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Disabilità, Inclusione, Cooperazione: a Ostuni c’è stato impegno, consapevolezza e gioco

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Nell’ottobre scorso a Ostuni (Brindisi), in parallelo con l’ottavo Festival della Cooperazione Internazionale, vi è stata la seconda formazione del progetto DICoo1 – Disabilità, Inclusione, Cooperazione, prima scuola di formazione professionale mediterranea per la cooperazione inclusiva con persone con e senza disabilità. Questo è il racconto di quell’sperienza da parte di chi vi ha partecipato I ringraziamenti alla fine della rappresentazione teatrale a Ostuni

Il 17 ottobre dello scorso anno era terminata a Tunisi la prima formazione in presenza del progetto DICoo1 – Disabilità, Inclusione, Cooperazione, prima scuola di formazione professionale mediterranea per la cooperazione inclusiva con persone con e senza disabilità, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Gioventù attraverso il programma Erasmus plus dell’Unione Europea [se ne legga già ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.]. Si tratta di un progetto promosso dalla RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo: se ne legga in calce), in partenariato con le organizzazioni SOIH Croazia, l’Associazione Casa Lahnina Marocco e l’AIFO Tunisia il cui obiettivo è la formazione di 24 persone con disabilità o impegnate in Associazioni di persone con disabilità, come esperte junior nel campo della cooperazione internazionale e dell’emergenza.

A Tunisi, dopo avere parlato dei concetti base della cooperazione inclusiva, ci eravamo soffermati sulla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e confrontati sulla gestione di progetti di emergenza e di protagonismo delle Associazioni di persone con disabilità.
Negli ultimi giorni, prima di lasciarci, avevamo steso a terra un lenzuolo bianco su cui ognuno di noi, con dei colori, aveva disegnato qualcosa; alla fine, quando tutti avevamo finito, l’abbiamo tagliato e ognuno ne ha portato a casa un pezzo, ripromettendosi che, quando ci saremmo rincontrati, l’avremmo portato con noi per ricomporre il puzzle.
Una volta tornati a casa, dopo avere organizzato qualche evento di disseminazione in cui abbiamo raccontato quella fantastica esperienza, il nostro lavoro è continuato online, facendo delle ricerche per capire come vivono le persone con disabilità e quali sono gli ostacoli che incontrano nella vita quotidiana. Per ognuno dei Paesi coinvolti, un partner locale ci ha seguiti dandoci consigli e suggerimenti su come preparare documentazione e materiali.
Nello specifico, abbiamo fatto ricerche su salute, lavoro, educazione e doppia discriminazione delle persone con disabilità; per ogni delegazione, ogni persona si è occupata di un campo specifico; oltre a studiare documenti e articoli trovati per lo più su internet, per avere un quadro ancora più completo, abbiamo intervistato persone con disabilità e operatori che con loro lavorano tutti i giorni.
Essendomi occupato di educazione inclusiva, la raccolta di storie di vita di persone con disabilità mi ha aiutato a capire che, sebbene l’Italia abbia uno dei sistemi educativi migliori d’Europa, vedere attuati i propri diritti dipende molto dalle famiglie di appartenenza e dalle persone che si incontrano lungo il cammino.
Infine, abbiamo sintetizzato il nostro lavoro creando dei PowerPoint da presentare durante l’ottava edizione del Festival della Cooperazione Internazionale di Ostuni (Brindisi) con cui questa seconda formazione in presenza del progetto DICoo ha colto la sfida e l’opportunità di entrare in sinergia.

La seconda formazione in presenza del progetto DICoo si è svolta dunque dal 6 al 14 ottobre a Ostuni, centro del Sud d’Italia che conta circa 33.000 abitanti, ma che, essendo una località turistica conosciuta in tutto in mondo, si triplicano nel periodo estivo.
Non esiste alcun treno che dalla caotica Roma (che oltretutto quest’anno si prepara ad ospitare il Giubileo) porta direttamente alla piccola città bianca pugliese; così, organizzare un viaggio confortevole partendo dalla Città Santa non è cosa scontata.
Come diceva Giampiero Griffo, presidente della RIDS, quando ci spiegava come organizzare una missione all’estero, una delle prime cose a cui pensare è proprio come organizzare un viaggio il più possibile confortevole per raggiungere la meta. Quindi, sebbene il viaggio Roma-Ostuni sia abbastanza semplice da organizzare, già viaggiando, abbiamo affrontato una piccolissima prova pratica; le delegazioni marocchina, tunisina e croata poi, oltre al treno per Ostuni, hanno dovuto prendere anche l’aereo per arrivare prima a Roma o a Bari.

Due momenti della festa del re-incontro

Con il mio amico e assistente personale Massimiliano Mansutti, siamo giunti alla stazione di Brindisi da dove un pulmino dell’UNITALSI, attrezzato per trasportare carrozzine, ci ha accompagnato al Centro di Spiritualità Madonna della Nova di Ostuni, struttura in cui abbiamo alloggiato e fatto formazione per l’intera settimana.
Molti erano arrivati e stavano finendo di cenare e Valentina Pescetti (formatrice senior dell’AIFO-Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), nonostante fosse tardi, ci ha accolto con un rituale di benvenuto: è venuta vicino ad ognuno di noi e, coprendoci la testa con una tela, ci ha appuntato due foglie d’alloro sovrapposte con su scritto il nostro nome sulla maglietta.
Nella mitologia greco-romana, la corona di alloro simboleggiava sapienza e gloria, tanto che ancora oggi si usa metterla in testa ai laureati; evidentemente, quelle due foglie stavano ad indicare il fatto che stavamo diventando “esperti junior”; inoltre, la sovrapposizione simboleggiava il fatto che, per risolvere i problemi, bisogna condividerli il più possibile con gli altri.
La mattina seguente, il corridoio davanti alla porta della sala convegni era affollato e dentro regnava il silenzio; Valentina, proponendo uno dei suoi tanti giochi educativi, ci ha fatto entrare uno alla volta e, camminando con gli occhi chiusi lungo un filo rosso che fungeva da passamano, siamo arrivati all’altro capo del filo dove ci aspettava un nostro compagno il quale, una volta riaperti gli occhi, ci ha dato il benvenuto. La persona appena entrata sostituiva l’amico che ci aveva accolti facendone entrare un’altra; andando avanti in questo modo, la sala si è riempita e abbiamo imparato ad avere più fiducia nell’altro.
È iniziata così la prima giornata di lavoro della seconda formazione in presenza del progetto DICoo dedicata al re-incontro.

C’erano persone che non avevano partecipato alla prima formazione e, per non lasciare indietro nessuno, Valentina ha fatto un breve riassunto del lavoro svolto in Tunisia e raccontato quello che si era fatto durante la formazione online.
Abbiamo anche cominciato a conoscere Susanna Bernoldi, coordinatrice del Gruppo AIFO di Imperia, nonché attivista dell’AIFO, che si è unita all’équipe di formazione, un gruppo che a Tunisi aveva potuto contare su Giampiero Griffo, Valentina Pescetti e Francesca Ortali, responsabile dell’Ufficio esteri dell’AIFO.
Avevamo con noi il pezzo di lenzuolo che avevamo portato a casa alla fine della prima formazione e abbiamo provato a riassemblare il puzzle; chi non era stato a Tunisi, ha portato un pezzo di stoffa colorata che abbiamo cercato di adattare. Ricomporre quel puzzle ha significato non solo che il gruppo si era ritrovato, ma che si era pure allargato, con l’aggiunta di nuovi pezzi di stoffa.

La consegna degli attestati

Nella giornata precedente l’inizio del Festival abbiamo svolto una formazione interna sui temi dell’accessibilità e della capacità di comunicare in modo efficace e inclusivo. Dopo cena, con i pulmini dell’UNITALSI, sempre disponibili quando dovevamo uscire, siamo andati a visitare la località che ci stava ospitando, cominciando a saggiare l’accessibilità di quella terra per le persone con disabilità.
Il 9 ottobre è iniziata quindi l’ottava edizione del Festival della Cooperazione Internazionale, dal titolo Nessuno fuori: la cooperazione inclusiva nel Mediterraneo. I lavori del Festival si sono svolti nella stessa sala in cui abbiamo fatto formazione e in cui avevamo un servizio di traduzione via streaming.
Dopo la presentazione dell’evento del giorno da parte di Francesco Colizzi, coordinatore del Festival, i saluti delle autorità locali e una presentazione del Progetto DICoo a cura di Griffo e Pescetti, abbiamo affrontato il tema del giorno, parlando di inclusione socio-economica delle persone con disabilità.
Dopo cena, in occasione della festa del re-incontro, quella sala si è trasformata in una vera e propria discoteca con musica per ballare. Abbiamo potuto assaggiare dolciumi tipici dei diversi Stati rappresentati ed è stato bello vedere ballare persone tunisine e marocchine indossando vestiti tipici dei loro Paesi; a ballare non eravamo solo noi del progetto DICoo, ma a far baldoria c’erano anche persone del gruppo locale di Ostuni che stavano seguendo il Festival.

Nei giorni successivi, abbiamo parlato di educazione e formazione professionale inclusiva, di doppia discriminazione e di discriminazione multipla, di accesso alla salute e di salute inclusiva comunitaria, di statistica e raccolta dati sulla disabilità, nonché di sport inclusivo.
Tutti gli incontri si sono svolti con la metodologia del Learning by doing (metodo di apprendimento basato sull’imparare qualcosa facendolo) e del Cooperative learning (apprendimento cooperativo), stimolando la partecipazione attiva di corsisti e assistenti personali; questa metodologia ci ha permesso non solo di assistere a lezioni interessantissime da parte di 15 esperti di cooperazione inclusiva, oltre a quelli dell’équipe di formazione, ma abbiamo potuto anche esporre le 30 presentazioni che noi corsisti avevamo preparato.
Durante la formazione, inoltre, Valentina Pescetti, che è formatrice senior in Ludopedagogia e LEN (Ludo-Educazione con la Natura come co-docente), ha proposto dei giochi che erano parte integrante della formazione e che ci hanno aiutato a capire ancor meglio i concetti che erano stati appena espressi.
Abbiamo incontrato diverse realtà (Comune, scuole, Associazioni di promozione di arte e sport) e varie Associazioni di persone con disabilità attive sul territorio che ci hanno proposto dei workshop cui abbiamo partecipato attivamente: con I Portatori di Gioia abbiamo assistito ad una perfomance di canto inclusivo, la Cooperativa Città Solidale ci ha proposto un workshop di teatro inclusivo, mentre con il centro di ricerca La Luna nel Pozzo di Orthia, abbiamo partecipato ad un workshop di clowing e orticultura inclusiva.
Anche i partner hanno avuto la possibilità di proporre dei workshop e in tal senso il gruppo Marocco ha curato uno spazio di arte pittorica e una bellissima iniziativa di sport inclusivo che si è svolta nella mattina dell’ultima giornata del Festival; il gruppo Italia, invece, ha curato uno spazio di arte partecipativa, realizzando un mosaico in stile trencadis che è stato installato in un giardino appena intitolato a Raoul Follereau.

A parte il centro storico di Ostuni e una spiaggia considerata accessibile, abbiamo visitato alcune strutture pubbliche del territorio (biblioteca comunale, scuole pubbliche e altre sale di eventi culturali), constandone la reale accessibilità per persone con disabilità.

Foto di gruppo alla fine dell’evento di sport inclusivo

L’autovalutazione di questa intensa e allo stesso tempo splendida settimana passata insieme, è stata fatta con la “valutazione dell’elettrocardiogramma”: eravamo seduti in semicerchio rivolti verso un muro su cui Valentina Pescetti aveva attaccato tre cartelloni affiancati in orizzontale, in modo da avere tanto spazio. Ognuno di noi, facendo scoppiare un palloncino, poteva prendere la parola per dire qualcosa di positivo o negativo riguardo ciò che aveva vissuto durante la settimana, dando a ciò un valore negativo o positivo e compreso fra 1 e 10; a seconda che il valore fosse positivo o negativo, sui cartelloni Valentina tracciava una linea verso l’alto o verso il basso.
Alla fine del gioco, il fatto che il tracciato su quel cartellone avesse pochissimi picchi negativi, stava a significare che quella vissuta insieme è stata una settimana positiva per la maggior parte di noi.

Infine, quella sala che ci aveva ospitato per un’intera settimana in cui abbiamo lavorato, giocato, ci siamo scambiate esperienze, abbiamo ballato e partecipato a workshop, era pronta ad accoglierci per l’ultima volta in occasione della cerimonia per la consegna degli attestati.
Corsisti e assistenti personali, eravamo tutti seduti su due lunghe file di sedie parallele e una di fronte all’altra; nel corridoio che si formava vi era un lungo tappeto rosso che ognuno doveva attraversare per andare verso l’équipe di formatori che, insieme ad un group leader, gli consegnava l’attestato.

L’ottava edizione del Festival della Cooperazione Internazionale si è conclusa nella mattinata del 13 ottobre nell’auditorium e campo da basket del Liceo Scientifico Pepe-Calamo. È stata un’indimenticabile mattinata a cura dalla delegazione marocchina in cui, oltre alla presentazione di buone pratiche e di storie di vita legate allo sport inclusivo, ci è stata offerta la possibilità di assistere e partecipare ad un torneo di basket accessibile, inclusivo e internazionale, con la collaborazione di Special Olympics Marocco e dell’AIPD Puglia (Associazione Italiana Persone Down), che ha partecipato con il suo team sportivo.
In quella settimana non solo ho imparato molto da esperti e dai miei colleghi di corso, ma ho visitato posti nuovi, rendendomi conto della loro accessibilità per le persone con disabilità; ho conosciuto nuove culture e ho fatto nuove amicizie con cui sono rimasto in contatto. Per il secondo anno consecutivo, inoltre, ho avuto anche l’onore di festeggiare il mio compleanno con i miei colleghi di corso, gli assistenti personali e l’équipe di formazione. Quest’anno, infine, vi erano anche molti soci dell’AIFO che mi ha fatto piacere vedere lì presenti.
Un grazie particolare va anche e soprattutto al gruppo AIFO di Ostuni che ha organizzato il Festival, all’UNITALSI, che ci ha messo a disposizione i propri pulmini ogni volta che dovevamo uscire e a tutto il personale della struttura che ci ha ospitato. 

*Vicepresidente dell’AIFO di Latina (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau).

La RIDS è un’alleanza strategica avviata nel 2011 da due organizzazioni non governative, l’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) ed EducAid, insieme a due organizzazioni di persone con disabilità, quali DPI Italia (Disabled Peoples’ International) e la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), alle quali si è aggiunto successivamente l’OVCI-La Nostra Famiglia (Organismo di Volontariato per la Cooperazione Internazionale). Il compito di essa è appunto quello di promuovere il protagonismo delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni nei progetti di cooperazione internazionale, come afferma la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

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FISH e ANFFAS nel Consiglio Nazionale del Terzo Settore

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Organismo nazionale istituito dal Codice del Terzo Settore presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con funzioni di rilevanza strategica per il dialogo tra Istituzioni e mondo del Terzo Settore, il Consiglio Nazionale del Terzo Settore ha rinnovato il proprio assetto e all’interno di esso vi sono rappresentate la FISH e l’ANFFAS

Organismo nazionale istituito dal Codice del Terzo Settore (Decreto Legislativo 117/17) presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con funzioni di rilevanza strategica per il dialogo tra Istituzioni e mondo del Terzo Settore, il Consiglio Nazionale del Terzo Settore ha rinnovato il proprio assetto, tramite Decreto Ministeriale e all’interno di esso la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e l’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluuppo) vi sono rappresentate, su designazione del Forum Nazionale del Terzo Settore, da Vincenzo Falabella, presidente della Federazione e Roberto Speziale, presidente dell’ANFFAS e vicepresidente vicario della Federazione stessa.

«Si parla – commentano dalla FISH – di un importante punto di riferimento per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, delle loro famiglie e delle tante organizzazioni che aderiscono alla Federazione. La presenza della nostra Federazione e dell’ANFFAS in questo contesto conferma il nostro impegno nel promuovere politiche inclusive e sostenere le istanze delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni, garantendo che le loro voci siano ascoltate nei processi decisionali a livello nazionale, concorrendo quindi alla semplificazione e allo sviluppo dell’intero Terzo Settore». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it.

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Lega del Filo d’Oro: un momento speciale per i primi 60 anni

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In occasione del 60° anniversario dalla propria fondazione, la Lega del Filo d’Oro si collega a distanza con i propri Centri Residenziali e le Sedi Territoriali presenti in 11 Regioni. Inoltre, nel Centro Nazionale di Osimo (Ancona), Poste Italiane attiva un servizio filatelico temporaneo con bollo speciale Neri Marcorè, testmonial “storico”” della Lega del Filo d’Oro, insieme a un bimbo seguito dalla stessa Lega del Filo d’Oro

Un viaggio lungo sessant’anni, che narra una storia fatta di solidarietà, impegno e risultati concreti: oggi, 20 dicembre, la Fondazione Lega del Filo d’Oro, punto di riferimento in Italia per persone con sordocecità e con pluridisabilità psicosensoriali, oltreché per le loro famiglie, celebra i suoi primi 60 anni.
Per l’occasione, Poste Italiane attiverà un servizio filatelico temporaneo con bollo speciale, con la dicitura 60esimo anniversario di Fondazione. In questa giornata, inoltre, in avvicinamento alle festività natalizie, la Lega del Filo d’Oro ha organizzato un momento speciale per far sentire tutta la sua vicinanza ai 5 Centri Residenziali e alle 6 Sedi Territoriali – presenti in 11 Regioni d’Italia – attraverso un momento di condivisione e scambio di auguri in video collegamento con il personale della Fondazione, gli ospiti, le famiglie e i volontari.

«Quello che volge al termine è stato un anno importante e ricco di soddisfazioni, che ci ha visto proseguire con impegno e passione nel cammino iniziato ormai 60 anni fa al fianco delle persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale e le loro famiglie – ha dichiarato Rossano Bartoli, presidente della Fondazione Lega del Filo d’Oro – In una data così importante, nel ricordo di coloro che hanno dato vita all’Associazione, voglio ringraziare sentitamente il personale, il Consiglio di Amministrazione e i componenti di tutti gli organi Istituzionali, i consulenti, i volontari per l’incessante impegno, le famiglie che rinnovano costantemente la loro fiducia in noi e i tanti sostenitori, senza i quali i nostri sforzi non sarebbero possibili».

Fondata nel 1964 da Sabina Santilli, tenace donna sordocieca di San Benedetto dei Marsi, insieme a don Dino Marabini giovane sacerdote di Osimo e un piccolo gruppo di persone di buona volontà, oggi la Lega del Filo d’Oro è punto di riferimento nazionale per la sordocecità e pluridisabilità psicosensoriale, arrivando ad essere presente in 11 regioni italiane con i suoi Centri Residenziali, Centri Diurni, Servizi e Sedi Territoriali, triplicando il numero di utenti seguiti negli ultimi vent’anni e seguendo oggi oltre 1.200 utenti, che hanno beneficiato di uno o più servizi nelle diverse modalità, garantendo loro interventi diagnostici, educativo-riabilitativi e socio-educativi e raggiungendo nel 2023 il numero più alto mai registrato. (C.C.)

Per maggiori informazioni: Federica Aruanno (f.aruanno@inc-comunicazione.it).

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“Sfumature d’arte”: un progetto artistico-culturale sull’inclusione

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Si è svolto a Tergu (Sassari) un evento molto bello e significativo per la sua portata sull’inclusione. Si tratta del progetto Sfumature d’arte, giunto alla sua seconda edizione e dedicato quest’anno alla memoria di Sammy Basso, che ha visto riuniti in uno spazio sia fisico che da remoto artisti diversi: ballerine, pittori, scultori, scrittori, aventi principalmente una disabilità visiva Alcuni tra i protagonisti di “Sfumature d’arte”

Il 14 dicembre scorso si è svolto all’interno del Centro Culturale di Tergu (Sassari), un evento molto bello e significativo per la sua portata sull’inclusione.
Si tratta del progetto Sfumature d’arte, giunto quest’anno alla sua seconda edizione, che ha visto riuniti in uno spazio sia fisico che da remoto artisti diversi: ballerine, pittori, scultori, scrittori, aventi principalmente una disabilità visiva, ma anche con la gradita presenza di una giovane che ha ballato in sincronia con la sua collega ipovedente, in un duetto elegante e ritmato.

Il progetto culturale di quest’anno è stato dedicato alla memoria di Sammy Basso, alla sua vita, al suo studio, al suo impegno sociale per tutti coloro che affrontano le sfide della disabilità.
Uno spazio che rappresenta non solo un luogo fisico, ma anche un punto di incontro per idee, passioni e obiettivi comuni. In un mondo che corre molto veloce, momenti come questi sono veramente fondamentali. Ci consentono di fermarci, di riflettere e confrontarci su questioni importanti, stimolare la curiosità e alimentare la crescita sia personale che professionale.
«L’iniziativa nasce dalla convinzione che ogni attività culturale, sia essa artistica, letteraria, musicale, di danza, recitazione o di conoscenza in generale, debba essere concepita e sviluppata come un progetto universale, promovendo il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia e la partecipazione di persone con disabilità in ogni àmbito della vita, in linea con l’articolo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità» (Comitato organizzatore: Marco Farina, Alessia Arca, Alba Canu).

Sfumature d’arte è un progetto ideato nel 2023 dallo scrittore Marco Farina che ha saputo riunire con impegno, passione e creatività, un gruppo eterogeneo di artisti e professionisti. Questo “Gruppo di Progetto” ha lavorato per dare forma ad una iniziativa che riflette idee condivise e aspirazioni comuni. Sono state “messe in campo” performance diversificate che hanno garantito un accesso multisensoriale, permettendo a tutti, incluse le persone con disabilità, di partecipare in modo attivo sia come protagonisti che come fruitori.
Tergu è un paese di 661 abitanti e le persone riunite nella sala del Centro Culturale erano circa una trentina. Bello e prezioso riscontrare che ci sia stata la volontà di portare avanti un tale progetto. Ciò sta ad indicare che non sono i grandi centri e i grossi numeri che fanno la differenza, ma la volontà e la voglia di condividere, di “seminare” iniziative e idee, di far crescere capacità, talenti e competenze, testimoniando che si può riuscire a coltivare sogni e risorse in qualunque situazione ci si trovi a vivere.

Ricordiamo la presenza dell’artista scultore Andrea Bianco, dell’artista pittore Andrea Ferrero Sette, di chi scrive [Laura Bonanni, psicoterapeuta scrittrice e poetessa, N.d.R.], del già citato scrittore e poeta Marco Farina, delle danzatrici Rossella Boette e Denisa Ursache, dell’artista pittrice Annalisa Ruzza, del consigliere dell’UICI di Torino (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) Sergio Prelato, nonché membro della Direzione Nazionale dell’UICI stessa, con delega per l’accessibilità.
Malgrado dunque qualche problema di connessione correlato al collegamento online, si è riusciti a raggiungere l’obiettivo: parlare dell’inclusione possibile, mediante la messa in campo di talenti, competenze e performance. Chi scrive, ha messo a servizio del gruppo la propria estemporaneità poetica componendo, al momento, una poesia in merito alle difficoltà e alle fatiche di un ascolto da remoto, che di seguito riporto, facendosi interprete del pensiero comune di bellezza e ricchezza di cui l’evento è stato portatore, ma anche canalizzando positivamente un po’ di fastidio e frustrazione per le difficoltà nel seguire a distanza, da parte di un piccolo gruppo di noi, lo svolgersi dinamico e armonico della manifestazione.
Tutto serve per migliorare e migliorarsi.
Al prossimo anno, allora!

Effetti speciali
di Laura Bonanni
E malgrado qualche falla nella comunicazione, / fra un suono un po’ ovattato, un microfono offuscato, / una rete disturbante, / tutti abbiamo apprezzato bell’impegno, gran talento / e la voglia di scambiare…, condividere… / e di stare… / È un effetto assai speciale se non smetti di sperare… / Se non smetti di sognare, di rischiare e pur sbagliare. / Un effetto eccezionale che ti invoglia a ben campare, / che ti stimola i neuroni, che ti mette sempre in pista / e ti rende un vero artista.

*Psicologa psicoterapeuta, specialista in analisi transazionale.

 

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Come migliorare l’assistenza dei pazienti con tumori del sangue?

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Superare le sfide dell’assistenza territoriale del paziente oncoematologico, conciliare innovazione e accesso in oncoematologia, migliorare la qualità del tempo di lavoro del medico ematologo, prevedere il supporto psicologico come servizio essenziale per tutti i pazienti con diagnosi di tumore e, infine, aumentare l’accesso alle cure palliative precoci. Sono le cinque proposte per migliorare la presa in carico “globale” del paziente oncoematologico in Italia, elaborate dal progetto Bridge the gap Un momento della conferenza stampa di presentazione del progetto “Bridge the Gap”

Superare le sfide dell’assistenza territoriale del paziente oncoematologico, conciliare innovazione e accesso in oncoematologia, migliorare la qualità del tempo di lavoro del medico ematologo, prevedere il supporto psicologico come servizio essenziale per tutti i pazienti con diagnosi di tumore e, infine, aumentare l’accesso alle cure palliative precoci. Sono le cinque proposte per migliorare la presa in carico “globale” del paziente oncoematologico in Italia, elaborate da Bridge the Gap, progetto ideato da Isheo, società specializzata in ricerca e consulenza nel settore sanitario in collaborazione con La lampada di Aladino, associazione fondata da ex malati di cancro che supporta i pazienti oncologici.

«Per i pazienti, soprattutto quelli con il tumore del sangue, il fattore qualità della vita diventa fondamentale, motivo per il quale occorre colmare le lacune presenti nel percorso di cura. Cito ad esempio quella del supporto psicologico, declinato dalla letteratura scientifica come un bisogno primario, che serve al paziente per vivere meglio la sua condizione, dalla scoperta della malattia e per tutto il resto della vita. Eppure, nonostante la figura dello psicologo sia disponibile nella maggior parte dei reparti di oncologia degli ospedali italiani, nella quasi totalità dei casi sono le associazioni di pazienti o di volontariato a garantirne la presenza, togliendo fondi al proprio budget. E questa cosa a lungo andare diventa insostenibile», ha affermato Davide Petruzzelli, presidente de “La Lampada di Aladino”.

«Ciò che abbiamo in mente sono veri e propri servizi strutturati in ogni centro di ematologia e oncoematologia, che prevedano il coinvolgimento di uno psicologo, psicoterapeuta o psichiatra in grado di condurre valutazioni e fornire consulti adeguati. Il tutto includendo anche i caregiver, come nel caso di pazienti pediatrici. Ma non solo, è necessario prevedere figure specializzate come supporto tecnico-amministrativo nei reparti ospedalieri per ridurre il “burden amministrativo” dei medici. Bisogna porre maggiore attenzione alla figura del farmacista ospedaliero per favorire l’idoneo accesso all’innovazione terapeutica, e al palliativista per le cure palliative precoci, entrambe figure da integrare nella discussione multidisciplinare, che deve necessariamente prendere in maggiore considerazione i servizi di assistenza territoriale per ridurre, laddove possibile, il carico sugli ospedali», ha dichiarato Davide Integlia, general manager ISHEO.

E di figure specializzate ha parlato anche l’ematologo Paolo Sportoletti, Sezione Ematologia Dipartimento Medicina e Chirurgia Università di Perugia: «Il burnout nei medici è spesso legato all’elevato carico complessivo di lavoro, a cui si sommano anche mansioni amministrative. Queste attività sottraggono tempo ed energie alla pratica clinica e all’aggiornamento professionale, essenziali per un’assistenza di qualità. Potenziare le figure di supporto tecnico-amministrativo nei nostri ospedali può contribuire a ridurre il carico, migliorare l’efficienza e salvaguardare il benessere del personale sanitario». (C.C.)

Per maggiori informazioni e approfondimenti: Anita Fiaschetti anitafiaschetti@gmail.com

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