La Salute deve rimanere un diritto universale, senza discriminazioni nei confronti dei più vulnerabili
Il recente emendamento n. 13.0.4 al Disegno di Legge su Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria rappresenta una preoccupante deriva per il sistema sanitario nazionale, con gravi implicazioni per i diritti delle persone vulnerabili e in particolare proprio per quelle con disabilità. L’introduzione di un provvedimento come questo potrebbe altresì coincidere con l’avvio di un vero e proprio processo di privatizzazione della Sanità Pubblica, mettendo a rischio i princìpi fondanti del Servizio Sanitario Nazionale, universalità, equità e gratuità.
Il provvedimento in discussione, infatti, permette ai fondi sanitari integrativi di erogare prestazioni anche in àmbito sanitario, su prestazioni parzialmente comprese nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Questo non solo porta a una duplicazione dei servizi, ma rischia anche di generare una confusione enorme nei percorsi di cura, con il pericolo concreto di lasciare ai margini le persone che non possono permettersi di accedere ai servizi privati.
In pratica, si assiste alla creazione di un sistema sanitario a due velocità: uno per chi ha la possibilità economica di accedere ai fondi sanitari integrativi, e l’altro per chi, purtroppo, è costretto a fare affidamento esclusivamente sul sistema pubblico, che sempre più spesso risulta inadeguato a garantire una copertura universale e tempestiva.
In un Paese come il nostro, dove la Costituzione sancisce il diritto alla salute come diritto universale, non possiamo permettere che il sistema sanitario venga frammentato.
L’introduzione di misure come quella proposta, che consentono una parziale estensione dei fondi integrativi nelle aree già coperte dai LEA, non fa altro che accentuare le disuguaglianze e creare un sistema sanitario che di pubblico ha sempre meno. Il rischio concreto, come detto, è quello di favorire il rafforzamento del settore privato a discapito di quello pubblico, aumentando le disuguaglianze nell’accesso alle cure e creando discriminazioni nei confronti dei più vulnerabili.
La nostra richiesta al Legislatore, pertanto, è chiara: aprire un dibattito serio e approfondito su questo tema, evitando soluzioni affrettate che possano danneggiare il sistema sociosanitario. In altre parole è necessaria una riforma del settore sanitario che non lasci spazio a interpretazioni ambigue o ingiustizie sistemiche. Una riforma che tuteli in modo inequivocabile i diritti delle persone con disabilità e di tutti i cittadini e le cittadine, senza compromettere l’accesso alle cure per chi non ha i mezzi per ricorrere a forme di assistenza private.
Siamo infatti fermamente convinti che la Sanità debba rimanere un diritto universale, accessibile a tutti e tutte, senza discriminazioni economiche. Ogni intervento legislativo deve rispettare i principi di equità, accessibilità e solidarietà che sono alla base del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Non possiamo permettere che la salute diventi una merce per pochi, ma dobbiamo lavorare affinché ogni cittadino, indipendentemente dalla propria condizione economica, possa accedere alle stesse opportunità di cura e protezione.
L’emendamento al centro del dibattito attuale rischia dunque di portare a una Sanità sempre più iniqua, in cui solo chi potrà permetterselo avrà accesso a cure adeguate, mentre i più vulnerabili resteranno esclusi. Non possiamo accettare che questo accada: è fondamentale che il sistema sanitario pubblico venga preservato, rafforzato e reso ancora più inclusivo, in modo che possa continuare a garantire il diritto alla salute per tutti, senza eccezioni.
*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).
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