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“Toccare per Leggere”: sei giorni a tu per tu con il Braille

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In corrispondenza con la Giornata Nazionale del Braille e nel 200° anniversario dell’ideazione del sistema Braille, le Biblioteche Civiche Torinesi e il Servizio Disabilità Sensoriali della Città di Torino promuovono il programma “Toccare per Leggere” (seconda edizione), organizzato con l’UICI di Torino e le Associazioni APRI e ConTatto, che il 21 febbraio prevede un incontro sulla storia e l’attualità del Braille, con particolare attenzione alla notazione musicale

In corrispondenza con la ventottesima Giornata Nazionale del Braille del 21 febbraio e nel 200° anniversario dell’ideazione del sistema Braille (1825), le Biblioteche Civiche Torinesi e il Servizio Disabilità Sensoriali della Città di Torino promuovono in questi giorni la seconda edizione del programma denominato Toccare per Leggere, ossia una settimana di attività e iniziative organizzate insieme all’UICI di Torino (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e all’APRI (Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti), in collaborazione con l’Associazione ConTatto.

Già dal 17, dunque, e fino al 22 febbraio le Biblioteche Civiche torinesi e la sede della Biblioteca Braille (Via Nizza 151, Torino) ospiteranno punti informativi, letture, laboratori e incontri con le scuole, per promuovere e far conoscere il sistema Braille.
L’appuntamento principale si avrà proprio il 21 febbraio, presso la Biblioteca Civica Centrale (Via della Cittadella, 5, ore 16-18, ingresso libero), con un pomeriggio dedicato alla storia e all’attualità del Braille e una particolare attenzione alla notazione musicale. «Il sistema ideato da Louis Braille, musicista egli stesso, consente infatti – sottolineano dall’APRI – l’accesso alla notazione musicale da parte delle persone con disabilità visiva, permettendo di leggere con il tatto tutti gli elementi di uno spartito».
Dopo i saluti istituzionali, sarà Marco Bongi dell’APRI a illustrare il percorso dall’alfabeto allo spartito musicale di Louis Braille, mentre Angelo Panzarea dell’UICI (U.I.C.I.) presenterà il Braille musicale oggi e il fondo della Biblioteca Braille della Città di Torino. I loro interventi saranno intervallati dalle esecuzioni dal vivo per violoncello e chitarra dei musicisti Lorenzo Montanaro e Roberto Turolla.

Una settimana realmente propizia, quindi, per scoprire come il sistema Braille possa superare ogni barriera e per confermare il ruolo delle biblioteche come luoghi di cultura inclusiva e accessibile. (S.B.)

A questo link è disponibile il programma completo del programma “Toccare per Leggere”. In calce poi al nostro articolo denominato Giornata Nazionale del Braille: l’inclusione abita nel linguaggio (a questo link), vi è un’ampia nota biografica dedicata a Louis Braille.

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“L’Accuditrice”: un corto per dare voce a chi vive per prendersi cura degli altri

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Carmela ha sessant’anni e si prende cura dell’anziana madre Virginia, non più autosufficiente. La quotidianità di Carmela è scandita da responsabilità sempre più gravose, che ne minano l’identità e la salute. Questa storia non è solo un racconto di finzione, il cortometraggio “L’Accuditrice”, ma una realtà condivisa da milioni di persone, i caregiver (e soprattutto le caregiver). Per portare a termine il cortometraggio è stata avviata anche una campagna di raccolta fondi

L’obiettivo è realizzare un corto «per dare voce a chi, ogni giorno, si prende cura degli altri, senza che nessuno si prenda cura di lui/lei»: è stata lanciata pochi giorni fa una campagna di crowdfunding (raccolta foni nel web) su Produzioni dal Basso, per il cortometraggio L’Accuditrice, che affronta una delle più gravi lacune del sistema di welfare italiano, più volte denunciata su queste pagine, ossia l’assenza di riconoscimento per i caregiver familiari.

Diretto da Martina Monaco e prodotto da BeDi Produzioni, il film ha già ottenuto il sostegno della Calabria Film Commission e il patrocinio dell’Associazione CARER.
L’Accuditrice racconta una realtà che coinvolge milioni di persone in Italia, persone che, spesso senza avere avuto la possibilità di scegliere, si trovano a prendersi cura di un familiare non autosufficiente, senza supporto istituzionale né garanzie di tutela lavorativa e previdenziale.

Carmela ha sessant’anni e si prende cura dell’anziana madre Virginia, non più autosufficiente. La quotidianità di Carmela è scandita da responsabilità sempre più gravose, che ne minano l’identità e la salute. Virginia, non accettando la sua condizione, riversa sulla figlia rabbia e frustrazione, trasformando ogni gesto di cura in un peso insopportabile. Quando un incidente la mette di fronte a una verità impossibile da ignorare, Carmela si trova costretta a prendere una decisione dolorosa che la lascerà con interrogativi irrisolti sulla natura dell’amore e dell’accudimento.

«In meno di una settimana, quasi d’istinto, avevo buttato giù una prima, caotica versione della sceneggiatura. Non era perfetta, ma sentivo l’urgenza bruciante di mettere su carta alcune immagini strazianti che non riuscivo a togliermi dalla mente. Era come se avessi bisogno di liberarmene, di dar loro un senso», racconta Martina Monaco.
«Dopo avere scritto, mi sono fermata a riflettere su ciò che avevo visto e vissuto. Quelle immagini non rappresentavano solo un dolore personale: erano la testimonianza di una realtà più grande, più complessa. Ho capito che avevo raccontato uno spaccato di società dimenticata, una realtà inerme e invisibile che gridava di essere riconosciuta. Quello che mia zia aveva vissuto con mia nonna per anni, nel silenzio e nella solitudine, aveva finalmente un nome, un volto, una voce», continua la regista.

Secondo stime attendibili, in Italia oltre 8 milioni e mezzo di individui si prendono cura di un familiare malato o con disabilità, di cui la maggioranza sono donne che spesso sacrificano carriera, vita sociale e salute mentale senza alcuna tutela. L’Italia resta uno dei pochi Paesi in Europa a non avere una legislazione dedicata a questa figura indispensabile, che ha un carico di lavoro invisibile enorme, spesso ignorato anche dai sistemi istituzionali, e che porta molti a soffrire di stress cronico, ansia e depressione senza che ci siano tutele o aiuti adeguati. (C.C.)

Per ulteriori informazioni: accuditrice@gmail.com.

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Al Museo Omero “M’illumino di meno” in Braille

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In occasione della Giornata Nazionale del Braille del 21 febbraio e nel segno della nota campagna “M’illumino di meno”, promossa ormai da molti anni dal programma radiofonico “Caterpillar”, il Museo Tattile Statale Omero di Ancona organizza proprio per il 21 febbraio un evento per vivere totalmente l’esperienza multisensoriale connessa alla mostra “L’ombra vede” di Enzo Cucchi Enzo Cucchi, “Senza titolo”

In occasione della Giornata Nazionale del Braille del 21 febbraio e nel segno della nota campagna M’illumino di meno, promossa ormai da molti anni dal programma radiofonico Caterpillar, il Museo Tattile Statale Omero di Ancona organizza un evento per vivere totalmente l’esperienza multisensoriale connessa alla mostra L’ombra vede di Enzo Cucchi (ne abbiamo raccontato l’apertura in questo pezzo).
«Per comprendere appieno un’opera – racconta lo stesso Enzo Cucchi – bisogna vederla solo al buio; perché le cose si conservano all’ombra e al buio» e per guardare il mondo, aggiunge, «si dovrebbe mettere la testa per terra, come le zucche, e le mani sulle cose».

Nel pomeriggio del 21 febbraio, dunque, dalle 17.30, «attraverseremo al buio una grotta, per esplorare tre sculture solo con le mani, e poi ci soffermeremo nell’aia per ascoltare il brano Il grano», raccontano gli organizzatori dell’evento. A leggere il brano, trascritto in Braille, saranno due persone cieche.
Si tratta, ricordiamo, di una breve testimonianza del padre dell’artista, Giuseppe Cucchi, raccolta da Brunella Antomarini. Il padre narra la propria vita di contadino nelle campagne di Morro D’Alba (Ancona), con la sua ritualità, fatica e sensorialità. Si potranno al contempo vivere in semi oscurità tutte le altre opere esposte: 4 disegni inediti e 38 sculture realizzate con materiali diversi: bronzo, marmo, ceramica, legno. (C.C.)

Per maggiori informazioni:  redazione@museoomero.it.

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Inquietanti notizie continuano ad arrivare dagli Stati Uniti sul piano dei diritti

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Un’ulteriore inquietante notizia proveniente dagli Statri Uniti, sul piano dei diritti, è riportata da un lancio dell’Agenzia AGI, secondo il quale «l’Amministrazione Trump ha dato due settimane di tempo a scuole e college americani, per eliminare i programmi di inclusione verso afroamericani, latinos, disabili, gay e transgender, altrimenti perderanno i contributi federali» Una realizzazione grafica che recita “Disability Rights are Human Rights” (“I diritti delle persone con disabilità sono diritti umani”)

Non cessano purtroppo di arrivare notizie quanto meno inquietanti dagli Stati Uniti, sul piano dei diritti. Abbiamo infatti già ampiamente riferito, in queste settimane, dello smantellamento, da parte dell’Amministrazione Trump, del Programma DEI (Diversity, Equity and Inclusion), che da decenni rappresenta un pilastro della sicurezza sociale americana, sia a livello nazionale che internazionale. Si tratta, lo ricordiamo, di un insieme di strumenti concreti per garantire pari opportunità e abbattere le barriere che limitano milioni di cittadini negli Stati Uniti e, attraverso l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), per sostenere le comunità più vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo.
Abbiamo inoltre registrato un altro provvedimento che congela i fondi federali a favore dell’inclusione delle persone statunitensi con disabilità, si spera momentaneamente, come sottolineato su queste pagine dall’Associazione sammarinese Attiva-Mente.

Da un lancio di agenzia prodotto nella notte scorsa dall’AGI, apprendiamo ora, come si può leggere testualmente, che «l’Amministrazione Trump ha dato due settimane di tempo a scuole e college americani, per eliminare i programmi di inclusione verso afroamericani, latinos, disabili, gay e transgender, altrimenti perderanno i contributi federali».
Tale comunicazione è arrivata tramite una nota inviata dal Dipartimento dell’Istruzione, costringendo dunque le scuole e i college del proprio Paese «a decidere entro 14 giorni se difendere princìpi in cui credono o rinunciare per non perdere i fondi».

«Il Programma DEI – conclude la nota dell’Agenzia AGI -, acronimo che sta per “Diversità, Equità e Inclusione”, è servito a dare sostegno alle minoranze e alle fasce deboli nell’accettazione nei college, per riequilibrare la partecipazione dominante degli studenti bianchi. L’Amministrazione USA vuole che dai programmi scolastici spariscano lezioni e corsi che parlano dello schiavismo, della ghettizzazione dei neri e delle discriminazioni razziali e per genere». (S.B.)

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In scena “Il silenzio del vento”: la Resistenza, la condizione della donna e la disabilità uditiva

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Lo spettacolo teatrale “Il silenzio del vento” racconta lo scontro sul Monte San Martino (Varese) tra partigiani e tedeschi nel novembre del 1943 da una prospettiva particolare: quello delle “sordomute povere” che erano ospitate in una casa di villeggiatura su quel monte. Andrà in scena il 21 febbraio a Milano, con il contributo del Pio Istituto dei Sordi

Nel novembre del 1943, sul Monte San Martino, nei pressi di Varese, viene combattuta una delle prime battaglie della Resistenza. A battersi contro i nazifascisti è un gruppo di partigiani che va oltre le differenti ideologie: ci sono soldati, studenti, operai. Ma sul Monte San Martino c’è anche Villa San Giuseppe, una casa di soggiorno estivo per giovani donne, le allieve dell’“Istituto Sordomute Povere di Milano” il cui destino si incrocia con quello della battaglia.
A raccontare questa storia, attraverso la prospettiva unica delle “sordomute povere”, ospitate in quella casa di villeggiatura, ci pensa uno spettacolo teatrale, Il silenzio del vento, che andrà in scena nella serata di venerdì 21 febbraio al Centro Culturale Asteria di Milano (Piazza Francesco Carrara, 17, ore 21).

Proposto nell’anno in cui ricorre l’ottantesimo anniversario della Liberazione, Il silenzio del vento è un affresco di quei giorni drammatici e tocca tre argomenti diversi tra loro: la Resistenza, cercando di dare la giusta importanza a un episodio che non ha ancora avuto la doverosa visibilità; la condizione della donna in quei giorni; e naturalmente la disabilità uditiva.
Scritto con i moderni canoni del teatro narrazione, lo spettacolo racconta dunque molte storie: quella di una battaglia, quella di ideali che in quei giorni oscuri sembravano perduti, quella della rassegnazione e della forzata emarginazione sociale di giovani donne cui il destino aveva riservato una vita senza suoni. E poi la storia di un’educatrice, di una donna messa dal destino di fronte a scelte drammatiche.
Alla fine della battaglia, quando ogni rumore sarà svanito, resterà solo il vento, il cui soffio cercherà di portare via tutto quanto, lasciando uno spiraglio di luce dove sembrano esserci soltanto ombre e buio. La speranza che non tutto, alla fine, sia davvero perduto.

Il progetto è stato realizzato con il contributo del Pio Istituto dei Sordi di Milano in occasione delle celebrazioni per il suo 170° anniversario e con la collaborazione del Centro Culturale Asteria. I testi sono di Antonio Zamberletti, l’interprete è Elisa Baio, le musiche originali e la regia sono di Daniele Cortese. (C.C.)

Lo spettacolo sarà accessibile alle persone con disabilità uditiva mediante servizio di sovratitolazione in italiano. La presentazione dello spettacolo stesso sarà accessibile mediante sottotitolazione in diretta e interpretariato LIS. Ingresso gratuito fino a esaurimento posti. Per ulteriori informazioni: attivita@pioistitutodeisordi.org.

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Il Festival di Sanremo si prenda “un anno sabbatico” dalla disabilità!

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«Anche quest’anno – scrivono dalla LEDHA – sul palco del Festival di Sanremo si è parlato di disabilità e purtroppo, come spesso è già accaduto in passato, lo si è fatto male. Per questo, dunque, abbiamo lanciato una raccolta firme su Change.org, per chiedere che il Festival di Sanremo si prenda “un anno sabbatico” dalla disabilità e che, approfittando di questa pausa, gli autori del Festival stesso si prendano il tempo per studiare e informarsi meglio su questo tema»

Anche quest’anno ci siamo lasciati alle spalle il Festival di Sanremo. La più importante vetrina della musica italiana è un evento totalizzante: oltre alla diretta su RaiUno, i quotidiani e i loro siti internet, le radio e i social fanno a gara per pubblicare quanti più contenuti possibile (interviste, retroscena, meme e gossip) su cantanti, ospiti e conduttori. Nel bene e nel male, dunque, ignorare Sanremo è impossibile.
Anche quest’anno sul palco dell’Ariston si è parlato di disabilità. Purtroppo, come spesso è già accaduto in passato, lo si è fatto male. Prima con un ricordo di Sammy Basso, presentato come «essere umano meraviglioso» che «nonostante tutto amava la vita» e poi con uno spettacolo del Teatro Patologico i cui attori sono stati presentati come «persone affette da disabilità» da Carlo Conti. Ed è stato detto che «senza di loro la vita sarebbe una noia mortale».

Già durante la serata tante persone con disabilità attente ai temi del linguaggio hanno stigmatizzato questi episodi, soprattutto sui loro profili social. Per Lisa Noja, avvocato e consigliera regionale in Lombardia, il modo in cui Conti ha presentato il Teatro Patologico «è un concentrato da manuale di abilismo indecente».
Iacopo Melio, consigliere regionale in Toscana, ha stigmatizzato sia l’uso della storia di Sammy Basso come «inspiration porn» sia l’infantilizzazione degli attori del Teatro Patologico.
E ancora, la giornalista Marina Cuollo ha sottolineato come il «purché se ne parli» non possa più essere «un alibi per comunicare la disabilità senza una reale competenza».

Le persone con disabilità e le loro storie meritano rispetto, meritano di essere raccontate con dignità, senza paternalismo e senza pietismo. Soprattutto, le loro storie non devono essere ridotte a “modelli” di coraggio, di sopportazione, di “capacità di superare le barriere”. Le persone con disabilità non devono “ispirare” nessuno. Non sono modelli di determinazione per il semplice fatto di alzarsi al mattino, andare a scuola o all’università, lavorare, fare sport e così via.
Per questo la nostra Federazione [LEDHA] lancia una raccolta firme su Change.org, per fare una richiesta al direttore generale della Rai, Roberto Sergio, all’amministratore delegato Rai, Giampaolo Rossi, e al direttore artistico di Sanremo, Carlo Conti: nell’edizione 2026 del Festival di Sanremo non occupatevi di disabilità. Non invitate persone con disabilità sul palco, a meno che in gara non ci sia un cantante con disabilità, ovviamente. Niente monologhi, niente celebrazioni, niente testimonianze. Niente.
Chiediamo che il Festival di Sanremo si prenda “un anno sabbatico” dalla disabilità. E che, approfittando di questa pausa, gli autori del Festival si prendano il tempo per studiare e informarsi meglio su questo tema, ascoltando – ad esempio – le parole di Franco Bomprezzi e il Ted Talk della giornalista inglese Stella Young (I’m not your inspiration, thank you very much).
Li invitiamo a parlare con i giornalisti che si occupano da anni di questi argomenti e lo fanno con grande attenzione alle parole e alla rappresentazione delle persone con disabilità. Li invitiamo a confrontarsi con le Associazioni di persone con disabilità, siamo qui anche per questo.

*Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie).

Sul medesimo tema qui trattato, segnaliamo anche, sulle nostre pagine, il testo Teatro Patologico: attori e attrici, non persone che “soffrono di disabilità”! (a questo link).

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Un corso teorico pratico sulla respirazione glossofaringea nella distrofia muscolare

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Si terrà il 22 febbraio ad Ancona, organizzato dalla Fondazione Dr. Dante Paladini, il corso teorico pratico sul tema “Respirazione glossofaringea (GPB): risorsa naturale per l’autonomia ventilatoria nella persona affetta da distrofia muscolare con insufficienza respiratoria restrittiva”

Ci sono ancora posti disponibili per il corso teorico pratico sul tema Respirazione glossofaringea (GPB): risorsa naturale per l’autonomia ventilatoria nella persona affetta da distrofia muscolare con insufficienza respiratoria restrittiva, organizzato dalla Fondazione Dr. Dante Paladini di Ancona, in programma per il 22 febbraio presso l’Hotel Europa del capoluogo marchigiano.
Coordinatore scientifico dell’iniziativa sarà Carlo Bianchi, consulente e vicepresidente della UILDM di Varese (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e interverrà anche Michela Coccia, direttore clinico del Centro NeMO Ancona (NeuroMuscular Omnientre). Nella seconda parte del corso, inoltre, è prevista una larga finestra di pratica con alcuni pazienti. (S.B.)

Per il programma dettagliato e l’iscrizione, fare riferimento a cliccare questo link. Per ulteriori informazioni: info@fondazionepaladini.it.

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