge 328/00 (denominato in Campania PTRI, ossia “Progetto Terapeutico Riabilitativo Individualizzato” con Budget di Salute).
Al centro della vicenda un ragazzo con disturbo dello spettro autistico per il quale la famiglia aveva richiesto l’attivazione di un PTRI con Budget di Salute, strumento fondamentale per garantirne il diritto all’inclusione sociale. Il Consiglio di Stato ha accolto le ragioni della famiglia, condannando le Amministrazioni per i loro comportamenti omissivi e rimettendo gli atti alla Procura della Corte dei Conti per il danno erariale.

La Suprema Corte Amministrativa ha sottolineato che il Progetto Terapeutico Riabilitativo Individualizzato con Budget di Salute è complementare e non sostitutivo del progetto riabilitativo sanitario. Questo significa che le due progettualità devono coesistere e integrarsi, per garantire alla persona con disabilità il massimo livello di autonomia e benessere.
Un aspetto innovativo contenuto nella Sentenza 2129/22 (già oggetto di commento sulle nostre pagine) riguarda l’onere finanziario del PTRI con Budget di Salute. Il Consiglio di Stato, infatti, ha stabilito che «nel caso di prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria», il costo grava interamente a carico dell’ASL e del Servizio Sanitario Nazionale. Questo rappresenta un importante passo avanti per contrastare l’utilizzo distorto della normativa ISEE da parte di alcuni Comuni, che spesso tendono a ridurre il proprio contributo finanziario basandosi su criteri ISEE troppo rigidi.

In questa battaglia legale, la famiglia coinvolta e l’Associazione ANGSA di Eboli (Salerno) sono state affiancate dallo Studio Legale Associato Fiorillo di Salerno, che ha fornito un supporto prezioso nella stesura del ricorso e nella difesa dei loro diritti.
Il Presidente dell’ANGSA ebolitana (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) Paolo Sarra, sottolinea come «queste Sentenze del Consiglio di Stato rappresentano un precedente fondamentale per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, stabilendo un principio chiaro e inequivocabile: il progetto individuale, e nello specifico anche il PTRI con Budget di Salute, è un diritto inalienabile delle persone con disabilità e le Amministrazioni hanno l’obbligo di predisporlo e finanziarlo adeguatamente».
«La vittoria ottenuta – aggiunge – rappresenta un faro di speranza per tante altre persone con disabilità che lottano per veder riconosciuti i propri diritti ed è un monito per le Pubbliche Amministrazioni ad adempiere ai propri doveri con celerità, garantendo a tutti i cittadini la possibilità di vivere una vita dignitosa e autonoma». (C.C.)

Per ulteriori informazioni: eboli@angsa.it

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Un prototipo di Progetto di Vita Individuale

Si è tenuto recentemente a Bologna, all’interno del 16° Forum della Non Autosufficienza e dell’Autonomia Possibile, un incontro dedicato al Progetto di Vita Individuale, Personalizzato e Partecipato, iniziativa innovativa del Comune di Bologna rivolta alle persone adulte con disabilità. L’evento ha rappresentato un’occasione per illustrare i primi risultati della sperimentazione di un prototipo che pone al centro i diritti e i bisogni delle persone con disabilità e dei loro caregiver Una realizzazione grafica dedicata al Progetto Individuale di Vita per persone con autismo

Si è tenuto all’inizio di dicembre a Bologna, all’interno del 16° Forum della Non Autosufficienza e dell’Autonomia Possibile [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.], un workshop dedicato al Progetto di Vita Individuale, Personalizzato e Partecipato, iniziativa innovativa del Comune di Bologna rivolta alle persone adulte con disabilità. L’evento ha rappresentato un’occasione per illustrare i primi risultati della sperimentazione di un prototipo che pone al centro i diritti e i bisogni delle persone con disabilità e dei loro caregiver.

Il Progetto di Vita ha le proprie radici normative nell’articolo 14 della Legge 328/00, ripreso successivamente dalla Legge 112/16 (“Dopo di Noi”) e dalla Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, fino al recente Decreto Legislativo 62/24, che ha introdotto ulteriori sviluppi per la progettazione individualizzata. Questo percorso normativo sarà ulteriormente sostenuto da un programma di formazione ministeriale e dall’avvio di una sperimentazione nazionale nel 2025.
Nel frattempo, il Comune di Bologna, attraverso il Dipartimento Welfare e Benessere di Comunità (Servizio Sociale per la Disabilità), ha sviluppato e avviato un Prototipo di Progetto di Vita Individuale, mettendo in pratica un approccio innovativo che coinvolge attivamente cittadini, operatori e associazioni.

Il workshop del Forum ha visto la partecipazione di esperti e protagonisti: Francesco Crisafulli del Comune di Bologna ha offerto un punto di osservazione sul tema, ribadendo che «questo progetto è un potenziale di cambiamento nella vita delle persone. Sta a noi crederci e investire in questo strumento per migliorare la qualità di vita di chi ne ha bisogno».
Chi scrive [Valentina Tomirotti], giornalista e attivista, con una testimonianza personale sull’importanza di un approccio partecipato, raccontando «come la disparità di intenti da Regione a Regione crei discriminazioni e progetti che possono anche non nascere mai».
Gabriella Mazza, Rosario Pullano e Luca Marchi, sottoscrittori di Progetti di Vita a Bologna, che hanno condiviso le loro esperienze dirette: «Ascolto, condivisione, monitoraggio e partecipazione sono i pilastri per costruire progetti di vita realmente significativi».
Riflettendo poi sull’empatia come base del lavoro, Pullano ha dichiarato: «Attraverso un ascolto attivo, raccogliamo le esigenze e i desideri delle persone, dando forma a percorsi su misura», mentre Marchi ha evidenziato l’efficacia del Progetto di Vita come strumento operativo: «Il Progetto di Vita rappresenta una sintesi efficace per fissare i punti essenziali che guidano i progetti di vita delle persone». Mazza, infine, ha sottolineato il valore della partecipazione per una piena realizzazione dei diritti delle persone con disabilità.

L’intervento della Consulta per il Superamento dell’Handicap di Bologna, rappresentata da Danilo Rasia e Gaspare Vesco, ha arricchito il dibattito con la prospettiva delle Associazioni. Rasia, concentrandosi sull’importanza del sostegno alle famiglie, ha sottolineato: «Accogliere, ascoltare e sostenere le famiglie è fondamentale per aiutarle a progettare il futuro dei propri cari». Vesco ha poi chiuso l’evento ricordando il ruolo cruciale del coinvolgimento attivo: «Empatia, progetto e capacitazione sono le chiavi per una vera partecipazione delle persone al proprio percorso di vita».

Il Progetto di Vita Individuale si basa sul principio dell’accomodamento ragionevole, garantendo interventi equi e sostenibili, in linea con i diritti sanciti dalle normative e dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Tra gli altri temi approfonditi durante l’incontro, il processo di progettazione condivisa tra servizi, persone con disabilità e familiari, e la necessità di modelli personalizzati che tengano conto delle specificità di ciascun individuo.

Il Comune di Bologna si conferma dunque come un punto di riferimento nazionale, anticipando i tempi della sperimentazione prevista dalla riforma e offrendo un modello replicabile in altri contesti. Il Progetto di Vita Individuale, Personalizzato e Partecipato rappresenta una sfida ambiziosa, ma necessaria, per superare modelli assistenziali standardizzati e creare percorsi che riconoscano l’unicità di ogni individuo. L’evento di cui si parla ha ribadito l’urgenza di adottare nuovi strumenti capaci di promuovere il benessere, la dignità e l’autodeterminazione delle persone con disabilità, trasformando i princìpi di ascolto ed empatia in azioni concrete.

*Giornalista e attivista (press@valentinatomirotti.it).

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I “diritti sospesi” delle persone con una malattia cronica e rara e dei loro familiari

Presentato nei giorni scorsi, il XXII Rapporto sulle Politiche della Cronicità di Cittadinanzattiva, intitolato Diritti sospesi, evidenzia come i “diritti sospesi” siano quelli di chi soffre di una patologia cronica e rara e dei suoi familiari. Infatti, dall’indagine annuale emergono criticità a trecentosessanta gradi, a partire dalla diagnosi che in più di un caso su quattro si riceve dopo oltre i 10 anni

È stato presentato nei giorni scorsi a Roma Diritti sospesi, il XXII Rapporto sulle Politiche della Cronicità di Cittadinanzattiva. Il volume (integralmente scaricabile a questo link, mentre l’abstract è pubblicato a quest’altro link) mostra come i “diritti sospesi” siano quelli di chi soffre di una patologia cronica e rara e dei suoi familiari. Infatti, dall’indagine annuale emergono criticità a trecentosessanta gradi, a partire dalla diagnosi che in più di un caso su quattro si riceve dopo oltre i 10 anni.
Oltre alle tempistiche necessarie per dare un nome alla patologia, pazienti e caregiver devono affrontare anche le difficoltà che derivano dalle difformità territoriali nell’erogazione delle prestazioni sanitarie: ad esempio, 4 intervistati su 5 affermano che il supporto psicologico non è garantito ovunque allo stesso modo; in percentuale simile, si riscontrano disuguaglianze che riguardano la presenza sia di percorsi specifici che di centri specializzati o di una rete di presidi dedicati.

Fra le criticità particolarmente avvertite, anche quella dei costi: quasi 2 su 3 li sostengono per le visite specialistiche private, 1 su 2 per gli esami diagnostici o per acquistare farmaci necessari che il Servizio Sanitario Nazionale non rimborsa. Emerge così, fortemente legato ai costi, anche il fenomeno della rinuncia alle cure, segnalato dal 30% degli intervistati: per 1 su 10 di loro l’abbandono per questi motivi avviene di frequente.

Il XXII Rapporto sulle politiche della cronicità è il risultato di un’indagine effettuata su tutto il territorio nazionale che ha interessato 102 Presidenti delle Associazioni dei malati cronici e rari, nonché 3.500 persone affette da patologia cronica e rara e i loro familiari. (Simona Lancioni)

Leggi il comunicato stampa. Scarica l’abstract e il Rapporto integrale. Scarica le infografiche. Per ulteriori informazioni: Aurora Avenoso (a.avenoso@cittadinanzattiva.it).
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Addestramento alla riabilitazione tramite alcuni ostacoli presenti nelle città

È stato inaugurato presso l’Istituto di Medicina Fisica e Riabilitazione Gervasutta di Udine un innovativo percorso di addestramento, pensato per favorire la riabilitazione dei pazienti della struttura, frutto della collaborazione tra i terapisti occupazionali del Gervasutta e il CRIBA FVG (Centro Regionale d’Informazione su Barriere Architettoniche e Accessibilità), dando vita a uno spazio in cui vengono riproposti alcuni ostacoli che caratterizzano le città Lo spazio inaugurato presso il Gervasutta di Udine

Come informano dal CRIBA FVG, il Centro Regionale d’Informazione su Barriere Architettoniche e Accessibilità del Friuli Venezia Giulia, è stato inaugurato nei giorni scorsi, presso l’area verde esterna dell’Istituto di Medicina Fisica e Riabilitazione (IMFR) Gervasutta di Udine, un innovativo percorso di addestramento, pensato per favorire la riabilitazione dei pazienti della struttura, frutto della collaborazione tra i terapisti occupazionali del Gervasutta e il CRIBA FVG stesso, attraverso numerosi momenti di confronto in cui ognuno ha apportato le proprie competenze. «Il tutto – spiegano dal CRIBA FVG – ha portato alla progettazione di uno spazio in cui fossero riproposti alcuni ostacoli che caratterizzano le nostre città. Gli utilizzatori del percorso, infatti, possono testare le proprie capacità di gestione della sedia a ruote o esercitare le proprie competenze nel cammino, superando buche, ostacoli e gradini di varia altezza, percorrendo rampe con tre diverse inclinazioni, tratti di percorso con pendenza trasversale, nonché affrontando diverse tipologie di terreno (sabbia, gomma, ghiaia, cubetti di porfido, lastre di pietra, acciottolato)».

«La multidisciplinarietà che ha caratterizzato la collaborazione – viene sottolineato ancora – emerge dal fatto che il percorso è stato progettato con i parametri di riferimento di test di valutazione in àmbito riabilitativo validati per l’uso della carrozzina (ad esempio Wheelchair Skills Test) e per la deambulazione (ad esempio Walking Index for Spinal Cord Injury), ma anche tenendo in considerazione i riferimenti tecnico-dimensionali stabiliti dalla normativa italiana in tema di eliminazione delle barriere architettoniche e le criticità più diffuse presenti nell’ambiente urbano, ricorrenti nelle analisi del nostro Centro».

La realizzazione è stata presa in carico da parte dei servizi tecnici dell’ASUFC (Azienda Sanitria Universitaria Friuli Centrale) e sviluppata dallo Studio Global Project – Architettura Inclusiva di Pordenone, che ha redatto il progetto esecutivo e ha seguito la direzione dei lavori, resi possibili grazie ad un finanziamento della Banca di Cividale (Gruppo Sparkasse) e da una donazione privata, della famiglia Marzona.
«L’utilizzo del percorso – concludono dal CRIBA FVG -, con l’affiancamento del professionista riabilitatore, garantirà una progressione graduale e programmata delle difficoltà da superare, migliorando endurance e abilità di performance nella locomozione, e permetterà di raggiungere uno degli obiettivi principali della riabilitazione ovvero favorire la piena partecipazione alla vita sociale, lavorativa e scolastica». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: criba@criba-fvg.it.

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Per comprendere appieno un’opera, bisogna vederla al buio e toccarla con le mani!

Tutta all’insegna della multisensorialità e di una piena accessibilità, è stata inaugurata nei giorni scorsi e sarà ora aperta al pubblico fino al mese di maggio del prossimo anno, presso il Museo Tattile Statale Omero di Ancona, la mostra L’ombra vede, centrata sulle sculture e i disegni inediti di Enzo Cucchi, che dichiara: «Per comprendere appieno un’opera, bisogna vederla solo al buio» Enzo Cucchi, “Senza titolo”

«Una grande occasione, soprattutto perché il Maestro ha partecipato attivamente alla realizzazione di questa esperienza intima e sensoriale». «Il percorso scenografico è stato studiato per offrire un’esperienza inclusiva, in linea con la filosofia del Museo Omero, permettendo al pubblico di entrare in contatto con l’arte attraverso il tatto»: lo hanno dichiarato Aldo Grassini e Andrea Socrati, rispettivamente il presidente del Museo Tattile Statale Omero di Ancona e l’ideatore dell’iniziativa, in sede di inaugurazione, all’Auditorium Orfeo Tamburi della Mole Vanvitelliana di Ancona, della mostra L’ombra vede, centrata sulle opere di Enzo Cucchi, presente al vernissage. La mostra stessa sarà ora aperta al pubblico fino al 18 maggio 2025, presso il Museo Omero.

Marcello Smarrelli, storico dell’arte, critico e curatore, ha delineato per l’occasione il profilo umano e artistico di Cucchi, definendolo «un artista straordinariamente fresco e rigoroso, capace di reinventare i simboli della tradizione. In questa mostra, il teschio, spesso associato alla morte, diventa per Cucchi un simbolo di vita. Il lavoro di Cucchi, inoltre, pur radicato nella tradizione, porta con sé una profonda contemporaneità, senza mai perdere di vista il rigore, che è la sua regola principale sia nella vita che nel lavoro».

A illustrare la multisensorialità dell’esposizione, enfatizzando l’importanza dell’accessibilità e della partecipazione sensoriale, è stato il citato Andrea Socrati, mentre è stato lo stesso Enzo Cucchi a sottolineare che «per comprendere appieno un’opera, bisogna vederla solo al buio, perché le cose si conservano all’ombra e al buio e per guardare il mondo si dovrebbe mettere la testa per terra, come le zucche, e le mani sulle cose».
Dal canto suo, Aldo Grassini ha sottolineato che «il piacere estetico è il piacere della scoperta» e che L’ombra vede rappresenta un’occasione unica per entrare in contatto con la vertigine del vuoto e dell’oscurità, per scoprire che in fondo il mondo viene apprezzato con tutti i sensi.

Nel dettaglio dell’esposizione, oltre a ricordare che essa trae ispirazione dal testo inedito di Giovanni Cucchi, padre dell’artista, intitolato Il grano, racconto che celebra la terra e le tradizioni delle Marche, va detto trattarsi di un percorso multisensoriale e scenografico che offre ai visitatori un’esperienza estetica unica e coinvolgente, fatta di 42 opere (4 disegni inediti e 38 sculture realizzate con materiali diversi: bronzo, marmo, ceramica, legno), dislocate in un ambiente suggestivo, con scenografie ispirate alla poetica dell’artista.
Una particolare grotta ospita tre sculture da scoprire al buio, unicamente attraverso le mani. L’aia di campagna diventa luogo di socialità, riflessione e conoscenza, L’atelier dell’artista trasporta nell’ambiente dove nasce la creatività di Cucchi. E infine, uno spazio è dedicato alla creatività del visitatore.
Il professor Marco Moreschi ha curato le scenografie e collaborato all’allestimento, il tutto, come detto, con un’attenzione particolare rivolta all’accessibilità: ogni scultura, infatti, è esplorabile tattilmente e i disegni dell’artista sono stati tradotti a rilievo dal Museo Omero. Il personale, infine, accoglierà sempre il pubblico per garantire un’introduzione all’esperienza e la migliore fruizione di essa. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: redazione@museoomero.it.

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Tra immersioni e turismo: la “Settimana Blu” dell’Associazione Disabili Visivi

Due tipologie di attività, una di immersioni subacquee, nelle acque del Mar Rosso, tra coralli e pesci di ogni tipo e colore, e una prevalentemente turistica, con attività acquatiche di gite ed escursioni marine e/o di terra: è stata questa la “Settimana Blu” di Sharm el-Sheik, tradizionale appuntamento promosso dall’ADV (Associazione Disabili Visivi) In immersione nelle acque del Mar Rosso

Si è conclusa con grande successo la tradizionale Settimana Blu dell’ADV (Associazione Disabili Visivi) dal 9 al 16 novembre scorsi.
Quest’anno il gruppo, costituito da 28 persone tra soci e accompagnatori, è partito con due voli distinti, uno da Roma Fiumicino e uno da Milano Malpensa, raggiungendo l’Egitto nella località di Naama Bay presso Sharm el-Sheik, nella penisola del Sinai.
Le attività previste erano fondamentalmente di due tipologie, una di immersioni subacquee, nelle acque del Mar Rosso, tra coralli e pesci di ogni tipo e colore, e una prevalentemente turistica, con attività acquatiche di gite ed escursioni marine e/o di terra.
Le immersioni sono state rese possibili grazie all’organizzazione dall’Italia di un gruppo di istruttori di subacquea che, coordinati da Salvatore D’Alessandro, titolare del Centro Diving degli Etruschi, hanno contattato un centro diving locale, che ha fornito a noleggio attrezzature, una barca per gli spostamenti e ulteriori guide specializzate per persone con disabilità visiva.

Va a questo punto ricordato che le immersioni per persone con disabilità seguono un regolamento internazionale che prevede la discesa in acqua in tre: una persona con disabilità, nel caso specifico disabilità visiva, un istruttore certificato per attività subacquee per persone con disabilità e un Buddy, ovvero un secondo istruttore a supporto, in caso di eventuali problematiche o necessità.
I sei soci prenotati per la subacquea, erano alcuni brevettati per immersioni di livello Open fino a 18 metri di profondità e alcuni con brevetto Advanced , fino a 30 metri, e hanno effettuato ogni giorno due immersioni di alto livello, impegnative e soddisfacenti, con il privilegio di toccare, laddove possibile, coralli e pesci tropicali e, per alcune persone ipovedenti, la fortuna di intravedere pesci di notevole dimensione da distanza ravvicinata; in una delle immersioni hanno perfino esplorato dei relitti.

Foto di gruppo per alcuni partecipanti alla “Settimana Blu” dell’ADV

E tuttavia l’altra metà del gruppo non si è certo annoiata! A parte infatti il beneficio di stare sdraiati al sole e vivere in spiaggia nel mese di novembre, ci si è organizzati con gite, nuotate, escursioni in barca per snorkeling, circumnavigando la Penisola del Sinai, persino facendo attività di parasailing, ovvero sorvolare il mare con paracadute, in massima sicurezza con imbracatura collegata ad un motoscafo, e l’ultimo giorno tutti nel deserto con i quad!

Le escursioni sono state rese possibili dal prezioso contributo di Alessandro Savi e Cristina Sestito, amici dell’ADV arrivati dall’Italia, che hanno preso tutti i contatti con gli organizzatori locali delle escursioni stesse e grazie al grande supporto e alla disponibilità del personale del Resort Promenade, sia di spiaggia, che dei servizi interni. E ovviamente, all’ottima riuscita ha contribuito la voglia di divertirsi e di stare bene, il bel mare caldo, il clima mite, il buon cibo e le possibilità di passeggiate serali, anche fuori del resort, dato che Naama Bay è una zona ricca di attrazioni turistiche internazionali, con possibilità di intrattenimenti, shopping e divertimento, anche serale e notturno.
Certo, se si pensa che a poche ore di automobile vi è in atto una guerra terribile, passano tutti gli entusiasmi, ma Sharm è così.

Grazie, in conclusione, al lavoro di organizzazione dei mesi precedenti a cura della Segreteria dell’ADV, del direttore Laura Nardone, grazie all’entusiasmo dei soci, alla bravura e all’organizzazione e alla pazienza e preparazione degli istruttori di subacquea, Salvatore D’Alessandro, i suoi collaboratori e la socia Martina Saccomani, biologa marina, nonché del Centro Diving degli Etruschi. E un grazie caloroso a Cristina Sestito e Alessandro Savi che hanno curato nei minimi dettagli le esigenze del gruppo tra logistica e attività turistiche!

*Presidente dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie).

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Un Calcio Balilla Special donato all’Unità Spinale di Niguarda

La Federazione Paralimpica Italiana Calcio Balilla (FPICB) ha donato all’Unità Spinale dell’Ospedale Niguarda di Milano un Calcio Balilla Special, tipologia di biliardino adatta anche a chi si muove in carrozzina, utile anche in fase di riabilitazione, oltreché, naturalmente, da un punto di vista ludico Foto di gruppo per la donazione della Federazione Paralimpica Italiana Calcio Balilla (FPICB) all’Unità Spinale dell’Ospedale Niguarda di Milano

È stato un bel dono di Natale quello consegnato dalla Federazione Paralimpica Italiana Calcio Balilla (FPICB) all’Unità Spinale dell’Ospedale Niguarda di Milano, diretta da Michele Spinelli. Si tratta infatti di un Calcio Balilla Special, tipologia di biliardino adatta anche a chi si muove in carrozzina, «un dono – sottolineano dalla FPICB – destinato a rendere la degenza dei pazienti più leggera e serena, un gesto che acquisisce ancora più significato se pensiamo alle feste ormai alle porte, periodo in cui la socialità e la compagnia arrivano a ricoprire un ruolo quasi terapeutico».
«Ma questo modello di biliardino – ricorda Francesco Mondini, presidente dell’Associazione AUSportiva, che da tempo collabora con l’Unità Spinale del Niguarda – non avrà solo una finalità ludica, aspetto già di per sé fondamentale a livello psicologico. Si tratta infatti di un supporto importante anche in fase di riabilitazione, se è vero che il calcio balilla rappresenta una pratica sportiva che può avere effetti benèfici dal punto di vista fisico, ed è quindi particolarmente adatta ai pazienti di questo reparto, essendo in grado di migliorare il coordinamento dei movimenti oculari e delle mani, senza contare lo sviluppo dei riflessi».

«Lo sport paralimpico è salute – commenta Francesco Bonanno, presidente della FPICB – e divulgare questa sana abitudine partendo proprio dai centri di riabilitazione è il fulcro della nostra mission. Non a caso collaboriamo da anni con le Unità Spinali, crediamo sia questo il giusto modo di mettersi in gioco».

Da ricordare, in conclusione, che la donazione è stata il frutto di una proficua rete di sostenitori e sponsor che l’hanno reso possibile, vale a dire Studio 3 A, Handitech, Roberto Sport, Mobility Care e Off Carr Autonomy. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fpicb.it.

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“La nostra Divina Commedy”: nuovi orizzonti di senso per esistenze recuperate

Nato dal progetto pilota In.di.c.a. (Interventi DIretti alle Cerebrolesioni Acquisite), promosso dalla Cooperativa toscana Nomos insieme ad ATRACTO (Associazione Traumi Cranici Toscani), lo spettacolo teatrale La nostra Divina Commedy – Come distruggere Dante in quattro e quattr’otto, che andrà in scena il 18 dicembre a Roma, nella Sala Monumentale di Palazzo Chigi, è interpretato da attori con cerebrolesioni e non, caratterizzandosi come la storia di un viaggio di amicizia, recupero e rinascita Una delle persone coinvolte nel progetto pilota “In.di.c.a.” (Interventi DIretti alle Cerebrolesioni Acquisite), culminato nello spettacolo teatrale “La nostra Divina Commedy – Come distruggere Dante in quattro e quattr’otto”

La Divina Commedia interpretata da attori con cerebrolesioni e non, che diventa la storia di un viaggio di amicizia, recupero e rinascita: è questo lo spettacolo teatrale La nostra Divina Commedy – Come distruggere Dante in quattro e quattr’otto, scritto e diretto da Silvano Alpini, che andrà in scena nel pomeriggio del 18 dicembre a Roma, nella Sala Monumentale di Palazzo Chigi (ore 16), potendo contare, tra il pubblico, anche sulla presenza della ministra per le Disabilità Locatelli e di alcuni Sottosegretari del Governo.

Lo spettacolo nasce dal progetto pilota In.di.c.a. (Interventi DIretti alle Cerebrolesioni Acquisite), promosso dalla Cooperativa toscana Nomos insieme ad ATRACTO (Associazione Traumi Cranici Toscani), con il sostegno della Fondazione CR Firenze, il tutto segnatamente con l’obiettivo di promuovere e tutelare i diritti delle persone con disabilità derivanti da grave danno cerebrale. In tal senso, prendendo spunto dal metodo usato da Nomos per gli Atelier Alzheimer, sono stati creati due Atelier di Terapie Occupazionali, uno a Grosseto e l’altro a San Giovanni Valdarno (Arezzo), che hanno dato vita a un’esperienza di integrazione e recupero, attraverso lo strumento del teatro, arrivando a questo spettacolo, messo a punto in collaborazione con l’Associazione Culturale Masaccio.

«Il teatro – sottolinea Gaia Guidotti, vicepresidente di Nomos -, potente strumento di espressione e inclusione, è stato il luogo dove si è dato vita a un processo di creatività e amicizia capace di ridare un nuovo significato all’esistenza e una nuova direzione a chi ha visto la propria esistenza interrotta da una grave evento traumatico, ma che ora sta ricostruendo la propria vita attraverso il recupero del movimento, della parola e della relazione. La nostra Divina Commedy non è solo una performance artistica, ma un segno concreto di inclusione sociale, costruzione di nuovi orizzonti di senso di esistenze interrotte e poi recuperate».

In conclusione, una doverosa citazione per tutti coloro che il 18 ottobre saliranno sul palco, ossia Stefania D’Amico, Alessia Centi, Leonardo Crulli, Lorenzo Giusti, Daniele Giuliani, Daniela Gori, Stefano Grazi, Laura Gullo, Laura Meucci, Simona Rotundo, Barbara Massini, Giulia Mazzuoli, Selene Cannelli, Catia Pacifici, Maicol Mazzi Tonini, Lucia Guazzi e Sara Goiorani. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: nomos@gallitorrini.com.

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