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A Torino nasce “Open Book Club”, un club del libro accessibile

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Nasce a Torino, nello spazio della Fondazione Time2, “Open Book Club”, gruppo di lettura accessibile: un’occasione per una lettura condivisa, ma anche «un gruppo di advocacy e mutuo aiuto, per persone con e senza disabilità, che vogliano iniziare o ricominciare a leggere con costanza, proponendosi così come luogo di incontro, partecipazione e ascolto»

Nasce a Torino, nello spazio Open della Fondazione Time2, Open Book Club, gruppo di lettura accessibile, pensato per accogliere ogni diversità e garantire risorse e modalità di partecipazione che possano rendere praticabile per chiunque l’esperienza della lettura condivisa.
Tramite la scelta di titoli e autori presenti sul mercato sia nella forma cartacea, sia nella versione ebook e audiolibro, l’iniziativa si propone non solo come occasione per una lettura condivisa, ma anche «come gruppo di advocacy (tutela) e mutuo aiuto, per persone con e senza disabilità, che vogliano iniziare o ricominciare a leggere con costanza, proponendosi così come luogo di incontro, partecipazione e ascolto», come si legge in una nota.
Un appuntamento, per altro, pensato per tutte le persone a prescindere dalla confidenza che si ha con la lettura: il Book Club della Fondazione Time2 è ideato infatti per essere fruibile e garantire gli strumenti di accessibilità che permettano la piena partecipazione di tutti e tutte, anche a chi si imbatte in barriere nella lettura.

L’iscrizione a Open Book Club è gratuita: in fase iniziale ogni partecipante riceverà un “kit di lettura”, pensato appositamente dalla Fondazione Time2, contenente una tessera di partecipazione e un righello per facilitare la lettura. Il tutto è organizzato in collaborazione con la Libreria Binaria del Gruppo Abele, che offre alle persone iscritte all’Open Book Club uno sconto del 5% sull’acquisto dei libri.

Durante il primo incontro verrà consegnata a ogni persona iscritta una scheda del libro facilitata, inoltre sarà possibile far parte di un gruppo Whatsapp dedicato alla discussione del volume in fase di lettura e volto a organizzare incontri informali presso la sede di Open (Corso Stati Uniti, 62/b, Torino), per leggere e/o ascoltare insieme il libro in vista dell’incontro finale. Quest’ultimo appuntamento avverrà a cadenza bimestrale, così da poter permettere a tutte le persone iscritte il tempo necessario per leggere o ascoltare il libro.
Il tema che guiderà questa prima esperienza dell’Open Book Club sarà Passaggi di Vita: ovvero il passaggio all’età adulta, affrontato e discusso in modo intersezionale.
In tale ottica, il primo libro selezionato per la lettura è Intermezzo, l’ultimo romanzo della scrittrice irlandese Sally Rooney. Alla discussione finale (12 marzo, ore 18.30), sempre nello spazio Open di Corso Stati Uniti 62/b a Torino, parteciperà il traduttore del volume Norman Gobetti. (C.C.)

Per ulteriori informazioni: Silvia Bellucci (silviabellucci@live.it).

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Convocare l’Osservatorio, per un confronto stabile e operativo sull’inclusione scolastica

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«Bene – secondo la Federazione FISH – lo stanziamento di risorse per le scuole paritarie e tuttavia, stanziamenti di somme senza un’analisi approfondita sui problemi strutturali dell’inclusione scolastica rischiano di diventare mere operazioni simboliche. È indispensabile dunque che l’Osservatorio Permanente per l’Inclusione Scolastica, recentemente ricostituito, sia convocato al più presto, perché serve un confronto stabile e operativo per affrontare le tante criticità ancora presenti»

«La scuola inclusiva non può rimanere solo un obiettivo teorico. Bene questo stanziamento di risorse per le scuole paritarie, ma è indispensabile che l’Osservatorio Permanente per l’Inclusione Scolastica, recentemente ricostituito, sia convocato al più presto. Serve infatti un confronto stabile e operativo per affrontare le tante criticità ancora presenti: dal sostegno didattico alla formazione dei docenti, fino all’accessibilità degli spazi e alla continuità educativa»: così Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), commenta la notizia dello stanziamento di 163 milioni e 400.000 euro da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito, destinati alle scuole paritarie, «somma – si legge in una nota diffusa dalla Federazione – che rappresenta un passo importante verso il rafforzamento del diritto all’inclusione e alla qualità educativa degli studenti e delle studentesse con disabilità, riconoscendo l’importanza di garantire pari opportunità di apprendimento e partecipazione per tutti e tutte».
«E tuttavia – aggiungono dalla FISH -, è necessario portare l’attenzione su una realtà complessa e contraddittoria. Pur essendo infatti la normativa sull’inclusione italiana tra le migliori in Europa e al mondo, il problema non risiede nei principi legislativi, ma nella loro applicazione concreta. A livello ministeriale, sembra mancare una chiara comprensione di quanto questa situazione possa risultare dispersiva, sia in termini di risorse umane che economiche. Ogni giorno affrontiamo situazioni di estrema discriminazione, soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado, dove i ragazzi e le ragazze con disabilità non sempre vengono accolti nelle aule e rischiano di essere esclusi dalle attività scolastiche. Inoltre, quando supportiamo le scuole nella creazione di progetti formativi per insegnanti, è frustrante constatare che spesso gli educatori più preparati non possono garantire la necessaria continuità, a causa di un sistema di assegnazione obsoleto che ignora la continua necessità di stabilità per gli studenti».

«Anche i materiali e le strumentazioni acquistati tramite il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) – proseguono dalla FISH -, pensati per facilitare l’inclusione, spesso rimangono inutilizzati, chiusi negli armadi, perché il personale docente non è adeguatamente formato per utilizzarli. Gli istituti scolastici necessitano di un monitoraggio costante per garantire il rispetto delle regole e delle tempistiche previste dalla legge, assicurando così un percorso educativo dignitoso per gli studenti e le studentesse con disabilità».

«Stanziamenti di somme senza un’analisi approfondita sui problemi strutturali dell’inclusione scolastica – è la conclusione – rischiano di diventare mere operazioni simboliche, invece di produrre cambiamenti tangibili. È fondamentale, pertanto, che le Istituzioni ascoltino le esigenze reali delle famiglie e degli studenti/studentesse con disabilità». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it.

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Violenze e soprusi nelle RSA: non un fatto eccezionale, ma sistemico

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«La segregazione non è riconducibile ad un luogo specifico ma ad una logica», osserva, tra le altre cose, Marta Migliosi, prendendo spunto da una recente vicenda di maltrattamenti ai danni di diverse persone anziane avvenuta in una Residenza Sanitaria Assistita del Viterbese, ma allargando la riflessione al tema dell’istituzionalizzazione delle persone con disabilità

Titolo: C’è un grosso caso di maltrattamenti in una RSA vicino a Viterbo. Occhiello: Tre dipendenti sono stati arrestati con l’accusa di aver commesso gravi abusi su 21 persone anziane residenti a Villa Daniela, a Latera. Così, il 22 gennaio scorso, la testata «Il Post» rilanciava una notizia di cronaca (fruibile a questo link), divulgata anche da altri media e agenzie di informazione.
La vicenda è quella che riguarda la RSA (Residenza Sanitaria Assistita) Villa Daniela di Latera, un Comune in provincia di Viterbo, al cui interno sono stati commessi abusi fisici e sessuali, nonché violenze di vario tipo ai danni delle persone anziane ospitate. Le violenze sono state attuate da alcuni operatori che avrebbero dovuto prestar loro assistenza. Uso l’acronimo RSA, sebbene sia impreciso, perché esso è comunemente utilizzato per indicare una struttura socio-sanitaria chiusa, al cui interno le persone ospitate ricevono assistenza.
Le dinamiche di questa vicenda sono ben descritte in un testo pubblicato anche su queste pagine, a firma di Simona Lancioni (A proposito di istituzionalizzazione e di “violenza addizionale”).

Ciò che suscita stupore è la tendenza della maggioranza dei media a riportare la notizia come se si trattasse di un fatto particolare, isolato, senza nemmeno provare a far emergere il carattere sistemico di queste vicende, senza mai mettere in discussione la struttura organizzativa che produce questi esiti e, in ultima istanza, il servizio stesso.
Se da una parte la narrazione deve essere equilibrata, e dunque non deve dare per scontato che la singola struttura sia necessariamente violenta, e deve evitare di creare una certa assuefazione alla violenza, dall’altra è quanto meno lontano dalla realtà parlare di emergenza o caso isolato, quando i casi noti, in realtà, sono molti.

È inoltre importante notare che per portare allo scoperto i maltrattamenti perpetrati nella struttura di Latera c’è voluto quasi un anno di indagini, e che tali indagini sono state intraprese dietro segnalazione di alcuni ex operatori della struttura, dunque da soggetti esterni, che però erano a conoscenza delle dinamiche interne della struttura stessa. Tutto ciò ci fa comprendere quanto questi luoghi siano chiusi e quanto le violenze attuate al loro interno siano normalizzate, e rientrino nel funzionamento stesso del sistema.

È fondamentale provare prestare attenzione ad alcuni elementi utili a mettere in discussione l’intero sistema:
° attualmente le RSA sono la risposta più semplice a chi ha necessità di sostegni nello svolgimento delle attività della vita quotidiana. Questa risposta rientra nel complesso dei diritti civili riconosciuti ad una persona non autosufficiente che ha questo tipo di bisogno, e si inquadra nei LEA-LEPS (Livelli Essenziali di Assistenza- Livelli Essenziali delle Prestazioni in ambito Sociale) (il concetto di non autosufficienza in realtà è superato, è corretto parlare di “persone con bisogni di sostegni intensivi”, considerando che non esiste una scala per misurare l’autosufficienza e riconoscendo che i bisogni umani non sono solo riconducibili alla mera sopravvivenza materiale);
° le RSA destinate alle persone con disabilità (tra le quali rientrano anche le persone anziane, non essendoci un limite di età), e in generale i servizi residenziali, sono gestite/i da enti profit e non profit con delle prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale, e con la possibile compartecipazione alle spese delle persone stesse, o del Comune di residenza, con costi che vanno dai 110 agli 800 euro al giorno a posto letto. Un giro di interessi economici non indifferente.

Questi luoghi non sono sempre espressione di violenza diretta, ma sicuramente sono luoghi di privazione di libertà personale e lontani dal diritto di fruire di sostegni emancipatori. Ossia della possibilità, e non della capacità, di prendere decisioni per se stessi/e con la stessa libertà di scelta riconosciuta alle persone senza disabilità, in un’ottica di piena cittadinanza. Tale privazione rappresenta una violazione dei diritti umani.

Oggi dobbiamo rimettere al centro del dibattito la questione dei servizi residenziali e prenderci la responsabilità e il dovere di avere delle posizioni chiare. Il punto non è migliorare l’organizzazione interna di queste strutture, ma fare in modo che il ricorso a questa soluzione rappresenti la più remota possibilità di ricevere sostegni per una persona con disabilità, soprattutto per una persona con disabilità intellettiva.
D’altra parte, se sostenessimo le persone con disabilità assumendo una prospettiva emancipatoria, tale che possano vivere nei contesti dai quali ora vengono – veniamo – esclusi, questi servizi si svuoterebbero, venendo meno il loro mandato principale e quindi la ragione stessa della loro esistenza.

Chiaramente, e qui potremmo dilungarci molto, la segregazione non è riconducibile ad un luogo specifico ma ad una logica. Quindi, secondo me, è poco utile ridurre il dibattito all’affermazione che l’alternativa ai servizi residenziali siano i servizi domiciliari, perché ciò ripropone una logica di assistenzialismo che è ben lontana dalle logiche di cittadinanza. Diciamo piuttosto che i servizi domiciliari presentano un minor rischio di essere segreganti, ma che anche essi non escludono del tutto la possibilità che possano diventare tali.

Oggi abbiamo diversi strumenti per superare le logiche segreganti e per predisporre dei sostegni emancipatori. Tra questi rientrano certamente la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e il progetto di vita (come disciplinato dal Decreto Legislativo 62/24). Ora è compito dell’associazionismo delle persone con disabilità spingere le Istituzioni a vari livelli in questa direzione, o il rischio è che le logiche di segregazione rimangano invariate e che gli strumenti a disposizione non vengano utilizzati al massimo delle loro possibilità.

*Attivista per i diritti delle persone con disabilità.

Sui temi qui trattati, suggeriamo anche la lettura della nostra intervista a Ciro Tarantino, intitolata Che cosa giustifica ancora il “soggiorno obbligato” delle persone con disabilità? (a questo link).
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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La disabilità visiva si cimenta in cucina a Riva del Garda

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La Cooperativa trentina AbilNova, che fornisce servizi in àmbito di disabilità sensoriale, parteciperà il 5 febbraio a “Hospitality 2025”, il Salone dell’Accoglienza di Riva del Garda, con l’iniziativa “Pranzo a 4 mani e 2 occhi”, nata dalla collaborazione con gli chef Joachim Vittorio de Marzani e Paolo Tomasini, che vedrà cimentarsi nella preparazione del pranzo Ferdinando Ceccato e Giovanni Fedel, componenti dello staff degli eventi al buio della stessa AbilNova, coadiuvati dalla vicepresidente della Cooperativa Andry Nardin

Abbiamo già riferito in altra parte del giornale delle iniziative che promuoverà la rete Village for all (V4A®) all’interno di Hospitality 2025, quarantanovesima edizione del Salone dell’Accoglienza che in programma da oggi, 3 febbraio, fino a giovedì 6, al Quartiere Fieristico di Riva del Garda (Trento).
Al ricco programma della manifestazione contribuirà anche AbilNova, la Cooperativa Sociale di Trento che è un punto di riferimento nel proprio territorio per i servizi riguardanti la disabilità sensoriale, sia visiva che uditiva. Lo farà il 5 febbraio, promuovendo l’iniziativa denominata Pranzo a 4 mani e 2 occhi, nata dalla collaborazione con gli chef Joachim Vittorio de Marzani e Paolo Tomasini dell’URCTAA (Unione Regionale Cuochi Trentino Alto Adige) e della FIC (Federazione Italiana Cuochi), quando presso la Food Arena del Padiglione B1 del Quartiere Fieristico (ore 123.30) si cimenteranno nella preparazione del pranzo Ferdinando Ceccato e Giovanni Fedel, due storici componenti dello staff degli eventi al buio di AbilNova, coadiuvati dalla vicepresidente della Cooperativa Andry Nardin, in qualità di cameriera e intrattenitrice dei e delle commensali.

«Sarà per noi un evento davvero speciale – commenta Nardin – sia per la preziosa collaborazione con la FIC, sia per l’opportunità di raccontare e raccontarci in un modo diverso, presentando la disabilità visiva non come una prigione, ma come una condizione che con le giuste strategie consente vite piene e soddisfacenti, tra lavoro, famiglia, interessi e passioni, come questa per la cucina, che accomuna il nostro gruppo presente a Riva del Garda e i cuochi della FIC».
«Questa collaborazione con AbilNova – aggiungono gli chef de Marzani e Tomasini – è per noi un primo passo che siamo certi sarà seguito da altri, perché come ente rappresentativo dei cuochi e dei professionisti del settore culinario in Italia, da sempre la FIC si occupa anche di formazione, promozione e sviluppo, organizzando eventi, concorsi e iniziative di sensibilizzazione come questa».

Come spiegano da AbilNova, «l’iniziativa sarà l’occasione per far provare al pubblico presente la condizione dell’ipovisione, grazie all’utilizzo di speciali occhiali che simulano le principali patologie visive e per confrontarsi con chi vive una condizione di disabilità tra limiti e risorse, difficoltà e potenzialità, scardinando la visione pietistica e promuovendo consapevolezza e sensibilizzazione per costruire una società realmente accogliente». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Irene Matassoni (irene.matassoni@abilnova.it).

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Il contributo in Lombardia per ausili e strumenti tecnologicamente avanzati

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La Regione Lombardia ha rifinanziato la misura per l’acquisizione di ausili e strumenti tecnologicamente avanzati dedicati alle persone con disabilità e/o con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), contributo che ha come obiettivo quello appunto di sostenere tali persone ai fini dell’acquisto, del noleggio o del leasing di ausili o strumenti tecnologicamente avanzati che potenzino le abilità e migliorino la qualità di vita

Come segnala il sito “Persone con disabilità.it”, la Regione Lombardia ha rifinanziato la misura per l’acquisizione di ausili e strumenti tecnologicamente avanzati dedicati alle persone con disabilità e/o con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), contributo che ha come obiettivo quello appunto di sostenere tali persone ai fini dell’acquisto, del noleggio o del leasing di ausili o strumenti tecnologicamente avanzati che potenzino le abilità e migliorino la qualità di vita.

Possono presentare la domanda le persone con disabilità e persone con DSA entro i 67 anni con un ISEE in corso di validità inferiore o uguale a 30.000 euro.
Il contributo può essere chiesto per l’acquisto, il leasing o il noleggio di strumenti che rientrino all’interno delle seguenti quattro aree, ossia la domotica (tecnologie finalizzate a rendere maggiormente fruibile e sicuro l’ambiente di vita della persona); la mobilità (adattamento dell’autoveicolo o modifica degli strumenti di guida); l’informatica (acquisizione di personal computer o tablet, solo se collegati ad applicativi necessari a compensare la disabilità o le difficoltà specifiche di apprendimento di cui alla Legge Regionale della Lombardia 17/19; altri ausili (acquisizione di strumenti/ausili ad alto contenuto tecnologico che non rientrino nel Nomenclatore Tariffario, ad esempio protesi acustiche, protesi fisiche/arti, attrezzature per la mobilità per attività sportive, ausili per il tempo libero, quali carrozzina da mare o sollevatore pieghevole portatile).

Le domande possono essere presentate tramite la piattaforma bandi online di Regione Lombardia. Il procedimento di valutazione ed ammissione è effettuato da parte delle ATS (Agenzie di Tutela della Salute). (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti accedere a questo link.

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Bakhita la fortunata

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Il 6 febbraio, nell’imminenza della Giornata Mondiale di Preghiera e Riflessione contro la Tratta di Persone, verrà presentato a Milano il libro “Bakhita la fortunata. Una straordinaria storia raccontata in LIS”, pubblicazione realizzata dal Pio Istituto dei Sordi di Milano, per far conoscere l’importante figura di Santa Giuseppina Bakhita, suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta e che molto fece per le persone sorde

Dal 2015, ogni 8 febbraio, memoria di Santa Giuseppina Bakhita, si celebra la Giornata Mondiale di Preghiera e Riflessione contro la Tratta di Persone e nel pomeriggio del 6 febbraio, nell’imminenza di tale evento, verrà presentato a Milano il libro Bakhita la fortunata. Una straordinaria storia raccontata in LIS (Sala Convegni della Curia Arcivescovile, Piazza Fontana, 2, ore 17), pubblicazione realizzata dal Pio Istituto dei Sordi di Milano, per far conoscere l’importante figura di Giuseppina Bakhita, suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta, che molto fece per le persone sorde e che fu presente anche presso il Pio Istituto di Milano nella sezione femminile gestita dalle Madri Canossiane, ordine di cui faceva parte.
All’incontro del 6 febbraio (a ingresso libero e gratuito), organizzato dal Pio Istituto dei Sordi in collaborazione con l’Arcidiocesi di Milano, l’Associazione Mons. G. Marcoli, la Congrega della Carità Apostolica, l’Istituto Canossiano e la Fondazione Bresciana per l’Educazione-Monsignor Giuseppe Cavalleri, parteciperanno Marco Petrillo, presidente del Pio Istituto dei Sordi, Marisa Bonomi e Gabriella Oneta, curatrici del libro e Ileana Montagnini, responsabile dell’Area Tratta della Caritas Ambrosiana. (S.B.)

L’incontro si avvarrà del servizio di sottotitolazione in diretta e dell’interpretariato in LIS. Per ulteriori informazioni: attivita@pioistitutodeisordi.org.

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Come evitare battaglie giudiziarie tra docenti specializzati e non specializzati

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«Sarebbe bene – scrive Salvatore Nocera – provvedere immediatamente ad eliminare l’errata impostazione di un’Ordinanza Ministeriale dello scorso anno, riguardante le supplenze per il sostegno didattico, al fine di evitare battaglie giudiziarie tra docenti specializzati e non specializzati»

Nei giorni scorsi, in Superando, il presidente della Federazione FISH Vincenzo Falabella ha replicato a una dichiarazione di Giuseppe D’Aprile, segretario generale della UIL Scuola, relativa a un’emananda norma del Ministero dell’Istruzione e del Merito sul sostegno didattico.
In sostanza, il Segretario della UIL Scuola ritiene che consentire la proroga di un anno alla supplenza di un docente non specializzato danneggerebbe un docente specializzato, mentre il Presidente della FISH ha replicato sostenendo che la normativa non consente ciò. Vorrei intervenire su questo aspetto, cercando di approfondire un tema che ritengo molto importante.

Ovviamente, se un supplente aspira al posto sul quale l’emananda norma prevede la conferma del precedente supplente per un altro anno, l’aspirante supplente (specializzato o meno che sia) non perde assolutamente il diritto che gli spetta, in base alla posizione in graduatoria; egli, infatti, non potrebbe ottenere quella sede occupata per legge dal docente “prorogato”, ma avrebbe il diritto di ottenere un’altra sede a lui gradita. È certamente questo un suo diritto, che però “cede” di fronte al diritto prioritario dello studente con disabilità alla continuità didattica, situazione giuridica frequente in caso di conflitti tra diritti entrambi ugualmente importanti, tra i quali il Legislatore deve effettuare una scelta sulla base dei principi generali dell’ordinamento. In questo caso, il diritto alla continuità didattica viene considerato dal Legislatore stesso un aspetto fondamentale dell’inclusione scolastica, altro principio costituzionalmente garantito al quale ormai è informato il nostro ordinamento. Tale diritto, quindi, non prevale su quello al posto di lavoro del docente aspirante a supplenza, che ha forza giuridica superiore a quello della continuità didattica, ma prevale solo su una componente di tale diritto, costituita appunto dalla scelta della sede.

Va poi rilevato che le dichiarazioni del Segretario della UIL Scuola si basano, implicitamente, sull’Ordinanza Ministeriale n. 88 del 16 maggio 2024 sulle supplenze, nella quale è previsto un meccanismo molto rigido e non vi è alcuna differenza, ai fini dei posti di sostegno, tra aspiranti specializzati e non specializzati; essa, infatti, si basa esclusivamente sui punteggi di ciascuno.
Questa equiparazione tra i due tipi di docenti è tuttavia illegittima, perché la citata Ordinanza n. 88 va contro l’articolo 14, comma 6 della Legge 104/92, secondo il quale «l’utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati».
Essendo dunque proprio la Legge 104/92 espressamente richiamata come terza tra le norme indicate nel preambolo dell’Ordinanza, è realmente incredibile, pertanto, che non se ne sia tenuto conto, dal momento che l’espressione del citato articolo 14, comma 6 della Legge 104/92 è particolarmente rafforzativa, perché non si limita a dire che le nomine di supplenti non specializzati avvengano quando manchino docenti specializzati, ma riguardo all’utilizzazione di docenti non specializzati usa l’espressione «è consentita unicamente» quando manchino docenti specializzati. Il Legislatore, quindi, ha usato qui un doppio rafforzamento: sia col termine «è consentita» (quindi non sarebbe un diritto), sia col termine «unicamente» (che indica trattarsi di norma eccezionale).

Al fine dunque di evitare un imponente contenzioso da parte dei docenti specializzati che si vedessero scavalcati, a causa del punteggio, da docenti non specializzati, in palese violazione, come detto, dell’importante articolo 14, comma 6 della Legge 104/92, penso che il Ministero potrebbe ovviare in modo molto semplice, introducendo in ciascuna delle due fasce in cui si articolano le graduatorie per supplenze (prima fascia per i docenti abilitati, seconda fascia per i docenti non abilitati) due sottofasce, vale a dire: a) docenti specializzati per il sostegno; b) docenti non specializzati. Solo in tal modo gli specializzati vedrebbero rispettata la loro assoluta priorità, senza la necessità di dover ricorrere al TAR per far annullare l’impostazione dell’Ordinanza, a causa della violazione di quel comma della Legge 104/92.

In conclusione, pertanto, mi chiedo come mai il Ministero, da prima ancora del presente Governo, abbia introdotto una normativa opposta a quella fissata per legge e perché nessuno si sia mai mosso per farla dichiarare illegittima. Sarebbe infatti opportuno che governo e forze sindacali provvedessero immediatamente ad eliminare l’errata impostazione dell’Ordinanza n. 88, al fine di evitare battaglie giudiziarie tra docenti specializzati e non specializzati, assicurando così un pacifico svolgimento delle operazioni di supplenza.

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Quale “sottobosco accessibile” creare tramite la danza?

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È in programma il 6 e 7 febbraio allo Spazio Rosselini di Roma, nell’àmbito di “In Levare”, la stagione di danza 2025 del Centro Orbita Spellbound, il laboratorio di danza condotto dalla coreografa Chiara Bersani, intitolato “Sotto il Sotto del Bosco” e rivolto a persone con disabilità motoria, durante il quale l’artista spingerà a indagare lo spazio e il movimento, nonché il rapporto tra le persone con disabilità e la natura

Il 6 e 7 febbraio si terrà a Roma, presso lo Spazio Rossellini (Via della Vasca Navale, 58), nell’àmbito di In Levare, la stagione di danza 2025 del Centro Orbita Spellbound, il workshop di danza condotto dalla coreografa Chiara Bersani, intitolato Sotto il Sotto del Bosco.
Durante il laboratorio, rivolto a persone con disabilità motoria, l’artista, insieme alla danzatrice e coreografa Elena Sgarbossa, al musicista Lemmo e all’assistente Simone Chiacchiararelli, spingerà a indagare lo spazio e il movimento, nonché il rapporto tra le persone con disabilità e la natura.
Ai partecipanti, infatti, verrà chiesto di lasciarsi andare all’immaginazione e alle sensazioni del proprio corpo, per creare tutti insieme un linguaggio comune che, oltre a rispondere alla domanda sul rapporto delle persone con disabilità con la natura, servirà a cercare di capire quale tipo di “sottobosco accessibile” si può creare con i nuovi movimenti, a cui i partecipanti daranno vita nel corso delle due lezioni.

L’esperienza è aperta a tutte le persone con disabilità, dai 17 anni in su, che vogliano prendervi parte, indipendentemente dal livello di supporto di cui necessitano o dal tipo di compromissione fisica.
Proprio perché lo scopo è immaginare uno spazio accessibile attraverso il movimento e il proprio sentire fisico, verrà lasciata molta libertà ai partecipanti riguardo alla scelta di usare o meno, sul palco e durante le ore di laboratorio, gli ausili che normalmente utilizzano per i movimenti.

Sotto il sottobosco, come detto inizialmente, sarà strutturato in due sessioni: quella del 6 febbraio, della durata di 4 ore (ore 14-18), quella del 7 febbraio, invece, dalle 17 alle 19.15.
Al termine della seconda giornata di workshop, inoltre, i partecipanti potranno esibirsi all’interno dello spettacolo che si terrà in serata alle 20.30 e del quale il laboratorio di danza è considerato parte integrante. (Elisa Marino)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti, fare riferimento a questo link.

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Un supporto pratico e concreto ai docenti di sostegno non specializzati

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Fornire ai docenti di sostegno senza specializzazione un supporto pratico e concreto, utile a comprendere quali possano essere le problematiche, i vari aspetti e le dinamiche della docenza, i funzionamenti dei vari organi, ma anche le norme che regolano l’inclusione scolastica, con l’analisi di casi pratici: è lo scopo di un’iniziativa promossa in Umbria, che a parere del Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, dovrebbe essere esportata anche ad altri Uffici Scolastici Regionali Un’insegnante di sostegno insieme a un bimbo

«Ci piacerebbe che questa iniziativa venisse esportata anche ad altri Uffici Scolastici Regionali»: a che cosa si riferiscono le parole di Sergio Repetto, direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale dell’Umbria? Al Percorso di accompagnamento formativo online per docenti nominati sul posto di sostegno senza specializzazione, avviato proprio nei giorni scorsi in Umbria e che si protrarrà fino al 10 marzo (a questo link il programma completo).

A spiegare esattamente la sostanza di questa importante iniziativa è Massimo Rolla, Garante dei Diritti delle Persone con Disabilità dell’Umbria, unico di tali Garanti che a far parte di un GLIR (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale), oltreché coordinatore del Centro Studi Giuridici della Federazione FISH, che il 28 gennaio ha condotto il primo modulo del percorso, sul tema Scenari normativi per l’inclusione scolastica. «A fine ottobre 2024 – spiega – l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Umbria ha deciso di attivare un percorso di accompagnamento formativo online per docenti nominati su posto di sostegno senza specializzazione. Tale decisione è stata subito condivisa all’interno del GLIR e anzi accolta con grande entusiasmo, se è vero che l’obiettivo è quello di fornire ai docenti che non possiedono specializzazione un supporto pratico e concreto, utile a comprendere quali possano essere le problematiche, i vari aspetti e le dinamiche della docenza, i funzionamenti dei vari organi, ma anche le norme che regolano l’inclusione scolastica, con l’analisi di casi pratici».

«Quando il percorso è stato proposto dal direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, dottor Repetto, e dai Dirigenti Tecnici dell’Ufficio all’interno del GLIR, di cui faccio parte proprio su espressa richiesta del Dirigente Titolare, ho espresso tutta la mia soddisfazione. Sappiamo ovviamente che l’obiettivo principale è avere tutti i docenti specializzati, preparati e capaci, ma parimenti, fornire supporto ai tanti docenti nominati su posto di sostegno, ma ancora senza specializzazione e in attesa di compierla, è sicuramente utile e a mio parere necessario. Ci siamo dunque confrontati tra di noi, prima di giungere ad un programma definitivo, perché non volevamo assolutamente sostituirci a percorsi formativi di livello superiore, ma solo fornire un aiuto concreto, una comprensione migliore delle dinamiche, in ogni campo. Ne è scaturito quindi un percorso snello, 7 moduli da 2 ore ciascuno, ma pratico e completo, un inizio per la futura e auspicabile specializzazione di tutti i docenti coinvolti. Da parte mia ho da subito fornito la mia disponibilità a fare “esplorare” ai docenti stessi il vasto mondo delle normative in tema di inclusione scolastica, soprattutto attraverso casi concreti ed evidenze giurisprudenziali, ciò che mi è stato concesso. Il 28 gennaio, pertanto, alla presentazione del primo modulo hanno partecipato online oltre 600 docenti! E ve ne saranno altrettanti per tutti i moduli, Questo dato dovrebbe fare certamente riflettere: non si tratta infatti di un corso nell’àmbito della formazione obbligatoria, ma di un’iniziativa che evidenzia la voglia da parte dei docenti di apprendere al meglio e questo fa ben sperare».

«Il mondo della scuola ha tanti pregi – aggiunge dal canto suo Sergio Repetto -, ma ha anche tanti problemi non risolti negli anni dal Legislatore. Uno di questi riguarda il fatto che abbiamo un numero di ragazzi e ragazze con disabilità elevato rispetto ai docenti di sostegno specializzati assegnati alle scuole. Ebbene, grazie alla buona volontà di tutta una serie di persone che si sono messe a disposizione, abbiamo provato a superare questa lacuna, promuovendo questo percorso di formazione per i docenti supplenti delle scuole che non sono specializzati in sostegno, ma che verranno appunto attribuiti al sostegno. Io ho lavorato anche per altri Uffici Scolastici Regionali, ma non mi risultano iniziative analoghe; si può dire quindi che sia il primo intervento del genere e i risultati già conseguiti sono a dir poco confortanti, sia dal punto di vista dell’apprezzamento che del numero di partecipanti, circa 600 nel primo modulo, ma contiamo che in tutto diventino circa 2.200». (S.B.)

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A chi accosta la disabilità all’incompetenza rispondiamo con la foto di una deputata spagnola con disabilità

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Solo poche ore fa, nel manifestare la propria indignazione sulle nostre pagine per le affermazioni rivolte alle persone con disabilità dal Presidente degli Stati Uniti, dopo l’incidente aereo di Washington, Salvatore Nocera aveva concluso dichiarandosi certo che anche le Associazioni si sarebbero presto fatte sentire sullo stesso tema. E infatti le dure prese di posizione non sono mancate, come quelle della FISH, dell’ANFFAS e del CoorDown di cui riferiamo Riteniamo che la risposta migliore alle parole di chi, come il Presidente degli Stati Uniti, accosta la condizione di disabilità all’incompetenza, sia pubblicare questa immagine di Mar Galcerán, donna con disabilità e deputata del Parlamento spagnolo, qui fotografata tra i banchi del Parlamento stesso

Solo poche ore fa, sulle nostre pagine, nel manifestare la propria indignazione per le affermazioni del Presidente degli Stati Uniti dopo l’incidente aereo di Washington, Salvatore Nocera aveva concluso dichiarandosi certo che anche le Associazioni si sarebbero presto fatte sentire sullo stesso tema. E infatti le prese di posizione non sono mancate.
In una nota, ad esempio, la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con disabilità e famiglia) «ha espresso profonda indignazione e sconcerto per le dichiarazioni rilasciate da Donald Trump, secondo cui le politiche per la diversità degli Stati Uniti hanno portato all’assunzione di persone con disabilità fisiche o psichiche non qualificate per essere controllori di volo. Il Presidente degli Stati Uniti ha inoltre insinuato che solo individui “altamente intelligenti e psicologicamente superiori” dovrebbero ricoprire tali ruoli. Si tratta di affermazioni gravi, inaccettabili, da rispedire immediatamente al mittente, in quanto l’accostamento tra la condizione di disabilità e l’incompetenza non solo è falso, ma alimenta pericolosi stereotipi che minano decenni di battaglie per il riconoscimento delle competenze e del valore delle persone con disabilità nel mondo del lavoro e nella società. Le persone con disabilità hanno da tempo dimostrato di essere perfettamente capaci di ricoprire ruoli altamente qualificati e di contribuire attivamente a tutti i settori, senza alcun tipo di barriera dovuta alla loro condizione. Il pregiudizio che insinua che la disabilità sia sinonimo di incapacità è un retaggio che non ha più spazio in una società che aspira all’inclusione».
«Le cause di un incidente aereo – proseguono dalla FISH – sono sempre complesse e devono essere individuate attraverso indagini approfondite, non con accuse profonde che rischiano di colpire milioni di cittadini e cittadine in modo strumentale. In un momento storico in cui è fondamentale promuovere l’inclusione, il rispetto e valorizzare la persona nella sua interezza anche nelle diversità, ogni dichiarazione che alimenta divisioni è pericolosa e minaccia i princìpi di civiltà che abbiamo faticosamente conquistato. Le politiche di pari opportunità sono uno strumento essenziale per garantire che ogni persona, indipendentemente dalla propria condizione, venga valutata per le proprie capacità e competenze, senza alcuna forma di discriminazione. In questo contesto, il rispetto reciproco e l’uguaglianza devono essere al centro della nostra società, e anche di quella americana».
«In un mondo che deve sempre più puntare sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco – conclude Vincenzo Falabella, presidente della FISH – dichiarazioni come quelle di Trump rischiano di legittimare discriminazioni e diseguaglianze che non hanno e non devono avere spazio nella nostra società. Per questo motivo ribadiamo con fermezza che le persone con disabilità non devono più essere bersaglio di retoriche divisive e lesive dei diritti e delle pari opportunità. Ribadiamo quindi l’importanza di combattere ogni forma di discriminazione e di continuare a lavorare per una società più equa e inclusiva, dove ogni individuo possa vivere con piena dignità».

Estremamente dura anche la presa di posizione dell’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neuurosviluppo), che nel ricordare come «il sig. Trump, nella conferenza stampa sul terribile incidente aereo di mercoledì sera sul fiume Potomac a Washington, che ha visto la morte dei 67 passeggeri, coinvolti nello schianto tra un aereo civile ed un elicottero militare, rispetto ai quali esprimiamo in nostro più vivo cordoglio, sembrerebbe essersi spinto a mettere in relazione l’incidente con il fatto che a causa del Programma DEI (Diversity, Equity and Inclusion) i suoi predecessori avessero portato all’assunzione di persone non qualificate, con disabilità fisiche o psichiche, come controllori di volo. Affermazioni gravissime che non possono passare sotto silenzio. Infatti, le stesse, anche alla luce del fatto che sono pronunciate dal “personaggio”, da molti considerato più potente del mondo, sono foriere di alimentare stigmi e pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità in tutto il mondo. Inoltre, da quanto si apprende dalla stampa, sembrerebbe che il Presidente degli Stati Uniti abbia deciso di mettere in congedo retribuito, in vista di un successivo licenziamento, il personale federale che si occupa di diversità, equità ed inclusione. La nostra Agenzia Nazionale Antidiscriminazione non ha alcun dubbio: se tali affermazioni fossero state pronunciate in Italia avrebbero configurato, ai sensi e per gli effetti della Legge 67/06, una vera e propria discriminazione e questo non solo nella forma della discriminazione diretta, di cui all’articolo 2, comma 2 di tale Legge. Infatti, il successivo comma 4 del medesimo articolo così recita: “Sono altresì considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti”. Per non parlare, poi, degli eventuali profili penalistici che, nel nostro ordinamento, potrebbero essere rilevanti. Ma nella evoluta e democratica America forse questi princìpi non sono così presenti, sicuramente non lo sono nei pensieri del suo Presidente, recentemente eletto. Ci chiediamo se questo signore, forse nell’intento di attaccare i suoi predecessori e “nemici politici”, abbia chiaro il danno causato dalle sue affermazioni a livello globale. Inoltre, ricordiamo che gli Stati Uniti di America sono tra i firmatari della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e pertanto ci chiediamo: in quanto tali, non sono forse tenuti a darne piena attuazione a partire dal loro Presidente?*».
«Come può il Presidente degli Stati Uniti d’America – proseguono dall’ANFFAS – non ricordare che Franklin Delano Roosevelt, storico presidente degli Stati Uniti, era una persona con disabilità o come può non essere informato del fatto che il suo attuale maggiore sostenitore Elon Mask avrebbe dichiarato di convivere da sempre con la sindrome di Asperger (classificata tra i disturbi del neurosviluppo)? Si rivolgeva anche a loro nel momento in cui additava quali responsabili del disastro persone con disabilità fisiche o psichiche, indicandole come inadatte e perfino pericolose nel momento in cui sono chiamate a svolgere un’attività lavorativa?».
«Solo pochi giorni fa – è un ulteriore rilievo dell’Associazione – abbiamo celebrato il Giorno della Memoria, legato anche alla terribile vicenda del programma Aktion T4 che vide il regime nazista decidere di procedere alla soppressione di migliaia di persone con disabilità, affermando che “Chi non è in grado di produrre pane non ha diritto di mangiare pane”: nei confronti delle persone con disabilità, che evidentemente rappresentavano per questi mostri l’esatto contrario della “purezza della razza”, veniva così predisposta e attuata scientificamente una campagna d’odio dalla quale, poi, è stato facile per i nazisti passare al vero e proprio sterminio. Non sappiamo quanto involontariamente ma temiamo che sui temi della disabilità si stia tornando molto indietro. Questa vicenda è emblematica e questo ci preoccupa non poco. Motivo per cui facciamo appello affinché, a tutti livelli, si reagisca alle inopportune affermazioni del presidente Trump, assumendo chiare posizioni e questo a partire dai massimi esponenti del nostro Governo».
«Ove Trump non provveda a rettificare e chiarire le sue affermazioni – concludono dall’ANFFAS – e anche le sue scuse sarebbero gradite, in segno di protesta la nostra Associazione valuterà se fare parte o meno della delegazione italiana che nei prossimi mesi si dovrebbe recare a New York per un incontro sui temi della disabilità, in sede ONU».

Registriamo infine anche le parole diffuse dal CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), che in un comunicato sottolinea come «dal suo insediamento a oggi, Trump abbia deciso di interrompere e ostacolare i programmi DEI (Diversity, Equity and Inclusion) e di attaccare frontalmente tutte le categorie di persone marginalizzate. Ne mancava solo una: la disabilità. Ci chiedevamo quando sarebbe arrivato il nostro turno. Non abbiamo dovuto aspettare molto! Il Presidente degli Stati Uniti, infatti, ha preso di mira e fatto bersaglio di propaganda chiunque rappresenti una diversità che non rientra nella sua visione del mondo: ha dichiarato guerra a tutte le persone immigrate senza documenti regolari, parlando di deportazioni di massa e limitando fortemente il diritto di asilo. Ha promesso di limitare i diritti sessuali e riproduttivi delle donne. Ha cancellato programmi di supporto alla salute globale per i malati di AIDS e per le persone HIV positive. Ha deciso di tagliare programmi di diritto alla salute per milioni di persone povere e vulnerabili negli stessi Stati Uniti. Ha colpito la comunità LGBTQ+ scagliandosi contro il riconoscimento delle identità di genere e smantellando politiche di inclusione in ogni Istituzione statale. Ha tolto il sostegno e licenziato i dipendenti federali coinvolti in programmi di diversità e ai loro progetti. Ha negato il ruolo delle politiche ambientali, uscendo dagli Accordi di Parigi per il clima e rigettando le preoccupazioni di chi lotta per un mondo sostenibile. Ha sminuito, infine, chi combatte per la giustizia sociale, etichettando gli attivisti pro-Palestina e i sostenitori dei diritti dei migranti come una minaccia alla sicurezza nazionale. Oggi, dunque, l’ultimo capitolo di questa escalation: le persone con disabilità».
«Dopo l’incidente aereo a Washington – proseguono dal CoorDown – che ha coinvolto un volo di linea civile e un elicottero militare provocando 67 vittime, Trump ha insinuato – senza alcuna prova e prima che iniziassero le indagini – che la colpa sia delle politiche di diversità e inclusione della Federal Aviation Administration (FAA), l’ente preposto alla sicurezza aerea. Secondo lui, l’assunzione di persone con disabilità comprometterebbe la sicurezza. Ha dichiarato testualmente: «Biden e Obama hanno assunto come controllori di volo persone non qualificate e con disabilità fisiche e psichiche». Ebbene, la scelta di usare la disabilità come capro espiatorio, di additare intere categorie di persone come causa di un evento gravissimo e doloroso, non è causale. Fa parte di una strategia consapevole ed esplicitamente diretta ad annullare conquiste e diritti, frutto di anni di battaglie delle persone con disabilità. Ma la disabilità non è un errore del sistema da cancellare».
«Queste dichiarazioni – dichiara Martina Fuga, presidente del CoorDown – non sono soltanto scioccanti, disumanizzanti e discriminatorie: rappresentano un pericoloso passo indietro, un segnale che rischia di consolidare pregiudizi ancora radicati in chi crede che la disabilità sia un limite piuttosto che una risorsa, e che l’inclusione sia un’ideologia che minaccia la meritocrazia e la qualità del lavoro. Dietro queste parole c’è una visione distorta di meritocrazia, che ignora i dati e le ricerche: le persone con disabilità che lavorano nelle istituzioni, come in ogni altro ambito, vengono selezionate e impiegate in base alle competenze, alle qualifiche e al rispetto di standard rigorosi».
«Le persone con disabilità, tutte le disabilità, insieme alle loro famiglie e comunità – concludono dal CoorDown – non accetteranno passivamente che il mondo venga disegnato da pochi per pochi. Resisteremo. È il momento di unire le nostre voci, di non indietreggiare nonostante il dolore e la rabbia. Il nostro Coordinamento, insieme a tantissime realtà, associazioni, reti, sarà in prima linea a costruire e affermare un mondo più giusto, più equo e più inclusivo». (S.B.)

*In realtà gli Stati Uniti, come correttamente sottolineato dall’ANFFAS, hanno effettivamente sottoscritto il 30 luglio 2009 la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ma non l’hanno mai ratificata, non conferendo quindi ad essa un carattere legalmente vincolante sul proprio territorio. La sola sottoscrizione, quindi, senza la successiva ratifica, non vincola uno Stato a rispettare gli obblighi enunciati nella Convenzione, pur potendolo obbligare ad astenersi dal compiere atti che possano andare contro le disposizioni contenute tra gli obiettivi e gli scopi del Trattato.

Per ulteriori informazioni, rispettivamente: ufficiostampa@fishonlus.it; comunicazione@anffas.net; ufficiostampa@coordown.it.

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La continuità didattica dei docenti di sostegno a tempo determinato: questa è la giusta prospettiva

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«Di fronte alla posizione assunta dalla UIL Scuola – scrive Vincenzo Falabella – sulla bozza di Decreto prodotta dal Ministero, rispetto alle misure per la continuità didattica dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno, sono necessarie alcune precisazioni, per fornire una panoramica completa e corretta sulla questione, come sempre si dovrebbe fare, specie trattando problemi tanto complessi e delicati, quale quello dell’inclusione scolastica»

«Per il prossimo anno scolastico è possibile che un docente non specializzato sia confermato sul posto occupato quest’anno a discapito di un docente specializzato che potrebbe aspirare a quel posto per diritto di graduatoria. Ciò è lesivo non solo per il docente specializzato, perché non si garantisce il diritto di graduatoria, ma soprattutto per l’alunno disabile, che rischierà per il secondo anno consecutivo di non avere l’insegnante di sostegno specializzato»: lo ha dichiarato Giuseppe D’Aprile, segretario generale della UIL Scuola, a proposito della bozza di Decreto prodotta dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, riguardante le misure per la continuità didattica dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno per l’anno scolastico 2025/2026.
La bozza di Decreto, ha aggiunto D’Aprile «stabilisce che, entro il 31 maggio 2025, il dirigente scolastico raccolga l’eventuale richiesta di conferma del docente di sostegno da parte della famiglia» e che «dopo aver verificato le condizioni necessarie, comunichi l’esito all’Ufficio Scolastico Provinciale, al docente e alla famiglia entro il 15 giugno. La conferma è possibile anche per i docenti senza specializzazione già nominati».
«Un metodo che affida la scelta ai genitori – afferma il rappresentante sindacale -, soprattutto in contesti familiari difficili, rischia di favorire logiche clientelari e influenzare il consenso, compromettendo l’imparzialità del sistema scolastico statale, garante di laicità, trasparenza e pluralismo. Scegliersi i docenti equivale a trasformare l’istruzione costituzionalmente definita quale funzione essenziale dello Stato, in un servizio a domanda che risponderebbe solo ai “desiderata delle famiglie”. Per tali motivi abbiamo chiesto il ritiro del provvedimento e ci riserviamo, in caso contrario, di impugnarlo anche in sede giudiziaria, oltre a valutare la violazione dei diritti dei lavoratori in relazione al sistema di reclutamento e individuazione del personale scolastico con particolare riferimento ai docenti specializzati».

A questo punto alcune precisazioni sono certamente necessarie, rispetto a una serie di elementi trascurati dal segretario generale D’Aprile.
Innanzitutto lascia a dir poco stupiti che il segretario generale di una rappresentanza sindacale nazionale, quale la UIL Scuola, ignori il fatto che quella norma oggi contestata era già presente ben otto anni fa nel Decreto Legislativo 66 del 2017 (Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107), dove all’articolo 14 (comma 3) si scriveva testualmente che: «al fine di agevolare la continuità educativa e didattica […] e valutati, da parte del dirigente scolastico, l’interesse della bambina o del bambino, dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente e l’eventuale richiesta della famiglia, ai docenti con contratto a tempo determinato per i posti di sostegno didattico possono essere proposti, non prima dell’avvio delle lezioni, ulteriori contratti a tempo determinato nell’anno scolastico successivo, ferma restando la disponibilità dei posti e le operazioni relative al personale a tempo indeterminato».
Detto poi che il provvedimento riguarderebbe solo i docenti precari non di ruolo, esso non impedirebbe affatto ai docenti specializzati aspiranti a quel posto di ruolo o precari di impedirne l’applicazione, poiché la normativa già stabilisce che non sia possibile nominare docenti non specializzati quando siano presenti e disponibili docenti specializzati.
E ancora, non è corretto parlare di «metodo che affida la scelta ai genitori»: la famiglia, infatti, non sceglie, ma impedisce solo che il docente presente precario per un anno venga licenziato, come per legge.
Infine, anziché chiedere il ritiro del provvedimento, come vorrebbe la UIL Scuola, sarebbe sufficiente sostituire, nel testo della norma, la richiesta della famiglia con quella del Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione (GLO), inserendola nel Piano Educativo Individualizzato (PEI), essendo la famiglia, all’interno dello stesso GLO, solo uno dei tanti membri. Di fronte infatti alla richiesta di conferma del docente precario da parte della famiglia, spetterebbe all’intero GLO di approvarla o meno.

Questa, a parer nostro, è la panoramica completa e corretta della questione di cui si tratta, come sempre si dovrebbe fare, specie trattando problemi tanto complessi e delicati, quale quello dell’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità.

*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

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Una diffamazione collettiva di tutte noi persone con disabilità

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«Se ci siamo indignati per la terminologia errata con cui veniamo chiamati – scrive Salvatore Nocera – se ci battiamo per contrastare le discriminazioni, cosa dovremmo dire e fare di fronte alla diffamazione collettiva di un Presidente degli Stati Uniti che attribuisce la causa di un gravissimo incidente aereo al fatto che il suo predecessore avesse nominato “troppi controllori di volo disabili”?»

Il mondo della disabilità italiana ha giustamente discusso sulla terminologia corretta con la quale dovessimo essere indicate noi, persone con disabilità, e il mondo associativo, specie la Federazione FISH, è riuscito a fare introdurre nell’articolo 2 del Decreto Legislativo 62/24 la definizione più confacente alla nostra dignità di persone come tutte le altre, con il termine di “persone con disabilità”.
Se ci siamo dunque battuti per una dignitosa e corretta terminologia, cosa dovremmo dire e fare nei confronti dell’ennesima “sparata” del Presidente degli Stati Uniti, che ieri, mentendo sapendo di voler mentire, con assoluta ignoranza dei fatti, ma con la consueta sicumera, ha attribuito la causa del gravissimo incidente aereo avvenuto a Washington al fatto che il suo predecessore avesse nominato «troppi controllori di volo disabili», per perseguire le sue politiche di inclusione.
Se ci siamo dunque indignati per la terminologia errata, cosa dovremmo dire e fare di fronte ad una strumentalizzazione, per propaganda politica, della nostra dignità personale?
Noi siamo considerati da quel signore come una categoria di incapaci, messi per pietà in posti di lavoro a noi non adatti, il che significa compiere una vergognosa denigrazione nei nostri confronti.
Se quindi giustamente ci battiamo per contrastare le discriminazioni, cosa dovremmo fare di fronte a questa diffamazione collettiva?
E non dico certo questo perché il presidente Trump sia un illustre politico di estrema destra e si stia comportando con incredibile disumanità, contro gli immigrati, considerati tutti “criminali”, e contro le donne, con un antifemminismo di genere che da noi sarebbe pure perseguibile penalmente; egli è il capo di un Paese da noi tutti sempre considerato come la guida dei Paesi democratici nel mondo. Però, con questa sua disinvolta affermazione contro di noi, egli opera una gravissima diseducazione mondiale, alla quale si atterranno i milioni di suoi fanatici elettori, che saranno anzi elettrizzati da questa sua “battuta esilarante”!
Ribadisco: sono profondamente indignato e lo avrei fatto, naturalmente, anche se un’offesa alla nostra dignità umana fosse venuta da un grande politico di sinistra. Sono però certo che le Associazioni si faranno presto sentire sulla stampa.

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Tante novità sull’ospitalità accessibile a “Hospitality”, il Salone dell’Accoglienza

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Torna a “Hospitality”, il Salone dell’Accoglienza che si terrà a Riva del Garda dal 3 al 6 febbraio, il progetto “DI OGNUNO”, che mette al centro l’inclusione e le esigenze di accessibilità, con un approccio trasversale che integra architettura, design e valori sociali. Diversi gli appuntamenti dedicati all’ospitalità accessibile organizzati da Village for all (V4A®) Un disegno della sala colazione inclusiva che verrà presentata a Riva del Garda

Quest’anno, tra le varie iniziative in campo, progetteranno anche una sala colazione inclusiva, cioè «in grado di accogliere tutti, offrendo soluzioni che rispettino le unicità alimentari, culturali e fisiche»: torna a Hospitality, il Salone dell’Accoglienza che si terrà a Riva del Garda (Trento) dal 3 al 6 febbraio, il progetto DI OGNUNO, avviato lo scorso anno da Village for all (V4A®), la nota rete impegnata da molti anni sul tema dell’innovazione turistica specializzata in ospitalità accessibile (lo avevamo già annunciato in questo pezzo).
DI OGNUNO è un progetto pluriennale di Hospitality, con focus su accessibilità e inclusione, in collaborazione con Village for all e Lombardini22, gruppo leader nello scenario italiano dell’architettura e dell’ingegneria,  che si propone di indagare e proporre soluzioni pratiche per rendere l’ospitalità accessibile a tutti e tutte, mettendo al centro l’inclusione e le esigenze di accessibilità, con un approccio trasversale che integra architettura, design e valori sociali.

Il 4 febbraio, sempre nell’àmbito di Hospitality ci sarà la presentazione del Manuale Operativo per la Sostenibilità e l’Ospitalità Accessibile: durante l’evento, organizzato da FAITA FederCamping Nazionale e da Village for all, i relatori approfondiranno i contenuti del Manuale, mettendo in evidenza come l’applicazione di queste linee guida possa rappresentare un’opportunità per innovare il settore e rispondere alle esigenze di un mercato in continua evoluzione.
Il 6 febbraio, invece, sarà la volta del panel Ospitalità Accessibile: La ristorazione DI OGNUNO, dal cliente allo staff: l’evento accenderà i riflettori sul tema della ristorazione accessibile e inclusiva e sarà moderato dal celebre giornalista e critico gastronomico Edoardo Raspelli, con la partecipazione di esperti e rappresentanti di realtà innovative come il Sunrise Accessible Resort, il Microbiscottificio Frolla, la Locanda Dal Barba e il progetto Cuori in Cucina, presentato da Paolo Turrini, presidente dell’Associazione Ristoratori Alto Garda. Tra i relatori spiccano inoltre Michele Adamo, vicepresidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e Roberto Vitali, co-fondatore e amministratore delegato di Village for all.
Sempre il 6 febbraio, con l’evento Accessibilità, sostenibilità e design. Il futuro delle case mobili a misura “DI OGNUNO” si approfondirà anche come le case mobili possano essere progettate con una accessibilità trasparente capace di offrire una qualità migliore per rispondere alle esigenze di accessibilità e al contempo offrire maggior comfort a tutti i propri ospiti, contribuendo a rendere il turismo outdoor più inclusivo, innovativo e competitivo.

«È tempo di cambiare paradigma: non parliamo più di disabilità, ma di persone con esigenze di accessibilità. Questo approccio non solo valorizza ogni individuo, ma offre alle imprese un’occasione straordinaria per innovare e ampliare il proprio mercato», commenta Roberto Vitali.

Per ulteriori informazioni: info@villageforall.net.

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Lo sterminio delle persone con disabilità: quel triste preludio dell’Olocausto

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Tra i tanti crimini del regime nazista, l’“Aktion T4” si distingue per la crudeltà con cui le persone con disabilità furono private del diritto alla vita. Questo programma di sterminio portò all’eliminazione di oltre 270.000 persone, considerate dal regime nazista “vite indegne”, caratterizzandosi come un tragico preludio della “Shoah” di cui anticipò le metodologie. Ne parliamo con Silvia Cutrera, una delle maggiori studiose a livello nazionale di “Aktion T4” Il castello di Hartheim nei pressi di Linz, in Austria, ospedale psichiatrico che divenne un centro di sterminio di persone con disabilità, nell’àmbito del programma “Aktion T4”

Tra i tanti crimini perpetrati dal regime nazista, l’Aktion T4 si distingue per la crudeltà con cui le persone con disabilità furono private del diritto alla vita. Il nome di questo programma di sterminio trae origine dall’indirizzo di Berlino Tiergartenstrasse n. 4, dove il progetto, avviato nel 1939, segnò l’inizio di una serie di politiche che portarono alla disumanizzazione e all’eliminazione di centinaia di migliaia di vite umane (si parla di oltre 270.000 persone), considerate dal regime nazista “vite indegne”. Sebbene meno conosciuto rispetto alla Shoah, l’Aktion T4 ne anticipò le metodologie e ne condivise pienamente l’ideologia.
Ho incontrato nei giorni scorsi Silvia Cutrera, tra le maggiori studiose a livello nazionale del programma Aktion T4, con la quale, in occasione del Giorno della Memoria del 27 gennaio, siamo tornati su questa pagina drammatica della storia del XX secolo.
È importante parlarne, perché rappresenta il primo sterminio sistematico organizzato dal regime nazista su di un intero gruppo sociale: le persone con disabilità.

Nel 2015, su queste pagine, la nostra direttrice Stefania Delendati in un bell’articolo parlò di Aktion T4 come del “primo Olocausto”. Ti senti di concordare con questa definizione?
«Sì, possiamo definirlo assolutamente così, perché fu il primo esperimento di sterminio su base ideologica. Attraverso l’Aktion T4, infatti, il nazismo mise in atto il concetto di “vite indegne di essere vissute”. Fu un genocidio fisico e simbolico: le persone con disabilità vennero rappresentate come un peso per la società e private della loro dignità. Tecniche come le camere a gas e un’organizzazione burocratica pressoché maniacale, curata fin nei più piccoli dettagli, furono testate in questo contesto e poi perfezionate per la Shoah. In questo senso, l’Aktion T4 fu un banco di prova per la macchina genocida nazista».

Alla base dell’Aktion T4 vi furono teorie pseudoscientifiche come l’eugenetica. In che cosa hanno di più influenzato questo programma?
«L’Aktion T4 si fondava su teorie eugenetiche e sul darwinismo sociale. L’eugenetica, sviluppata nel XIX secolo, sosteneva la necessità di migliorare la “qualità genetica” della popolazione, promuovendo la riproduzione dei “migliori” e limitando quella dei “deboli”. Il darwinismo sociale, invece, proponeva che solo i più “adatti” dovessero sopravvivere, giustificando così l’eliminazione dei “non idonei”. Un testo cruciale fu Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens (“La liberalizzazione della soppressione della vita senza valore”) dello psichiatra Alfred Hoche e del giurista Karl Binding, uscito nel 1920, con la teoria che alcune vite fossero prive di valore, sia per chi le viveva sia per la società. Queste idee furono integrate nell’ideologia nazista, con la collaborazione attiva di medici e scienziati».

Come reagì la società tedesca all’Aktion T4?
«La reazione fu complessa, benché prevalentemente passiva. Molti tedeschi, influenzati dalla propaganda, accettarono il programma, credendo alla narrazione che le persone con disabilità fossero un peso economico. Altri, invece, tra cui anche alcuni medici, si opposero: familiari delle vittime, inoltre, denunciarono le sparizioni, e figure religiose come il vescovo Clemens August von Galen condannarono pubblicamente il programma. La sua omelia del 1941 a Münster scosse la società e fu tra le ragioni che portarono Hitler a sospendere ufficialmente il programma. L’Aktion T4, tuttavia, continuò segretamente fino alla fine della guerra».

Quali erano i principali centri di sterminio?
«I centri erano sei. Tra i più noti si ricordano Grafeneck, Hartheim e Hadamar, tutti ospedali psichiatrici trasformati in luoghi di sterminio. Le vittime venivano uccise con gas, iniezioni letali o fame forzata. Questi luoghi non furono scelti a caso: erano isolati, lontani dai centri urbani, per nascondere le operazioni. Le tecniche sviluppate lì furono poi applicate nei campi di sterminio durante la Shoah».

Si è iniziato a parlare di Aktion T4 in tempi relativamente recenti. Quando secondo te si è manifestato un vero interesse da parte degli storici?
«Gli studiosi hanno cominciato ad approfondire il tema solo dagli Anni Sessanta. Durante i processi di Norimberga (1945-1946), alcuni dettagli del programma erano stati resi noti, soprattutto attraverso le testimonianze di medici e funzionari coinvolti, ma l’attenzione degli storici e dell’opinione pubblica si concentrò maggiormente sulla Shoah e sugli altri crimini di guerra nazisti. La ricerca sull’Aktion T4 è cresciuta con il tempo, grazie a studiosi come Henry Friedlander, che hanno dimostrato come questo programma abbia gettato le basi ideologiche e tecniche per il genocidio su larga scala. Negli ultimi decenni, l’interesse accademico e sociale è cresciuto notevolmente. Sono stati aperti memoriali e musei, come quello della Tiergartenstrasse 4 a Berlino, e sono stati pubblicati molti studi che indagano non solo i dettagli operativi del programma, ma anche le implicazioni etiche di esso e la memoria delle vittime. Questo riflette una maggiore consapevolezza storica e una volontà di rendere giustizia a una categoria di vittime che per lungo tempo era rimasta nell’ombra».

Da oltre vent’anni ormai, con i tuoi tanti incontri e conferenze parli e racconti dell’Aktion T4. Qual è la reazione più frequente che hai potuto notare?
«Molti rimangono scioccati. L’idea che medici e scienziati abbiano potuto collaborare a un programma tanto crudele mette in crisi la visione della medicina come disciplina etica. Altri, soprattutto nelle nuove generazioni, reagiscono con un profondo senso di responsabilità e si interrogano sul rischio che simili ideologie possano riemergere.
In un mondo dove temi come la selezione genetica e il valore della vita umana sono ancora dibattuti, la conoscenza dell’Aktion T4 invita a riflettere su come evitare che scelte apparentemente “scientifiche” possano essere usate per giustificare discriminazioni o violazioni dei diritti umani».

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