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In Lombardia un Intergruppo Consiliare per rendere concreta la vita indipendente

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In occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, la consigliera della Regione Lombardia Lisa Noja ha presentato il nuovo Intergruppo Consiliare Non autosufficienza e vita indipendente delle persone con disabilità, voluto in primis dalla stessa Noja, che ha raccolto l’adesione convinta di oltre venti esponenti di maggioranza e opposizione. Un’iniziativa che punta a rendere concreto, sul piano dei diritti delle persone con disabilità, tutto ciò che a livello di norme già esiste I Consiglieri partecipanti alla presentazione dell’Intergruppo del Consiglio Regionale della Lombardia “Non autosufficienza e vita indipendente delle persone con disabilità”

In occasione della recente Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, la consigliera della Regione Lombardia Lisa Noja ha presentato il nuovo Intergruppo Consiliare denominato Non autosufficienza e vita indipendente delle persone con disabilità, voluto fortemente dalla stessa Noja e dagli altri consiglieri Marco Bestetti, Claudia Carzeri, Davide Casati e Gigliola Spelzini, iniziativa che ha raccolto l’adesione convinta di oltre venti esponenti di maggioranza e opposizione.
«Sono davvero felice – ha dichiarato per l’occasione Lisa Noja -, di presentare questa novità con tante colleghe e colleghi. L’Intergruppo è frutto di un’alleanza di consigliere e consiglieri che hanno messo da parte differenze e divisioni politiche e che vogliono lavorare in maniera concreta ed efficace. Lo scopo è chiaro: confrontarsi, dialogare con le Associazioni protagoniste del settore e arrivare a tutte le iniziative necessarie per promuovere il sostegno alla non autosufficienza e per realizzare finalmente il diritto delle persone con disabilità alla vita indipendente».

«Questo diritto – ha aggiunto la Consigliera Regionale – è espressamente riconosciuto dalla Legge 25/22 della Regione Lombardia (Politiche di welfare sociale regionale per il riconoscimento del diritto alla vita indipendente e all’inclusione sociale di tutte le persone con disabilità) e dalla Legge Delega Nazionale in materia di disabilità 227/21 ed è sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Tutte le persone con disabilità hanno diritto infatti di realizzare il loro progetto di vita indipendente, scegliere dove e con chi vivere, di concretizzare le proprie aspirazioni e le proprie relazioni affettive. Devono essere protagoniste della loro quotidianità, non essere considerate semplici oggetti passivi, bisognosi solo di cure e assistenza. L’Intergruppo vuole lavorare per questo scopo e lo presentiamo non a caso in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, assumendoci un impegno concreto e a lungo termine».

«Ho fatto parte di un Intergruppo analogo alla Camera – ha concluso Noja, già deputata nella precedente Legislatura – ed è stata un’esperienza arricchente e nobile, che voglio riproporre ora qui in Consiglio. Nei mesi scorsi si è parlato di non autosufficienza e di persone con disabilità quasi solo in relazione ai fondi e al taglio degli assegni per i caregiver. La questione delle risorse è essenziale e noi continueremo a impegnarci su questo. Il mio intento, però, è superare le polemiche e promuovere un impegno comune per proporre soluzioni concrete. Partendo anche dalla mia quotidianità, dal momento che credo di poter parlare con cognizione di causa, daremo il meglio per portare a compimento tutto quello che a livello di norme esiste già». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Flora Casalinuovo (flora.casalinuovo@mateagency.it).

Una giornata speciale tutta dedicata alla consapevolezza sul Parkinson

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Quella del 12 dicembre a Milano sarà una giornata speciale per vivere un’esperienza unica dedicata alla consapevolezza sulla malattia di Parkinson, il tutto articolato su tre diversi eventi a ingresso gratuito su prenotazione, promossi dalla Fondazione Prada e dalla Confederazione Parkinson Italia, per due dei quali vi sono ancora posti disponibili Una delle belle foto di Giovanni Diffidenti che compongono la mostra “NonChiamatemiMorbo”, promossa dalla Confederazione Parkinson Italia

Una giornata speciale per vivere un’esperienza unica dedicata alla consapevolezza sulla malattia di Parkinson: è quella che si prospetta per il 12 dicembre a Milano, promossa dalla Fondazione Prada e dalla Confederazione Parkinson Italia, articolata su tre diversi eventi ad ingresso gratuito su prenotazione, per due dei quali vi sono ancora posti disponibili.
Se infatti è già tutto esaurito per l’Esperienza di visita in Fondazione Prada con Z.E.A. (Zone di Esplorazione Artistica), vi sono ancora disponibilità per la visita guidata alla mostra scientifica Preserving the Brain: a Call to Action (letteralmente “Preservare il cervello: un invito all’azione”), riservata alle persone con Parkinson e ai loro caregiver, e condotta da giovani ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele, con una breve introduzione della Fondazione Prada e della Confederazione Parkinson Italia sul progetto (primo turno, ore 14.45; secondo turno, ore 15.45, per prenotarsi accedere a questo link).
Per l’occasione, gli esperti scientifici accompagneranno i visitatori attraverso le otto sezioni della mostra, incentrata sulla prevenzione primaria delle principali malattie neurodegenerative.

Nel secondo pomeriggio, poi, al Cinema Godard (ore 17-20; per prenotarsi accedere a questo link), l’evento speciale denominato Il Parkinson, una malattia che è 100 malattie, durante il quale si parlerà di resistenza, speranza e ricerca sulla malattia di Parkinson.
L’evento sarà aperto dal reading Storie di Resistenza al Parkinson, interpretato dall’attore Claudio Beccari, accompagnato dalle immagini evocative del fotogiornalista Giovanni Diffidenti e dalle voci degli attori Lella Costa e Claudio Bisio.
Seguirà una tavola rotonda, per affrontare i tanti aspetti legati alla lotta contro il Parkinson: dalla prevenzione alla diagnosi precoce, dai modelli di cura integrati alle terapie farmacologiche, fino al supporto psicologico e ai trattamenti riabilitativi. Né mancheranno approfondimenti sulle terapie per il Parkinson avanzato, sull’approccio precoce alle cure palliative e sulle ultime novità in àmbito di ricerca e sperimentazione. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: segreteria@parkinson-italia.it.

La disabilità in Umbria: dalla definizione delle priorità alla realizzazione degli interventi

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Dopo l’ottimo esito del primo appuntamento in maggio a Terni, il percorso degli Stati Generali Disabilità in Umbria vivrà il proprio momento conclusivo l’11 dicembre a Perugia, con l’evento promosso a livello nazionale dalla FISH e organizzato dalla FISH Umbria, denominato Dalla definizione delle priorità alla realizzazione degli interventi, il cui principale obiettivo è rendere praticabili le priorità definite nel precedente incontro Palazzo Cesaroni a Perugia, sede dell’Assemblea Legislativa dell’Umbria, dove si terranno gli “Stati Generali Disabilità in Umbria”

Dopo l’ottimo esito del primo appuntamento in maggio a Terni, di cui abbiamo riferito anche sulle nostre pagine, il percorso degli Stati Generali Disabilità in Umbria vivrà il proprio momento conclusivo l’11 dicembre, con l’evento denominato Dalla definizione delle priorità alla realizzazione degli interventi, in programma a Perugia (Sala Cesaroni di Palazzo Cesaroni, sede dell’Assemblea Legislativa dell’Umbria, ore 9.15).

Promosso a livello nazionale dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) a livello nazionale e organizzato dalla FISH Umbria, con il sostegno e il patrocinio dell’Università di Perugia e del CESVOL Umbria (Centro Servizi per il Volontariato), nonché con il patrocinio dell’ANCI Umbria (Associazione Nazionale Comuni Italiani), dell’Ufficio Scolastico Regionale, dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, delle USL Umbria 1 e Umbria 2, della Provincia e del Comune di Perugia, di AIDP Inclusion e di AIDP Umbria, l’incontro si configura come un’importante occasione di confronto tra Istituzioni, esperti, operatori del settore e rappresentanti della società civile.
«Questo appuntamento conclusivo degli Stati Generali Disabilità in Umbria – sottolineano dalla FISH Umbria – vuole consolidare un percorso partecipativo e strutturato che coinvolga attori chiave nella nostra Regione, ossia associazioni, enti pubblici, imprese e professionisti. L’obiettivo fondamentale è quello di rendere praticabili le priorità definite nel primo incontro del maggio scorso a Terni, attraverso l’adozione di strategie condivise e azioni concrete e in linea con il Piano d’Azione dell’Osservatorio Regionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità».

La giornata si articolerà nei seguenti sei panel tematici:
1. Praticare la partecipazione: i tavoli per le politiche sulla disabilità come laboratori di project design.
2. L’adozione del PDTA+R+S a garanzia di interventi e prestazioni appropriate.
3. Le condizioni per agire il cambiamento e rendere praticabile il progetto di vita.
4. Accessibilità e mobilità: pianificare per trasformare prescrizioni in opportunità di inclusione.
5. L’accordo di programma per garantire l’inclusione scolastica.
6. Dalla formazione al lavoro, come garantire un processo in grado di accrescere capacità di essere inclusi e di includere.

«In sostanza – proseguono dalla FISH Umbria – il focus della giornata sarà rivolto alle soluzioni da condividere per trasformare scelte prioritarie in azioni praticabili: dalla salute alla vita indipendente, dall’accessibilità all’inclusione scolastica e lavorativa, ogni tema sarà analizzato con un approccio concreto e operativo. Questo appuntamento rappresenta anche un’occasione unica per rafforzare il coinvolgimento delle comunità locali e dei diversi portatori d’interesse (stakeholder), con l’obiettivo di costruire un sistema di politiche e di interventi inclusivi anche come processo programmazione e di progettazione partecipata».

«L’impegno condiviso – concludono dalla Federazione – è essenziale per garantire che i diritti delle persone con disabilità si traducano in azioni tangibili e a tal proposito gli Stati Generali vogliono essere l’avvio di un laboratorio di progettazione e innovazione sociale, in grado di generare cambiamenti concreti a beneficio delle oltre 60.000 persone con disabilità che vivono in Umbria». (S.B.)

A questo link è disponibile il programma completo dell’evento i cui lavori potranno essere seguiti tramite il canale YouTube della FISH Umbria (a questo link). Per ulteriori informazioni fishumbria@gmail.com.

La neurostimolazione applicata alle malattie rare

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Vi è un innovativo dispositivo medico svedese a marchio CE, utilizzato da persone con diverse patologie, tra cui la sclerosi multipla e la paraparesi spastica ereditaria, che permette il rilassamento dei muscoli spastici e promuove al tempo stesso il recupero delle funzioni motorie. Per farlo conoscere meglio, l’OMAR (Osservatorio Malattie Rare) ha promosso per l’11 dicembre l’incontro online I veri supereroi indossano la neurotuta. Neurostimolazione applicata alle malattie rare Una giovane con il dispositivo medico “Exopulse Mollii suit”

Si chiama Exopulse Mollii suit ed è un innovativo dispositivo medico svedese a marchio CE, che permette il rilassamento dei muscoli spastici e promuove al tempo stesso il recupero delle funzioni motorie. Viene utilizzato da persone con diverse patologie, tra cui la sclerosi multipla e la paraparesi spastica ereditaria.
«Si tratta di una realtà – spiegano dall’OMAR (Osservatorio Malattie Rare) – che propone di combattere l’immobilità facilitando e aumentando il movimento, non immobilizzando ulteriormente la persona. È senza alcun effetto collaterale, con risultati che durano fino a 48 ore dopo un’ora di applicazione. Si tratta però di un dispositivo dal costo elevato, non rimborsato da tutte le ASL: il rimborso, infatti, viene erogato a discrezione delle singole ASL e può capitare che vi siano differenze anche all’interno della stessa città. Questo perché la rimborsabilità della tuta non rientra nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza)».

È dunque con l’obiettivo di sensibilizzare su questo dispositivo, che lo stesso OMAR, con il contributo non condizionante di Ottobock, promuoverà nel pomeriggio dell’11 dicembre (ore 17) l’incontro online denominato I veri supereroi indossano la neurotuta. Neurostimolazione applicata alle malattie rare, che vedrà il confronto tra clinici, un esperto dello Sportello Legale OMAR (Dalla parte dei rari) e alcune Associazioni di pazienti. (S.B.)

A questo link è disponibile il programma completo del webinar dell’11 dicembre. Per altre informazioni: Rossella Melchionna (melchionna@rarelab.eu).

Lavoro e disabilità: serve un cambio totale di strategia

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«È necessario un cambio di strategie – scrive Marino Bottà, concludendo la sua trattazione sul tema disabilità e lavoro, avviata in questi mesi sulle nostre pagine – per rinnovare la cultura dell’inclusione e promuovere servizi territoriali in grado di ridare fiducia e prospettive a centinaia di migliaia di persone con disabilità disoccupate e alle loro famiglie. Ma per fare questo bisogna avere l’onestà intellettuale di osservare oggettivamente la realtà attuale» Un lavoratore con disabilità intellettiva

(dalle puntate precedenti…) Gli antichi Greci consideravano la “crisi” come un momento catartico, una pausa per la rinascita, per il cambiamento, mentre la cultura romano-cristiana la considerava come l’inizio della fine, la morte dell’esistente. Comunque la si interpreti, la crisi del Collocamento Disabili è iniziata sin dal giorno della sua nascita, primo gennaio del 2.000, per poi subire un’accelerazione nel 2.008, all’inizio della crisi finanziaria. Da allora assistiamo ad un continuo declino e ad un crescente disinteresse generale da parte delle Istituzioni preposte e delle parti sociali, mentre ogni fallimento delle politiche attive a favore delle persone con disabilità viene taciuto o attribuito alla Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), accusata di essere inadeguata ed obsoleta; in alternativa sono gli imprenditori ad essere “insensibili” verso le persone con disabilità.
Nemmeno la crisi economica riuscì a cambiare le cose e lo stesso avvenne con la pandemia, con la crisi della globalizzazione e ora con la rivoluzione tecnologica. La classe politica è sempre più impreparata a recepire le trasformazioni sociali ed economiche, pertanto lascia languire la situazione nel dimenticatoio sociale, e rimanda ogni decisione al Governo successivo.
Si profila quindi un quadro preoccupante per l’occupazione futura delle persone con disabili, soprattutto per le fasce più fragili di esse.

L’ultima attenzione istituzionale risale al 2015, anno in cui vennero emanati i Decreti Legislativi 150 e 151. In seguito la politica si dimenticò perfino di ricordare i vent’anni della Legge 68/99 e del Collocamento Disabili. Non sono state da meno le Regioni, troppo impegnate altrove per accorgersi della deriva del loro sistema di collocamento. Nel contempo i servizi provinciali hanno continuato a vivere nell’immutabile quotidianità. Anche il dibattito, la critica e la riflessione si sono assopite in un disinteresse generale e nella rassegnazione di molti, cosicché la sfiducia nei confronti del Collocamento Disabili è cresciuta fino a spingere i disoccupati a non iscriversi (fenomeno riscontrabile dal divario numerico tra gli iscritti al Collocamento e le nuove certificazioni di invalidità in età lavorativa). La delusione rispetto alle aspettative li ha spinti ad arrangiarsi, a rivolgersi a soggetti privati o a rifugiarsi nell’assistenzialismo.
Purtroppo nemmeno la rivoluzione tecnologica creerà nuovi posti di lavoro per le fasce più deboli della disabilità (circa il 70% degli iscritti); per loro, infatti, si prospetta la disoccupazione a tempo indeterminato, accompagnata dall’invisibilità sociale, o dal rifugio “palliativo” nei social. La rivoluzione tecnologica non offrirà nuove professioni e nuove possibilità di inclusione lavorativa alle persone con difficoltà cognitive o con bassa scolarità. Quindi è necessario un cambio di strategie per rinnovare la cultura dell’inclusione e promuovere servizi territoriali in grado di ridare fiducia e prospettive a centinaia di migliaia di persone con disabilità disoccupate e alle loro famiglie. Ma per fare questo bisogna avere l’onestà intellettuale di osservare oggettivamente la realtà e serve un cambio di strategie per rinnovare la cultura dell’inclusione e promuovere adeguati servizi territoriali.

Le norme
Il sistema di collocamento si fonda sulla Legge 68/99, ma l’applicazione di essa è delegata alle Regioni. Si è così creato un circuito dove ogni Regione e ogni Provincia ha organizzato in proprio gli uffici e l’applicazione della norma. Infatti, troppo spesso le aziende e le persone con disabilità devono rifarsi “gli usi e costumi locali” e subire le volontà dei responsabili degli uffici.
A questa già grave disfunzione si aggiunge una pletora di leggi, decreti, circolari, note esplicative, interpelli ecc., cui si aggiungono le disposizioni regionali, tra delibere, provvedimenti dirigenziali e così via. Questo spesso ingenera nel personale addetto ignoranza delle norme e inadempienze che ricadono sui cittadini interessati.

I dati
Sul tema disabilità e lavoro disponiamo di dati obsoleti e inattendibili, del tutto inutili per fare un’analisi della situazione e per realizzare qualsiasi utile programmazione. Di conseguenza si procede riproponendo il già fatto,, a prescindere dai risultati negativi conseguiti. Purtroppo anche la Banca Dati Nazionale prevista dal citato Decreto 151/15 si è persa nelle nebbie dei palazzi romani. Nel frattempo cresce la sfiducia nei confronti di un sistema sempre più scollato dalla realtà e incapace di sostenere l’occupazione.

Le differenze regionali
È per altro improprio parlare di sistema nazionale per il collocamento, se è vero che esso varia radicalmente da Regione a Regione. Disponiamo quindi di un “sistema arlecchino” con risultati “a macchia di leopardo” (“macchie” troppo spesso sbiadite). Questa situazione è ben conosciuta dalle singole Regioni e dal Ministero del Lavoro, ma non sapendo cosa fare, tutti preferiscono non metterci mano, mentre la situazione si va sempre più deteriorando.

L’inclusione lavorativa
La normativa inizialmente stabiliva che le aziende avessero facoltà di assumere il 60% dei lavoratori con disabilità mediante chiamata nominativa, ossia la possibilità di scegliere il candidato. Il Decreto 151/15 estese questa facoltà all’intera quota d’obbligo; quindi, oggi, le aziende ricercano e selezionano il 100% dei lavoratori con disabilità da assumere. Ovviamente scelgono i cosiddetti “disabili-abili”, mentre l’inserimento delle persone più fragili è implicitamente demandato a loro stessi o ai servizi accreditati al lavoro. Ne consegue che gli Uffici Provinciali si occupano unicamente degli aspetti burocratici e amministrativi previsti dalla legge: iscrizioni, graduatorie, trasferimenti ecc., cui si aggiunge un esiguo numero di avviamenti numerici verso le aziende non ottemperanti. Da sottolineare che anche in questo caso la scelta ricade sui soggetti più abili, in quanto la selezione è comunque subordinata ad un accordo preventivo con l’impresa.

Le evasioni e le elusioni
Un altro annoso e increscioso problema è rappresentato dal mancato rispetto degli obblighi di legge da parte delle aziende. L’evasione e l’elusione raggiungono infatti punte del 70 %, con buona pace dell’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) e del Collocamento Disabili, gli uffici cui spetta il compito di controllo. Questo è dovuto al fatto che gli ispettori hanno una scarsa conoscenza della legge e delle relative procedure, mentre il collocamento nella quasi totalità dei casi non se ne occupa. Quanto affermo è facilmente riscontrabile dall’ammontare delle sanzioni versate sui fondi regionali.

Le buone prassi
Nel settembre del 2023 è stata istituita una piattaforma per raccogliere le buone pratiche e favorirne la diffusione. Un altro provvedimento inutile, visto che la gestione dei Centri per l’Impiego è di competenza delle Regioni e che non hanno mai attuato le proposte provenienti direttamente o indirettamente dal Ministero del Lavoro.

Il personale
L’attuale sistema di collocamento nasce con il DPCM 469/99, che dal 1° gennaio 2000 attribuì le competenze alle Regioni e alle Province; queste avrebbero dovuto operare in coerenza con il dettato della Legge 68/99. Ma la maggior parte del personale proveniva degli uffici periferici del Ministero del Lavoro (UPLMO) e la loro formazione era unicamente di tipo burocratico amministrativo, pertanto si trovarono ad operare privi di qualsiasi formazione sul tema disabilità/lavoro; quindi riproposero vecchi cliché operativi, ritornando a focalizzare l’attenzione sulle burocrazie e sul concetto di obbligatorietà per le aziende. Il principio del collocamento mirato, la “persona giusta al posto giusto”, naufragò miseramente. Del resto non poteva essere altrimenti, visto che né il Ministero del Lavoro né le Regioni pensarono di formare e aggiornare il personale.
Questa situazione si è perpetuata fino ad oggi, visto che i nuovi assunti sono stati formati dai colleghi professionalmente più anziani. Quindi attualmente disponiamo di Uffici per il Collocamento non di Servizi per il Collocamento Mirato. Non vi è una presa in carico della persona, né la personalizzazione dei percorsi di accompagnamento al lavoro, e nemmeno un sostegno alle aziende nell’adempimento degli obblighi, nell’uso di buone pratiche ecc. Un quadro deludente, quindi, di cui le Istituzioni, le parti sociali, gli esperti in materia non hanno alcuna conoscenza diretta; non sanno quello che quotidianamente succede negli Uffici Provinciali, non conoscono gli impegni né i bisogni del personale dedicato, le difficoltà che le persone con disabilità incontrano nel cercare un lavoro e gli imprenditori nell’ottemperare gli obblighi di legge. Non capiscono che un collocamento così strutturato non ha un’utilità sociale che giustifichi l’onere economico che comporta.
Eppure un servizio per il collocamento pubblico serve, oggi più che mai. Bisognerebbe però decidere un piano di formazione e aggiornamento in modo da uniformarne la cultura, la gestione della norma e contestualmente avviare un processo di riforma della Legge 68/99, raccogliendo in un unico testo tutte le norme prodotte in venticinque anni. Queste azioni non stravolgono i ruoli e le competenze delle varie Istituzioni coinvolte e non richiedono finanziamenti particolari, serve solo la volontà del Ministro Lavoro e degli Assessori Regionali.

Alla ministra del Lavoro, Marina Calderone, spetta il compito di avviare un processo di riforma. Sono però passati oramai due anni dalla sua nomina e nulla è cambiato e non vediamo nulla all’orizzonte. Anche la classe politica, sempre più impreparata, lascia languire la situazione nel dimenticatoio sociale, e, come detto in precedenza, rimanda ogni decisione al Governo successivo. Si sta quindi profilando un quadro sempre più preoccupante per l’occupazione futura delle persone con disabilità.

Quel che serve, in conclusione, è una legge non ideologica, ma pragmatica ed efficace, rispettosa dei bisogni delle persone e delle aziende, ed esigente specialmente nei confronti degli Enti Pubblici che non rispettano gli obblighi. È con questo spirito che nel dicembre dello scorso anno l’ANDEL (Agenzia Nazionale Disabilità e Lavoro) incontrò la vice ministro del Lavoro Maria Teresa Bellucci, sollecitandola a farsi promotrice di una iniziativa riformatrice. Anche l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità si è mosso nella stessa direzione. Ma visto che nulla cambia, sarebbe opportuno promuovere una battaglia etica nell’interesse non solo delle persone con disabilità, ma per il futuro del nostro Paese. (3-fine)

*Già responsabile del Collocamento Disabili e Fasce Deboli della Provincia di Lecco, oggi direttore generale dell’ANDEL (Agenzia Nazionale Disabilità e Lavoro) (marino.botta@andelagenzia.it). Le parti precedenti di questa trattazione sono disponibili a questo e a questo link.

Riconoscimenti del CIP al Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano

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«Per la costante e duratura attività a favore della promozione sportiva», il Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano e il suo presidente Francesco Cusati hanno ricevuto dal Comitato Italiano Paralimpico la Stella d’Argento al Merito Sportivo Paralimpico. Ulteriori riconoscimenti sono andati ad altri atleti e tecnici del mondo milanese della disabilità visiva Francesco Cusati, presidente del Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano

«Per la costante e duratura attività a favore della promozione sportiva», il Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano e il suo presidente Francesco Cusati hanno ricevuto dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico) la Stella d’Argento al Merito Sportivo Paralimpico.
Sono stati premiati, inoltre tra gli altri, con la Stella di Bronzo al Merito Sportivo Paralimpico, due giocatori di baseball per ciechi di Milano, Giuseppe Allegretta (Lampi Milano) e Juan Girelli (Thunder’s Five Milano), oltre a Fabio Trombini e Gaetano Casale (Hurricane Malnate), per la vittoria conseguita agli Europei 2023 di tale specialità.
Infine, i tecnici milanesi Claudio Molon (baseball ciechi) e Marco Spinelli (showdown) hanno ricevuto la Palma di Bronzo al Merito Sportivo Paralimpico. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: info@gsdnonvedentimilano.org.

Un video dedicato a Tino Chiandetti

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Il video dedicato dalla UILDM di Udine a Tino Chiandetti, figura di primo piano per molti decenni nell’ambito del volontariato e dell’associazionismo del Friuli Venezia Giulia, è disponibile online e consente di intraprendere un bel viaggio in quello che costituisce realmente un pezzo di storia e di impegno per i diritti delle persone con disabilità

Come avevamo segnalato a suo tempo, nel settembre scorso, in occasione del decennale dalla scomparsa, la UILDM di Udine (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), Associazione che aveva presieduto per molti anni, ha ricordato con una serata evento Innocentino “Tino” Chiandetti, figura di primo piano per molti decenni nell’ambito del volontariato e dell’associazionismo del Friuli Venezia Giulia e non solo, che dedicò la sua esistenza, in particolare, alla promozione dei diritti delle persone con disabilità.
Per l’occasione è stato anche realizzato un video, disponibile online a questo link, che ben volentieri segnaliamo a Lettori e Lettrici, i quali potranno in tal modo intraprendere un bel viaggio in quello che costituisce realmente un pezzo di storia e di impegno per i diritti delle persone con disabilità. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: segreteria@uildmudine.org.

Riabilitazione e reinserimento socio-lavorativo delle persone con disabilità acquisita

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Si terrà l’11 dicembre a Bologna, promosso dalla Fondazione OPIMM insieme all’AECA e organizzato in collaborazione con il CIOFS Parma, l’Opera Don Calabria Ferrara e l’ENGIM Cesena, l’incontro La riabilitazione e il reinserimento socio-lavorativo delle persone con disabilità acquisita

«I percorsi di inclusione attiva finanziati dalla Regione Emilia-Romagna, rivolti a persone impegnate in percorsi riabilitativi in seguito ad eventi traumatici o patologie invalidanti che hanno determinato una condizione di disabilità, sono finalizzati a promuoverne il reinserimento socio-lavorativo, partendo dalla valutazione delle autonomie e delle capacità residue su cui definire un progetto professionale compatibile con la nuova situazione personale. Gli interventi sono accomunati da forte personalizzazione e, attraverso azioni orientative e formative, mirano ad accompagnare la persona in un percorso di graduale riavvicinamento all’esperienza lavorativa, fornendo anche un supporto sul piano emotivo, nell’elaborazione e accettazione della condizione post-traumatica e nell’acquisizione di consapevolezza su risorse e limiti e sul proprio potenziale occupazionale. Pari opportunità, non discriminazione, partecipazione e occupabilità sono le parole-chiave di un approccio integrato pubblico-privato in cui un ruolo importante è giocato anche dai servizi sociali e socio-sanitari territoriali in una logica di complementarietà e non sovrapposizione con altri programmi e misure finanziate con il Fondo Regionale per l’occupazione»: così, dalla Fondazione OPIMM, viene presentato l’incontro promosso per il pomeriggio dell’11 dicembre presso la sede di Bologna della Fondazione stessa (Via del Carrozzaio, 7, ore 14-18), denominato La riabilitazione e il reinserimento socio-lavorativo delle persone con disabilità acquisita e organizzato insieme all’AECA (Associazione Emiliana centri Autonomi), in collaborazione con il CIOFS Parma (Centro Italiano Opere Femminili Salesiane), l’Opera Don Calabria Ferrara e l’ENGIM Cesena (Formazione Orientamento Cooperazione Lavoro).

«Obiettivo della nostra iniziativa – aggiungono dall’OPIMM – è contribuire a far conoscere un’importante opportunità, rappresentata da percorsi orientativi e formativi integrati e in continuità con la riabilitazione medica, al fine di garantire al maggior numero possibile di persone con disabilità acquisita un sostegno nel riattivarsi ed essere incluse nella vita sociale e lavorativa e nel raggiungere una migliore qualità di vita». (S.B.)

A questo link è disponibile il programma completo dell’incontro dell’11 dicembre (a quest’altro link le modalità d’iscrizione). Per altre informazioni: comunicazione@opimm.it.

Un abbraccio collettivo per i giovani con sclerosi multipla

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Essere giovani e convivere con una malattia cronica come la sclerosi multipla o la neuromielite ottica significa affrontare ogni giorno sfide che vanno oltre la salute. Con #GiovanioltrelaSM, nuova edizione dell’evento nazionale promosso dall’AISM, con il patrocinio dell’AINMO, i giovani hanno scelto di immaginare nuove prospettive, tema prescelto per la due giorni, confrontandosi e sostenendosi in una comunità che abbatte le barriere e costruisce futuro Foto di gruppo scattata in occasione dell’evento “#GiovanioltrelaSM”. Al centro Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’AISM

Essere giovani e convivere con una malattia cronica come la sclerosi multipla o la neuromielite ottica significa affrontare ogni giorno sfide che vanno oltre la salute. Con #GiovanioltrelaSM, nuova edizione dell’evento nazionale promosso dall’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), con il patrocinio dell’AINMO (Associazione Italiana Neuromielite Ottica), i giovani hanno scelto di immaginare nuove prospettive, confrontandosi e sostenendosi in una comunità che abbatte le barriere e costruisce futuro.
«Prendo in mano la mia vita» è stato il grido dei protagonisti di questa edizione, che ha visto nei due giorni dell’evento 300 ragazzi e ragazze partecipare in presenza a Roma e circa 2.500 visualizzazioni al giorno della diretta online. Talk, laboratori, emozioni e nuove prospettive hanno animato l’appuntamento che dal 2009 offre ai giovani sotto i 35 anni con sclerosi multipla e sotto i 40 con neuromielite ottica, MOGAD e patologie correlate, un’occasione unica per condividere esperienze e informarsi con esperti.

Il tema prescelto, Nuove Prospettive, ha invitato tutti a guardare oltre i limiti imposti dalla malattia, riscoprendo il valore del cambiamento e la forza di un futuro ancora tutto da scrivere. «Pensavo che la diagnosi avesse chiuso molte porte, ma ora mi sento pronto a riaprirle», ha condiviso la giovane Gaia durante i momenti di confronto.
Centinaia di ragazzi e ragazze, come detto, hanno preso parte all’iniziativa, confermando quanto sia importante creare spazi dedicati a chi convive con una diagnosi spesso improvvisa e difficile da affrontare. «Qui ho capito che non sono solo», ha raccontato Lorenzo, riassumendo l’essenza dell’evento.

«#GiovanioltrelaSM – dichiara Francesco Vacca, presidente nazionale dell’AISM – è un abbraccio collettivo, una spinta verso il futuro. Rappresenta un momento di forza, dove i giovani trovano risposte e scoprono che, con il giusto supporto, ogni sfida può essere affrontata. Questo evento dimostra il nostro impegno nel sostenerli nel loro percorso di vita».
Per l’occasione i partecipanti hanno affrontato insieme tematiche quali la gestione della malattia, le emozioni, la sessualità e le relazioni. Durante i laboratori interattivi, hanno dialogato con psicologi, neurologi ed esperti, scoprendo strumenti concreti per superare le sfide quotidiane. «Non sapevo di avere così tanto da imparare da chi vive la mia stessa esperienza», ha confidato Alessia.
Per quanto riguarda i seminari, essi sono stati dedicati ai diritti, con esperti quali assistenti sociali, avvocati e rappresentanti dell’AISM, che hanno risposto anche a domande complesse, offrendo chiarezza su temi come le procedure medico-legali.
Grande attenzione, inoltre, è stata data anche allo stile di vita sano alla riabilitazione e alla genitorialità, argomento, quest’ultimo, che ha coinvolto numerosi partecipanti i quali hanno potuto chiarire dubbi e paure legati a una scelta tanto personale quanto complessa per chi convive con una malattia cronica.

Tra i vari interventi della due giorni anche quello di Francesca Mannocchi, giornalista e inviata di guerra, che ha offerto una riflessione potente: «La sclerosi multipla mi ha insegnato la cura verso l’altro. Mi sento una persona migliore di prima. L’orologio corre velocemente per la ricerca e oggi possiamo scegliere la cura che si adatta al nostro stile di vita. Siamo una comunità e, come tale, abbattiamo le barriere, anche quelle linguistiche: spieghiamo come stiamo perché gli altri possano capire. Sono fiduciosa che un giorno si arriverà alla cura definitiva di questa malattia».

Uno dei momenti più significativi, infine, si è avuto con la distribuzione del Taccuino Rosso, guida pratica ricca di consigli utili e strumenti digitali, che include dei QR Code che rimandano al sito dell’AISM, fornendo informazioni per affrontare la sclerosi multipla in ogni sfera della vita. «Ora mi sento meno spaventato e più preparato ad affrontare la mia diagnosi», ha commentato Marco, stringendo il taccuino tra le mani. (B.E. e S.B.)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.

Vivere in un mondo accessibile è un diritto

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«Essere felici o provare soddisfazione rispetto alla propria vita non è un diritto – scrive Asya Bellia nel presente approfondimento -, ma vivere in un mondo accessibile lo è. Ed è verificato che, a parità di altre condizioni, l’accessibilità dell’ambiente fisico è associata ad una riduzione del divario tra la soddisfazione delle persone con disabilità e quella delle persone senza disabilità»

Nel mondo, le persone con disabilità sono più di un miliardo, e costituiscono il 16% della popolazione. In altre parole, una persona su 6 ha una disabilità. Inoltre, le persone con disabilità sono meno soddisfatte della propria vita, in media, rispetto alle persone senza disabilità.
Spesso, questa disparità viene attribuita esclusivamente a problemi di salute, senza indagare oltre. Gli studi che indagano sulla soddisfazione delle persone con disabilità si focalizzano, per la maggior parte, su fattori individuali, quali: tipo di disabilità, entità delle limitazioni, e, soprattutto, tempo passato da quando la disabilità è sopravvenuta. Il tipo di disabilità non ha influenza sulla soddisfazione, mentre l’entità della limitazione e il tempo passato da quando la disabilità è sopravvenuta hanno un ruolo. Le persone con disabilità maggiormente limitate sono meno soddisfatte, mentre quelle che hanno una disabilità da più tempo sono più soddisfatte.

La soddisfazione rispetto alla propria vita dipende da moltissimi fattori, sia individuali, sia sociali. Se da una parte è comprensibile che si esaminino i fattori individuali specifici che possono influenzare la soddisfazione delle persone con disabilità, non ho potuto fare a meno di notare che i fattori sociali non ricevono altrettanta attenzione.
Per questo motivo, Lorenzo Corsini, professore associato di Politica Economica presso l’Università di Pisa, e hi scrieve [Asya Bellia] abbiamo pubblicato un articolo intitolato Disability and Life Satisfaction: the Role of Accessibility [in italiano: “Disabilità e soddisfazione della vita: il ruolo dell’accessibilità”, testo pubblicato sulla rivista «Journal of Happiness Studies», Volume 25, articolo n. 115, 14 novembre 2024, N.d.R.].
L’articolo usa un modello di disabilità basato sull’approccio delle capacitazioni, nel quale la disabilità è il risultato dell’intersezione tra condizioni di salute, fattori personali (ad esempio età, genere), risorse di cui si dispone (reddito, ausili, assistenza), e fattori strutturali (ad esempio accessibilità, ambiente socio-culturale). Questo insieme di fattori può far sì che le persone con determinate condizioni di salute siano “disabilitate”, ossia possano scegliere tra un numero minore di alternative rispetto al resto della popolazione, e quindi abbiano minori opportunità di raggiungere gli obiettivi che perseguono. Questo stato di cose può contribuire ad una minore soddisfazione.

Consideriamo l’ambiente fisico accessibile se tutte le persone con disabilità, qualunque tipo di disabilità, possono fruirne (autonomamente o con assistenza), senza mettere a rischio la propria sicurezza o essere esposte a livelli elevati di stress.
Per esempio, le persone cieche sono tecnicamente in grado di attraversare al semaforo senza assistenza o accomodamenti specifici. Tuttavia, sono esposte ad un maggior rischio di essere investite rispetto alle persone vedenti se il semaforo non emette segnali sonori o tattili per indicare l’arrivo del verde.
Per fare un altro esempio, ambienti come gli aeroporti possono essere particolarmente stressanti per persone autistiche, per le quali potrebbero risultare inaccessibili, a meno che non ricevano assistenza nell’attraversarli e/o non vengano accompagnate in apposite aree silenziose.

Nonostante gli Stati firmatari della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità si siano impegnati a monitorarne l’implementazione, l’ultimo sondaggio europeo sull’accessibilità risale al lontano 2012. Secondo questo sondaggio, i problemi di mobilità sono quelli che causano più difficoltà alle persone con disabilità in Europa. In particolare, 2 persone con disabilità su 5 hanno difficoltà ad usare i marciapiedi e ad attraversare al semaforo, la stessa proporzione ha difficoltà ad accedere ad edifici o spazi pubblici all’aperto, e un terzo delle persone con disabilità ha difficoltà a prendere taxi, autobus, treni o aerei.
Ma quali sono queste difficoltà? Abbiamo qualche risposta solo per quanto riguarda i mezzi di trasporto. Innanzitutto, sappiamo che le persone con disabilità tendono a prendere più frequentemente i mezzi pubblici, e viaggiano per distanze più brevi (ma impiegano più tempo a percorrerle), rispetto alle persone senza disabilità. Tra gli ostacoli riportati dalle persone con disabilità che viaggiano, troviamo: zone pedonali non sicure, rischio di danneggiare i propri ausili, e comportamenti inappropriati di conducenti e degli altri passeggeri. In generale, viaggiare per le persone con disabilità è un’esperienza spesso frustrante e stressante.

Nel nostro articolo, usiamo dati su 27 Paesi europei per testare le seguenti ipotesi:
° A parità di altre condizioni, l’accessibilità dell’ambiente fisico è associata ad una riduzione del divario tra la soddisfazione delle persone con disabilità e quella delle persone senza disabilità.
° Se si considerano le donne e le persone più povere, l’accessibilità è associata ad una riduzione del divario tra la soddisfazione delle persone con disabilità e quella delle persone senza disabilità ancora maggiore.
Entrambe le ipotesi sono verificate. In altre parole, le persone con disabilità sono più soddisfatte della propria vita nei Paesi più accessibili. Inoltre, l’accessibilità è particolarmente importante per le donne con disabilità e le persone con disabilità più povere.

Essere felici o provare soddisfazione rispetto alla propria vita non è un diritto, ma vivere in un mondo accessibile lo è. Vivere in un ambiente in cui l’accessibilità non è una priorità, ed è spesso ridotta ad un “problema tecnico” significa avere accesso a minori opportunità, non solo di realizzare le proprie ambizioni, quelle che contribuiscono alla soddisfazione della propria vita, ma spesso anche di sostentarsi. La mancanza di mezzi di trasporto accessibili potrebbe, per esempio, ostacolare una persona con disabilità nella ricerca di lavoro, o costringerla a lasciare il lavoro.
In una società in cui i montascale guasti vengono riparati dopo mesi (se vengono mai riparati), in cui i cani guida vengono spesso accarezzati senza il consenso della persona che guidano, e nei quali l’accessibilità non è ancora un diritto per le persone neurodivergenti, non c’è da stupirsi che le persone con disabilità siano meno soddisfatte della propria vita rispetto a quelle senza disabilità.
La minore soddisfazione delle persone con disabilità rispetto a quelle senza disabilità è per altro solo la punta dell’iceberg. L’accessibilità è solo una delle tante misure necessarie per rispettare la dignità delle persone con disabilità, garantire loro la stessa libertà di scelta che hanno le persone senza disabilità, e assicurare la loro piena ed effettiva partecipazione ed inclusione nella società sulla base di uguaglianza con le persone senza disabilità.

*Ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Bocconi di Milano.

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Sostegno: tutelare chi ha già investito nella formazione, tutelare la qualità dell’inclusione

Superando -

«Ben venga ogni forma di stabilizzazione dei docenti di sostegno – scrivono dal Collettivo Docenti di Sostegno Specializzati, prendendo spunto da alcune recenti dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara -, ma con una pianificazione attenta che consideri le specificità delle classi di concorso. Solo così si potrà tutelare chi ha già investito nella propria formazione e garantire agli studenti il sostegno qualificato che meritano» Un’insegnante di sostegno insieme a un’alunna

Nel corso della trasmissione In altre parole, andata in onda l’8 dicembre su La7, il ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ha dichiarato: «Ci sono numeri superiori per assumere docenti di sostegno. […] Per la prima volta noi andiamo a stabilizzare in modo significativo docenti che non potevano essere assunti perché non avevano la specializzazione. La gran parte dei docenti precari sono docenti di sostegno. E perché non potevano essere stabilizzati? Perché mancavano le specializzazioni, perché le università non avevano interesse più di tanto a specializzarli e quindi non specializzavano questi docenti. Noi abbiamo, per la prima volta, affidato a INDIRE [Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa, N.d.R.], che è un ente di ricerca indipendente dal Ministero, il compito di specializzare questi docenti».
Come docenti di sostegno specializzati e precari, siamo indignati. Abbiamo affrontato anni di formazione rigorosa e costosa per ottenere un titolo richiesto dallo Stato, con la promessa di una stabilizzazione mai arrivata. Ora si propongono percorsi semplificati per docenti non specializzati, creando il rischio che chi ha già acquisito le qualifiche resti escluso dal ruolo.
Le domande che ci poniamo sono queste: perché si stabilizzano docenti non specializzati quando migliaia di docenti qualificati sono già pronti e in attesa di ruolo? Come si garantisce la qualità dell’inclusione scolastica con percorsi meno qualificanti? Qual è il futuro dei docenti già formati, se la classe di concorso ADSS (Sostegno Scuola Secondaria di Secondo Grado) è ormai satura in molte Province?
Un punto fondamentale va evidenziato: creare nuovi specializzati senza una reale necessità rischia di trasformare i docenti precari già formati in disoccupati, vanificando anni di sacrifici.
Ben venga, dunque, ogni forma di stabilizzazione, ma con una pianificazione attenta che consideri le specificità delle classi di concorso. Solo così si potrà tutelare chi ha già investito nella propria formazione e garantire agli studenti il sostegno qualificato che meritano.

*collettivodocentispecializzati@gmail.com.

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