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“Un progetto di vita sostenibile, tra lavoro e autonomia abitativa”: se ne discuterà a Pisa

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Si terrà il 27 febbraio a Pisa, promosso dal locale Coordinamento Etico dei Caregivers, il convegno sul tema “Dall’eccezione alla quotidianità: un progetto di vita sostenibile, tra lavoro e autonomia abitativa”

Si svolgerà a Pisa, il prossimo 27 febbraio, Dall’eccezione alla quotidianità: un progetto di vita sostenibile, tra lavoro e autonomia abitativa, convegno promosso dal locale Coordinamento Etico dei Caregivers.
Il progetto di vita individuale personalizzato e partecipato è uno degli aspetti disciplinati dal Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge 227/21 (Legge Delega al Governo in materia di disabilità), che è attualmente in fase di sperimentazione. L’evento si propone come un momento di approfondimento, dibattito e confronto per costruire una prospettiva concreta.

Come accennato, l’incontro si terrà il prossimo giovedì 27 febbraio (ore 17), e sarà ospitato nella Sala Borsa Merci della Camera di Commercio Toscana Nord Ovest (Piazza Vittorio Emanuele II) a Pisa.
I lavori saranno moderati da Gian Luigi Ferrari dell’Università di Pisa e introdotti da Maria Antonietta Scognamiglio, presidente del Coordinamento Etico dei Caregivers. A seguire, il tema Caregivers: esperienze e prospettive sarà sviluppato da Michela Silvestri (psicologa), Stefania Costantini (educatrice) e Alessandra Greggio (agronoma), mentre il compito di trattare l’argomento Oltre lo spazio individuale: strumenti del territorio e dimensione sociale è stato affidato a Serafina Vella (dell’ARTI, la Rete dei Centri per l’Impiego della Regione Toscana), Marco Michelucci (della Cooperativa Aforisma), Stefano Carboni (della Cooperativa Arnera), Anna Catrozzi e Alice Sensi (della Società della Salute della Zona Pisana).
Le conclusioni, infine, saranno tratte da Alessandra Nardini, assessora della Regione Toscana all’Istruzione, ai Centri per l’Impiego e alla Formazione Professionale, da Serena Spinelli, assessora della Regione Toscana al Welfare e all’Integrazione Socio-Sanitaria, e dalla già menzionata Antonietta Scognamiglio. (Simona Lancioni)

 

 

Per ulteriori informazioni: info@caregiverspisa.it.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Moda adattiva, quando l’abito abbatte le barriere

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«Ci sono almeno cinque direttrici di diversità che sono state a lungo escluse dal mondo della moda e che, anche per effetto di azioni di attivismo crescente, hanno cominciato a farsi strada, chiedendo di essere considerate, a tutti i livelli: età, etnia, forma (taglia), genere e infine disabilità»: lo si legge nel testo “Tu es canon. Pour une manifeste de la mode inclusive” (“Oltre il canone. Manifesto della moda inclusiva”). Entriamo dunque ad esplorare il mondo della moda adattiva

Il primo germoglio della moda adattiva si trova alla metà del secolo scorso negli Stati Uniti, con i capi studiati per i reduci di guerra che per le sopraggiunte necessità dovute ai traumi subiti nel conflitto, avevano bisogno di un abbigliamento più pratico. Pratico e basta, non conforme ai gusti personali, non un vestito, ma un’“uniforme” che doveva assolvere soltanto al compito di essere comoda da indossare e togliere, senza concessioni alla bellezza.
Negli Anni Cinquanta, sempre negli USA, arrivò il primo marchio, Functional Fashions, impegnato specificatamente nell’ideazione di capi inclusivi. Bisogna aspettare quarant’anni per la scossa che accese i riflettori sul diritto di ogni uomo e ogni donna di sentirsi a proprio agio indossando un abbigliamento sia confortevole che bello, con il quale esprimere la propria personalità. Nel 1998, infatti, Alexander McQueen fece sfilare in passerella l’atleta paralimpica Aimée Mullins con indosso protesi in legno da lui intagliate, la prima top model con disabilità.
Lo stesso anno sempre McQueen sfidò di nuovo le convenzioni sul magazine «Dazed and Confused», con n numero speciale intitolato Fashion Able?, dove i soggetti presentati erano persone con disabilità, tra cui di nuovo Aimée Mullins e il ballerino David Toole al quale erano state amputate le gambe a causa di una malformazione. Nelle parole che accompagnavano il servizio fotografico si sottolineava come l’ambiente della moda tramandasse un ideale di bellezza irrealistico, mentre avrebbe dovuto essere uno spazio e un veicolo di inclusione, una rappresentazione delle “diversità”.
Il “manifesto” dell’Adaptive Fashion, anglicismo che sta appunto per “moda adattiva”, era scritto. Non si parlava ancora apertamente di coniugare nel concreto lo stile alla vestibilità, ma queste iniziative misero in luce le esigenze delle persone con disabilità, una “fetta di mercato” fino ad allora non considerata.

Sono passati più di due decenni e questo comparto della moda è cresciuto, arrivando ad un volume d’affari globale di 350 miliardi di dollari nel 2023. Una cifra che non deve stupire, visto che solo in Italia 3 milioni di persone hanno una disabilità e se ci allarghiamo ai cinque continenti arriviamo al 16% della popolazione mondiale.
Dietro l’abbigliamento adattivo c’è ricerca estetica che segue le tendenze della moda e ricerca funzionale per trovare accorgimenti in grado di agevolare la vestizione di persone con disabilità diverse, permanenti o temporanee. Per questo troviamo scarpe che calzano senza bisogno di stringhe da allacciare, capi senza cuciture o con etichette semplici da rimuovere, pantaloni con passanti in vita, maniche che si infilano con facilità, bottoni a pressione o magnetici, vestiti “accorciati” per chi si muove in sedia a rotelle e rischia di impigliare l’abito nelle ruote, cerniere magnetiche o apribili con una sola mano e dotate di grandi linguette per essere facilmente afferrabili, ampie aperture del collo, ma anche tasche nascoste per i tubi dell’alimentazione, le stomie o i cateteri.

Appurato che anche l’abbigliamento può essere una barriera da superare, quanto è diffusa questa consapevolezza tra le persone con e senza disabilità? Se lo è chiesto Zalando, noto sito di vendita online di moda, che ha lanciato l’anno scorso la sua prima collezione di abbigliamento sportivo adattivo, sviluppata per e con il contributo diretto di persone con disabilità che praticano sport, avvalendosi anche della collaborazione di Ottobock, leader nel settore delle protesi e degli ausili. Un impegno iniziato nel 2022 con una selezione di abbigliamento, calzature e accessori prodotti con attenzione alla funzionalità e al design, divenuto concreto con speciali filtri che consentono una migliore scelta degli articoli online, grazie a immagini dettagliate e chiare descrizioni che oggi prosegue con una ricerca condotta dall’istituto di ricerca YouGov su 1.500 italiani, tra cui oltre 200 con disabilità, per capire quale sia il grado di conoscenza della moda adattiva.
Primo dato: l’81% degli intervistati non sa cosa sia. Un po’ meglio tra le nuove generazioni che mostrano una maggiore sensibilità verso l’argomento. A sorprendere è il fatto che il 70% delle persone con disabilità non abbia mai sentito parlare di moda adattiva, il che sottolinea le sfide che dovranno affrontare l’industria e il commercio del settore. Soltanto il 21%, infatti, è stato in grado di menzionare esempi di aziende che già offrono articoli di abbigliamento e accessori accessibili.
La moda è considerata il terzo campo meno inclusivo per le persone con disabilità (24%), dietro a trasporti (50%) e urbanistica (44%). Alla domanda su quali caratteristiche dovrebbe avere una collezione di moda adattiva, il 36% ritiene importante la descrizione dei prodotti che metta in evidenza le caratteristiche “speciali” dei capi, il 20% desidera una selezione ampia e variegata, il 19% prezzi abbordabili e testimonial con esperienza diretta della disabilità (15%). Di contro, i principali limiti evidenziati sono la poca consapevolezza dei brand (41%) e i costi elevati (38%). Il 60% ritiene che la moda adattiva non sia esclusiva delle persone con disabilità, ma che lo sviluppo di essa potrebbe essere utile per tutte le fasce di età, pensando ad esempio alle persone anziane che hanno difficoltà di movimento.
Come canali di acquisto di abbigliamento adattivo, il digitale è scelto dal 35% dei rispondenti, particolarmente apprezzato per la possibilità di evitare negozi affollati e non sempre accessibili. Per le persone con disabilità gli eventi e le sfilate rappresentano il canale più adatto per conoscere la moda adattiva (37%), a cui seguono i social media (32%), i testimonial (31%) e i media tradizionali (28%).
La ricerca evidenzia inoltre una fiducia diffusa in merito al futuro, tanto che il 58% ritiene che sempre più aziende negli anni a venire proporranno capi di questa tipologia, un dato che aumenta al 67% tra i più giovani e arriva al 69% per le persone con disabilità intervistate.
Tra le strategie che potrebbero rendere la moda adattiva più visibile, al primo posto vi sono le recensioni online di persone con disabilità che mostrano l’uso dei capi (30%), seguono comunicazioni mirate da parte delle aziende (26%) e la creazione di un’area dedicata sui siti dei brand e della vendita online (18%).

Il potere della moda al servizio della disabilità, ovvero una domanda centrale: perché si crede che le persone con disabilità non siano interessate alla moda? Il punto chiave è che se si vuole che il fashion sia inclusivo bisogna dare la parola ai diretti interessati.
È quello che hanno fatto Elisa Fulco, storica dell’arte contemporanea che si occupa di responsabilità sociale d’impresa e di inclusione sociale attraverso la cultura, Teresa Maranzano, che dal 1999 al 2008 ha diretto l’Atelier di pittura del Centro di riabilitazione psichiatrica Fatebenefratelli di San Colombano al Lambro (Milano) e che attualmente lavora per l’Associazione ASA-Handicap Mental di Ginevra, e Roberta Paltrinieri, professoressa ordinaria di Sociologia dei Processi Culturali e Creativi presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, di cui è anche vicedirettrice.
Insieme hanno redatto Tu es canon. Pour une manifeste de la mode inclusive (“Oltre il canone. Manifesto della moda inclusiva”), un testo che è un lavoro collettivo portato avanti da venti persone di ASA-Handicap Mental, provenienti da luoghi diversi, con differenti disabilità o senza disabilità, che si sono interrogate su una pluralità di temi, mettendo al centro i bisogni e i desideri degli individui. Il manifesto, disponibile in formato ebook, edito da FrancoAngeli e scaricabile gratuitamente a questo link, ricostruisce la storia e le origini della moda adattiva, confrontandosi con i meccanismi di inclusione e di esclusione portati avanti con l’imposizione di canoni estetici costrittivi. In esso si racconta come rappresentazione delle differenze, attivismo, equità, partecipazione e co-progettazione siano alla base di un processo di revisione in corso anche all’interno delle scuole di moda.
Grazie alle testimonianze delle persone con disabilità, Tu es canon trasmette con chiarezza perché il diritto allo stile sia da considerarsi un diritto primario e universale che accomuna tutti e tutte. «Le persone con disabilità affrontano molte barriere nella loro vita e l’abbigliamento non dovrebbe essere una di queste. Non vogliamo vivere in un’uniforme di pantaloni da jogging e magliette, ma spesso non abbiamo scelta», parola di Victoria Jenkins, fondatrice nel 2016 del marchio Unhidden, il primo brand di moda adattiva a far parte del British Fashion Council.
Victoria, ambasciatrice di Models of Diversity e co-fondatrice di No Comment Required, una linea di abbigliamento incentrata sulla rappresentazione positiva delle persone con problemi di salute mentale e disabilità, ha di recente collaborato alla creazione di 49 capi inclusivi a un prezzo accessibile, disponibili da gennaio di quest’anno presso 31 negozi Primark, azienda irlandese con punti vendita di abbigliamento in numerosi Paesi europei, tra cui l’Italia, e negli Stati Uniti. Questa collezione si basa sul successo della biancheria intima adattiva Primark, lanciata nel 2024, e la campagna promozionale presenta modelle con disabilità.

In conclusione, la moda fornisce un punto di vista privilegiato per parlare di inclusività a tutto tondo e non a caso è stato uno dei primi àmbiti in cui si sono viste persone di diverse etnie, e aspettative rispetto al corpo che si sono evolute, accogliendo ad esempio modelle dalle forme morbide. Come si evidenzia nella prefazione di Tu es canon, «ci sono effettivamente almeno cinque direttrici di diversità che sono state a lungo escluse dal mondo […] della moda e che, anche per effetto di azioni di attivismo crescente, hanno cominciato a farsi strada, chiedendo di essere considerate, a tutti i livelli: età, etnia, forma (taglia), genere e infine disabilità. Parlare di inclusione e di diritti della moda […] significa appunto considerarla come un fenomeno in cui i bisogni, le aspirazioni, il desiderio di riconoscimento che devono potersi esprimere non sono solo quelli del canone dominante, ma che anzi quest’ultimo va ridefinito in modo inclusivo».

*Direttrice responsabile di Superando.

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Il diritto all’inclusione non è una concessione, ma un principio fondamentale che riguarda tutti e tutte

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«Desideriamo esprimere la nostra solidarietà – scrivono dall’Associazione sammarinese Attiva-Mente – alle persone con disabilità degli Stati Uniti, che da queste settimane vivono con molte meno certezze riguardo alle tutele dei loro diritti. E lo facciamo gridando con fermezza che il diritto all’inclusione non è una concessione, ma un principio fondamentale che riguarda tutti e tutte. Difenderlo significa costruire una società più giusta e rispettosa della diversità» L’americano Edward (Ed) Verne Roberts (1939-1995) è stato la prima persona con grave disabilità a frequentare l’Università di Berkeley in California ed è riconosciuto come uno dei “padri” del movimento mondiale per i diritti e la vita indipendente delle persone con disabilità

Desideriamo esprimere la nostra solidarietà alle persone con disabilità degli Stati Uniti, che da queste settimane vivono con molte meno certezze riguardo alle tutele dei loro diritti.
Da decenni, il Programma DEI (Diversity, Equity and Inclusion) rappresenta un pilastro della sicurezza sociale americana, sia a livello nazionale che internazionale. Si tratta di un insieme di strumenti concreti per garantire pari opportunità e abbattere le barriere che limitano milioni di cittadini negli Stati Uniti e, attraverso l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), per sostenere le comunità più vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo. Oggi, queste comunità si ritrovano improvvisamente senza sostegni fondamentali persino per la loro sopravvivenza. A loro va tutta la nostra solidarietà.
Le iniziative del DEI, da cui per altro dipendono migliaia di funzionari e impiegati, mirano a ridurre le disuguaglianze sistemiche in settori fondamentali come l’istruzione, la sanità e l’occupazione, fornendo soluzioni mirate alle diverse esigenze delle comunità.
Tutto questo è gravemente minacciato. Il 20 gennaio scorso, infatti, nel suo primo giorno in carica, il presidente degli Stati Uniti Trump ha emesso un ordine esecutivo che smantella significativamente questi strumenti e, successivamente, un altro che congela (si spera momentaneamente) i fondi federali a favore dell’inclusione delle persone statunitensi con disabilità.

Questa notizia sconcerta e desta molta preoccupazione, se pensiamo che proprio negli Stati Uniti sono partite le rivendicazioni per i diritti delle persone con disabilità, portate avanti con grande coraggio sin dagli Anni Settanta – come le storiche proteste all’Università di Berkeley in California per la Vita Indipendente –divenute poi vere e proprie leggende, modelli di riferimento globale per l’inclusione e l’accessibilità.
Non solo: Trump ha insinuato che le politiche di inclusione lavorativa possano avere influito sul recente incidente aereo avvenuto a Washington, attribuendolo – senza alcuna prova – alla presenza di controllori di volo con disabilità.
Così facendo, non si fa altro che alimentare intenzionalmente i pregiudizi e distorcere il dibattito sull’inclusione, trasformando chi chiede pari opportunità in un facile bersaglio.

La storia ci insegna che le persone con disabilità sono spesso le prime vittime delle politiche discriminatorie e dei regimi autoritari. Lo storico tedesco naturalizzato statunitense Henry Friedlander sottolineava come l’esclusione nazista non nacque all’improvviso, ma si sviluppò progressivamente, attraverso una sistematica opposizione all’uguaglianza. La strategia era chiara: insinuare l’idea che alcune vite fossero un peso per la società, fino a giustificarne la marginalizzazione.
Solo pochi giorni fa, in occasione del Giorno della Memoria del 27 gennaio, avevamo pubblicato una riflessione sul valore della dignità umana. Ricordavamo come la negazione della dignità sia sempre il primo passo verso l’esclusione e la discriminazione. Oggi ci troviamo di fronte a un nuovo vergognoso attacco a questo principio fondamentale.

Le barriere che incontrano le persone con disabilità non sono solo fisiche, ma anche culturali ed economiche. Abbatterle significa eliminare i pregiudizi attraverso politiche concrete: investire in accessibilità, fornire strumenti adeguati, garantire ambienti inclusivi per la scuola, il lavoro, la socialità, la vita pubblica e così via. Piuttosto che affrontare seriamente queste sfide, si preferisce invece creare alibi, per eludere le responsabilità e trasformare la questione in una disputa politica.
L’indignazione, tuttavia, sembra essere merce rara. Salvo poche eccezioni, infatti, ancora più allarmante è il silenzio che accompagna questo doppio attacco del Presidente degli Stati Uniti. Un silenzio che, purtroppo, si riflette anche nella nostra realtà sammarinese, dove abbiamo atteso che qualcuno intervenisse, confidando che almeno su temi di tale rilevanza si levasse una voce di denuncia da parte della politica, dei sindacati, e da parte di chi, a qualsiasi livello, dovrebbe difendere i principi di uguaglianza e giustizia sociale.
Sottovalutando vicende di questa natura, si rischia di invertire il cammino verso una società realmente inclusiva e non abilista, consentendo ai pregiudizi di radicarsi ancora di più.
Pertanto, nel ribadire la nostra solidarietà, gridiamo con fermezza che il diritto all’inclusione non è una concessione, ma un principio fondamentale che riguarda tutti e tutte. Difenderlo significa costruire una società più giusta e rispettosa della diversità.

*Attiva-Mente è un’Associazione della Repubblica di San Marino (contatto@attiva-mente.info).

Sui temi trattati dal presente contributo di riflessione, segnaliamo, sulle nostre pagine, i seguenti testi:
° Una diffamazione collettiva di tutte noi persone con disabilità di Salvatore Nocera.
° “Vite indegne” e “silenzio assordante”, due pericolosi ossimori di Stefania Delendati.
° A chi accosta la disabilità all’incompetenza rispondiamo con la foto di una deputata spagnola con disabilità.
° L’Unione Europea finanzi le organizzazioni di persone con disabilità colpite dai tagli USA!
.
° L’Unione Europea non può colmare il vuoto lasciato da altri.

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Antonio Di Bella nuovo presidente dell’ANMIL

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Antonio Di Bella è stato eletto alla Presidenza Nazionale dell’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro), subentrando a Emidio Deandri, costretto ad abbandonare la carica per ragioni di salute Antonio Di Bella, nuovo presidente dell’ANMIL

«Farò del mio meglio per una carica che mi onora enormemente. Pur nelle difficoltà, interne ed esterne del momento, il dibattito nel nostro Consiglio Nazionale ha dimostrato la volontà di continuare a operare per preservare e potenziare il ruolo della nostra Associazione nella tutela delle vittime degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali, invalidi, orfani e superstiti, e portare avanti tutte le iniziative per la sicurezza e la prevenzione nei luoghi di lavoro la cui necessità è dimostrata anche dai dati relativi al 2024 resi noti dall’INAIL»: lo ha dichiarato Antonio Di Bella, dopo essere stato eletto alla Presidenza Nazionale dell’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro), subentrando a Emidio Deandri, costretto ad abbandonare la carica per ragioni di salute. (S.B.)

A questo link è disponibile un testo di approfondimento sulla notizia. Per altre informazioni: comunicazione@anmil.it.

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PEI e PDP: documenti obbligatori, ponti tra l’esclusione e la realizzazione

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Sono temi assai spesso presenti, sulle nostre pagine, quelli relativi al PEI (Piano Educativo Individualizzato) e al PDP (Piano Didattico Personalizzato), riguardanti studenti e studentesse con disabilità, DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento) o altri Bisogni Educativi Speciali. Ma ricapitolare il quadro complessivo non fa certo male e per questo diamo spazio al presente approfondimento di Marie Helene Benedetti, presidente dell’Associazione Asperger Abruzzo

Molte famiglie si trovano di fronte a un problema ricorrente: nelle scuole, alcuni docenti non rispettano l’obbligatorietà del PEI (Piano Educativo Individualizzato) o il Piano Didattico Personalizzato (PDP). Questa situazione non solo genera confusione, ma mette seriamente a rischio il diritto allo studio e all’inclusione degli studenti con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali (BES).

Cosa sono PEI e PDP?
Il PEI è un documento la cui obbligatorietà è sancita, per gli alunni con disabilità certificata, ai sensi della Legge 104/92. Esso definisce gli obiettivi educativi, gli strumenti compensativi e le misure dispensative necessarie per garantire un percorso scolastico adeguato e inclusivo.
Viene elaborato dal GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione) e, per legge, deve essere letto, firmato e applicato da tutti i docenti dell’alunno. Raccomandiamo sempre ai genitori di firmarlo previa integrale lettura, e se hanno dubbi sono tenuti a chiedere chiarimenti ai docenti stessi. Per legge i genitori devono anche partecipare materialmente alla stesura di questo documento.
A questo link sono disponibili le Linee Guida Ministeriali per il PEI.
Il PDP, poi, (Piano Didattico Personalizzato) è un documento che riguarda gli studenti con DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), come stabilito dalla Legge 170/10 e anche tutti gli alunni con BES (Bisogni Educativi Speciali), secondo la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012.
I BES comprendono tre grandi categorie: studenti con disabilità (che hanno un PEI), studenti con disturbi evolutivi specifici (come DSA, ADHD-Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, disturbi del linguaggio, funzionamento intellettivo limite), e studenti con svantaggio socio-economico, linguistico o culturale. Per questi ultimi, il Consiglio di Classe può decidere di attivare un PDP per garantire il supporto necessario. Inoltre, in situazioni di disagio, anche di natura psicologica o legata a difficoltà temporanee, il PDP può essere redatto anche in assenza di una diagnosi clinica.
Questo strumento permette di fornire agli studenti i giusti supporti per affrontare il percorso scolastico in modo sereno ed equo. Per legge, deve essere letto, firmato e applicato da tutti i docenti dell’alunno. Esso stabilisce le strategie didattiche personalizzate e gli strumenti compensativi e dispensativi per sostenere gli studenti nel loro percorso scolastico, evitando situazioni di svantaggio e garantendo pari opportunità.

Perché si redigono PEI e PDP?
L’obbligatorietà di PEI e PDP è fondamentale per garantire il diritto allo studio e prevenire situazioni di esclusione, frustrazione e demotivazione. Studenti con difficoltà di apprendimento o emotive possono trovarsi in seria difficoltà di fronte a prove non strutturate sulle loro necessità. L’assenza di strumenti adeguati può generare infatti un accumulo di stress che compromette il loro rendimento e la loro autostima.
PEI e PDP non sono “favori” concessi agli studenti, ma strumenti necessari per evitare che bambini e ragazzi vengano lasciati indietro. Il mancato rispetto di queste misure equivale a privare un alunno della possibilità di apprendere, con conseguenze spesso irreparabili sul suo futuro.

L’importanza dell’applicazione obbligatoria
Alcuni docenti, anziché applicare con serietà questi strumenti, mettono in dubbio – mai per iscritto, sempre verbalmente – le diagnosi rilasciate dal Servizio Sanitario Nazionale. Questo comportamento non è solo inaccettabile, ma è un abuso che mina la credibilità di professionisti qualificati e, soprattutto, compromette il futuro di studenti che già affrontano ostacoli enormi.
Ignorare l’obbligatorietà di PEI e PDP significa calpestare il diritto all’istruzione e la dignità di studenti che già lottano ogni giorno per stare al passo. Questi documenti, infatti, sono strumenti giuridici vincolanti e ogni docente è obbligato per legge a rispettarli. Ignorarli significa appunto violare il diritto allo studio e negare agli studenti con BES le stesse opportunità offerte agli altri.

Cosa fare in caso di inadempienza?
Se un insegnante o un’istituzione scolastica non applica il PEI o il PDP, i genitori possono tutelare i diritti dei propri figli attraverso diversi passaggi:
° Dialogo con gli insegnanti e il dirigente scolastico: a volte la mancata applicazione nasce da disinformazione. Un confronto può chiarire la situazione.
° Coinvolgimento del GLO o del Consiglio di Classe: nel caso del PEI, il GLO è l’organo deputato a monitorarne l’attuazione. Per il PDP, è il Consiglio di Classe.
° Segnalazione scritta alla scuola: è importante formalizzare le richieste via PEC per ottenere una risposta ufficiale.
° Ricorso all’Ufficio Scolastico Regionale (USR) o al Ministero dell’Istruzione e del Merito: in caso di violazioni gravi, si può presentare un esposto agli organi superiori.
° Supporto delle Associazioni: nello specifico, la nostra Associazione [Asperger Abruzzo, N.d.R.] fornisce assistenza alle famiglie e, se necessario, supporto legale per garantire il rispetto delle normative [ci si può rivolgere inoltre, tra gli altri, anche al Centro Studi Giuridici HandyLex della FISH o al Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della Federazione LEDHA, N.d.R.].

L’essenza dell’insegnamento
Un vero insegnante non è colui che porta avanti solo gli studenti eccellenti, ma chi sa far crescere tutti. La vera sfida della scuola non è premiare chi è già in grado di emergere, ma sostenere chi ha bisogno di più tempo, più strumenti, più comprensione. Rispettare dunque l’obbligatorietà di PEI e PDP è un dovere fondamentale delle istituzioni scolastiche e le famiglie hanno il diritto di esigerlo.
La consapevolezza è l’arma più potente per far valere questi diritti e trasformare l’inclusione da teoria a realtà.

Non esistono studenti che vogliono essere “gli ultimi”
Ogni bambino, ogni ragazzo, vuole essere bravo, vuole dimostrare di farcela. Se qualcuno smette di provarci, non è perché non abbia voglia, ma perché ha perso la speranza. Perché il mondo gli ha detto troppe volte che non vale abbastanza. Perché il massimo sforzo che mette nello studio non è mai sufficiente, e a un certo punto, semplicemente, si arrende.
PEI e PDP sono ponti tra la disperazione e la possibilità, tra l’esclusione e la realizzazione. Sono strumenti che decidono il futuro di questi studenti: un futuro in cui si sentono parte del mondo o uno in cui si sentono un fallimento.
L’inclusione non è un atto di benevolenza, è un diritto e quando una scuola lo dimentica, sta facendo qualcosa di gravissimo, sta cioè decidendo quali vite meritano di sbocciare e quali no. Ma nessuno ha questo diritto. Nessuno. Perché dietro ogni difficoltà c’è un potenziale inespresso che aspetta solo di trovare la sua strada.
Oggi questi studenti sono ragazzi. Domani saranno il mondo. E se non li aiutiamo adesso, sarà il mondo intero a perderli. 

*Presidente dell’Associazione Asperger Abruzzo.

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Disabilità e inclusione lavorativa: un “patto” tra investitori, aziende e terzo settore

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“Disabilità e lavoro, la sfida possibile”: l’evento organizzato da Azimut in collaborazione con il Ministero per le Disabilità ha stimolato il confronto tra pubblico, privato e Terzo Settore per costruire modelli di inclusione Il palco dei relatori all’incontro dell’11 febbraio a Roma

Approfondire strategie e modelli di collaborazione volti a favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Con questo obiettivo, l’evento Disabilità e lavoro: la sfida possibile, organizzato da Azimut in collaborazione con il Ministero per le Disabilità, ha riunito istituzioni, imprese ed enti del Terzo Settore, lo scorso 11 febbraio, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio a Roma (lo avevamo presentato a questo link).

«Se vogliamo crescere come comunità e come Paese dobbiamo investire nelle capacità di ogni persona – ha dichiaratlo per l’occasione la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli -. Valorizzare le potenzialità ed evitare di soffermarsi sui limiti è il primo passo per offrire opportunità a tutti e garantire la piena inclusione. È un tema molto attuale, l’Italia è l’unico Paese in Europa ad avere una legge sull’inclusione lavorativa, ma sono ancora tante le difficoltà da superare, tra cui il fatto che molte aziende non hanno sviluppato politiche e strategie in grado di sfruttare il valore di ogni persona».

La Fondazione Italiana Accenture ha presentato i risultati della ricerca denominata Persone con Disabilità e Lavoro: oltre le barriere – Dati e storie di inclusione lavorativa in Italia, mettendo in luce la situazione dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità attraverso un’analisi quantitativa su 100 aziende italiane e una disamina delle buone pratiche di collaborazione imprese-Enti del terzo settore.

A seguire, si è svolto il dibattito tra Marco Fazi, amministratore delegato di Azimut Capital Management SGR e gestore del fondo Az Fund 1 – Az Equity – Special Needs & Inclusion; Silvia Gabbioneta, Country Inclusion &Diversity Manager di Nokia Italia; Serena Porcari, aministratrice delegata della Fondazione Dynamo Camp; Andrea Bonsignori, presidente e fondatore di BreakCotto. Tale dibattito ha permesso di confrontare esperienze concrete e modelli di collaborazione tra finanza, imprese ed Enti del Terzo Settore. I partecipanti hanno sottolineato in particolare la necessità di un impegno congiunto per rendere il mercato del lavoro più accessibile.
Marco Fazi ha dichiarato: «L’incontro di oggi ha messo ulteriormente in evidenza come il lavoro non sia solo una fonte di reddito, ma un importante strumento di indipendenza e di miglioramento della qualità della vita per le persone con disabilità. La finanza può essere un potente motore di cambiamento, ma serve un patto tra investitori, aziende ed enti del terzo settore per trasformare il risparmio in un’opportunità concreta di inclusione».

Andrea Bonsignori, presidente e fondatore di BreakCotto ha affermato: «Breakcotto è onorata di partecipare a questa iniziativa, crediamo che l’unione tra multinazionali e terzo settore non sia un gesto di equity, ma una reale possibilità di “pensiero nuovo” per inglobare le qualità di tutti e che per anni sono stati ignorati. Un convegno che può davvero far cambiare punto di vista su questo tema sempre relegato al solo terzo settore».

L’incontro, che si è concluso con la testimonianza di due persone con disabilità sulla loro esperienza lavorativa, è stato dunque l’occasione per ribadire l’importanza di rafforzare il dialogo tra tutti gli attori coinvolti, con l’obiettivo di sviluppare soluzioni efficaci e sostenibili per l’occupazione delle persone con disabilità, e per sottolineare come l’inclusione lavorativa non sia solo un dovere sociale, ma anche un’opportunità per le aziende e un valore per tutta la comunità. (C.C.)

Per maggiori informazioni: Viviana Merotto (Gruppo Azimut), corporate.communications@azimut.it.

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Un incontro centrato sul libro “Le contraddizioni dell’inclusione”

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Il 20 febbraio a Lodi, il libro “Le contraddizioni dell’inclusione”, curato da Matteo Schianchi, sarà al centro di un incontro in cui lo stesso Schianchi dialogherà con Giovanni Merlo e con Francesco Chiodaroli sulle sfide e le implicazioni del lavoro nei servizi per la disabilità

Curato da Matteo Schianchi, ricercatore dell’Università Bicocca di Milano, Le contraddizioni dell’inclusione (mimesis, 2024) è un lavoro collettivo che raccoglie i contributi anche di Cristina Palmieri, Benedetto Saraceno, Carlo Francescutti, Stefano Onnis, Maria Turati, Edgar Contesini, Mario Paolini e Giovanni Merlo. Lo stesso Giovanni Merlo, direttore della Federazione lombarda LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) ne ha firmato recentemente una presentazione sulle nostre pagine.
Nel pomeriggio del 20 febbraio prossimo a Lodi (presso la Cooperativa Famiglia Nuova, Via Agostino da Lodi, 11, ore 17), il volume sarà al centro di un incontro in cui Matteo Schianchi dialogherà con Giovanni Merlo e con Francesco Chiodaroli, direttore della Fondazione Danelli di Lodi, sulle sfide e le implicazioni del lavoro nei servizi per la disabilità. A moderare l’incontro sarà Alessandro Manfredi, presidente della LEDHA. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@ledha.it.

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Sottoscriviamo (online) quella Proposta di Legge sull’amministrazione di sostegno!

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C’è una civilissima Proposta di Legge di riforma dell’amministrazione di sostegno cui servono 50.000 firme entro il prossimo mese di giugno. E da quest’anno si può anche sottoscriverla online. «Invito quindi tutti quanti la condividano – scrive Salvatore Nocera – a firmarla e a loro volta a rilanciare tale invito a un numero sempre maggiore di potenziali sottoscrittori» Oscar Alitta, “Liberation”, 1999 (©ArtMajeur by YourArt)

Su queste stesse pagine Simona Lancioni, responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa), ha ripetutamente richiamato l’attenzione di noi lettori sulla distorsione operata in troppi casi dalla Legge 6/04 sull’amministratore di sostegno. L’uso improprio di tale norma ha provocato effetti opposti a quelli per i quali era stata approvata. Infatti, il primo articolo di essa stabilisce che «la presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente».
La stessa legge, all’articolo 2, addirittura modifica la rubrica dell’apposito titolo del Codice Civile in cui era scritto «norme a tutela delle persone incapaci di agire», con la dizione più rispettosa «Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia». Malgrado tutto ciò, alcuni amministratori di sostegno non hanno rispettato la legge, violando la libertà delle persone da loro assistite e trovando anche il consenso di giudici tutelari.
Purtroppo casi del genere si sono ripetuti, pervenendo anche a situazioni eclatanti di cui anche Superando ha dato ampia notizia. Per questo motivo, da più parti e anche dalla FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e da Associazioni ad essa aderenti, è stata manifestata la volontà di apportare delle modifiche alla legge, riducendo la discrezionalità degli amministratori di sostegno.

Chi però è passato dalle parole ai fatti è stata l’Associazione Diritti alla Follia, che ha presentato una Proposta di Legge di iniziativa popolare proprio al fine di sollecitare un dibattito nel Paese e una piena presa di coscienza della necessità di modificare Legge 6/04. Certo, la procedura dell’iniziativa popolare è più lunga e complessa che far presentare una Proposta di Legge da parte di un parlamentare. Però, con questa iniziativa Diritti alla Follia sta facendo effettivamente prendere consapevolezza al Paese della necessità delle modifiche, invitando la gente a sottoscrivere la Proposta di Legge stessa.
La sottoscrizione l’anno scorso poteva avvenire solo in presenza e io sono tra quelli che l’hanno fatto presso il mio Municipio. Ma da quest’anno la sottoscrizione può avvenire online, tramite questo link ed è quindi molto più agevole per tutti. Come previsto dalla Costituzione, occorre raggiungere il numero di almeno 50.000 firme entro il mese di giugno prossimo. Pertanto mi unisco all’invito dell’Associazione Diritti alla Follia e a quello di Simona Lancioni affinché quanti condividono i contenuti della Proposta di Legge provvedano al più presto a sottoscriverla.

I contenuti della suddetta Proposta di Legge possono sinteticamente riassumersi come segue:
° Si impone che la richiesta provenga direttamente dal beneficiario, e che comunque il beneficiario debba avere un avvocato. Ciò in deroga alla normativa precedente, che riteneva possibile anche la richiesta senza la necessità di assistenza legale.
° Si stabilisce che l’incarico di amministratore di sostegno non sia assegnato ad avvocati che abbiano già altri incarichi simili. Ciò per evitare, come attualmente avviene, che questi cumulino decine di incarichi, occupandosi quindi solo degli aspetti strettamente economici e per nulla provvedendo alla qualità della vita dell’assistito, novità che invece è stata introdotta dalla Legge 6/04.
° Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno deve indicare tra l’altro la gratuità dell’incarico e i diritti che la presente novella al Codice Civile riconosce all’interessato. Questi sono aspetti innovativi rispetto alla Legge 6/04.
° L’amministrazione di sostegno può essere richiesta anche da un beneficiario minore o interdetto o inabilitato.
° Qualora i servizi sociosanitari ritengano opportuna o necessaria la nomina dell’amministratore di sostegno, debbono informare il beneficiario di tutti i diritti a lui spettanti.
° Prima che venga promosso ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno, deve essere esperito un tentativo di mediazione con la partecipazione diretta dell’interessato, ai sensi dell’articolo 5 del Decreto Legislativo 28/10. Anche questa è una novità tendente a coinvolgere direttamente l’interessato, cercando di evitare la nomina dell’amministratore di sostegno.
° L’interessato deve essere comunque informato degli effetti che l’amministrazione di sostegno produce rispetto alla sua capacità di agire, e non può essergli impedito di comunicare con l’esterno, se ricoverato in una RSA o RSD (Residenza Sanitaria Assistita o Residenza Sanitaria Disabili).
° Qualora la richiesta di nomina non provenga dall’interessato, essa deve essergli notificata a cura della cancelleria del giudice tutelare.
° «La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla volontà espressa o presunta del beneficiario, in rapporto alla cura ed agli interessi della persona», facendosi di tutto per «ricostruire la volontà del beneficiario» (articolo 6 della Proposta di Legge): Questa innovazione molto dettagliata sembra quasi dettata dallo spirito e dalla lettura di tante norme del Decreto Legislativo 62/24 sul Progetto di Vita Personalizzato e Partecipato.
° La persona già beneficiaria dell’amministrazione di sostegno può comunque sempre conferire mandato ad avvocati per la sua difesa in qualunque giudizio.
° Il beneficiario non può essere privato in nessun caso dei propri rapporti familiari. Ciò per contrastare episodi di privazione purtroppo verificatisi, con grave turbamento psicologico degli interessati.
° Vengono elencati in modo molto dettagliato, all’articolo 8, i doveri di informazione dell’amministratore di sostegno nei confronti del beneficiario, e di rispetto della sua volontà e dei suoi desideri.
° In caso di dissenso tra la volontà dell’interessato e quella dell’amministratore di sostegno, il beneficiario può ricorrere al collegio o al giudice tutelare. Questa norma sembra dettata dall’esperienza di casi assai penosi in cui persone sono state costrette a subire scelte imposte dall’amministratore di sostegno in totale spregio della volontà e dei desideri del beneficiario. La conferma di quanto detto si rinviene nei divieti fatti all’amministratore di sostegno, secondo i quali «in nessun caso, attraverso la procedura di cui al comma II, è possibile imporre al beneficiario decisioni che rientrino – in accordo alla legge 2009 n. 18 – nella sua sfera esclusiva di pertinenza. In nessun caso, in particolare, è possibile imporre al beneficiario una collocazione residenziale, l’assunzione di cure in difetto di consenso libero ed informato, limiti all’uso di qualsivoglia mezzo di comunicazione, limiti alla libertà di circolazione, preventive autorizzazioni al conferimento di mandato a legali per azioni giudiziarie – di qualsivoglia natura – a tutela dei propri diritti».
Questi princìpi sembrano chiaramente ricavati dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09, e in particolare dall’articolo 19 di essa (Vita indipendente ed inclusione nella società).
° È fatto obbligo all’amministratore di sostegno di giurare «di non trovarsi nelle condizioni di incompatibilità di cui all’art. 408, comma IV, c.c.» e di «preservare nella massima misura possibile l’autonomia e la libera scelta dell’interessato, in accordo alle sue aspirazioni e preferenze insindacabili».
° È previsto l’annullamento degli atti compiuti dall’amministratore di sostegno in violazione delle leggi e dei contenuti del decreto di nomina.
° Quando da parte del beneficiario o di chiunque altro, si ritiene che siano cessate le condizioni per la sussistenza dell’amministrazione di sostegno, si può chiederne la cessazione; in ogni caso ne è consentita la sostituzione.
° Vengono abrogate l’interdizione e l’inabilitazione, come richiesto, oltre che dalla contraddittorietà della logica con il nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno, anche dal Comitato ONU sulla verifica dell’attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Come si può vedere, le norme proposte sono dettagliatissime e sembrerebbero più contenute in un regolamento che in un atto legislativo. Ciò sembra essere voluto dai proponenti proprio per evitare il ripetersi di quanto successo di negativo nei fatti che vengono analiticamente dettagliati.
La logica che pervade la proposta di modifica sembra ispirarsi in modo radicale alla tutela massima della volontà “insindacabile” del beneficiario. In questo, come già detto, la Proposta di Legge sembra pienamente in linea con il Decreto Legislativo 62/24, secondo i princìpi chiaramente spiegati nel magistrale commento di Daniele Piccione alla Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, nel libro Costituzionalismo e disabilità (Giappichelli, 2023), la cui lettura è preziosa per comprendere questi orientamenti innovativi.
Può lasciare perplessi l’insindacabilità nei casi in cui la volontà del beneficiario possa essere anche dannosa nei confronti di se stesso, come pure può sembrare eccessivo l’obbligo di nominare comunque un avvocato difensore durante la procedura, anche perché non è previsto che esso sia nominato d’ufficio senza oneri a carico del beneficiario. Invece, è strano che tra le norme dettagliatissime non ne compaia una che sta creando problemi a molti genitori amministratori di sostegno, e cioè la nomina, da parte dei giudici tutelari e a spese dei genitori, di un contabile, per verificare la correttezza dei rendiconti annuali che gli amministratori di sostegno sono tenuti a fare. Se già per i genitori una rendicontazione dettagliatissima è un onere fastidioso, diviene ancora di più odioso il fatto di dover pagare il revisore dei propri conti. Ciò anche perché i giudici tutelari, in caso di rifiuto di pagamento di questo balzello, minacciano la revoca della potestà genitoriale, oltre che della nomina di amministratori di sostegno.
Comunque, di tutti questi aspetti si potrà giuridicamente parlare quando la Proposta di Legge depositata in Parlamento verrà assegnata ad una commissione per iniziare il proprio iter. In quella sede si potranno presentare emendamenti integrativi, chiarificatori e migliorativi al testo. Ma per far questo, è necessario che entro giugno, come detto, vengano raggiunte le 50.000 firme.
Quindi invito tutti quanti condividano questa civilissima Proposta di Legge a firmarla immediatamente online al link che riproponiamo qui, e a loro volta a rilanciare tale invito a un numero sempre maggiore di potenziali sottoscrittori. Il mio invito, ovviamente, è rivolto prioritariamente a tutte le Associazioni aderenti alla FISH e alle persone con disabilità e loro famiglie ad esse aderenti.

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Tra arte, natura e solidarietà: a Catania “Un cuore per la disabilità”

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Arte, natura e solidarietà: un connubio tutto all’insegna dell’inclusività, che animerà la giornata denominata Un cuore per la disabilità, in programma per il 16 febbraio presso l’Atelier nel Bosco, Polo per l’Infanzia di Catania, iniziativa aperta a tutti i bambini e le bambine con disabilità che verranno coinvolti in un laboratorio di pittura immersi nella natura. E insieme ad Atelier nel Bosco, protagonista dell’iniziativa sarà la Rete Italiana Disabili

Arte, natura e solidarietà: un connubio tutto all’insegna dell’inclusività, che animerà la giornata denominata Un cuore per la disabilità, in programma per domenica 16 febbraio (dalle 10.30), presso l’Atelier nel Bosco, Polo per l’Infanzia con sede a Catania (Via del Roveto, 7), iniziativa aperta a tutti i bambini e le bambine con disabilità che verranno coinvolti in un laboratorio di pittura immersi nella natura.
Insieme ad Atelier nel Bosco, protagonista dell’iniziativa sarà la Rete Italiana Disabili, per la quale Roberta Reitano, referente per la Sicilia, afferma: «In occasione del fine settimana che accoglie anche la festa di San Valentino, vogliamo celebrare l’amore nella sua totalità, ricordando che la bellezza di ognuno sta proprio nella sua straordinaria unicità».
«Questa iniziativa – spiega dal canto suo Graziella Messina, preside di Atelier nel Bosco – sarà un’occasione per creare insieme un mondo più accogliente e senza muri, una giornata figlia del progetto di inclusione sociale che la nostra scuola ha lanciato recentemente e che consiste nell’offrire assistenza gratuita a tutti i bambini con disabilità da 0 ai 6 anni».
«Ma non vogliamo fermarci qui – conclude -: il nostro percorso proseguirà infatti sulla strada verso la sensibilizzazione e l’educazione alla diversità, una strada molto lunga e piena di ostacoli, ma rispetto alla quale abbiamo le idee chiare su come percorrerla». (S.B.)

Ringraziamo Katiuscia Girolametti per la segnalazione.

Per ulteriori informazioni: ateliernelboscoinfanzia@gmail.com.

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In scena al Carignano di Torino i “Sei Personaggi in cerca d’autore” accessibili

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Quarto appuntamento della stagione (e primo del 2025), dal 18 al 23 febbraio, al Teatro Carignano di Torino, con il percorso ideato dal Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale, per consentire anche alle persone con disabilità sensoriale di assistere agli spettacoli mediante nuove tecnologie e materiali di approfondimento. In scena i “Sei Personaggi in cerca d’autore” da Luigi Pirandello, per la regia di Valerio Binasco Una scena dei “Sei Personaggi in cerca d’autore”, diretti da Valerio Binasco (foto di Virginia Mingolla)

Quarto appuntamento della stagione (e primo del 2025) per il percorso da noi regolarmente seguito, ideato già da alcuni anni dal Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale e sviluppato in collaborazione con il partner tecnologico PANTHEA e con l’Associazione +Cultura Accessibile, per consentire anche alle persone con disabilità visiva e sensoriale di assistere agli spettacoli mediante nuove tecnologie e materiali di approfondimento.
Accadrà da martedì 18 a domenica 23 febbraio, con il ritorno al Teatro Carignano dei Sei Personaggi in cerca d’autore da Luigi Pirandello, diretto da Valerio Binasco, accompagnato egli stesso in scena da Jurij Ferrini e da un folto cast di giovani interpreti, che rappresenteranno uno dei testi più noti più noti del Novecento sulle contraddizioni della scena e del teatro: l’incontro-scontro tra parole e regia, interpretazione e vita reale.
Si tratta, ricordiamo sinteticamente, della storia di una “famiglia spezzata”: un Padre, una Madre, il Figlio, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina, personaggi rifiutati dallo scrittore che li ha ideati, i quali chiedono che venga data loro vita artistica e sia messo in scena il loro dramma. Arte e vita, umanità e maschere che si fondono in un nucleo di interrogativi e riflessioni sul valore della rappresentazione e della nostra identità.

Come sempre, dunque, per questo tipo di rappresentazioni torinesi, lo spettacolo sarà corredato da sovratitoli in italiano e in italiano semplificato con descrizione dei suoni, attraverso l’uso di dispositivi forniti direttamente dal Teatro, ovvero smart-glasses (occhiali smart) o smartphone. All’inizio di ogni recita, inoltre, è prevista la trasmissione in sala di una breve audiointroduzione e verrà resa disponibile l’audiodescrizione in cuffia per tutta la durata dello spettacolo, fruibile attraverso smartphone, sempre messi a disposizione dal teatro.
E ancora, nel pomeriggio di venerdì 21 (ore 18), è previsto l’ormai tradizionale appuntamento gratuito con il tour descrittivo e tattile sul palcoscenico (previa prenotazione, entro il 20 febbraio, scrivendo a accessibilita@teatrostabiletorino.it).
Da ricordare, poi, che in una specifica sezione del sito internet del Teatro Stabile (a questo link), predisposta per la lettura da parte di applicazioni screen reader e con un plug-in facilitante, oltreché sulla app del Teatro stesso, sono disponibili alcuni materiali consultabili prima della fruizione dello spettacolo, ossia un video di approfondimento con audio, sottotitoli in italiano e in LIS (Lingua dei Segni Italiana), la scheda di presentazione dello spettacolo e un’ulteriore scheda con la trama semplificata.
Da segnalare infine che le persone con disabilità avranno diritto al biglietto ridotto e, in caso di necessità, l’accompagnatore potrà entrare gratuitamente. (S.B.)

A questo link è disponibile un approfondimento sullo spettacolo Sei Personaggi in cerca d’autore. Per ogni ulteriore informazione: accessibilita@teatrostabiletorino.it (Annalisa Greco).

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“Open Day inclusivi” sulle nevi della Paganella

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Torneranno il 15 febbraio e il 24 marzo sulle piste della Paganella, il territorio del Trentino ai piedi delle Dolomiti di Brenta, gli “Open Day inclusivi”, promossi da Visit Paganella, appuntamenti dedicati allo sci e alle attività outdoor sulla neve, che puntano a rendere le Dolomiti, dal 2009 Patrimonio dell’Umanità Unesco, un bene appartenente realmente a tutta la comunità, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche del singolo individuo Un’immagine degli “Open Day Inclusivi” sulla Paganella del 2023 (foto di Filippo Frizzera)

Dopo il successo dell’edizione 2024 e della prima data del gennaio di quest’anno, che ha consentito a venti persone con diverse disabilità fisiche e cognitive di vivere piacevoli momenti di svago, stanno per tornare in Trentino, sulle piste della Paganella, il territorio ai piedi delle Dolomiti di Brenta, gli Open Day inclusivi, promossi da Visit Paganella, appuntamenti dedicati allo sci e alle attività outdoor sulla neve, che puntano a rendere le Dolomiti, dal 2009 Patrimonio dell’Umanità Unesco, un bene appartenente realmente a tutta la comunità, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche del singolo individuo.

L’appuntamento è dunque per il 15 febbraio, con le lezioni gratuite di sci alpino rivolte a persone con disabilità e tenute dai maestri del comprensorio specializzati nell’insegnamento a persone con disabilità psicofisiche. L’esperienza, della durata di tre ore, partirà dal campo scuola Rindole di Andalo e si ripeterà il 24 marzo, quando sarà possibile partecipare anche a un’escursione a piedi o con le ciaspole in compagnia di una guida alpina esperta.

A supportare l’iniziativa la vittoria, lo scorso anno, del bando provinciale Trentino per tutti, grazie alla quale Visit Paganella ha potuto acquisire ausili quali il dualski, il monoski e gli interfono per lo sci inclusivo che saranno utilizzati durante gli Open Day. Senza dimenticare le collaborazioni con Sportfund — Associazione che da 35 anni si impegna a promuovere lo sport inclusivo —, Dolomiti Open, i maestri con pluriennale esperienza delle scuole di sci della Paganella, le guide alpine, gli accompagnatori di media montagna e le guide bike del territorio. (S.B.)

A questo link è disponibile un testo di ulteriore approfondimento. Per altre informazioni: Chiara Martignoni (chiara.martignoni@agenziapressplay.it).

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La capacità genitoriale relativa all’educazione dei figli : un progetto per fare rete tra scuola e famiglia

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L’Istituto Comprensivo Polo 2 “Renata Fonte” di Nardò (Lecce) ha elaborato il progetto “L’avventura è… diventare grandi”, che prevede tra l’altro un laboratorio di teatroterapia e di educazione affettiva e relazionale. Il tutto è molto apprezzato dagli alunni e dalle alunne, rivelandosi di grande utilità anche per gli alunni e le alunne con disabilità. L’obiettivo dell’iniziativa è anche quello di creare una vera rete tra scuola e famiglia

La capacità genitoriale relativa all’educazione dei figli attualmente viene criticata e discussa in vari àmbiti, soprattutto in quello scolastico, ma anche da parte di varie figure professionali. Educare è un progetto di vita che prevede un accompagnamento dei genitori ai propri figli al fine di consentire loro una crescita proiettata verso l’autonomia. Questo richiede competenze specifiche da parte dei genitori, che però spesso non hanno e, di conseguenza, c’è una carenza a livello educativo. È necessario, quindi, che i genitori stessi vengano aiutati a svolgere il loro compito educativo attraverso un percorso di formazione a loro dedicato.
A tal proposito, l’Istituto Comprensivo Polo 2 “Renata Fonte” di Nardò, in provincia di Lecce, diretto da Mariagiuditta Leaci, ha elaborato, nell’ambito di Intesa Famiglia 2021 (Il Melograno- Medihospes), il progetto denominato L’avventura è… diventare grandi, coinvolgendo cinque classi quarte e tre seconde classi di scuola primaria.

Si parla di una “scuola pilota” e le attività prevedono un laboratorio di teatroterapia e di educazione affettiva e relazionale, finanziato dall’Ambito Territoriale di Nardò 3, che viene condotto da una teatroterapeuta e da due psicologhe, in orario antimeridiano. Il tutto è molto apprezzato dagli alunni e dalle alunne, rivelandosi di grande utilità anche per gli alunni e le alunne con disabilità. È un nuovo e più gratificante modo di fare scuola, perché potenzia la creatività, la fantasia, le relazioni e soprattutto l’inclusione: i bambini sono molto più sereni e ciò si ripercuote positivamente sulle attività didattiche. L’obiettivo del progetto è anche quello di creare una vera rete tra scuola e famiglia.

Determinante – e straordinario – in questo progetto, è il lavoro di squadra: insegnanti, psicologhe, pedagogista, teatroterapeuta si incontrano, discutono, programmano, dunque lavorano tutti e tutte per un obiettivo comune, non perdendo mai di vista i bambini, futuri cittadini del domani.
Inoltre, è previsto un incontro con i genitori degli alunni due volte al mese, condotto da una psicologa e da una pedagogista, avendo quale finalità un percorso educativo alla genitorialità. Nello stesso tempo si invitano i genitori a palesare quali difficoltà incontrino nella gestione dei loro figli e si suggeriscono  possibili strategie per superarle.

Nel frattempo l’Ambito Territoriale Sociale Nardò 3, di intesa con la Cooperativa Socioculturale, nella persona di Maria Grazia Sodero, dirigente dell’Ambito Territoriale stesso, ha attivato dal 16 gennaio scorso, presso la propria sede (Via Giovanni Falcone, 1, Nardò) uno Sportello Ascolto, gestito da psicologhe e assistenti sociali, spazio aperto alle famiglie, in cui confrontarsi e ricercare insieme strategie operative volte a sostenere la crescita dei propri figli. Le famiglie che lo vorranno potranno accedervi gratuitamente.

*Componente dell’AIPD di Lecce (Associazione Italiana Persone Down).

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