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Personale ATA – Esiti individuazioni ai fini del conferimento di supplenze – profilo collaboratore scolastico – a.s. 2024/2025 – LIBERATORIA PER INDIVIDUAZIONE DA GRADUATORIA D’ISTITUTO PER IL PROFILO DI COLLABORATORE SCOLASTICO

Ultime da A.T.P. Catanzaro -

►All’esito delle convocazioni di giorno 13/01/2025, giusto avviso AOOUSPCZ0000162 dell’8.01.2025, si pubblica il prospetto del personale, profilo C.S., incluso nella graduatoria provinciale di II FASCIA ...

“Per noi non c’è spazio nel mondo del lavoro. Come possiamo realizzare i nostri sogni nel cassetto?”

Superando -

I giovani e le giovani con disabilità che hanno intervistato la ministra per le Disabilità Locatelli nella trasmissione radiofonica Jolly Roger lo hanno fatto nell’àmbito del progetto Aracne – La Rete che Include, iniziativa che punta a promuovere la piena inclusione sociale di 200 minori con disabilità e in condizioni di povertà educativa che vivono nel III Municipio di Roma. Un progetto selezionato dall’Impresa Sociale Con i Bambini L’immagine-simbolo del progetto “Aracne – La Rete che Include”

Damiano vorrebbe lavorare ma non trova nessuno che lo assuma; Luca vuole capire cosa si intende per “disabilità”, dato che siamo tutti diversi; Matteo chiede cosa fa il Ministero per le Disabilità per la sua famiglia e Alice vorrebbe realizzare il sogno nel cassetto di lavorare nel settore della moda, ma per il momento riempie le sue giornate frequentando un centro diurno lontanissimo da casa «dove sono tutti anziani».
La recente intervista alla ministra per le Disabilità Locatelli fatta dai giovani speaker con disabilità della “redazione inclusiva di Jolly Roger” è solo l’ultimo tassello del progetto Aracne – La Rete che Include, progetto selezionato dall’Impresa Sociale Con i Bambini nell’àmbito del Fondo per il Contrasto alla Povertà Educativa Minorile.

ll progetto Aracne – La Rete che Include è nato per promuovere nel complesso ed eterogeneo territorio del III Municipio di Roma la piena inclusione sociale di 200 minori con disabilità e in condizioni di povertà educativa. Si tratta di una rete di realtà territoriali che promuove l’inclusione attraverso laboratori e servizi che si snodano intorno al “Polo Inclusivo Sperimentale” all’interno dell’Istituto Comprensivo Carlo Levi e che toccano i nodi periferici diffusi sul territorio: dalla sede della Cooperativa Idea Prisma 82, a quella del Brutto Anatroccolo e di Insieme per Fare, dal Brancaleone, alle scuole IC Filattiera e IC Montessori, nonché l’istituto di formazione professionale CIOFS.

«Aracne è anche presa in carico personalizzata orientata al progetto di vita, tramite percorsi di tutoraggio e inclusione lavorativa, percorsi di orientamento all’autonomia personale e sociale, corsi espressivi e ricreativi, laboratori sportivi senza barriere, web radio e laboratori di archeologia. Particolare attenzione viene inoltre dedicata all’accessibilità culturale, con iniziative rivolte alle scuole medie e superiori del territorio, che potranno usufruire anche di percorsi narrativi, didattiche alternative, art-terapia, laboratori di orientamento al successo formativo e di teatro»: questo si legge nel sito del sito del progetto, il cui simbolo è una ragnatela, che diventa «timone, emblema di stabilità e capacità di mantenere la rotta, è pronto a iniziare a tessere la sua ragnatela inclusiva».

Partita nel mese di ottobre dello scorso anno, l’iniziativa intende da ultimo coinvolgere e sostenere le famiglie tramite gruppi di mutuo aiuto, punti di ascolto, percorsi di sostegno, attività ludiche e promozione di reti di famiglie solidali. Né mancano incontri, dibattiti, seminari ed eventi, rivolti a tutta la comunità educante, per sensibilizzare e creare una rete solida e realmente integrata sul territorio. (C.C.)

Per maggiori informazioni: Chiara Di Paola (aracne@ideaprisma.it).

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Che cosa giustifica ancora il “soggiorno obbligato” delle persone con disabilità?

Superando -

Cresce il numero di persone con disabilità che vivono in ambienti segreganti, ad esempio in Francia, in Polonia, ma anche in Italia. Il volume Il soggiorno obbligato. La disabilità fra dispositivi di incapacitazione e strategie di emancipazione, scritto a più voci, raccoglie strumenti analitici e operativi per prevenire e contrastare l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità nel nostro Paese. Ne abbiamo intervistato il curatore Ciro Tarantino, professore di Sociologia del Diritto presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli

Può sembrare un paradosso. Da una parte cresce il numero di persone con disabilità che vivono in ambienti segreganti ad esempio in Francia, in Polonia, ma anche in Italia, come evidenzia un recente studio di Eurofound, agenzia dell’Unione Europea del quale ci siamo già occupati recentemente, dall’altra, diventa sempre più urgente la sfida della vita indipendente per le persone con disabilità.

Il curatore del volume, il professor Ciro Tarantino

Tra le mani ci è capitato lo scorso anno, e se n’è parlato anche sulle nostre pagine, un libro scritto a più voci e di libero accesso nel web (a questo link), che può aiutarci a capire: è Il soggiorno obbligato. La disabilità fra dispositivi di incapacitazione e strategie di emancipazione, edito dal Mulino, che raccoglie strumenti analitici e operativi per prevenire e contrastare l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità in Italia.
Abbiamo intervistato il curatore del volume, Ciro Tarantino, professore di Sociologia del Diritto presso l’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa, dove insegna Sociologia della Disabilità ed Etica Sociale.

Come è possibile prevenire e contrastare i processi di istituzionalizzazione, anche dove sembra non esistere un’alternativa concreta al cosiddetto “soggiorno obbligato” (penso anche semplicemente a conversazioni/racconti di vita quotidiana, in cui figli o nipoti non riescono a prendersi cura di familiari, non più autosufficienti, e quindi sono costretti ad optare per strutture sociosanitarie)?
«Prima di tutto chiariamo sinteticamente l’espressione soggiorno obbligato: con la formula mi riferisco a tutti quei casi in cui la persona è collocata in una particolare sistemazione abitativa contro la propria volontà e/o non avendo avuto a disposizione una valida e concreta alternativa. Siamo, cioè, in quell’area di fenomeni tutelati dal noto articolo 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità e, soprattutto, dal meno richiamato articolo 14 che – ricordo – , al comma 1, lettera b), chiede che si garantisca che le persone con disabilità “non siano private della loro libertà illegalmente o arbitrariamente, che qualsiasi privazione della libertà sia conforme alla legge e che l’esistenza di una disabilità non giustifichi in nessun caso una privazione della libertà”. Parliamo, dunque, di casi in cui sono compresse le due libertà – quella personale e quella di scelta – che compongono i pilastri su cui si regge la Convenzione stessa.
L’Italia, nel corso degli anni, ha accumulato molteplici saperi e ha elaborato moltissime pratiche in grado di prevenire e contrastare, con estrema efficacia, le forme di collocamento involontario delle persone anziane e/o con disabilità. Molti strumenti, quali la progettazione personalizzata capacitante e gli elementi connessi, quali il budget di progetto, vengono sperimentati ormai da un quarto di secolo. Non a caso la Legge Delega 227/21 in materia di disabilità li ha posti come perno di un nuovo sistema di welfare. E ricordo che la Legge Delega è l’attuazione della Riforma 1.1 del PNRR (Missione 5 – Componente 2) che prevedeva appunto l’adozione di una Legge quadro per le disabilità “nell’ottica della deistituzionalizzazione e della promozione dell’autonomia delle persone con disabilità”. Il problema, semmai, è l’inverso: che cosa, nel 2025, giustifica ancora eticamente e scientificamente l’istituzionalizzazione involontaria delle persone con disabilità?»

Nel volume una parte è dedicata a storie di istituzionalizzazione che potremmo definire assolutamente ordinarie, in nulla riconducibili al “caso limite”: c’è un elemento in comune in tutte queste storie? E cosa possiamo imparare?
«Nel corso della ricerca sono state raccolte molteplici traiettorie esistenziali, poi ne sono state estratte alcune paradigmatiche, per comprendere quelli che possiamo definire i “determinanti sociali dell’istituzionalizzazione”. Direi che tutte le storie, per quanto estremamente diverse, hanno in comune il verificarsi di uno o più punti di frattura: quelli che, materializzando una formula di Ernesto De Martino, abbiamo chiamato “crisi della presenza”. Si tratta, esattamente, di quei momenti a cui faceva cenno lei prima in cui il sistema di cura familiare – se disponibile – entra in crisi per le più diverse ragioni che nel volume proviamo a ricostruire.
Ora il problema è che il sistema di welfare, nel suo assetto ordinario, raramente interviene per evitare o alleviare questi momenti poiché prima scarica il carico assistenziale su famiglie e caregivere poi, dopo averli spremuti fino all’estremo – spesso chiedendo di annullare le proprie esistenze –, sancisce con l’istituzionalizzazione l’insostenibilità della situazione.
Anche nelle situazioni più complesse, di norma, c’è invece molto tempo per intervenire e molte soluzioni prospettabili, volendolo. Tra l’alternativa secca fra una domiciliarità forzata e l’istituzionalizzazione coatta, esistono molte forme di abitare possibile, più o meno assistito, se solo si vuole lavorare nel rispetto di diritti, bisogni e desiderata di tutti. Davvero nel 2025 non siamo in grado di prospettare forme di assistenza di qualità nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali?»

Come i servizi – e penso ai centri diurni ad esempio – possono e devono essere uno strumento veramente a disposizione delle persone con disabilità per l’elaborazione e la realizzazione del loro progetto di vita e uscire dalla logica dell’assistenzialismo e dell’imposizione dall’alto dell’educatore?
«Vedo due questioni principali. In primo luogo, bisogna liberarsi dalla tirannia dell’offerta. In molti territori è l’offerta disponibile di servizi che chiede alle persone di adattarsi, non è invece – come dovrebbe essere nella logica normale delle cose – la domanda che produce un’apposita gamma di servizi. Questo è un problema antico e strutturale di un welfare obsoleto, alquanto standardizzato e ancora poco flessibile rispetto alla personalizzazione dei servizi. Il caso del centro diurno, che lei cita, è significativo: in molti casi, esistendo storicamente un centro diurno sul territorio, la persona con disabilità viene indirizzata a frequentarlo come un automatismo, senza nessuna riflessione in merito a bisogni, aspettative e desideri della persona. Il centro diventa, così, non un luogo funzionale alla persona, ma, se va bene, un “defaticatore” familiare e, molto spesso, un luogo di mera riproposizione della logica dell’intrattenimento che speravamo archiviata da almeno un trentennio».

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha stabilito l’incostituzionalità della disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (TSO) nella parte in cui non garantisce a chi vi è sottoposto il diritto ad un’adeguata informazione e al contraddittorio. Un’altra ordinanza della Corte di Cassazione circoscrive i poteri del Giudice Tutelare nella nomina dell’amministrazione di sostegno. Stiamo andando nella “direzione giusta”, ma cosa manca affinché sia effettivo il cambiamento culturale e non solo legislativo?
«I cambiamenti legislativi sono efficaci e duraturi solo se fondati su cambiamenti culturali. In questo momento, in merito alle limitazioni di libertà, la disciplina del TSO è quella ancora oggi più formalizzata e che fornisce maggiori garanzie. Il punto, in merito alle persone anziane e/o con disabilità, è un altro: è che, molto spesso, sono soggette a privazioni e limitazioni della libertà improprie e surrettizie, cioè non conformi ai meccanismi di garanzia previsti dalle normative.
Come l’esperienza del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ci ha insegnato in questi anni, si tratta spesso di internamenti o di privazioni di fatto e non di diritto della libertà personale. Questo significa che c’è un profondo problema culturale in merito allo statuto di cittadinanza delle persone anziane e/o con disabilità: nei loro confronti viene reputato normale adottare comportamenti lesivi della dignità e della libertà che sarebbero impensabili per il resto della cittadinanza.
Ancora più drammatico è quando i servizi e le istituzioni neanche si accorgono di star comprimendo la dignità e la libertà di una persona. Sempre l’esperienza di questi anni indica come ormai improcrastinabili alcune riforme: in primo luogo, anche in ottemperanza alle ripetute richieste del Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – che vigila sull’applicazione della Convenzione omonima –, la soppressione degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione. In secondo luogo, ed estremamente necessaria, la delicata riforma dell’amministrazione di sostegno, in modo che siano scongiurati i pericoli che l’assistenza si tramuti in sostituzione della volontà della persona con disabilità».

Lei scrive che il volume è stato scritto «in un momento di fermento legislativo»: i Decreti Legislativi attuativi della Legge Delega 227/21 e in generale le recenti soluzioni normative adottate dal Legislatore hanno tenuto conto di questi studi raccolti?
«La ricerca è stata promossa dalla Presidenza del Consiglio (Ufficio per le Politiche in Favore delle Persone con Disabilità, oggi Dipartimento) in un momento in cui il Covid aveva messo in luce l’estrema fragilità del sistema di welfare italiano e prima ancora che prendesse piede l’ipotesi della Legge Delega 227/21. Non a caso, nello stesso periodo e a partire dallo stesso presupposto, la Federazione FISH aveva promosso il progetto Welfare 4.0. La ricerca si è poi materialmente svolta in un periodo in parte convergente con quello della redazione dei Decreti Legislativi di attuazione della Legge Delega. E alcuni degli estensori del rapporto di ricerca sono stati coinvolti nei lavori della Commissione di studio redigente gli schemi di Decreti Attuativi (chi scrive, Cecilia Marchisio e Daniele Piccione in funzione di coordinatore della Commissione). Oggi che il procedimento legislativo è sostanzialmente chiuso, i lettori e le lettrici potranno giudicare se e quanto le soluzioni adottate dal Legislatore siano o meno convergenti con quelle prospettate nel volume.
Se proprio dovessi riassumere una materia che è molto complessa e articolata, direi che, a fronte di una sostanziale convergenza della ricerca con l’impianto della Legge Delega 227/21, le distanze maggiori si rinvengono in alcuni punti di ambiguità che il Decreto Legislativo 62/24 lascia proprio in tema di libertà personale e di prevenzione e contrasto dell’istituzionalizzazione. Ma questo è un argomento che meriterebbe un apposito approfondimento e un dibattito, soprattutto con i movimenti di tutela dei diritti delle persone con disabilità. Il problema è che non mi pare che il mondo dell’associazionismo – nel suo complesso e con le dovute eccezioni – in questo momento dimostri una specifica sensibilità per queste tematiche. Mi sembra, piuttosto, che siamo in un momento in cui il tema viene silenziosamente rimosso dall’agenda politica, senza la forza e il coraggio di esplicitare le ragioni di questo accantonamento subdolo».

Se confrontiamo il quadro italiano con quello europeo come ne usciamo?
«Il quadro europeo e internazionale che ruota intorno all’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità è molto solido. Si pensi, a puro titolo di esempio, alle Linee Guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza rilasciate dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità nel 2022, proprio mentre la nostra ricerca era in corso. Oppure al lavoro del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti  del Consiglio d’Europa, oppure al recentissimo Commento Generale n.1 all’articolo 4 del Protocollo Opzionale (Posti di privazione della libertà) del Sottocomitato ONU sulla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (CAT). Mi sembra, piuttosto, che sia l’Italia – con la sua tradizione di emancipazione – a dover decidere se dignità e libertà delle persone con disabilità siano o meno questioni meritevoli di confronto e impegno o temi da mettere in sordina».

Il libro Il soggiorno obbligato. La disabilità fra dispositivi di incapacitazione e strategie di emancipazione, di libero accesso nel web, come sopra già ricordato (a questo link), è diviso in cinque parti (Geometrie esistenziali e crisi della presenzaCartometrie e cartografie della residenzialità in ItaliaCodici culturali e quadri normativiDispositivi di incapacitazioneStrategie di emancipazione) e contiene contributi di Matteo Schianchi, Massimiliano Verga, Natascia Curto, Cecilia Maria Marchisio, Virginia De Silva, Lavinia D’Errico, Giovanni Pizza, Ciro Pizzo, Nicola Vanacore, Daniele Piccione, Emilio Santoro, Orsetta Giolo, Daniele Amoroso, Benedetto Saraceno, Christian Loda, Maria Giulia Bernardini, Diana Genovese, Paolo Addis, Fabrizio Magani, Giovanni Merlo, Luca Fazzi, Ranieri Zuttion, Fabrizio Starace, Alceste Santuari, Filippo Venturi, Gilda Losito e Vincenzo Falabella, curatore, quest’ultimo, della postfazione.

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Istruzioni operative sul nuovo iter di accertamento della disabilità

Superando -

Con il suo messaggio n. 4465/2024, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha provveduto a una descrizione puntuale delle principali novità in relazione alla procedura di accertamento della condizione di disabilità, stabilita dal decreto legislativo 62/2024, andando quindi a fornire delle istruzioni operative utili per l’attuazione della sperimentazione, partita il 1° gennaio 2025, nelle Province di Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste.

In tale documento, l’INPS chiarisce dettagliatamente il contenuto del certificato medico introduttivo, elencando i medici che lo possono rilasciare.

Inoltre, specifica che la responsabilità di inviare il suddetto certificato all’INPS, secondo le modalità previste sul sito dell’Istituto, è del medico che lo ha rilasciato e che, sempre quest’ultimo, deve far firmare all’interessato la ricevuta di trasmissione del certificato e conservarla.

Ancora, il messaggio precisa che la convocazione a visita arriverà all’interessato tramite lettera raccomandata, della quale specifica il contenuto.

La parte più importante della nota INPS in esame è la descrizione dell’accertamento sanitario e della composizione delle nuove Unità di Valutazione di Base (UVB), che, secondo il nuovo iter, saranno quelle competenti alla sua realizzazione.

Infine, il messaggio n. 4465, oltre a chiarire che il “certificato che attesta la condizione di disabilità” rilasciato dall’UVB sarà visibile dall’interessato sul “Portale della Disabilità”, va a indicare le modalità per la trasmissione dei dati socioeconomici.

 

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Selezione e formazione rigorosa per l’insegnamento di sostegno

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«Abilitazioni discutibili, comportamenti inaccettabili e, in alcuni casi, violenti, non sono più tollerabili. Chiediamo misure concrete per garantire che tutti i docenti di sostegno siano selezionati e formati in modo rigoroso e continuativo, con particolare attenzione alle competenze specialistiche necessarie per supportare in maniera efficace e rispettosa gli studenti e le studentesse con disabilità»: lo dicono dalla Federazione FISH, commentando l’arresto di un’insegnante di sostegno in Campania, sulla base di «accuse gravissime, se confermate»

«Servono controlli seri, continui, formazione iniziale e in servizio e verifiche rigorose sulla qualità e sull’etica dei docenti, e non solo dei docenti, per garantire un’istruzione di qualità. Occorre costruire un sistema trasparente e responsabile, in grado di rispondere alle esigenze dei nostri studenti e studentesse. Non possiamo più accettare un sistema che tratta gli alunni e le alunne come numeri, che finge inclusione, ma poi abbandona gli studenti le famiglie al loro destino. I nostri figli non sono un banco di prova per chi cerca un lavoro facile. I nostri alunni e alunne, studenti e studentesse, le nostre famiglie meritano più rispetto»: è questa la presa di posizione espressa da Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), commentando la notizia dell’arresto di un’insegnante di sostegno in Campania, accusata di avere tenuto comportamenti di natura sessuale con alcuni alunni della scuola media dove svolgeva il proprio ruolo. «Accuse gravissime – sottolineano dalla Federazione -, qualora dovessero essere confermate».

«Esprimiamo profonda preoccupazione per questi fatti – si legge poi nella nota diffusa dalla FISH – e per la condizione attuale del sistema scolastico italiano, in particolare per quanto concerne il reclutamento e la formazione dei docenti di sostegno. Troppe volte, infatti, ci troviamo di fronte a situazioni in cui l’insegnamento di sostegno viene percepito come una via di ripiego per entrare nel mondo della scuola, senza che i docenti siano dotati delle competenze, della vocazione e della preparazione adeguata. Questo non solo compromette la qualità dell’insegnamento, ma soprattutto limita il diritto all’inclusione e all’educazione di qualità per gli studenti e le studentesse con disabilità, privandoli del necessario supporto di cui hanno urgente bisogno».

«Abilitazioni discutibili, comportamenti inaccettabili e, in alcuni casi, violenti, non sono più tollerabili – prosegue la nota -. Per questo chiediamo con forza che vengano adottate misure concrete per garantire che tutti i docenti di sostegno siano selezionati e formati in modo rigoroso e continuativo, con particolare attenzione alle competenze specialistiche necessarie per supportare in maniera efficace e rispettosa gli studenti e le studentesse con disabilità. A tal proposito invitiamo le Istituzioni a intervenire con urgenza per risolvere queste problematiche, rivedendo le modalità di abilitazione, formazione e reclutamento, al fine di tutelare il diritto all’inclusione e alla qualità dell’educazione per tutti».

«È inaccettabile – concludono dalla FISH – che il sistema scolastico sembri talvolta un “ammortizzatore sociale” per diplomati e laureati in cerca di un’occupazione. Il ruolo educativo, soprattutto per gli studenti e le studentesse con disabilità, richiede una preparazione seria, un’etica rigorosa e un profondo rispetto per la dignità umana. Ribadiamo pertanto la necessità di adottare con immediatezza strumenti normativi concreti per garantire trasparenza e qualità nell’insegnamento. È necessario, ad esempio, applicare pienamente il cosiddetto Freedom of Information Act (Decreto Legislativo 97/16*), permettendo a cittadini, genitori e istituzioni di vigilare sull’operato della scuola. Dirigenti scolastici, genitori e ispettori ministeriali devono essere messi nelle condizioni di verificare con serietà la preparazione e l’etica dei docenti». (S.B.)

*La normativa cosiddetta “FOIA”, ossia “Freedom Of Information Act”, introdotta con il Decreto Legislativo 97/16 (recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) è parte integrante del processo di riforma della Pubblica Amministrazione, definito dalla Legge 124/15.

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it.

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Quel che serve per un’intelligenza artificiale accessibile, equa e inclusiva

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«Per progettare un’intelligenza artificiale accessibile, equa e inclusiva è necessario partire da tre pilastri: consapevolezza, responsabilità e buoni progetti»: a dirlo è Nicola Gencarelli, responsabile della ricerca tecnologica per la Fondazione ASPHI, nel quadro del dibattito sempre aperto su come l’intelligenza artificiale possa realmente aiutare a creare un mondo più inclusivo

Ma l’intelligenza artificiale (d’ora in poi semplicemente IA) può realmente aiutare a creare un mondo più inclusivo? La risposta è alquanto complessa.
Prima di tutto occorre fare un’importante premessa: gli habitat e gli spazi inclusivi, protagonisti della recente edizione di Handimatica, la mostra-convegno nazionale promossa a Bologna dalla Fondazione ASPHI e dedicata alle tecnologie digitali per una società inclusiva, non vengono mai costruiti dall’uomo in maniera neutrale poiché dietro la loro realizzazione ci sono sempre una decisione progettuale, una responsabilità e delle dinamiche di potere strutturali. Di conseguenza, l’IA, in modo autonomo, non può fare grandi cose; ogni singolo prodotto IA deve essere progettato e disegnato dall’uomo, in modo tale che sia egli stesso a decidere che possa essere utilizzabile da tutti e tutte.
D’altro canto, però, va ammesso che, in particolare, l’IA generativa ha aperto frontiere molto importanti, permettendo, infatti, di produrre descrizioni di immagini e oggetti più accurate per le persone cieche, trascrizioni più precise per quelle sorde e voci sintetiche maggiormente realistiche per chi ha delle disabilità comunicative. Inoltre, ha favorito l’interazione con il web e il digitale, sviluppando alcune interfacce che assistono, guidano e semplificano la ricerca delle informazioni per le persone anziane o con disabilità.

L’IA avrebbe la possibilità di rispondere ai bisogni di persone con particolari esigenze, ancora insoddisfatte, come il riconoscimento vocale per le persone con disartria [perdita della capacità di articolare le parole in maniera normale, N.d.R.] e parlato atipico, l’accessibilità a grafici, mappe e formule matematiche per i ciechi, assistenti virtuali per supportare l’autodeterminazione per chi ha una disabilità cognitiva. Stiamo parlando al condizionale perché, anche in questo caso, è fondamentale l’intervento dell’uomo.
In questo momento è facilmente constatabile che elementi come il riconoscimento vocale, invece di essere di aiuto, in molti casi possono generare ulteriori discriminazioni per differenze linguistiche, geografiche, economiche. Così come i dati che riguardano in modo specifico le persone con disabilità, in quanto non sono la realtà, ma un modo con cui noi la rappresentiamo, e conseguentemente la progettiamo, producendo, per lo più, ulteriori barriere, invece di abbatterle.

La citata Fondazione ASPHI, per favorire il più possibile l’intervento dell’uomo nell’utilizzo dell’IA, promuove progettualità concrete che si basano anche sull’esperienza personale di persone con disabilità. Il progetto CapisciAMe, ad esempio, condotto da Davide Mulfari, ingegnere con disabilità motoria e disatria, ha lo scopo appunto di sviluppare un sistema di riconoscimento vocale proprio per le persone con diverse forme di parlato atipico legate a condizioni di disabilità [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
E ci sono altri esempi analoghi, la cui validità dipende dal fatto che l’ideatore, come è successo per Mulfari, non ha pensato solamente a chi ha quel determinato deficit, ma a soluzioni strutturate, che possano cioè rispondere alle esigenze di molti, grazie a soluzioni collettive, partecipate e documentate.
A monte di questo tipo di lavoro, occorre avere a disposizione dati aggregati, strutturati e significativi, rispetto ai bisogni, ai desideri e alle aspettative delle persone con disabilità.
«Per progettare un’intelligenza artificiale accessibile, equa e inclusiva è necessario partire da tre pilastri – dichiara Nicola Gencarelli, responsabile della ricerca tecnologica per la Fondazione ASPHI -: consapevolezza, responsabilità e buoni progetti. Dobbiamo riconoscere che ogni scelta progettuale ha conseguenze non neutre perché influenzata da dataset spesso sbilanciati verso standard dominanti di tipo linguistico, culturale, economico e di abilità. Essere responsabile significa comprendere che le nostre scelte incidono sul modo in cui le persone vivono e interagiscono con il mondo, e che siamo parte del futuro collettivo. Solo attraverso un design inclusivo e collaborativo, che valorizzi i bisogni è i desideri marginalizzati, possiamo costruire strumenti capaci di abbattere barriere e promuovere un reale equità. È da questo approccio artigianale che può nascere un’IA in grado di rispondere alle specificità locali e di connettere soluzioni globali con il sapere e le esigenze delle società civili. In questo contesto, ASPHI svolge un ruolo cruciale, favorendo il dialogo tra aziende, enti di ricerca, associazioni e società civile, per sviluppare tecnologie assistive che siano realmente utili e accessibili».

*Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “L’Intelligenza Artificiale e la disabilità: molti vantaggi ma il dibattito è aperto”, e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Assenze per malattia del lavoratore con disabilità? Verificarne le ragioni

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Un interessante precedente, utile a “fare giurisprudenza” nel senso della tutela di lavoratori e lavoratrici con disabilità, è dato da una recente Ordinanza della Corte di Cassazione, secondo la quale la conoscenza dello stato di disabilità del lavoratore da parte del datore di lavoro comporta l’onere datoriale di acquisire, prima di procedere al licenziamento, informazioni circa l’eventualità che il superamento del limite di assenze per malattia sia connesso allo stato di disabilità

«In tema di licenziamento, costituisce discriminazione indiretta l’applicazione dell’ordinario periodo di comporto [totale delle assenze per malattia] previsto per il lavoratore non disabile al lavoratore che si trovi in condizione di disabilità, perché la mancata considerazione dei rischi di maggiore mobilità dei lavoratori disabili, proprio in conseguenza della disabilità, trasmuta il criterio, apparentemente neutro, del computo dello stesso periodo di comporto in una prassi discriminatoria nei confronti del particolare gruppo sociale protetto in quanto in posizione di particolare svantaggio [grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]»: sta in questo passaggio e soprattutto in quello successivo, tutta l’importanza di una recente Ordinanza della Corte di Cassazione (Sezione Lavoro), pubblicata il 7 gennaio scorso e disponibile integralmente a questo link, che in tal senso ha accolto in alcune parti il ricorso di un lavoratore con disabilità nei confronti di una precedente Sentenza della Corte d’Appello di Torino. Nella parte successiva dell’Ordinanza, infatti, si scrive che «la conoscenza dello stato di disabilità del lavoratore da parte del datore di lavoro fa sorgere l’onere datoriale di acquisire, prima di procedere al licenziamento, informazioni circa l’eventualità che le assenze per malattia del dipendente siano connesse allo stato di disabilità, al fine di individuare possibili accorgimenti ragionevoli».
Nello specifico, la Corte territoriale aveva «accertato che la società era a conoscenza della condizione di disabilità del lavoratore» e aveva «intimato il licenziamento per superamento del periodo di comporto (il medesimo previsto anche per le persone prive di disabilità) senza procedere ad acquisire informazioni circa la correlazione tra assenze per malattie del dipendente e stato personale di disabilità».

Un interessante precedente, quindi, utile a “fare giurisprudenza” nel senso della tutela di lavoratori e lavoratrici con disabilità. (S.B.)

Ringraziamo per la segnalazione Elisa Marino dell’Ufficio Legislativo della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie).

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Audiodescrizione: dalla mediocrità all’“aurea mediocritas”

Superando -

«È una vera e propria battaglia, quella delle audiodescrittrici e degli audiodescrittori seri e ben formati, contro l’invisibilità, l’esclusione e la mediocrità sferzate da tanti agenti negativi, che per interessi personali o superficialità, banalizzano una professione dalla vocazione nobilissima, com’è per chiunque operi nel settore dell’accessibilità»: lo scrive Savio Tanzi, raccontando di un incontro dell’UICI Emilia Romagna con la dialoghista, audiodescrittrice e insegnante Laura Giordani

Chiunque ama l’aurea via di mezzo,
al sicuro sta lontano dallo squallore di un tetto diroccato
e sta lontano, sobrio, da una reggia invidiabile.
Orazio, Odi II 10

La buona riuscita di un progetto spesso passa per l’incontro. La prima metà di questi nuovi Anni Venti – inaugurati dalla pandemia – ci ha ormai dato in eredità la conferma che ci si può riunire anche in videoconferenza: gli Incontri del giovedì dell’UICI Emilia Romagna (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), ne sono un esempio.
Nel corso di una videoconferenza del 21 novembre scorso, il presidente del Consiglio Regionale UICI dell’Emilia Romagna Marco Trombini ha intrattenuto una chiacchierata informale con la dialoghista e audiodescrittrice romana Laura Giordani [“firma” anche di Superando, N.d.R.] che nel 2009 fu chiamata da “mamma RAI” per importare l’audiodescrizione (d’ora in poi abbreviata in AD) e stilare delle regole di “buona prassi” per film e serie TV, sulla base delle linee guida esistenti all’estero.
Il presidente Trombini ha raccontato che è nato tutto da una corrispondenza social: una reazione al post di un evento, una richiesta di contatto, una chat e da lì ha scoperto molto di più su quel nome che conosceva solo come autrice dei testi delle AD cinetelevisive. Ovvero che Laura Giordani è anche e soprattutto una dialoghista, una professoressa, un’insegnante che si è impegnata nella giusta causa di inserire nella filiera figure professionali cieche o ipovedenti. Da lì è nata l’idea di invitarla all’incontro. A posteriori, si è detto più che soddisfatto, visto il record di presenze che quella videoconferenza ha registrato.

All’inizio, Giordani ha portato la propria esperienza, parlando e sensibilizzando sull’AD nel suo solito stile: interloquendo con i suoi diretti interessati, i fruitori (cosa, ahinoi, per niente scontata). Muovendosi da un tema all’altro, l’incontro ha toccato le criticità che ancora vincolano l’AD e non permettono ad essa di spiccare il volo. Il tono della riunione è stato caratterizzato da trasporto e polemica, termine spesso usato nelle sue connotazioni più negative.
Ma la polemica qui ci vuole: dal greco πολεμικός (polemikós), la parola indica tutto ciò che è “attinente alla guerra”. Trattasi infatti di una vera e propria battaglia, quella delle audiodescrittrici e degli audiodescrittori seri e ben formati. Una guerra contro l’invisibilità, l’esclusione e la mediocrità sferzate da tanti agenti negativi, che per interessi personali o superficialità, banalizzano una professione dalla vocazione nobilissima (com’è per chiunque operi nel settore dell’accessibilità). Ma andiamo con ordine, toccando questi tre antagonisti contro cui lottare.

Invisibilità: qual è il colmo per un audiodescrittore – colui che rende il cinema “visibile” ai non vedenti – se non l’invisibilità? Di fatto, lo siamo. Per esempio, si è parlato degli anni di insistenza che ci sono voluti per far entrare nei vocabolari il lemma audiodescrizione all’interno delle loro raccolte, nonostante ogni film o fiction RAI si apra, ormai da anni, con il cartello che ne annuncia la fruibilità “sul canale audio digitale o satellitare dedicato”.
E che dire delle leggi che obbligano alla produzione di un’AD senza però assicurarsi che queste vengano rese fruibili? Di fatto, finiscono in cineteca senza che più nessuno possa metterci mano, o “orecchio”. Un esborso economico non indifferente che però non si traduce poi in una sua effettiva utilità.
L’invisibilità degli audiodescrittori straripa anche in àmbito fiscale: non esiste ancora un Codice ATECO per gli audiodescrittori, ovvero dei liberi professionisti che creano opere dell’ingegno com’è il copione (o testo descrittivo) di un’AD. Tutte criticità che Laura Giordani sottolinea e denuncia. Proprio sul fronte fiscale, il presidente Trombini ha dimostrato interesse, rilanciandole la palla per organizzare progetti futuri atti a battersi insieme in tal senso, con l’obiettivo di acquisire visibilità e “farsi sentire”.

Esclusione: il contrario dell’inclusività e quindi dell’accessibilità. Il testo (audio)descrittivo di un’opera è per definizione devoto all’inclusività: l’intero settore dovrebbe esserlo. L’inclusione di professionisti ciechi o ipovedenti nella filiera dell’AD dovrebbe dunque essere un qualcosa di irrinunciabile. Più di chiunque altro, loro possono percepire i bisogni dei fruitori, essendone anche i destinatari. È chiaro che per un cieco è difficile scrivere un testo di AD, ma può facilmente partecipare alla fase di collaudo o speakerarlo.
La professoressa Giordani ha portato l’esempio di Mario Loreti e Veronica Cosimelli, due ragazzi ciechi ma «dall’energia da spaccare il mondo» che ormai speakerano i copioni delle audiodescrizioni filmiche per professione.

Infine, il minimo comune denominatore di ogni lavoro superficiale: la mediocrità. È la cattiva consigliera che regna sovrana sulla spalla di tutti quei sedicenti audiodescrittori che, neofiti e sprovvisti della formazione necessaria, improvvisano scimmiottando qualsiasi AD reperibile in tivù o linea guida rintracciabile sul web, magari superata da trent’anni. Spesso non hanno un briciolo di cultura cinematografica o nozioni di linguaggio filmico, che sono imprescindibili: chi si accosta all’audiodescrizione con serietà lo sa bene. Ma, senza prenderci in giro, questo è un problema più grande: la mediocrità si deve spesso a un esercito di giovani adulti che, spaesati, tentano di insinuarsi nel mondo del lavoro alla bell’e meglio. Il sottoscritto che, venticinquenne, non da molto è transitato dal mondo della formazione a quello del lavoro, non può che confermarlo: la mediocrità è spesso un morbo che attacca anche i centri di formazione. Gli studenti impreparati, ma stufi di aspettare, daranno i frutti mediocri che formatori altrettanto scarsi avevano seminato nei loro allievi: così si alimenta un’inarrestabile catena della mediocrità.
Ma come riconoscere un’AD mediocre? Semplice: manca di tutte quelle accortezze che assicurano un ausilio accessibile per le persone con disabilità visiva e si mostra totalmente sprovvisto del rispetto in primis ai fruitori, ma poi anche all’opera audiovisiva e a chi l’ha creata, il regista.

Una buona audiodescrizione è fatta di equilibrio e discernimento: tra ciò che va detto e ciò che va lasciato intendere, rispettando ciò che il regista ha voluto per noi spettatori. Dunque mai anticipare dettagli, mai dare il nome di un personaggio prima che compaia nei dialoghi, mai sopperire alla mancanza parziale o totale del senso della vista, con un eccesso di informazioni inutili e asfissianti. Così facendo, roviniamo solo l’esperienza dello spettatore che, va ricordato, si dovrebbe solamente godere un film o l’episodio di una serie in santa pace.
Francesca, una partecipante all’incontro promosso dall’UICI Emilia Romagna, non avrebbe potuto dirlo meglio: l’AD dovrebbe «togliere al fruitore il fardello e la fatica mentale di dover unire insieme i pezzi di un puzzle disordinato, al quale mancano dei tasselli». Niente di più, niente di meno.

Da suo onorato e fortunato ex allievo, posso testimoniare che la professoressa Giordani consiglia sempre ai suoi studenti di scrivere in punta di sedia” e di fare venticinquemila passi indietro”: non si viene apprezzati per una scrittura autocompiaciuta e vanagloriosa, bensì per chiarezza, oggettività e semplicità (non a caso, i tre precetti fondamentali dell’AD). L’horror vacui lasciamolo ai rococò. E allora, se volessimo restare sulla scia dei classici, dalla “polemica” greca, dovremmo approdare all’aurea mediocritas latina: l’aurea via di mezzo. Il buon audiodescrittore deve saper mediare, con equilibrio e parsimonia, per assicurare un ausilio che si mantenga sempre discreto, rifuggendo dalla ridondanza.

D’altronde, la descrizione esiste da che mondo è mondo. È un fatto naturale, un bisogno che nasce dall’esperienza umana e che necessita di figure professionali che lo colmino. Rita, attrice e cantante cieca col sogno del doppiaggio, ha raccontato ai partecipanti all’incontro di quando, da piccola, la sorella le descriveva i cartoni animati come poteva. Adesso che lei è madre si chiede dov’è la giustizia nel fatto che suo figlio cieco non possa godersi un cartone animato insieme al fratello vedente, a meno che quest’ultimo non abbia voglia di armarsi della pazienza di descriverglielo come può.
Lo stesso presidente Trombini, da fruitore a contatto con tanti altri fruitori, ha dichiarato che – stando alla sua esperienza – «quasi tutti i non vedenti vanno a caccia di AD», osservando come la necessità di tale ausilio sia in crescita. Infatti, se prima degli Anni Novanta i film tendevano a lasciare molto spazio al suono e ai rumori, si è poi andati via via a dare sempre più importanza all’immagine: questo complessifica l’esperienza per le persone con disabilità visiva. Ma rimane un grosso problema: la mancanza di un indice univoco e aggiornato che renda conto dei prodotti audiodescritti. Rai e Netflix fanno un ottimo lavoro, l’app MovieReading invia delle notifiche sul cellulare, ma servirebbe un qualcosa di più ufficiale e meglio organizzato.
Questa e altre problematiche sono state portate all’orecchio delle figure UICI più di spicco a livello nazionale in un secondo incontro – il 17 dicembre – che, si è augurato il presidente Trombini, porti presto a dei frutti concreti.

La guerra all’invisibilità, all’esclusione e alla mediocrità va combattuta a spada tratta, sensibilizzando a suon di seminari, articoli e di lavori ineccepibili dal punto di vista della qualità. E a livello di attivismo sociale, il presidente del Consiglio Regionale UICI dell’Emilia Romagna, Marco Trombini, promette di andare anche oltre. Perché no? Magari con manifestazioni per acquisire quella visibilità tanto agognata. È la lotta per un futuro socialmente più accessibile per le persone con disabilità sensoriale, ma anche per uno più giusto dal punto di vista professionale per chi dedica o vorrà dedicare le proprie competenze a questa causa.

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La rigenerazione di un territorio deve passare anche per la riduzione delle disuguaglianze

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«La rigenerazione di un territorio va ben oltre la sua riqualificazione fisica, sebbene quest’ultima sia necessaria: richiede interventi riparativi e generativi, capaci di creare nuove opportunità e competenze»: lo ha dichiarato Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, durante un’audizione alla Camera, presso la Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie

«Come Terzo Settore osserviamo che l’approccio delle politiche pubbliche nelle periferie si rivela spesso inefficace, concentrandosi su interventi di rigenerazione urbana o di contrasto al degrado, e utilizzando misure securitarie piuttosto che azioni mirate alla riduzione delle disuguaglianze. La rigenerazione di un territorio, però, va ben oltre la sua riqualificazione fisica, sebbene quest’ultima sia necessaria: richiede interventi riparativi e generativi, capaci di creare nuove opportunità e competenze»: lo ha dichiarato Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, durante un’audizione alla Camera, presso la Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. «Pertanto – ha aggiunto -, oltre agli interventi sugli edifici, le infrastrutture e gli spazi comuni, è fondamentale investire in azioni immateriali che rendano questi luoghi vivibili e attrattivi, aprendo nuove prospettive di vita e lavoro per gli abitanti. Occorre cioè migliorare l’offerta dei servizi, impostando come priorità l’istruzione, la salute, i servizi sociali e culturali, la casa, l’accessibilità e la mobilità».

«C’è bisogno – ha sottolineato ancora la Portavoce del Forum – di superare un approccio assistenzialista o pietistico e, al contrario, creare condizioni che restituiscano i diritti di base e promuovano autonomia e dignità. Lo stesso Terzo Settore, nelle periferie, si trova spesso a “riparare”, “ricucire” e “recuperare”, praticando una sorta di economia circolare applicata al sociale, mentre andrebbe valorizzato il ruolo fondamentale di esso nel costruire cittadinanza insieme a chi vive nelle periferie».

«Sono dunque quattro – ha concluso Pallucchi – le prospettive e gli interventi di sistema per le periferie da noi individuati, ovvero una politica intersettoriale in grado di integrare la riqualificazione fisica con quella sociale e culturale; la garanzia di servizi e infrastrutture pubbliche, spazi verdi e mobilità sostenibile; la promozione di politiche per un diritto all’abitare dignitoso e sostenibile; il contrasto alla povertà educativa, finanziando i Patti Educativi di Comunità e coinvolgendo tutti i soggetti del territorio». (S.B.)

A questo link è disponibile l’elenco dei soci e degli aderenti al Forum Nazionale del Terzo Settore, tra cui anche la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie). Per ulteriori informazioni: stampa@forumterzosettore.it.

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Anche Temple Grandin al convegno sullo spettro autistico di Calambrone

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Temple Grandin, una delle persone più celebri al mondo nello spettro autistico, conosciuta per i suoi contributi e per la promozione della consapevolezza sull’autismo, e Giacomo Vivanti, ricercatore e docente di fama internazionale nel campo dell’autismo e del neurosviluppo, parteciperanno alla seconda edizione del convegno scientifico Disturbo dello spettro autistico e neurosviluppo: oltre i segni nucleari, organizzato per il 18 gennaio dall’IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa) Temple Grandin, una delle persone più celebri al mondo nello spettro autistico

Evento di riferimento per la comunità medico-scientifica, giunto alla sua seconda edizione, il convegno scientifico Disturbo dello spettro autistico e neurosviluppo: oltre i segni nucleari, organizzato dall’IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa), si terrà presso l’Auditorium della Fondazione stessa sabato 18 gennaio (ore 8.30-17), per affrontare temi particolarmente attuali, come l’autismo e la salute pubblica, approfonditi attraverso un approccio multidisciplinare e sotto la guida del responsabile scientifico Antonio Narzisi.

Nel dettaglio del programma, la sessione mattutina, moderata da Stefano Berloffa, aprirà con l’intervento del già citato Antonio Narzisi, che esplorerà il tema dell’autismo come condizione complessa o complicata. A seguire, Gabriele Masi approfondirà il neurosviluppo in ottica evolutiva.
Tra i momenti più attesi, la lettura magistrale denominata Autismo e salute pubblica: nuove evidenze e narrazioni in conflitto, proposta da Giacomo Vivanti della Drexel University di Philadelphia (USA), ricercatore e docente di fama internazionale nel campo dell’autismo e del neurosviluppo, mentre Annarita Milone si concentrerà sul legame tra empatia e disturbi del neurosviluppo e Pamela Fantozzi presenterà un focus sulle differenze di genere nell’autismo ed empatia.
Gli interventi proseguiranno quindi con Raffaella Tancredi, che illustrerà i fenotipi clinici dell’autismo, e Gianluca Sesso, che discuterà il funzionamento autonomo alterato nei giovani con disregolazione emotiva e disturbi del neurosviluppo.

La parte pomeridiana, moderata da Antonio Narzisi, avrà quale principale protagonista Temple Grandin dell’Università del Colorado, una delle persone più celebri al mondo nello spettro autistico, conosciuta per i suoi mirabili contributi e per la promozione della consapevolezza sull’autismo. Il suo intervento, intitolato Il mondo ha bisogno di tutti i tipi di menti, sarà sostanzialmente un’analisi ispiratrice sulle diversità cognitive.
Seguirà la relazione di Alvise Casanova sull’esperienza di inclusione lavorativa con il progetto Specialisterne, con la chiusura affidata a Susanna Pelagatti, che si soffermerà sugli approcci tecnologici utili a favorire l’inclusione delle persone autistiche (Oltre le parole: approcci anche tecnologici per l’inclusione delle persone autistiche nel mondo reale: questo il titolo del suo intervento). (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Roberta Rezoalli (r.rezoalli@gmail.com).

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Altre riflessioni sul Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità

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Continuiamo a dare spazio a valutazioni e commenti riguardanti il Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, istituito dalla Legge Delega 227/21 in materia di disabilità e dal Decreto Legislativo 20/24, attuativo di essa, il cui collegio è stato definito nel dicembre scorso. Ad esprimersi oggi su tale argomento è l’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e del Neurosviluppo)

L’Autorità Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, prevista dalla Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, è stata definita con il Decreto Attuativo n. 20 del 5 febbraio 2024. L’ufficio è stato reso operativo dal 1° gennaio di quest’anno. Si tratta di un organismo collegiale ed autonomo amministrativamente, non sottoposto a subordinazioni gerarchiche con sede a Roma.
L’atto di nomina è stato firmato dai Presidenti di Senato e Camera, chiamando a ricoprire tale importante ufficio per il prossimo quadriennio l’avvocato Maurizio Borgo, che assume anche la Presidenza, e il professor Francesco Vaia e il dottor Antonio Pelagatti, che andranno a comporre l’ufficio.

Tra le principali competenze e prerogative spiccano:
° vigilanza sul rispetto dei diritti e sulla conformità alle norme e ai princìpi stabiliti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità e dagli altri trattati internazionali dei quali l’Italia è parte in materia di protezione dei diritti delle persone con disabilità, dalla Costituzione, dalle leggi dello Stato e dalle fonti subordinate nella medesima materia;
° contrasto dei fenomeni di discriminazione diretta e indiretta o di molestie in ragione della condizione di disabilità e del rifiuto dell’accomodamento ragionevole (di cui all’articolo 5, comma 2 del Decreto Legislativo 20/24);
° promozione dell’effettivo godimento dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, anche impedendo che esse siano vittime di segregazione;
° raccolta delle segnalazioni provenienti dalle persone con disabilità, da chi le rappresenta, dai familiari e dalle associazioni e dagli enti legittimati ad agire in difesa delle persone con disabilità, individuati ai sensi dell’articolo 4 della Legge 1°marzo 2006, n. 67, riguardante le misure di tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazione, essendo legittimate ad agire a tutela dei diritti delle persone con disabilità le associazioni e gli enti individuati con apposito Decreto del Ministro per le Pari Opportunità, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali;
° lo svolgere verifiche, d’ufficio o a seguito di segnalazione, sull’esistenza di fenomeni discriminatori;
° il richiedere alle amministrazioni e ai concessionari di pubblici servizi di fornire le informazioni e i documenti necessari allo svolgimento delle funzioni di loro competenza, prevedendo che i soggetti interpellati rispondano entro 30 giorni; in caso contrario, il Garante può chiedere l’ordine di esibizione dei documenti dal Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale;
° formulazione di raccomandazioni e pareri alle amministrazioni e ai concessionari pubblici interessati sulle segnalazioni raccolte, anche in relazione a specifiche situazioni e nei confronti di singoli enti, sollecitando o proponendo, anche attraverso l’autorità di settore e di vigilanza, interventi, misure o accomodamenti ragionevoli idonei a superare le criticità;
° promozione, attraverso rapporti di collaborazione orizzontale e verticale, della cultura del rispetto dei diritti delle persone con disabilità, mediante campagne di comunicazione e informazione, progetti, iniziative e azioni positive, in particolare nelle istituzioni scolastiche, in collaborazione con le amministrazioni competenti per materia;
° promozione dei rapporti di collaborazione con i garanti e gli altri organismi pubblici comunque denominati a cui sono attribuite, a livello regionale o locale, specifiche competenze in relazione alla tutela dei diritti delle persone con disabilità, in modo da favorire, fatte salve le disposizioni vigenti in materia di trattamento dei dati anche sanitari, lo scambio di dati e di informazioni e un coordinamento sistematico ed efficace per assicurare l’applicazione uniforme dei principi di non discriminazione. Questa funzione dovrà essere esercitata secondo il principio di differenziazione, tenendo conto, dunque, delle differenze dei modelli di assistenza organizzati sui diversi territori;
° in accordo con l’articolo 4.3 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, assicura forme di consultazione sui temi affrontati, sulle campagne e sulle azioni con le organizzazioni e le associazioni rappresentative delle persone con disabilità, nell’àmbito della tutela e della promozione dei diritti delle persone con disabilità;
° trasmissione annuale, entro il 30 settembre di ogni anno, di una relazione sull’attività svolta alle Camere, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero all’Autorità politica delegata in materia di disabilità, vale a dire il Ministro per le Disabilità;
° facoltà di visitare, senza necessità di autorizzazione o di preavviso e con accesso illimitato ai luoghi, avvalendosi, ove necessario, della collaborazione di altri organi dello Stato, le strutture che erogano servizi pubblici essenziali di cui alla Legge 12 giugno 1990, n. 146 e successive modificazioni e all’articolo 89, comma 2-bis, del Decreto Legge n. 34/2020 (Legge 77/2020);
° facoltà di visita degli istituti di cui agli articoli 67 e 67 bis della Legge 26 luglio 1975, n. 354, che detta le norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, con riferimento, rispettivamente, alla visita senza autorizzazione degli istituti penitenziari da parte di soggetti politici o dell’ordinamento giudiziario, e alla visita delle camere di sicurezza;
° agire e resistere in giudizio a difesa delle proprie prerogative con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato;
° competenza nel definire e diffondere codici e raccolte delle buone pratiche in materia di tutela dei diritti delle persone con disabilità nonché di modelli di accomodamento ragionevole;
° collaborazione con gli organismi indipendenti nazionali nello svolgimento dei rispettivi compiti.

Il Garante si dovrà consultare, con cadenza almeno semestrale, sull’esercizio delle proprie funzioni, con le Federazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità e dovrà garantire forme di concertazione in relazione alle specifiche attività di competenza. Inoltre, dovrà operare in collaborazione e stretta sinergia con l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità.
È poi importante evidenziare come la facoltà di visitare, senza necessità di autorizzazione o di preavviso e con accesso illimitato ai luoghi, le strutture che erogano servizi pubblici essenziali di cui alla Legge 146/90 (e successive modificazioni) e all’articolo 89, comma 2 bis del Decreto Legge 34/20 (Legge 77/20), e gli istituti di cui agli articoli 67 e 67 bis della Legge 354/75, conferita all’Autorità Garante per i Diritti delle Persone con Disabilità – anche in collaborazione con il Garante dei Diritti delle Persone private della Libertà Personale – sia di grande rilevanza poiché può contribuire in modo significativo a migliorare gli standard quali/quantitativi di tali importanti unità di offerta, promuovendone la transizione in chiave inclusiva e, conseguentemente, contribuire a migliorare la qualità di vita delle persone che ne usufruiscono, prevendendo e contrastando anche fenomeni di segregazione, maltrattamenti ed abusi, nonché agire affinché sia sempre garantito il pieno rispetto della loro dignità intrinseca ed estrinseca e sia contrastata ogni forma di discriminazione.
La competenza sul tema, oggi attribuita al Garante Nazionale per i Diritti delle Persone con Disabilità, e non più per quanto riguarda le persone con disabilità e le strutture di cui esse fruiscono, solo al Garante Nazionale delle Persone private delle Libertà Personali, contribuirà a fare chiarezza su un tema di grande rilevanza, che anche in questi giorni è stato da taluni riproposto con un approccio meramente ideologico e del tutto fuorviante. Far cioè passare il messaggio che tutte le strutture semiresidenziali e residenziali siano dei luoghi nei quali, a prescindere, le persone con disabilità vengono segregate, o peggio, rappresenta un approccio frutto di pericolosi preconcetti e foriero di grandi disastri laddove questo messaggio si dovesse tradurre in pratica: le persone con disabilità, infatti, nel rispetto dell’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione ONU, hanno il diritto di poter scegliere dove come e con chi vivere, comprese le strutture semiresidenziali o residenziali, senza mai essere costrette ad una specifica sistemazione, contro la propria volontà.
In tale contesto la nostra Associazione ha già da tempo espresso con chiarezza la propria posizione che, oggi, viene ribadita e contrasta ogni maldestro tentativo di “generalizzata criminalizzazione” di servizi senza i quali le persone con disabilità, specie quelle a più alta complessità, non avrebbero alcuna possibilità di scegliere di poter vivere al meglio le proprie vite in luoghi adatti alle loro specifiche esigenze, ai loro desideri e alle loro aspettative.
Di contro, se qualcuno avesse evidenze di luoghi, strutture, servizi in cui le persone con disabilità vengono abusate, maltrattate, subiscono violenza o dove non ne vengono rispettati la dignità e i diritti, ha il dovere di segnalarlo a chi di dovere e non “sparare nel mucchio”: anche in questo senso siamo certi che il ruolo del nuovo ufficio del Garante assumerà una funzione centrale.

Al Garante avvocato Borgo e ai componenti l’ufficio, professor Vaia e dottor Pelagatti, va in conclusione un sincero augurio di buon lavoro da parte del nostro presidente nazionale Roberto Speziale e della nostra Associazione tutta.

*L’ANFFAS è l’Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e del Neurosviluppo.

All’operatività dal 1° gennaio 2025 dell’ufficio del Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, il nostro giornale ha già dedicato i testi Fondamentale la collaborazione del Garante con le organizzazioni di persone con disabilità e Quanto potrà essere efficace l’azione di questo Garante? di Giampiero Griffo.

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“I Figli della Tigre” di Enrico Lombardi è anche in audiolibro

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Pubblicata nel 2023, I Figli della Tigre, storia in stile fantasy di Enrico Lombardi, esce ora anche in versione audiolibro (disponibile su Audible), letta dal doppiatore professionista Alessandro Budroni. Lombardi, in una mirabile opera di trasposizione simbolica, conferisce a un episodio reale, un viaggio a Parigi del 1991, i contorni del mito, trasfigurandolo in una narrazione che incarna l’essenza di un legame indissolubile. Tutte le royalties della pubblicazione andranno alla UILDM di Pisa

Pubblicata da LCF Edizioni nel 2023, I Figli della Tigre, una storia in stile fantasy di Enrico Lombardi*, già ampiamente presentata anche su queste pagine, è uscita ora in versione audiolibro, edita da LibriVivi Media.
L’opera, disponibile su Audible (a questo link), è letta da Alessandro Budroni, doppiatore professionista con un’importante esperienza nel settore, mentre Valerio Burgio ne ha curato la veste grafica.

Parigi, 1991: è notte fonda quando quattro amici, animati da uno spirito che già prelude all’avventura, lasciano furtivamente il centro medico che li ospita. La loro meta è la Torre Eiffel, simbolo eterno di sogni e aspirazioni, che li chiama con un’attrazione irresistibile. In quel tempo, era ancora lontana la concezione inclusiva che oggi permea i luoghi di soggiorno e di incontro, eppure, in quella fuga silenziosa e temeraria, si consuma un atto iniziatico che possiede il respiro di un’epopea.
Da quel gesto, intriso di audacia e meraviglia, germina I Figli della Tigre, il racconto fantastico di Enrico Lombardi. L’autore, in una mirabile opera di trasposizione simbolica, restituisce all’episodio reale i contorni del mito, trasfigurandolo in una narrazione che incarna l’essenza di un legame indissolubile. Ciò che inizia come una ribellione giovanile si sublima in un patto eterno, attraverso il quale il lettore, in questa storia di amicizia e coraggio, potrà percepire con forza quel soffio vitale che distingue le imprese umane dalle gesta leggendarie.

Detto che tutte le royalties della pubblicazione saranno devolute alla UILDM di Pisa (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), va segnalato ancora che l’audiolibro (durata di 4 ore e 25 minuti) fa parte della collana “Azzurri – La narrativa degli autori italiani” ed è edito, come detto, da LibriVivi Media, in collaborazione con LCF Edizioni. (Simona Lancioni)

*Enrico Lombardi (Livorno, 1967-2021)
Ha vissuto cercando un equilibrio tra il suo sentire, la sua formazione e professione e il suo impegno civile. Essendo una persona con disabilità, si è impegnato sin da giovane nel contrasto alle discriminazioni e nel riconoscimento dei diritti propri e delle altre persone con disabilità.
Ancora giovanissimo, ha fondato la sezione livornese della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), l’Associazione di cui, più tardi, sarebbe divenuto presidente nazionale, oltre ad essere a lungo direttore editoriale di «DM», la rivista nazionale dell’Associazione stessa.
Dopo essersi laureato in Scienze Politiche con il massimo dei voti, ha costituito una Cooperativa Sociale finalizzata all’impiego di persone in situazione di svantaggio e si è creato una famiglia propria.
Empatico, curioso, ironico, profondo, coltivava una miriade di interessi, aveva viaggiato per l’Europa ed era appassionato di Stephen King, dei fumetti Marvel, di cinema e letteratura fantasy, di giochi di ruolo.

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore –per gentile concessione.

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Franco Bomprezzi, “Il Cavaliere a rotelle”

Superando -

In occasione dell’evento svoltosi per il decennale dalla scomparsa di colui che fu per dieci anni direttore responsabile di Superando, è stato presentato tra l’altro il podcast Il Cavaliere a rotelle. Franco Bomprezzi, che ne ripercorre la storia personale e professionale, attraverso la sua voce e quella dei suoi amici e colleghi

«Bambino dalle ossa di vetro e studente modello al liceo. Cronista di nera e poi giornalista a tutto tondo nelle redazioni di quotidiani locali e nazionali. Attivista per i diritti delle persone con disabilità e leader associativo attento alla comunicazione e all’uso del linguaggio. Un uomo dalla fine ironia, che vedeva la sua carrozzina come uno strumento di libertà: tutto questo e molto altro è stato Franco Bomprezzi»: è quanto si legge nel sito della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), a proposito di colui che fu direttore responsabile di Superando fino alla sua scomparsa il 18 dicembre 2014, oltreché presidente della stessa LEDHA e della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).

In occasione dell’evento che si è svolto in dicembre a Milano, per il decennale dalla sua morte (se ne legga la presentazione anche sulle nostre pagine), è stata data tra l’altro visibilità al podcast denominato Il Cavaliere a rotelle. Franco Bomprezzi*, che ne ripercorre la storia personale e professionale, attraverso la sua voce e quella dei suoi amici e colleghi.
«In esso – viene spiegato – si condensa, in circa novanta minuti di ascolto, una vita straordinariamente normale, che attraversa un’epoca di grandi lotte e conquiste per i diritti delle persone con disabilità. E che ci dice molto anche sulla società in cui viviamo oggi. Il racconto della vita e del lavoro di Bomprezzi è affidato alla voce di amici, colleghi e di quanti hanno lavorato con lui nelle diverse tappe della sua carriera professionale. Oltre a contributi audio d’epoca e alla lettura di stralci di articoli pubblicati sulle diverse testate per cui Franco ha scritto».

Realizzato dalla LEDHA e dalla UILDM, con il contributo della Fondazione Cariplo (testo e voce narrante di Ilaria Sesana, sound design e post produzione di Angelo Miotto, prodotto da Intrecci Media), il podcast può essere ascoltato sulle principali piattaforme di streaming (Spotify, Spreaker, iHearth). Inoltre, le persone con disabilità uditiva e tutti coloro che abbiano piacere di leggerne i contenuti, possono a questo link trovare la trascrizione della prima puntata. (S.B.)

*Il titolo scelto per il podcast fa anche riferimento diretto al fatto che nel dicembre del 2007 Franco Bomprezzi venne insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

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