«Tra coloro ai quali gli alunni e gli studenti con disabilità debbono riconoscenza – scrive Salvatore Nocera -, vi è anche l’ispettrice Giovanna Cantoni, scomparsa nei giorni scorsi, per quelle norme che, nel rispetto della piena legalità non solo formale, hanno garantito a tutti loro di frequentare l’intero arco degli studi, pervenendo, ove possibile, pure al diploma di maturità e quindi anche alla laurea e ad inserimenti lavorativi che, altrimenti, sarebbero rimasti preclusi»
Una foto di Giovanna Cantoni dei tempi in cui insegnava
Il 17 gennaio scorso, a ben oltre i novant’anni, ci ha lasciato l’ispettrice Giovanna Cantoni, professionista seriamente impegnata, fin dall’inizio, nel processo inclusivo italiano.
L’ho conosciuta al Ministero dell’Istruzione sin dai primi Anni Ottanta, quando ero docente “utilizzato” per occuparmi della normativa inclusiva e siamo subito divenuti amici. Faceva parte di quel meraviglioso drappello di ispettori del Ministero dell’Istruzione, come Aldo Zelioli, Laura Serpico Persico, Raffaele Iosa, Sergio Neri e Franco Fusca, per citare i più noti che in dialogo con Andrea Canevaro e con il mondo della scuola, incanalarono entro binari pedagogico-didattici il tumultuoso movimento del Sessantotto, mirante alla deistituzionalizzazione degli studenti e delle studentesse con disabilità e al loro “inserimento” nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado. L’ispettore Iosa, pur essendo in pensione, continua fortunatamente ad operare ancora oggi, quando richiesto, mantenendo lo spirito entusiastico che ci accomunò tutti allora.
L’ispettrice Cantoni partecipò alla formulazione del famoso “Documento Falcucci” del 1975, del quale quest’anno celebriamo il cinquantesimo anniversario, che diede l’imprinting pedagogico-didattico e giuridico a quel inarrestabile movimento, allora chiamato “integrazione scolastica”, e che oggi, dopo la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, chiamiamo “inclusione”.
Fu quello un movimento veramente “popolare”, nel senso di un piccolo “popolo” iniziale di volontari (e non nel senso deteriore di “populista”), composto dalle famiglie, dalle loro associazioni, da docenti di scuola, dirigenti scolastici e docenti universitari, che crebbe faticosamente, ostacolato da mentalità tradizionaliste e reazionarie, da scetticismi e taluni errori, ma animato dalla conoscenza del valore della pedagogia, dal coraggio della sperimentazione e dal metodo del dialogo tra famiglie, docenti, mondo della cultura esterna anche alla scuola e delle forze politiche del Paese.
Come ho documentato nel mio libro Il diritto all’integrazione nella scuola dell’autonomia (Trento, Erickson, 2001), la vampata improvvisa del Sessantotto poté accendere la fiaccola luminosa che ha posto le basi per un rinnovamento della scuola “di tutti”, grazie alla convergenza delle principali forze politico-culturali di allora e cioè la destra liberale, soprattutto rappresentata, in questo movimento, dai radicali capeggiati da Bruno Tescari, impegnatissimo docente con disabilità motoria, dal centro cristiano, rappresentato per tutti da quanti si riconoscevano in don Milani e dalla sinistra, rappresentata dal Movimento di Cooperazione Educativa e dalla CGIL Scuola; le stesse forze politiche e culturali che hanno dato vita alla nostra repubblica democratica fondata sulla nostra Costituzione.
L’ispettrice Cantoni, in quella temperie culturale, prese parte attiva alla promozione e alla raccolta di esperienze sulla base delle quali furono formulate molte norme confluite nella Legge 104/92 e negli atti applicativi che facilitarono l’immediata e corretta prima applicazione di essa. Infatti si deve anche a Cantoni la scrittura del comma 2 dell’articolo 16 di tale Legge, secondo il quale il Piano Educativo Individualizzato (PEI) degli alunni/alunne con disabilità di scuola media dovesse avere obiettivi ed essere formulato non sempre secondo le indicazioni nazionali ministeriali, ma bensì, talora, «sulla base delle effettive capacità» di alunni e alunne; conseguentemente per quelli e quelle che non riuscissero a raggiungere i livelli delle “indicazioni nazionali”, ma pervenissero solo agli obiettivi corrispondenti alle loro “effettive capacità” scatta egualmente il diritto al rilascio del diploma di licenza media (sto usando terminologie dell’epoca). Ciò consentì a tutti gli alunni e le alunne con disabilità di superare lo scoglio dell’esame di terza media, che altrimenti sarebbe stato per molti uno sbarramento insormontabile. E ciò fu fatto non per pietismo o lassismo docimologico, bensì per un intervento tecnico-amministrativo di un’ispettrice ministeriale rispettosa delle norme e del loro spirito. Infatti, nel 1987 la Corte Costituzionale aveva pronunciato la famosa Sentenza 215/87 con la quale affermava il diritto costituzionalmente ineliminabile degli alunni con disabilità di scuola media a «frequentare le scuole di ogni ordine e grado». E proprio alla luce dello spirito estensivo di tale Sentenza, l’ispettrice Cantoni, chiamata a collaborare dal Ministero dell’Istruzione anche dopo il suo pensionamento, formulò il contenuto dell’articolo 6, comma 1 del DPR 323/98, regolamento sugli esami di maturità, che definiva il concetto di “prove equipollenti” per gli studenti con disabilità che svolgono un “PEI per obiettivi minimi”. In sostanza esse consistono in modalità di svolgimento e pure in contenuti diversi da quelli delle prove ufficiali; però debbono comunque mettere chi valuta in condizione di verificare se lo studente conosce gli elementi basilari della disciplina, cioè intorno alla sufficienza. Questa definizione è decisamente meno generica di quella contenuta nelle più recenti norme del Decreto Legislativo 62/17, sulla valutazione degli alunni e studenti, e del Decreto Interministeriale 182/20 sui nuovi modelli di PEI.
Tutti gli alunni/alunne e studenti/studentesse con disabilità da allora in poi debbono quindi essere riconoscenti anche all’ispettrice Cantoni, per queste norme che, nel rispetto della piena legalità non solo formale, hanno garantito a tutti di frequentare l’intero arco degli studi, pervenendo, ove possibile, pure al diploma di maturità e quindi anche alla laurea e ad inserimenti lavorativi che, altrimenti, sarebbero rimasti preclusi.
Donna romagnola molto battagliera e determinata, Giovanna Cantoni era pure dotata di uno spiccato senso dell’umorismo. All’inizio degli inserimenti e poi dell’integrazione, dovette ripetutamente intervenire in classi nelle quali genitori degli alunni senza disabilità, abituati a non vedere alunni con disabilità, pretendevano che i loro figli non fossero messi nello stesso banco accanto a questi, temendo che potessero essere “contagiati” (sic!) da loro. Lei dovette pure intervenire in casi nei quali alunni con disabilità picchiavano docenti o compagni, e l’ispettrice, in dialogo con le famiglie e i medici curanti, riusciva a trovare delle soluzioni e a placare gli animi; e ci furono pure situazioni più complesse in cui dovette intervenire, quando ad esempio accadeva che qualche studente con disabilità si spogliasse improvvisamente in classe. Ci raccontava come una volta la sera tardi la chiamò un’amica docente, riferendole che una docente, piuttosto contraria all’inclusione, era trasecolata perché un suo studente con disabilità intellettiva o con disturbi del neurosviluppo si era spogliato totalmente in classe, e chiedeva perciò un’urgente visita ispettiva per la sua espulsione. L’ispettrice, senza scomporsi, le disse con un tono tra il serio e il faceto: «Se questa professoressa non ha mai visto uno così, questo è un nuovo apprendimento; se invece l’ha già visto altre volte, è un rinforzo apprenditivo!». E chiuse il telefono.
Certo, in quei primi anni si dovette lavorare molto anche a livello psicologico, per indurre molte famiglie a convincersi della positività della coeducazione tra compagni con e senza disabilità. E vi era, allora, un grande impegno ed entusiasmo che però è lentamente venuto affievolendosi, mano a mano che l’inclusione diveniva più generalizzata. Siamo così arrivati a questi ultimi anni del nuovo millennio, in cui si ha l’impressione che, con la cessazione della novità, pure l’entusiasmo e l’impegno, sia a livello politico che operativo, stiano scemando, divenendo in troppi casi una routine non sempre gradita. Si pensi al caso di circa 20.000 docenti di sostegno di ruolo all’anno che chiedono di passare su cattedra comune (e circa 10.000 riescono ad ottenere il trasferimento), determinando una permanente carenza di continuità didattica e un vuoto permanente nell’organico; per questo la FISH (già Federazione italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) sta elaborando una proposta di legge sull’istituzione di un’apposita cattedra di sostegno, molto contestata in taluni ambienti.
Si pensi poi come non vi siano proteste da parte delle Associazioni delle persone con disabilità per il fatto che l’Osservatorio Nazionale sull’Inclusione Scolastica del Ministero dell’Istruzione e del Merito, scaduto da maggio dello scorso anno, non sia stato immediatamente ricostituito e che dopo il Decreto di ricostituzione del 3 Settembre 2024, non si sia ad oggi ancora provveduto all’insediamento. Se cose del genere fossero accadute negli ultimi decenni del Novecento, vi sarebbero state numerose proteste anche vivaci. E dire che personalmente avevo maturato tante speranze con l’insediamento di questo Governo, destinato a durare finalmente per un’intera Legislatura, dopo l’inerzia o comunque i rallentamenti degli ultimi Governi di troppo breve durata. Anzi mi lasciò molto ben sperare il nuovo ministro Valditara che, appena insediato, volle incontrare i dirigenti nazionali delle due più importanti federazioni, FISH e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), assicurando una costante attenzione prioritaria ai problemi dell’inclusione tra tutti i grandi problemi della scuola. E di problemi insoluti ne abbiamo tantissimi:
° L’attuazione di quasi tutti gli articoli del Decreto Legislativo 66/17;
° il profilo giuridico e pure giustamente economico degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione, per il cui profilo professionale nazionale è attualmente in discussione al Senato un testo unificato assai carente, per il quale la FISH ha predisposto alcuni importanti emendamenti (non mi pare ci sia nulla da dire, invece, sull’assistenza igienica, dal momento che sia gli articoli 3 e 7 del citato Decreto Legislativo 66/17, sia l’articolo 54 del recentissimo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Scuola attribuiscono in modo inequivoco tale compito ai collaboratori e alle collaboratrici scolastiche, confermando così una tradizione normativa pluridecennale);
° la necessità di importanti chiarimenti al funzionamento dei GLO (Gruppi di Lavoro Operativi per l’Inclusione) per la formulazione dei Piani Educativi Individualizzati;
° la formulazione di puntuali indicatori per valutare la qualità inclusiva realizzata nelle singole scuole e nelle singole classi;
° la stabilità e seria preparazione polivalente dei docenti di sostegno;
° gli organici delle Unità di Valutazione Multidisciplinare (UVM) delle ASL, attualmente prive di neuropsichiatri infantili (solo mille in tutta Italia!);
° la realistica attuazione dell’importantissimo Decreto Legislativo 62/24 sul progetto di vita indipendente, che senza l’operatività immediata delle Unità di Valutazione Multidisciplinare sarà destinato ad un insuccesso catastrofico; infatti, i Profili di Funzionamento, atti di esclusiva competenza delle stesse Unità di di Valutazione Multidisciplinare, sono necessariamente i presupposti per la formulazione dei progetti di vita personalizzati e partecipati. Pertanto è assolutamente indispensabile un incremento numerico degli operatori sanitari in tutte le ASL. specie di neuropsichiatri infantili, pena un fallimento, come detto, della normativa contenuta nel Decreto 62/24, con gravissima delusione e danni esistenziali oltre che materiali per le persone con disabilità.
Ovviamente questi e altri problemi sono di competenza di tutto il Governo e le Associazioni dovrebbero molto di più sostenere il Ministro nel premere sul Governo per la soluzione urgente delle questioni di propria competenza. Anche la Ministra per le Disabilità, essendo priva di portafoglio, non può da sola far valere i diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie, compito da sempre prevalente delle Associazioni. Eppure la stessa ministra Locatelli ha realizzato molte iniziative e soprattutto ha attivato il proprio Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, che in meno di un anno ha prodotto i materiali per il Programma governativo di azione triennale, previsto dalla Convenzione ONU, sui diritti delle persone con disabilità.
Invero fa ben sperare l’impegno ufficiale preso nei giorni scorsi dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Salvini nell’accogliere il pressante e urgente appello dell’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia) e della FISH circa la svista contenuta nel modificare l’articolo 187 del Codice della Strada, relativamente al divieto assoluto alla guida della propria auto da parte delle persone con disabilità costrette ad assumere psicofarmaci con prescrizione medica per ineliminabili necessità terapeutiche. E fa pure sperare lo storico impegno che la FISH ha sempre svolto con successo per l’attuazione di tutti i diritti delle persone con disabilità. Se tutte le Associazioni sosterranno i ministri Salvini e Valditara in questi loro impegni, almeno i problemi sopra indicati verranno presto risolti.
Rimane infine il “problema dei problemi” e cioè garantire l’attuazione pratica delle buone norme che le Associazioni sono riuscite ad ottenere nel corso dei decenni dal Parlamento e dal Governo. A poco serve avere delle buone norme, delle quali ci gloriamo giustamente in tutto il mondo, se poi queste norme non riescono per vari motivi ad essere applicate come si deve, realizzando così la qualità dell’inclusione, che purtroppo ancora difetta in molte realtà scolastiche.
Non voglio sembrare un disfattista; ma siamo in molti ad aver preso sul serio ciò che l’indimenticabile amico ispettore Sergio Neri ci disse poco prima di lasciarci prematuramente, ossia «andate avanti voi che ci credete». Lo dobbiamo a lui; lo dobbiamo all’ispettrice Giovanna Cantoni.
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