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Ancora lontana una reale inclusione delle persone con disabilità

Superando -

Sono stati assegnati i riconoscimenti per la quarta edizione del Premio Giornalistico Bomprezzi-Capulli, dedicato a Franco Bomprezzi, giornalista e scrittore che fu direttore responsabile di Superando fino alla sua scomparsa e alla giornalista del Tg2 Maria Grazia Capulli. In occasione della cerimonia conclusiva sono stati resi noti anche gli esiti della nuova indagine SWG nel quadro dell’Osservatorio Cittadini e disabilità, da cui è emerso che 7 italiani su 10 pensano che in Italia l’inclusione delle persone con disabilità sia ferma al palo Il murale di Milano dedicato a Franco Bomprezzi (1952-2014), una delle due persone cui è intitolato il premio giornalistico per la comunicazione sociale e che fu direttore responsabile di Superando fino alla sua scomparsa nel 2014

7 italiani su 10 pensano che in Italia l’inclusione delle persone con disabilità sia ferma al palo: e sono sotto accusa sia la cittadinanza che lo Stato. Le politiche governative messe in atto non sono considerate efficaci da metà della popolazione italiana: è quanto emerso dal quarto rapporto dell’Osservatorio Cittadini e disabilità, indagine dell’SWG su come sta cambiando nel tempo la percezione dell’opinione pubblica sulla disabilità, lanciata in occasione del quarto Premio Giornalistico Bomprezzi-Capulli, iniziativa dedicata rispettivamente a Franco Bomprezzi, colui che fu giornalista e scrittore, direttore responsabile del nostro giornale Superando fino alla sua scomparsa nel dicembre del 2014, e a Maria Grazia Capulli, giornalista del Tg2, che fu tra l’altro ideatrice e conduttrice della rubrica Tutto il Bello che c’è. L’evento conclusivo si è tenuto nei giorni scorsi a Roma, con la collaborazione della Fondazione CRC, della Fondazione di Comunità Milano e di CBM Italia.

«A tre anni dal primo Osservatorio – spiegano dall’Associazione Premio Bomprezzi-Capulli – è il tema dell’inclusione quello su cui c’è il giudizio più negativo: la stragrande maggioranza degli italiani, infatti, ritiene che sia lo Stato (71%) che i cittadini (68%) facciano poco o nulla per garantire la partecipazione paritaria delle persone con disabilità. Con un’aggravante rispetto al 2021: cresce lo spostamento dalla voce “fare poco sforzo”” verso la voce “fare nulla” per l’inclusione, segnando così un’accusa severa sia verso le Istituzioni nazionali e locali che verso se stessi. Poco più del 30% degli italiani valutano come positive le politiche del Governo dal suo insediamento con il Ministero per le Disabilità. Attorno alla metà, invece, non ne giudica efficace l’azione. In tal senso, la legislazione, come ad esempio la Legge Delega sulla Disabilità 227/21 e i relativi Decreti Attuativi, e il lavoro svolto non sono stati sufficienti, o abbastanza conosciuti, per far registrare alle norme introdotte dal Ministero un riconoscimento, se non minoritario».

«Dopo tre anni – proseguono dall’Associazione -, continua a confermarsi scarsa l’attenzione sociale verso la disabilità secondo la stragrande maggioranza degli italiani. Fanalini di coda sono i temi della vita indipendente e del “Dopo di Noi”, percepiti come priorità residuali. Le voci dove si registra una crescita dal sondaggio 2021 sono il lavoro, le azioni di sensibilizzazione, i trasporti e le barriere architettoniche. È lo sport in cima alla classifica con un 47% di giudizio positivo, con le Paralimpiadi 2024 come fattore cruciale di conoscenza e rappresentazione delle persone con disabilità. Restano stabili negli anni l’àmbito della scuola con il 43%, poi con il 38% quello dell’assistenza sanitaria e sociale, la tutela giuridica e la riabilitazione. Per l’atteggiamento culturale della società cresce dal 2021 a oggi quello della “sensibilità” e “solidaristico”, ma fanno ancora da contraltare negativo la tendenza al pregiudizio (da 66 a 62) e all’indifferenza (61) e quella alla discriminazione (da 44 a 40), cresce invece l’idea che si risponda alle esigenze della disabilità con impreparazione (da 53 a 56). Un mondo che riguarda oltre il 15% degli italiani, che vede crescere il numero delle famiglie in situazione di povertà con una o più persone con disabilità e che vivono in una condizione di isolamento creata da muri relazionali, istituzionali e di contesto, come confermato da una recente ricerca qualitativa condotta da CBM Italia».

«Dal primo Osservatorio lanciato nel 2021 a oggi – commenta Simone Fanti, vicepresidente del Premio Bomprezzi-Capulli – registriamo una scarsa presa di coscienza della società italiana sui diritti delle persone con disabilità. Nonostante ci siano stati alcuni miglioramenti, sono gli italiani e le italiane a dirci che ci sono ancora tanti diritti negati, una presa di consapevolezza di vivere in una società non inclusiva. Il giudizio di poca incisività ed efficacia delle politiche governative è un segnale per la presidente del Consiglio Meloni: nonostante si siano tenuti l’Expo sulla disabilità e il primo G7 sul tema, l’opinione pubblica non percepisce un impegno significativo. Facciamo quindi un appello per potenziare il Ministero per le Disabilità, e per rendere disponibili nuove risorse per rispondere alle esigenze di chi vive ogni giorno in una condizione di disabilità».

E da ultimi, ma non certo ultimi i premi assegnati quest’anno da una giuria d’eccezione che ancora una volta si è arricchita di firme di primo piano del mondo dell’informazione, tra carta stampata e online, TV, radio nazionali e testate di settore.
Per quanto riguarda il Premio Bomprezzi al primo posto si sono classificati Paola Vecchia e Lorenzo Maria Grighi (Presa Diretta Raitre), al secondo Benedetta Cappelli, Fabio Colagrande e Amedeo Lomonaco (Radio Vaticana) e al terzo ex aequo Simone Matteis (La Stampa) e Pasquale Quaranta (la Repubblica).
A vincere il Premio Capulli è stato invece Salvo Catalano (Tagadà LA7), davanti ad Andrea Martino (TG2 Medicina 33) e a Federica Nannetti (Corriere della Sera Bologna), a pari merito con Romolo Napolitano (TV2000).
Due menzioni speciali attribuite su proposta della giuria sono andate infine a Iacopo Melio (menzione “Antonio Giuseppe Malafarina”, dedicata al compianto presidente onorario di giura, scomparso nel febbraio di quest’anno e già anch’egli direttore responsabile di Superando) e a Fabrizio Minnella di Fondazione CON IL SUD come comunicatore dell’anno.

«Per noi è un orgoglio – ha dichiarato Massimo Maggio, direttore di CBM Italia, in occasione della cerimonia conclusiva – sostenere il Premio Bomprezzi sin dalla nascita di esso, impegnandoci inseime da quattro anni per i diritti delle persone con disabilità, sempre guardando alla nostra guida, che è la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Da qui nasce anche la ricerca sociale che abbiamo condotto sul legame tra disabilità e povertà in Italia, e le cui evidenze confermano il nostro impegno nel sostenere il protagonismo delle persone con disabilità: le famiglie ci hanno confermato che il disagio sociale e culturale è opprimente tanto quanto quello economico, il nostro ruolo è quindi quello di promuovere sempre di più una cultura dell’inclusione. Il Premio Bomprezzi-Capulli è un’importante occasione per farlo».
«Il mondo dell’informazione e i mezzi di comunicazione – ha affermato dal canto suo Mauro Gola, presidente della Fondazione CRC – giocano un ruolo essenziale nella costruzione di una società sempre più inclusiva. Il Premio Bomprezzi-Capulli opera per sostenere e riconoscere il lavoro dei giornalisti impegnati a promuovere una cultura diffusa della disabilità e un’attenzione alle iniziative di inclusione sociale. Ambiti in cui la nostra Fondazione è particolarmente attiva e nei quali investe convintamente».
«La nostra Fondazione – ha concluso Carlo Marchetti, presidente della Fondazione di Comunità Milano – sostiene dal 2018 progetti solidali nell’area milanese e lavora da sempre sulle disabilità. Un faro in questo senso è stato Franco Bomprezzi, grande giornalista che ci ha lasciati il 18 dicembre 2014. A dieci anni dalla sua scomparsa, Milano non lo ha dimenticato. C’è tanta strada ancora da fare, ma la coscienza civica dei cittadini e delle cittadine rispetto all’accessibilità, al linguaggio inclusivo e all’empowerment delle persone con disabilità è cresciuta. Per queste ragioni anche quest’anno abbiamo voluto patrocinare il Premio Bomprezzi-Capulli che valorizza la missione di responsabilità sociale dei giornalisti e delle giornaliste».

Da ricordare, in conclusione, i numerosi media partner del Premio, tra i quali anche Superando ha il piacere di far parte: Avvenire, BenEssere, InVisibili, Il Fatto Quotidiano, la Repubblica Mondo Solidale, Oggi, Radio Capital, Il Gusto-La Stampa, Radio Lombardia, Radio Popolare, RaiNews24, Tg2 e Vita Non Profit. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: segreteria@premiobomprezzi.it.

L’inclusione scolastica attraverso lo sport: una sfida possibile

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L’inclusione – e nello specifico l’inclusione scolastica – non è solo un traguardo da raggiungere, ma un processo continuo che richiede impegno, visione e collaborazione. E lo sport, con il suo potenziale di unire le persone, è un alleato fondamentale in questo percorso. Su questa linea si muove un progetto lanciato dalla Fondazione Decathlon, che mira appunto a integrare lo sport inclusivo nel percorso formativo delle scuole italiane, coinvolgendo docenti e studenti/studentesse

L’inclusione scolastica degli studenti e delle studentesse con disabilità è una delle sfide più importanti per il sistema educativo contemporaneo. Creare ambienti di apprendimento dove ognuno possa esprimere il proprio potenziale è un obiettivo fondamentale.
Lo sport, con il suo linguaggio universale e il suo potere trasformativo, rappresenta uno strumento efficace per abbattere le barriere, promuovere il rispetto delle diversità e incentivare la partecipazione attiva di tutti. In questo contesto, la Fondazione Decathlon ha lanciato un progetto innovativo per integrare lo sport inclusivo nel percorso formativo delle scuole italiane, coinvolgendo docenti e studenti in un’esperienza educativa e sociale unica.

Formazione dei docenti: lo sport come veicolo di inclusione
Entro breve, dunque, la Fondazione Decathlon, in collaborazione con La Fabbrica Società Benefit e con il supporto di esperti del settore, metterà a disposizione due corsi di formazione gratuiti per i docenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Come dichiarato nel comunicato stampa diffuso per l’occasione, i corsi sono «indicizzati sulla piattaforma ministeriale S.O.F.I.A. (Sistema Operativo per la Formazione e le Iniziative di Aggiornamento del personale della scuola) e rilasceranno un attestato ai sensi della Direttiva Ministeriale 170/16, valido per l’inserimento nel portfolio professionale del docente».
Attraverso un approccio multidisciplinare che coinvolge atleti paralimpici, medici e dirigenti scolastici, i corsi offriranno strumenti concreti per promuovere la partecipazione attiva degli studenti con disabilità. Un’iniziativa, quindi, che rappresenta un passo decisivo per superare stereotipi e pregiudizi ancora diffusi nell’ambiente scolastico, dove l’attività fisica non sempre è inclusiva per tutti.

I percorsi formativi: AUTLAB e Training Ability
Il primo corso, AUTLAB, sviluppato in collaborazione con la Fondazione Renato Piatti, è dedicato agli studenti nello spettro autistico e include sei moduli arricchiti da un settimo, finanziato dalla Fondazione Decathlon e focalizzato sullo sport. Questo modulo aggiuntivo intende fornire ai docenti le competenze per creare ambienti inclusivi, sia in classe sia in palestra.
Il secondo percorso, TRAINING ABILITY, introduce un concetto di multi-abilità che considera le diversità fisiche, sociali e culturali di tutti gli studenti. Con cinque moduli tematici, il corso propone attività motorie inclusive replicabili in classe e ispirate dalle esperienze di atleti paralimpici e professionisti.
L’obiettivo è chiaro: «Affrontare il tema della multi-abilità nel contesto scolastico» e offrire pari opportunità a tutti gli studenti e le studentesse.

Lo sport come diritto universale
«L’attività motoria e sportiva è un diritto fondamentale per tutti i bambini e le bambine, indipendentemente dalle loro abilità», sottolinea Stefania Sacchi, che dirige la Fondazione Decathlon Italia. Attraverso questo progetto, dunque, Decathlon intende abbattere le barriere che ancora oggi limitano l’accesso al gioco e allo sport per molti studenti.
Gli esperti coinvolti, tra cui atleti paralimpici e medici, condividono esperienze e pratiche di successo per ispirare i docenti a creare attività accessibili e coinvolgenti.
L’obiettivo è ambizioso, ma necessario: garantire che nessuno sia escluso dalla partecipazione attiva, favorendo la creazione di una comunità scolastica accogliente e solidale.

L’impegno per un futuro più inclusivo
Con oltre 150 progetti attivati in Italia, la Fondazione Decathlon è una realtà consolidata nel promuovere sport e inclusione sociale. «Questo ambizioso progetto – sottolinea ancora Sacchi – consolida il nostro impegno nel sostenere l’integrazione e la valorizzazione delle diversità».
L’investimento nella formazione dei docenti, infatti, non solo migliora l’inclusività delle scuole, ma contribuisce anche a formare cittadini consapevoli e rispettosi delle diversità. Grazie al coinvolgimento attivo di tutte le parti interessate, questo progetto rappresenta un modello virtuoso per costruire una società più equa, dove lo sport è accessibile a tutti e dove ogni studente può sentirsi parte di una squadra.
Si tratta di un’iniziativa che dimostra come l’inclusione non sia solo un traguardo da raggiungere, ma un processo continuo che richiede impegno, visione e collaborazione. E lo sport, con il suo potenziale di unire le persone, è un alleato fondamentale in questo percorso.

Raccontare i Musei dell’Università di Padova all’insegna dell’accessibilità

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Il Centro di Ateneo per i Musei dell’Università di Padova ha lavorato quest’anno al progetto More Than Words – Raccontare i Musei di Ateneo in Comunicazione Aumentativa Alternativa, allo scopo di promuovere l’accessibilità di tali strutture, e i risultati ottenuti verranno degnamente festeggiati il 9 dicembre, nel corso di un evento che avrà per protagonisti proprio i cosiddetti “pubblici fragili” Uno scorcio della Sala dei Giganti dell’Università di Padova

Il CAM (Centro di Ateneo per i Musei) dell’Università di Padova ha lavorato quest’anno al progetto denominato More Than Words – Raccontare i Musei di Ateneo in Comunicazione Aumentativa Alternativa, finanziato nell’ambito dei progetti di Terza Missione dell’Ateneo.
«L’iniziativa – spiegano i promotori – ha promosso l’accessibilità dei Musei universitari per le persone con disabilità, con particolare riferimento a quelle con disabilità cognitive e/o disturbi dello spettro autistico».

Ad accompagnare il personale universitario in questo percorso sono stati i Talents, protagonisti del processo di co-progettazione e co-realizzazione dei nuovi percorsi e dei supporti destinati alla visita di persone con disabilità cognitiva.
«Durante questo viaggio – proseguono dal CAM -, abbiamo potuto sperimentare come una modalità comunicativa nuova, ampliata e alternativa abbia migliorato le opportunità di comprendere e di godere del patrimonio anche da parte di soggetti con disabilità visive e bambini in età prescolare, stranieri e nuovi cittadini con limitate competenze linguistiche, anziani in declino cognitivo o con demenza senile o persone con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento)».
Il progetto si è quindi esteso , andando a incontrare esigenze di pubblici molto diversi, proponendo strumenti e attività che potessero rispondere a tali esigenze, ciascuna nella sua specificità e ancora tutte assieme, per poter sperimentare la più estesa inclusione.

Nel pomeriggio del 9 dicembre, nella Sala dei Giganti e al Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte di Padova (14.30-18), verranno degnamente festeggiati i risultati ottenuti, tramite una giornata di attività con postazioni interattive, workshop e incontri dialogici, che inviteranno a scoprire le iniziative di accessibilità portate avanti dal CAM. «E protagonisti dell’evento – viene spiegato – saranno proprio quei pubblici spesso definiti “fragili”, ma in realtà i veri “Giganti”, compagni di viaggio e guide straordinarie nel cammino dell’accessibilità percorso in questi mesi dai Musei dell’Università di Padova. Attraverso l’esperienza diretta delle strategie messe in campo e dei facilitatori prodotti, i partecipanti all’evento potranno quindi acquisire nuove competenze sui temi dell’accessibilità e della partecipazione sociale e individuare soluzioni a basso costo facilmente replicabili in diversi contesti». (S.B.)

L’accesso all’evento del 9 dicembre sarà libero, con prenotazione richiesta solo per le attività al Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte (tutte le notizie sono disponibili a questo link). Per altre informazioni: centromusei@unipd.it.

Essere parte del mondo senza sentirsi in un “mondo a parte”

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«Il “pianeta disabilità” – scrive Paolo De Luca – deve essere protagonista, le persone con disabilità e le loro famiglie devono “far parte del mondo” senza sentirsi in “un mondo a parte”, perché la lotta per la piena e completa realizzazione dei diritti umani di tutte loro costituisce una parte inalienabile, integrale e indivisibile di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali»

Sogni e bisogni, non arrendersi mai, diritti, accessibilità, un altro mondo è possibile: quante volte abbiamo citato, ripetuto queste parole e qualcuno penserà, a ragione, “da troppo tempo”, fino a sembrare quasi luoghi comuni, cose alle quali si è affettivamente legati, percepite però come slegate dalla quotidianità.
Troppe cose vanno per il verso sbagliato, ma tantissime altre ci danno il senso della speranza attiva, delle cose concrete nella società, non solo in questa piccola parte del mondo dove viviamo, un mondo che purtroppo ha in sé guerre, fame, devastazione e insensatezza al quale non dobbiamo abituarci, rassegnarci.

Il “pianeta disabilità” non è fuori da questo universo, anzi deve essere protagonista, le persone con disabilità e le loro famiglie devono “far parte del mondo” senza sentirsi in “un mondo a parte”, senza guerre fra udenti e sordi – per restare nel tema della sordità – senza discriminazioni, abilismo e senza sordità da parte della politica (nell’accezione larga del significato di polis), che si muove fra dimenticanze, compassione e talk, senza mettere le mani in pasta per andare oltre il sensazionalismo e la contraffazione che passa anche a tonnellate di pensierini che toccano le corde del cuore dentro i sacchi della posta natalizia.

La lotta per la piena e completa realizzazione dei diritti umani di tutte le persone con disabilità costituisce una parte inalienabile, integrale e indivisibile di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.

*Presidente dell’APIC (Associazione Portatori Impianto Cocleare).

Il Natale secondo I Buffoni di Corte

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Il 9 dicembre l’Associazione dei Buffoni di Corte, attiva da quasi vent’anni a Torino, organizzerà una serata accessibile a tutti e tutte per celebrare il Natale all’insegna di una “Comunità culturale senza etichette” Componenti dell’Associazione torinese I Buffoni di Corte

Sarà una serata accessibile a tutti e a tutte per celebrare il Natale in arrivo, all’insegna di una “comunità culturale senza etichette”: il 9 dicembre, a partire dalle 19.30, presso il MILK Torino, si terrà l’evento Show Love by Dancing, promosso da I Buffoni di Corte, associazione attiva da quasi vent’anni sul territorio, per rispondere alle esigenze educative, formative e artistiche di giovani, adolescenti e persone con disabilità.
Per l’occasione I Buffoni di Corte si riuniranno insieme ad associati, famiglie, volontari e amici, unitamente a personalità di spicco del panorama torinese, tra le quali autorità e imprenditori. Obiettivo: condividere uno spazio senza etichette, nel quale ognuno ha il diritto di sentirsi libero, rappresentato e incluso.

«I Buffoni sono un luogo di incontro tra arti, intese come strumento di formazione, integrazione sociale e partecipazione tra gli individui – spiega Luca Nicolino, presidente dell’Associazione -, uno spazio dedicato alle persone in quanto tali, indipendentemente dalle loro caratteristiche distintive e dal backgroud».  Le attività e i laboratori proposti ogni giorno- coinvolgono infatti 150 famiglie di persone con disabilità e circa 80 adolescenti e giovani tra i quali numerosi volontari/e, scout, persone che svolgono lavori di pubblica utilità, servizio civilisti, tirocinanti dell’università e di scuole secondarie di secondo grado».

L’evento di Natale al Milk, che lo scorso anno ha visto la partecipazione di circa 400 persone, è anche finalizzata ad una raccolta fondi: attualmente I Buffoni di Corte sono concentrati sul completamento della ristrutturazione dell’ex sede della Scuola Materna Centro Europa di Via Rubino, 82 a Torino, dove presto sorgerà La Corte, nuova sede operativa dell’Associazione. (C.C.)

Per maggiori informazioni: Associazione I Buffoni di Corte (info@ibuffonidicorte.it).

“Più di mille parole”: una mostra fotografica a Milano dall’archivio del Pio Istituto dei Sordi

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La mostra fotografica Più di mille parole. Dialogo tra Gianni Moretti e l’Archivio fotografico del Pio Istituto dei Sordi, inaugurata a Milano il 5 dicembre e aperta fino al 12 gennaio 2025, racconta la storia dell’Istituto, attraverso il linguaggio dell’arte e le nuove tecnologie, fondendo analogico e digitale Immagine a corredo della locandina della mostra

Ogni immagine esposta racchiude in sé più di mille parole: quelle che spesso non riusciamo a condividere con le persone che hanno fatto parte del nostro percorso di crescita. Stiamo parlando della mostra Più di mille parole. Dialogo tra Gianni Moretti e l’Archivio fotografico del Pio Istituto dei Sordi, inaugurata ieri, presso la Casa della Memoria di Milano.

In occasione del 170° anniversario dalla sua fondazione, il Pio Istituto dei Sordi di Milano, in collaborazione con il Comune del capoluogo lombardo, all’interno della nona edizione di Cantierememoria 2024-2025 – Pace è libertà, con il patrocinio dell’ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana) e l’ulteriore contributo della Fondazione di Comunità Milano, ha presentato l’esposizione di cui si è detto, aperta ad accesso libero fino al 12 gennaio del nuovo anno.

Inaugurata alla presenza tra gli altri dell’assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi, della dirigente dell’Unità Progetti Speciali e Fabbrica del Vapore Maria Fratelli, e del presidente del Pio Istituto dei Sordi Marco Petrillo,  la mostra racconta la storia dell’istituzione, assumendo, per la prima volta, un punto di osservazione il più possibile “ad altezza studente”, attraverso il linguaggio dell’arte e le nuove tecnologie, fondendo analogico e digitale.
Affidandosi infatti alle immagini e ai racconti di ex allievi, che prendono vita grazie alla realtà aumentata, l’esposizione guarda all’esperienza scolastica come ad uno spazio delle relazioni con l’altro e della crescita personale. «Ne nasce – sottolineano dal Pio Istituto dei Sordi – un percorso che riprende un pezzo di storia poco nota che però appartiene a tutte e tutti: quella di bambine e bambini sordi cresciuti al Pio Istituto dei Sordi di Milano. Gli scatti in bianco e nero, conservati nel nostro archivio fotografico, diventano la base per raccontare il lungo percorso d’inclusione delle diversità nel nostro Paese e, a un tempo, il materiale che l’artista Gianni Moretti utilizza e trasforma nella sua installazione volta a farci comprendere perché questa storia è anche la nostra storia. Partendo dunque da questa riflessione, l’intervento artistico è volto a indagare proprio la relazione con l’altro, creando un tappeto di immagini su cui muovere passi leggeri, togliendosi le scarpe e andando alla scoperta di quei frammenti di vita racchiusi negli album dell’Archivio».
Su questo “tappeto”, dove si intrecciano storie raccontate attraverso contenuti multimediali accessibili tramite la app ideata, progettata e realizzata dalla Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti, con le docenti Silvia Marcante e Sara Meroni di Rataplan, sono depositate milleuna tessere in metallo che riportano la scritta “a te” preceduta da uno spazio vuoto. Al visitatore la facoltà di riempire quello spazio attraverso un gesto che vale “più di mille parole”, raccogliendo una tessera, a patto di donarla a qualcuno che è stato o è importante per la sua vita. (C.C.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Francesca Di Meo progetti@pioistitutodeisordi.org.

Progettare in modo inclusivo nella cooperazione internazionale

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In occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani del 10 dicembre, vi sarà l’evento Manuale sul Marker Disabilità: strumento di progettazione inclusiva, presso la sede dell’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo) Immagine tratta dalla pagina Facebook della Federazione delle Organizzazioni per la Disabilità del Ghana

In occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani del prossimo 10 dicembre, vi sarà l’evento di lancio del Manuale sul Marker Disabilità: strumento di progettazione inclusiva, presso la sede romana dell’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo).
Il “Marker Disabilità”, strumento inserito nel sistema informativo dell’AICS, consente di raccogliere e analizzare i dati relativi sia ai progetti interamente dedicati alla disabilità (100% del finanziamento) che ai progetti mainstreamed con percentuali di finanziamento inferiori. L’inclusione e l’empowerment delle persone con disabilità sono una parte essenziale dell’impegno globale di “non lasciare nessuno indietro” e delle attività di cooperazione allo sviluppo e di emergenza a sostegno dell’Agenda ONU 2030.

L’evento si svolgerà dalle 9.30 alle 13, in formato ibrido, consentendo la partecipazione sia in presenza che da remoto.
Dopo i saluti introduttivi di Marco Riccardo Rusconi (direttore dell’AICS) e di Elena Centemero (CIDU-Comitato Interministeriale per i Diritti Umani), interverranno Leonardo Carmenati (vicedirettore tecnico dell’AICS), Riccardo Sirri (EducAid), Elena De Palma (WG/ISTAT), Chiara Anselmo (CBM), Francesca Ortali (AIFO), Giampiero Griffo (RIDS-Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), Marta Collu e Livia Canepa (AICS), Maura Viezzoli (CISP-Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli), Arianna Taddei (Università di Macerata). Le conclusioni saranno affidate a Leonardo Carmenati.

Le registrazioni per la partecipazione in presenza sono aperte fino ad esaurimento dei posti disponibili e sarà data priorità agli ospiti esterni; mentre la partecipazione da remoto sarà comunque possibile previa registrazione (effettuabile tramite questo link. In fase di registrazione è richiesta la compilazione di un formulario in cui indicare eventuali esigenze, al fine di garantire la partecipazione e l’accessibilità all’evento per tutti e tutte). (C.C.)

Per ulteriori informazioni: Francesca Trisciuzzi (francesca.trisciuzzi@aics.gov.it).

L’orientamento teologico e pastorale sulla disabilità e le persone laiche

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«Credo che anche per le persone laiche – scrive tra l’altro Salvatore Nocera – il cambiamento di orientamento teologico e pastorale ecclesiale in atto nei confronti delle persone con disabilità possa essere visto come un cambiamento culturale e sociale e che quindi, anche per loro, debba essere considerato, sociologicamente, come un passo avanti nella crescita di consapevolezza della sempre maggiore dignità umana delle stesse persone con disabilità» Justin Glyn, autore di “’Us’ not ‘Them’. Disability and Catholic Theology and Social Teaching” (“’Noi’, non ‘loro’. Disabilità, teologia e dottrina sociale cattolica”)

Ho letto con molto interesse in Superando il più recente contributo di riflessione proposto da Angelo Fasani, intitolato L’identica umanità di tutti richiede l’inclusione di tutti, relativo ad un commento alla teoria teologica del professor Justin Glyn su come le persone con disabilità, pur con le loro minorazioni, debbano considerarsi comprese anch’esse nell’affermazione del Creatore, contenuta nella Bibbia, «facciamo l’uomo a nostra immagine».
Glyn, approfondendo un filone teologico avviatosi durante il genocidio nazista nei confronti degli Ebrei, sviluppa la tesi affascinante che le persone con disabilità si identifichino con Gesù crocifisso, figlio di Dio e quindi rientrino nell’affermazione di Dio nella Creazione, sopra riportata.

In un mio articolo precedente e già nel volume A Sua immagine? Figli di Dio con disabilità, curato da Alberto Fontana e Giovanni Merlo (ripresa in italiano di “Us” not “Them”. Disability and Catholic Theology and Social Teaching, “Noi’, non ‘loro’. Disabilità, teologia e dottrina sociale cattolica” di Justin Glyn), mi ero permesso di intervenire sostenendo che teologicamente era ancor meglio completare tale identificazione anche in Gesù risorto. Infatti, purtroppo, nella Pastorale dei secoli scorsi, sino al Concilio Ecumenico Vaticano II, l’identificazione delle persone emarginate come quelle con disabilità con Gesù crocifisso aveva significato un’educazione religiosa di queste all’accettazione delle sofferenze fisiche e psicologiche che si incontrano a causa delle proprie minorazioni. Anzi, talvolta tale educazione religiosa era giunta alla sublimazione di esse, con l’invito ad accettare tali sofferenze, perché, tramite queste, le persone con disabilità avrebbero contribuito alla redenzione del mondo operata dalle sofferenze del Crocifisso.
A mio sommesso avviso, questa forma di catechesi, fino a quando è stata operata, istillava nelle persone con disabilità un’accettazione passiva delle sofferenze e non portava ad un’accettazione attiva; cioè portava tali persone a sentirsi come “soggetti passivi” nella Chiesa e nella società civile, soddisfatti del loro stato, destinatari di pietismo caritatevole; il Concilio Vaticano II, invece, ha dato delle persone emarginate, comprese quelle con disabilità, una visione attiva nella Chiesa e nella comunità civile, invitandole a divenire soggetti attivi, ciascuno secondo le proprie potenzialità, sviluppate dalla riabilitazione, dall’istruzione e, ove possibile, dal lavoro.
Conseguentemente, l’educazione pastorale e sociale delle persone senza disabilità è stata orientata all’impegno per collaborare all’inclusione delle persone con disabilità, come persone attive nelle comunità ecclesiali e nella società civile, collaborando, come volontari e professionisti, al raggiungimento di tale fine.
Quanto detto è potuto avvenire, ritengo, in forza di una più attenta rilettura del famoso brano del Vangelo di Matteo relativo al giudizio finale (Matteo, 25, 31-46), passo in cui Gesù risorto dice che quanto viene fatto «ai più piccoli» dei suoi fratelli è stato fatto a lui. Qui c’è un’identificazione piena delle persone emarginate, come pure quelle con disabilità, a Gesù risorto, addirittura, secondo la narrazione evangelica, come “giudice glorioso”.

Ovviamente quanto mi sono permesso di dire vale per i cristiani credenti in Gesù figlio di Dio. Però anche per i laici questo cambiamento di orientamento teologico e pastorale ecclesiale può essere visto come un cambiamento culturale e sociale e quindi, anche per loro, dev’essere considerato, sociologicamente, come un passo avanti nella crescita di consapevolezza della sempre maggiore dignità umana delle persone con disabilità.
Certo, come osserva Angelo Fasani, ancora nella prassi questi orientamenti fanno fatica a realizzarsi, anche, a mio avviso, per il peso che secoli di quella pastorale e cultura religiosa grava ancora sulla mentalità comune. Penso però che con questi approfondimenti teologici e culturali anche le prassi pastorali stiano lentamente mutando, come sta avvenendo con maggiore rapidità nella società civile.

La resilienza di “Graz”, una pioniera dell’inclusione

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Parlare di impegno civile e diritti delle persone con disabilità in Trentino significa evocare il ricordo di Graziella Anesi. Oggi, la vita e le battaglie della fondatrice della Cooperativa HandiCREA, scomparsa all’inizio del 2023, diventano un libro (Graz. Ritratto a più voci di Graziella Anesi), scritto a più mani da familiari, colleghi e amici, con il coordinamento del giornalista Paolo Ghezzi Graziella Anesi

Parlare di impegno civile e diritti delle persone con disabilità in Trentino significa evocare il ricordo di Graziella Anesi. Oggi, la vita e le battaglie della fondatrice della Cooperativa HandiCREA – scomparsa il 24 gennaio 2023 – diventano un libro. A scriverlo sono i familiari, i colleghi e gli amici, coordinati dal giornalista Paolo Ghezzi.
L’opera si intitola Graz. Ritratto a più voci di Graziella Anesi (Erickson, 2024) e fissa su carta una novantina di incontri e memorie che testimoniano la straordinaria dinamicità della protagonista.

Nata sull’Altopiano di Pinè con sette fratture e l’osteogenesi imperfetta, Graziella era una “popina che si rompeva”, una “bambina di cristallo”, diremmo oggi. Fragile fuori, ma tenace dentro. «Nostro padre – racconta il fratello Sergio – chiese un prestito per farla visitare dai migliori specialisti a Bologna». Lì, le prelevarono un frammento di costola da analizzare a Leningrado, allora centro di riferimento mondiale per la sua malattia. Alla bambina vennero dati tre anni di vita. «Ma Graziella di anni ne ha vissuti sessantasette. E l’Unione Sovietica l’ha vista cadere».
Ghezzi, invece, ricorda di quando, giovane cronista, venne mandato a coprire i “picchetti” contro le barriere architettoniche di Natale Marzari a Trento. «Erano gli Anni Ottanta» e lui prendeva letteralmente a martellate i gradini delle poste per segnalare l’impossibilità di accedervi per chi era in carrozzina. «Graziella condivideva quelle rivendicazioni nello spirito, ma nei metodi scelse sempre la strada del dialogo e della diplomazia». Fu così che fondò la Cooperativa HandiCREA in Via San Martino a Trento, «a sua immagine e somiglianza». L’idea era quella di dar vita a un soggetto che potesse mediare tra i bisogni delle persone con disabilità e i servizi distribuiti sul territorio.
Nel tempo, la Cooperativa si è trasformata in un luogo di raccolta e scambio di informazioni utili su sport, cultura e turismo accessibile, nonché sulla mobilità. Graziella Anesi in questo era una pioniera. Prendeva la corriera da Pinè a Trento e ritorno, rendendo manifesto il diritto – e le difficoltà – nell’uso dei trasporti pubblici delle persone in carrozzina.
«Colpivano il suo sguardo, il sorriso luminoso, l’ottimismo». La capacità di cogliere e accogliere. Proverbiale, e ricorrente nelle testimonianze, l’invito a bere insieme un «caffettuccio». Per lei anche il sesto o settimo della giornata. «Un piccolo piacere della vita, ma soprattutto un modo per esprimere il suo grande senso dell’ospitalità, la voglia di lavorare in squadra e di stare con gli altri, sapendo ascoltarli e incoraggiarli».
Un’altra sua passione era la musica, in particolare quella di Roberto Vecchioni. «Graziella l’aveva conosciuto durante un concerto in Trentino e quando gli ho scritto se voleva inviarci un pensiero per il libro, ha risposto nel giro di ventiquattr’ore con questa massima: qualunque sia il dolore, più forte è la luce dell’anima».

Oltre alla Graziella pubblica, presidente di HandiCREA, conferenziera, attivista e assessora alle Politiche Sociali, alle Pari Opportunità e all’Istruzione del Comune di Baselga di Piné, nel volume c’è la Graziella privata, sorella, amica – come ricorda nella prefazione l’artista Clara Lunardelli – e zia. Sono tanti gli aneddoti proposti dai nipoti Cecilia, Francesco e Matteo. «La zia si apriva al mondo con curiosità infinita, forte impegno e testarda spontaneità. Ci diceva: non ho tempo di scrivere un libro sulla mia vita, sono troppo impegnata a viverla». Ecco «speriamo che il libro scritto dai tanti che le hanno voluto bene possa essere fonte di ispirazione per le battaglie a lei care, per una comunità più giusta, equilibrata e inclusiva».
Un primo passo in quella direzione è la devoluzione dei ricavati delle vendite alla Cooperativa HandiCREA. E l’intitolazione a Graziella Anesi del “Tavolo Città di Trento per l’inclusione delle persone con disabilità”.

Il presente contributo è già apparso in «Corriere del Trentino» e viene qui ripreso, con diverso titolo e con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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