Aggregatore di feed

Disabilità, riforma e progetto di vita: un’esperta risponde

Superando -

Vi sarà nel pomeriggio di oggi, 24 marzo, la diretta online “Disabilità e Riforma: l’esperta risponde”, condotta da Cecilia Marchisio, componente della prima Commissione che ha redatto il Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge Delega 22721 in materia di disabilità, iniziativa promossa dal Coordinamento PERSONE, per rispondere alle richieste di chiarimento ricevute rispetto alla cosiddetta “riforma della disabilità” e al tema del Progetto di Vita personalizzato e partecipato Realizzazione grafica elaborata in occasione di un ciclo di incontri formativi proposti nel 2024 da Spazio DirSI – Disabilità in rete a Siena

È prevista per il secondo pomeriggio di oggi, 24 marzo (ore 18), la diretta online denominata Disabilità e Riforma: l’esperta risponde, condotta da Cecilia Marchisio, componente della prima Commissione che ha redatto il Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge Delega 22721 in materia di disabilità, nonché responsabile del Centro Studi per i Diritti e la Vita Indipendente dell’Università di Torino.
L’iniziativa è promossa da PERSONE (Coordinamento Nazionale contro la Discriminazione delle Persone con Disabilità), per rispondere alle tante richieste di chiarimento ricevute rispetto alla cosiddetta “riforma della disabilità” e al tema del Progetto di Vita personalizzato e partecipato, come disciplinato dal citato Decreto 62/24 (Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato).
L’iniziativa, che verrà diffusa sulla pagina Facebook e sul canale YouTube di PERSONE (rispettivamente a questo e a questo link), si rivolgerà segnatamente a persone con disabilità, famiglie, operatori e operatrici del sociale, associazioni, attivisti e attiviste, e a chiunque altro sia interessato/a. (S.B.)

Ringraziamo Simona Lancioni per la collaborazione.

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@personecoordnazionale.it.

L'articolo Disabilità, riforma e progetto di vita: un’esperta risponde proviene da Superando.

Non solo il 21 marzo, ma ogni giorno diritti e sostegni per le persone con sindrome di Down

Superando -

«Questa Giornata – sottolineano dall’ANFFAS, in occasione della Giornata Mondiale della Sindrome di Down di oggi, 21 marzo – possa contribuire a rafforzare consapevolezza sull’assoluta necessità di sostegni e diritti per le persone con sindrome di Down (e per tutte le persone con disabilità), non solo in occasione del 21 marzo, ma ogni giorno» Il logo internazionale della Giornata Mondiale della Sindrome di Down di oggi, 21 marzo

«Sostegni per l’inclusione scolastica per studenti con disabilità e per lo svolgimento degli studi universitari, per entrare nel mondo del lavoro in maniera concreta e avere un lavoro vero con uno stipendio, senza più tirocini infiniti, sostegni per lo sviluppo delle autonomie personali e la vita indipendente, counseling e reti di gruppi di supporto psicologico per le famiglie, una rete di mobilità accessibile che aiuti a potersi muovere in autonomia, comunicazioni e informazioni accessibili: sono solo alcune delle indicazioni arrivate dalla nostra PIAM, la Piattaforma Italiana Autorappresentanti in Movimento, in relazione al tema scelto a livello internazionale per la Giornata di oggi»: lo dicono dall’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo) a proposito della Giornata Mondiale della Sindrome di Down di oggi, 21 marzo, centrata appunto sul tema Improve Our Support Systems, ossia “Migliorare i nostri sistemi di supporto”. «A queste già concrete indicazioni da parte dei nostri Autorappresentanti – aggiungono dall’ANFFAS – vi sono anche quelle dei familiari, concernenti alcune criticità legate all’invecchiamento, alla costante mancanza di risorse e alla solitudine delle famiglie, soprattutto le più giovani. È quindi evidente che l’argomento dei sostegni e dei servizi sia un tema che riguarda direttamente la vita delle persone con sindrome di Down e di tutte le persone con disabilità e loro famiglie, un tema che di conseguenza è necessario continuare a porre, insieme alle sue innumerevoli sfaccettature, all’attenzione di ogni soggetto a vario titolo coinvolto, a partire dalle Istituzioni che dovrebbero dare garanzia del sistema dedicato ai servizi».

«Infatti – sottolineano ancora dall’Associazione – ancora troppo spesso le persone con sindrome di Down, e in generale tutte le persone con disabilità, si trovano ad affrontare una quotidianità fatta di ostacoli dovuti alla mancanza di sostegni e supporti che sono invece un loro diritto in ogni ambito della vita. È una mancanza che impedisce di avere una società e una comunità di pari opportunità: e oggi sono le stesse persone con sindrome di Down, sempre più consapevoli e protagoniste della loro vita, a reclamarli e non si può più pensare di poter procrastinare. Si parla di sostegni e servizi che devono essere pensati e concretizzati ponendo sempre al centro la persona, evitando qualsiasi tipo di standardizzazione e andando invece verso un modello sempre più inclusivo che valorizzi e si adatti ai bisogni delle persone stesse, così come ribadito anche dalla recente riforma in materia di disabilità che ha posto in primo piano proprio la centralità della persona sia per ciò che concerne il Progetto di Vita individuale, personalizzato e partecipato, sia per quanto riguarda l’uso di un linguaggio corretto, bandendo termini discriminatori e stigmatizzanti nei confronti delle persone con disabilità».

«Come sempre, dunque, auspichiamo – concludono dall’ANFFAS – che questa Giornata possa contribuire a rafforzare consapevolezza su tali importanti temi, non solo in occasione del 21 marzo, ma ogni giorno, riconoscendo alle persone con sindrome di Down diritti, sostegni ma anche talenti, sogni, desideri e capacità, contrastando ogni discriminazione e stereotipo». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: comunicazione@anffas.net.

L'articolo Non solo il 21 marzo, ma ogni giorno diritti e sostegni per le persone con sindrome di Down proviene da Superando.

Musica e inclusione: un progetto che rompe le barriere

Superando -

Un’esibizione senza precedenti quella di un gruppo di persone con disabilità insieme a Simona Bencini, storica voce dei “Dirotta su Cuba”, nell’ambito del progetto “Musica senza confini”, iniziativa che ha unito musica e inclusione sociale, consentendo alle persone con distrofia muscolare di esprimersi e di partecipare attivamente a una performance musicale di grande valore I protagonisti dell’esibizione musicale insieme alla cantante Simona Bencini

È stata un’esibizione senza precedenti quella di un gruppo di persone con disabilità insieme a Simona Bencini, storica voce dei “Dirotta su Cuba”, che hanno interpretato I Just Called to Say I Love You, nell’ambito del progetto Musica senza confini, iniziativa che ha unito musica e inclusione sociale, consentendo alle persone con distrofia muscolare di esprimersi e di partecipare attivamente a una performance musicale di grande valore.

Elemento chiave del progetto è stato il supporto di Audio Modeling, azienda italiana specializzata in software musicali, che ha collaborato con Manuele Maestri, promotore di Musica Senza Confini, per sviluppare un software musicale inclusivo, completamente “made in Italy”.
Il progetto ha visto il coinvolgimento di diverse persone con disabilità, che hanno avuto l’opportunità di partecipare a prove e sessioni musicali, lavorando fianco a fianco con professionisti del settore musicale.

Ora Musica Senza Confini continuerà il proprio impegno per la promozione dell’inclusione e dell’accessibilità attraverso eventi, iniziative artistiche e progetti sociali che consentano la partecipazione di tutti e tutte, senza alcuna distinzione. (C.C.)

Per maggiori informazioni: Manuele Maestri (manuelemaestri@gmail.com).

L'articolo Musica e inclusione: un progetto che rompe le barriere proviene da Superando.

Il ruolo della Chiesa e la distruzione di ogni muro di separazione

Superando -

Diamo spazio al testo dell’intervento di monsignor Francesco Antonio Soddu, vescovo della Diocesi di Terni, Narni e Amelia, nel corso del recente convegno di Assisi “A Sua Immagine. ‘Us’ not ‘Them’”, che ha preso spunto dal libro “A Sua immagine? Figli di Dio con disabilità”, traduzione di una pubblicazione del gesuita australiano Justin Glyn. «Il ruolo della Chiesa – è la conclusione di Soddu – è quello di annunciare e testimoniare Cristo, il quale ha distrutto ogni muro di separazione» Il libro “A Sua immagine? Figli di Dio con disabilità”, che ha fornito lo spunto al convegno di Assisi durante il quale è intervenuto monsignor Francesco Antonio Soddu

Introduco questo mio intervento partendo da ciò che potrebbe costituire quasi la conclusione. Cito perciò quello che è considerato il documento base dell’intero magistero di Papa Francesco, ossia l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium e nello specifico il numero 207: «Qualsiasi comunità della Chiesa, nella misura in cui pretenda di stare tranquilla senza occuparsi creativamente e cooperare con efficacia affinché i poveri vivano con dignità e per l’inclusione di tutti, correrà anche il rischio della dissoluzione, benché parli di temi sociali o critichi i governi. Facilmente finirà per essere sommersa dalla mondanità spirituale, dissimulata con pratiche religiose, con riunioni infeconde o con discorsi vuoti».
Il Papa fin da questo documento insiste affinché l’attenzione verso le persone più fragili sia percorsa come la strada maestra che costruisce, compatta ed è anche capace di rigenerare la comunità. Ciò che emerge è la tensione verso la costruzione del Noi, frutto di un’attenzione posta dal Concilio Vaticano II con l’affermazione di una ecclesiologia di comunione, volta a fare emergere la corresponsabilità dei credenti e la conseguente compartecipazione attiva in seno alla Chiesa.

Prima di trattare la tematica vorrei introdurmi richiamando un brano molto bello di Kahlil Gibran, intitolato Quando nacque il mio Dolore, tratto dal libro Il folle: «Quando nacque il mio Dolore lo nutrii con amore e lo curai teneramente. Come tutte le creature viventi esso crebbe, forte, bello e traboccante di mirabili delizie. Ci amavamo reciprocamente e amavamo il mondo che ci circondava; poiché il Dolore aveva il cuore tenero, e il mio dal Dolore veniva conquistato. Quando il mio Dolore ed io discorrevamo insieme, i giorni erano alati e le notti ornate di sogni; poiché il linguaggio del dolore era eloquente, e il mio con lui lo diventava. Quando camminavamo insieme la gente ci rivolgeva sguardi delicati e sussurrava parole di dolcezza estrema. Ma c’era anche chi osservava invidioso, perché il Dolore è nobile ed io ne ero orgoglioso. Ma come tutte le creature viventi il mio Dolore morì ed io sono rimasto solo a pensare ed a soppesare. Ora, quando parlo, le mie parole ricadono con un suono grave, quando canto i miei amici non vengono più ad ascoltare. Quando cammino per la strada nessuno più mi degna di uno sguardo. Solo nei miei sogni sento una voce pietosa che dice: “Guarda, lì riposa l’uomo il cui Dolore è morto”».
In questo brano molto bello possiamo vedere e sottolineare, tra le infinite interpretazioni, il senso del dolore, di qualsiasi dolore, rispetto a coloro che ne sono coinvolti, sia dalla parte di chi soffre sia dalla parte di chi aiuta chi si trova nella sofferenza. Vi si può scorgere forse anche una sorta di autocompiacimento rispetto alla considerazione del dolore e la scomparsa di tutto questo nel momento della morte/scomparsa del dolore. Tuttavia, a mio parere, vi è anche da considerare il fatto che il dolore potrebbe morire, anzi forse meglio dire scomparire, nella misura in cui vada incontro, usando termini di Papa Francesco, alla cultura dell’indifferenza.

Non mi soffermo tanto su questioni che sono ben trattate nel testo A Sua immagine? Figli di Dio con disabilità, riprendo però alcune questioni che, seppur rimaste irrisolte, le considererei piuttosto come sospese nelle culture dei diversi contesti. Quasi come dei frutti da cogliere e far diventare maturi attraverso l’incontro e la relazione.
La questione e l’interrogativo sulle motivazioni per le quali si è così e non diversamente rimane sempre e comunque, perciò accolgo pienamente e condivido l’affermazione di Matteo Schianchi, a pagina 98 del libro, ossia che «la disabilità non sia una condizione specifica ma una dimensione semplicemente antropologica, da sempre, negli esseri umani, nei loro corpi e nella società stessa».
In questo senso, anche riferito non alla disabilità, ma alla condizione dei carcerati, è emblematico quanto affermato più di una volta e in diverse occasioni da Papa Francesco, «potevo esserci io al loro posto…». Pertanto mi pare quanto mai accoglibile quanto scritto da don Colmegna a proposito del tema dell’articolo sul ribaltamento “noi-loro”. Scrive don Virgilio a pagina 75 del libro citato, ed è un capovolgimento teologico forte e significativo, «stare dove non vince il potere dell’aiuto, ma l’uguaglianza della fraternità».
Questo pensiero e questa tensione racchiude tutta la forza posta in campo da Paolo VI nel fondare la Caritas in Italia, con intento prevalentemente pedagogico e animativo della Comunità intera.

Però qui mi fermo ed entrando nel merito vorrei toccare, anche se per poco e forse anche in maniera superficiale, alcuni testi biblici molto noti che tracciano appena tutta la grande questione del nostro argomento il quale però – come dicevo prima citando Schianchi – rientra nella dimensione antropologica, fortemente presente nei testi sacri.
Mi riferisco ai grandi interrogativi sull’esistenza del bene e del male e sull’emergere e prevalere del male sul bene.
La malattia, di qualsiasi forma essa sia, nella Bibbia è considerata generalmente come causata da una colpa, sia essa personale, sia essa comunitaria. Si possono citare i diversi episodi dei Vangeli in cui, a fronte di certe malattie, gli apostoli chiedono a Gesù chi sia la causa del male, il soggetto in questione oppure qualcuno dei suoi avi. Per tale motivo si genera una sorta di letteratura nella quale la persona ritenuta giusta è classificata come benedetta da Dio, mentre il malvagio non lo è.
Prendo come icona il Salmo 1, che poi viene ripreso e quasi confutato dal profeta Geremia. Esso dice: «1. Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; 2 ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. 3 Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere. 4 Non così, non così gli empi: ma come pula che il vento disperde; 5 perciò non reggeranno gli empi nel giudizio, né i peccatori nell’assemblea dei giusti. 6 Il Signore veglia sul cammino dei giusti, ma la via degli empi andrà in rovina».
Ci sono tratti nella Sacra Scrittura in cui questa visione viene quasi messa in dubbio, soprattutto in epoca sapienziale e dell’esilio. In merito, come dicevo prima, si esprime il profeta Geremia il quale al capitolo 12 si esprime con queste parole: «1 Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa contendere con te, ma vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché la via degli empi prospera? Perché tutti i traditori sono tranquilli? 2 Tu li hai piantati ed essi mettono radici, crescono e producono frutto; sei vicino alla loro bocca, ma lontano dal loro intimo».
Più avanti, al capitolo 17, riprende il discorso contestato e sottolinea quanto espresso dal Salmo 1: «Geremia 17,5-8, 5. Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore si allontana il suo cuore. 6 Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. 7 Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. 8 Egli è come un albero piantato lungo l’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell’anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti».
La questione in un certo qual modo rimane irrisolta e rimane tale perché non può essere risolta mediante argomentazioni. Tuttavia al capitolo 18 il profeta ha la rivelazione da parte di Dio mediante la metafora del vasaio il quale, dopo avere verificato la non consistenza del vaso, lo rimpasta. Con questa metafora viene simboleggiata la distruzione di Gerusalemme… ma al contempo si annuncia anche il ritorno dall’esilio. Questo non si configura come una restaurazione quanto piuttosto come una novità assoluta: Faccio una cosa nuova.
In questo contesto, al capitolo 31, è molto bella e significativa la descrizione di coloro che ritorneranno e coloro che precedono, che aprono il corteo, che sono le categorie di coloro che sono inabili al cammino: Cieco, Zoppo, Donna incinta, e la Partoriente. Dei Vangeli cito soltanto Marco 3,1-6: «1 Entrò di nuovo nella sinagoga. C’era un uomo che aveva una mano inaridita, 2 e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo. 3 Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: “Mettiti nel mezzo!”. 4 Poi domandò loro: “È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». 5 Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: “Stendi la mano!”. La stese e la sua mano fu risanata. 6 E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire».
Da notare come Gesù compie due gesti molto interessanti e significativi. Il primo è dato dal cambio di prospettiva e quindi di attenzione nei confronti della persona fragile: lo mette al centro. Il secondo, il “centro”, necessita di essere preso in considerazione o per il bene o per il male.
A questo proposito si potrebbe anche richiamare l’episodio dell’adultera la quale venne posta al centro dell’attenzione di Gesù da parte di coloro che ne volevano la condanna.
Nel caso dell’uomo della mano inaridita Gesù pone una domanda semplice che avrebbe richiesto una risposta altrettanto scontata. Ne consegue, invece, un silenzio totale. Da qui l’indignazione di Gesù nei loro confronti. Da questo deriva il grande insegnamento che davanti alle fragilità il silenzio rimane sempre uno scandalo vergognoso per tutti.

Per quanto riguarda la storia della Chiesa, rimando al contributo di Matteo Schianchi, Chiesa e Disabilità Un lungo rapporto non troppo controverso, sempre nel citato libro A Sua immagine? Figli di Dio con disabilità.
La Chiesa ha sempre avuto una certa attenzione verso le persone fragili fin dal tempo apostolico. In calce alle decisioni del Concilio di Gerusalemme (cfr. Atti degli Apostoli), viene raccomandato all’apostolo Paolo di non dimenticarsi dei poveri. Sempre nel periodo apostolico si ha la costituzione dei Diaconi per il sevizio delle mense. In tutto questo qualcuno intravede una sorta di delega nel servizio, piuttosto che una presa di coscienza collettiva.
Tuttavia bisogna affermare che l’attenzione vi è sempre stata. In merito si possono richiamare le istituzioni degli Ospedali e dei diversi luoghi di carità. Qualcuno li ha giudicati come luoghi di separazione, se non addirittura di ghettizzazione. Mi piace però evidenziare ancora quanto scritto da Colmegna: «Stare dove non vince il potere dell’aiuto, ma l’uguaglianza della fraternità» e a questo punto citare almeno una storia reale verificatasi nell’anno Mille dell’era cristiana, egregiamente raccontata in forma di autobiografia del personaggio da Maria Giulia Cotini, al quale volentieri rimando sia in omaggio a Maria Giulia sia in ossequio al grande Ermanno di Reichenau, Hermannus Contractus, lo “smeraldo nella pietra”. Un testo di scorrevole lettura, dove l’autrice identifica la propria esperienza di persona con disabilità, con quella dello “storpio” Ermanno affidato ai monaci di un monastero, che con tanta pazienza e determinazione hanno contribuito a far sì che, colui che era destinato ad essere rifiutato, diventasse astronomo, matematico, musicologo e compositore di preghiere che ancora usiamo dopo più di mille anni (Salve Regina, Alma Redentoris Mater), fino ai tempi della Chiesa del Concilio Vaticano II. In particolare la Gaudium et Spes dichiara l’intento e il proposito dei padri conciliari. Già il titolo del proemio (Intima unione della Chiesa con l’intera famiglia umana) dà la chiave di lettura di quanto verrà dichiarato in seguito: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».

Il ruolo della Chiesa è quello di annunciare e testimoniare Cristo, il quale ha distrutto ogni muro di separazione. La Chiesa non annuncia se stessa e quando ha cercato di farlo, dice Papa Francesco, si è dimostrata ridicola ed è incorsa nella mondanità spirituale.

Ringraziamo Giovanni Merlo per la collaborazione.

*Vescovo della Diocesi di Terni, Narni e Amelia. Intervento pronunciato nel corso del convegno “A Sua Immagine. ‘Us’ not ‘Them’”, tenutosi il 6 marzo 2025 ad Assisi (Perugia) (se ne legga la nostra presentazione).

L'articolo Il ruolo della Chiesa e la distruzione di ogni muro di separazione proviene da Superando.

La Salute deve rimanere un diritto universale, senza discriminazioni nei confronti dei più vulnerabili

Superando -

«L’introduzione di misure come quell’emendamento al Disegno di Legge su “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria” – scrive Vincenzo Falabella – rappresenta una preoccupante deriva per il sistema sanitario nazionale, con gravi implicazioni per i diritti delle persone vulnerabili e in particolare proprio per quelle con disabilità»

Il recente emendamento n. 13.0.4 al Disegno di Legge su Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria rappresenta una preoccupante deriva per il sistema sanitario nazionale, con gravi implicazioni per i diritti delle persone vulnerabili e in particolare proprio per quelle con disabilità. L’introduzione di un provvedimento come questo potrebbe altresì coincidere con l’avvio di un vero e proprio processo di privatizzazione della Sanità Pubblica, mettendo a rischio i princìpi fondanti del Servizio Sanitario Nazionale, universalità, equità e gratuità.
Il provvedimento in discussione, infatti, permette ai fondi sanitari integrativi di erogare prestazioni anche in àmbito sanitario, su prestazioni parzialmente comprese nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Questo non solo porta a una duplicazione dei servizi, ma rischia anche di generare una confusione enorme nei percorsi di cura, con il pericolo concreto di lasciare ai margini le persone che non possono permettersi di accedere ai servizi privati.
In pratica, si assiste alla creazione di un sistema sanitario a due velocità: uno per chi ha la possibilità economica di accedere ai fondi sanitari integrativi, e l’altro per chi, purtroppo, è costretto a fare affidamento esclusivamente sul sistema pubblico, che sempre più spesso risulta inadeguato a garantire una copertura universale e tempestiva.

In un Paese come il nostro, dove la Costituzione sancisce il diritto alla salute come diritto universale, non possiamo permettere che il sistema sanitario venga frammentato.
L’introduzione di misure come quella proposta, che consentono una parziale estensione dei fondi integrativi nelle aree già coperte dai LEA, non fa altro che accentuare le disuguaglianze e creare un sistema sanitario che di pubblico ha sempre meno. Il rischio concreto, come detto, è quello di favorire il rafforzamento del settore privato a discapito di quello pubblico, aumentando le disuguaglianze nell’accesso alle cure e creando discriminazioni nei confronti dei più vulnerabili.

La nostra richiesta al Legislatore, pertanto, è chiara: aprire un dibattito serio e approfondito su questo tema, evitando soluzioni affrettate che possano danneggiare il sistema sociosanitario. In altre parole è necessaria una riforma del settore sanitario che non lasci spazio a interpretazioni ambigue o ingiustizie sistemiche. Una riforma che tuteli in modo inequivocabile i diritti delle persone con disabilità e di tutti i cittadini e le cittadine, senza compromettere l’accesso alle cure per chi non ha i mezzi per ricorrere a forme di assistenza private.
Siamo infatti fermamente convinti che la Sanità debba rimanere un diritto universale, accessibile a tutti e tutte, senza discriminazioni economiche. Ogni intervento legislativo deve rispettare i principi di equità, accessibilità e solidarietà che sono alla base del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Non possiamo permettere che la salute diventi una merce per pochi, ma dobbiamo lavorare affinché ogni cittadino, indipendentemente dalla propria condizione economica, possa accedere alle stesse opportunità di cura e protezione.

L’emendamento al centro del dibattito attuale rischia dunque di portare a una Sanità sempre più iniqua, in cui solo chi potrà permetterselo avrà accesso a cure adeguate, mentre i più vulnerabili resteranno esclusi. Non possiamo accettare che questo accada: è fondamentale che il sistema sanitario pubblico venga preservato, rafforzato e reso ancora più inclusivo, in modo che possa continuare a garantire il diritto alla salute per tutti, senza eccezioni.

*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

L'articolo La Salute deve rimanere un diritto universale, senza discriminazioni nei confronti dei più vulnerabili proviene da Superando.

A Novara una rivisitazione inclusiva di “Shrek – il Musical”

Superando -

Inclusione e spettacolo: le persone dell’Associazione Il Timone di Novara metteranno in scena il 25 marzo una rivisitazione inclusiva di “Shrek – Il Musical”, spettacolo conclusivo del progetto “Tutti in scena”. Il ricavato della vendita dei biglietti  sarà destinato a finanziare le attività dell’Associazione rivolte ai bambini e bambine con disabilità in età evolutiva I giovani e le giovani del Timone sul palco

Il 25 marzo le persone dell’Associazione Il Timone di Novara porteranno sul palco del Teatro Coccia, come spettacolo finale del progetto Tutti in scena, una rivisitazione inclusiva di Shrek – il Musical, nata dalla collaborazione con la Scuola del Teatro Musicale e avvalendosi del patrocinio del Comune di Novara.
L’obiettivo del progetto Tutti in scena è quello di sviluppare l’autonomia, le abilità personali e favorire l’inclusione dei giovani con disabilità attraverso attività laboratoriali teatrali e musicali.
In tal senso, uno staff composto da insegnanti di canto, recitazione e movimento coreografico – professionisti della Scuola Teatro Musicale di Novara – coadiuvati dalle educatrici del Timone, hanno seguito 28 giovani nelle attività attoriali, musicali e coreutiche.

Tutto il ricavato della vendita dei biglietti sarà destinato a finanziare le attività del Timone rivolte ai bambini/bambine con disabilità in età evolutiva (18 mesi/16 anni).
Il giorno successivo, 26 marzo (ore 11), andrà poi in scena una replica con ingresso gratuito su prenotazione per gli alunni delle scuole della città e per le associazioni del territorio che si occupano di disabilità. (C.C.)

La locandina. La prevendita è disponibile presso la biglietteria del Teatro Coccia (Via Fratelli Rosselli, 47, Novara). Per informazioni: Pasquale Martinelli (pasquale.martinelli@deagostini.it).

L'articolo A Novara una rivisitazione inclusiva di “Shrek – il Musical” proviene da Superando.

Arte e cultura accessibili: strategie e strumenti

Superando -

Nell’àmbito di un progetto selezionato da Con i Bambini, il Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona ha promosso per il 24 e il 31 marzo due webinar a partecipazione gratuita, dal titolo complessivo di “Arte e cultura accessibili: strategie e strumenti”, in collaborazione con il Museo Tattile Statale Omero

Nell’àmbito di un progetto selezionato dall’Impresa Sociale Con i Bambini (Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile), il Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona ha promosso per i pomeriggi del 24 e del 31 marzo (ore 14.30-17) due incontri online a partecipazione gratuita, dal titolo complessivo di Arte e cultura accessibili: strategie e strumenti, in collaborazione con il Museo Tattile Statale Omero del capoluogo marchigiano.
Lunedì 24, dunque, il webinar si intitolerà Per una cultura senza barriere. Buone pratiche e suggerimenti per esperienze di cultura e arte accessibili e sarà condotto da Annalisa Trasatti, coordinatrice dei Servizi del Museo Omero, mentre lunedì 31 il tema sarà Progettare e comunicare accessibile. Curare i contenuti per un linguaggio inclusivo e digitale accessibile, a cura di Monica Bernacchia, referente del Dipartimento Comunicazione nello stesso Museo Omero. (S.B.)

Per iscriversi accedere a questo link. Per ulteriori informazioni: l.gambelli@centropapagiovanni.it.

L'articolo Arte e cultura accessibili: strategie e strumenti proviene da Superando.

Modelli di cura per le neurofibromatosi

Superando -

Le neurofibromatosi di tipo 1 e di tipo 2, sia in età pediatrica che in età adulta, le ricadute neurologiche che queste patologie comportano, come affrontare la fase della transizione dal bambino all’adulto e la necessità di un supporto concreto per i pazienti e le famiglie: saranno questi i temi dell’incontro “Le neurofibromatosi. Un modello di cura lifelong”, promosso per il 22 marzo a Napoli dall’Università Vanvitelli, in collaborazione con l’Associazione ANANAS

«Parlare di neurofibromatosi di tipo 1 e di tipo 2, sia in età pediatrica che in età adulta, delle ricadute neurologiche che queste patologie comportano, di come affrontare la delicata fase della transizione dal bambino all’adulto e della necessità di un supporto concreto per il paziente e la famiglia»: così l’ANANAS (Associazione Nazionale Aiuto per la Neurofibromatosi Amicizia e Solidarietà) presenta i temi che verranno approfonditi nella mattinata del 22 marzo a Napoli (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli”, Aula Magna SG2 – Clinica Pediatrica, Via de Crecchio, 4, ore 9), durante il convegno denominato Le neurofibromatosi. Un modello di cura lifelong, evento reso possibile grazie alla collaborazione tra il Centro di Riferimento Regionale per le Neurofibromatosi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli e la stessa ANANAS.
L’incontro, a partecipazione gratuita, sarà aperto a medici, psicologi e psicoterapeuti, infermieri e operatori del settore, ma anche e soprattutto a pazienti e familiari, vero cuore pulsante dell’evento. (S.B.)

A questo link è disponibile il programma completo, a quest’altro link un testo di ulteriore approfondimento sui contenuti. Per altre informazioni: segreteria@ananasonline.it.

L'articolo Modelli di cura per le neurofibromatosi proviene da Superando.

Come contribuire a “liberare” i dati sulla disabilità

Superando -

«Liberiamo i dati sulla disabilità! Scarica la guida per aiutarci a rispondere alle domande: “Quante sono le persone con disabilità?”, “Quali sono i loro bisogni e il loro potenziale inespresso?”»: è l’invito della Fondazione FightTheStroke e della sua partecipata FTS, che hanno elaborato il toolkit “The CANDY Model”, finalizzato appunto a promuovere la raccolta e la diffusione di dati aperti e accessibili sulla disabilità, replicando nel contesto europeo quanto realizzato in Italia con il progetto “Disabled Data” Particolare di elaborazione grafica di immagini dal portale “Disabled Data”, che rappresenta diverse schermate del portale dati, a cura di Maurizio Piacenza

 

Dopo il lancio, nell’ottobre 2022, di cui avevamo riferito anche sulle nostre pagine, del progetto Disabled Data in Italia, piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio, con il supporto di onData, per aprire i dati a un pubblico più ampio, dal primo semestre dello scorso anno la stessa Fondazione FightTheStroke ha avviato il progetto DDEEP (acronimo che sta per Disabled Data European Engagement Path).

In sostanza, DDEEP, guidato dalla società partecipata FTS, ha provato a standardizzare un approccio basato sulle pratiche di innovazione e ricerca responsabili (ORRI), esaminando le esigenze di dati sulla disabilità in tutta Europa e proponendo buone pratiche per replicare il progetto italiano in altri Paesi. Il tutto ha visto il coinvolgimento diretto di Francesca Fedeli e Francesca Folda per FTS, che nel corso del 2024 hanno appunto studiato come replicare l’approccio ai dati di Disabled Data per l’elaborazione delle politiche europee. E questo con un duplice obiettivo: da un lato ampliare il set di dati disponibile, dall’altro stimolare la società civile e i beneficiari diretti a richiedere dati equi, corretti, aperti e accessibili sulla disabilità al di là l’Italia, ovvero a livello europeo.

Proprio nell’àmbito del progetto DDEEP è stato elaborato il toolkit (kit di strumenti) denominato The CANDY Model (scaricabile a questo link), al fine di fornire guida e supporto con un linguaggio semplice e accessibile a tutte le categorie di stakeholder (soggetti interessati): persone con disabilità, caregiver, rappresentanti di associazioni non profit che si occupano di disabilità con molteplici prospettive (comunicazione, raccolta fondi, ricerca, assistenza diretta…), medici, ricercatori sanitari, funzionari della Sanità Pubblica, statistici e rappresentanti degli Uffici Statistici Nazionali e internazionali, rappresentanti dei governi locali, ricercatori internazionali sulla raccolta dati sulla disabilità, esperti di dati aperti, designer.

«Liberiamo i dati sulla disabilità! Scarica il toolkit per aiutarci a rispondere a queste domande: Quante sono le persone con disabilità? Quali sono i loro bisogni? Qual è il loro potenziale inespresso?», è questo l’invito che arriva dalla Fondazione FightTheStroke e FTS. E ancora: «Le disabilità sono ovunque e nel corso della vita, almeno temporaneamente, riguardano ciascuno di noi. Ma la mancanza di dati coerenti, completi, accessibili, aperti, non consente di vederle e di affrontarle. Promuovi la raccolta e la diffusione di dati aperti e accessibili sulla disabilità sul modello che la Fondazione Fight The Stroke ha proposto con DisabledData».

Un’iniziativa importante e ambiziosa, dunque, perché senza dati sulla disabilità, le stesse persone con disabilità non esistono nella definizione delle politiche. Per questo, in conclusione, invitiamo tutti e tutte a partecipare e a scaricare il toolkit The CANDY Model, ricordando ancora il link di riferimento. (Simona Lancioni)

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

L'articolo Come contribuire a “liberare” i dati sulla disabilità proviene da Superando.

Giulia Lamarca: viaggi, maternità e la sfida quotidiana contro le barriere (anche mentali)

Superando -

Psicologa, formatrice aziendale e travel blogger, moglie e madre di due bambini, Giulia Lamarca è una giovane donna con disabilità motoria, che ha saputo trasformare le sfide della vita in opportunità. Abbiamo approfondito direttamente con lei il suo percorso, le difficoltà che affronta quotidianamente e il messaggio che desidera trasmettere Giulia Lamarca

Psicologa, formatrice aziendale e travel blogger, moglie e madre di due splendidi bambini, Giulia Lamarca è una giovane donna, dalla tempra forte, che ha saputo trasformare le sfide della vita in opportunità. La sua storia prende una svolta significativa nel 2011, quando un incidente in motorino segna il suo incontro con la carrozzina, cambiando improvvisamente il corso della sua vita. Lungi dal lasciarsi abbattere, ha intrapreso un percorso di resilienza e determinazione, diventando un’attivista digitale che sensibilizza il pubblico sulle tematiche legate alla disabilità.
Insieme al marito, fisioterapista e compagno di viaggio, ha girato il mondo, documentando le loro avventure nel blog My Travels: The Hard Truth e sui social media, dove conta oltre mezzo milione di followers. Giulia è anche autrice del libro Prometto che ti darò il mondo (De Agostini, 2021), in cui racconta la propria esperienza di vita e di viaggio.
Abbiamo approfondito direttamente con lei il suo percorso, le difficoltà che affronta quotidianamente e il messaggio che desidera trasmettere.

Lei, Giulia, ha trasformato un evento traumatico in un’opportunità per ispirare e sensibilizzare. Qual è stata la spinta che l’ha portata a condividere la sua storia e a diventare una voce così influente sui social?
«Avevo voglia di condividere per poter essere utile a qualcuno, ma allo stesso tempo volevo esplorare me stessa e farmi conoscere per quella che sono. Molto spesso, quando le persone vedono la disabilità, pensano che tu sia solo quello. Desideravo farmi conoscere per tutto il resto. Ho pensato: lo faccio online, così non devo lottare poi tutti i giorni con quello stereotipo. Da lì è partito tutto».

Il viaggio è sempre stato una parte centrale della sua vita e del suo percorso professionale. Quali sono le principali difficoltà che incontra quando viaggia e come riesce a superarle? E il nostro è un Paese accessibile rispetto ad altri in cui le è capitato di andare?
«Le difficoltà principali sono i luoghi. Devi sempre indagare se sono accessibili e quanto lo sono. Poi gli spostamenti, che sono sempre difficili. I bagni sono sempre chiusi o non ci sono. Il nostro Paese non è il peggiore, ma deve fare molto di meglio. Secondo me, insomma, per l’Italia è arrivato il momento di costruire meglio».

Essere madre e donna in carrozzina porta con sé sfide e pregiudizi. Quali sono le difficoltà maggiori che ha affrontato e come le ha superate nel suo ruolo di mamma?
«Non saprei dire quali siano le difficoltà maggiori, perché sono le stesse che affronto come donna con disabilità, ma con una differenza fondamentale: ora, se qualcuno discrimina me, discrimina anche mio figlio ed è un aspetto di cui si parla poco, ma che ha un impatto enorme. Quando diventi madre, infatti, non sei più solo responsabile di te stessa, ma anche di un’altra vita e se il mondo non è pronto ad accettare te, automaticamente non è pronto ad accettare tuo figlio accanto a te.
Significa dover affrontare sguardi di stupore o diffidenza, domande fuori luogo, il pregiudizio di chi pensa che una madre in carrozzina non possa essere all’altezza del proprio ruolo. Le barriere, poi, non sono solo architettoniche, ma anche culturali. Per esempio, ci si aspetta sempre che io abbia bisogno di aiuto per accudire i miei figli, anche quando non è così. Oppure si dà per scontato che la mia maternità sia stata una scelta “coraggiosa” o “difficile”, quando in realtà è semplicemente la mia vita, proprio come per qualsiasi altra madre.
Quello che vorrei far capire è che una madre con disabilità non è meno madre delle altre, ma spesso è costretta a lottare più di loro per vedersi riconosciuto questo ruolo senza se e senza ma».

Ha mai avuto difficoltà nel trovare una nuova casa adatta alle sue esigenze a causa delle barriere architettoniche? E crede che in Italia si stia facendo abbastanza per garantire l’accessibilità abitativa?
«Per trovare la casa dove abitiamo adesso ci avevo messo un anno e mezzo, ora abbiamo bisogno di una casa più grande e sono due anni che la cerchiamo, ma nulla.
No, in Italia siamo messi malissimo sulle case: sono vecchie, con barriere, e la legge non ci è d’aiuto. Non è possibile mettere un montascale ovunque e, comunque, occorre tempo per installarne uno. Per altro, anche molte case di nuova costruzione non sono comunque realmente accessibili».

Lei è anche formatrice aziendale: secondo la sua esperienza, il mondo del lavoro è realmente pronto ad accogliere la diversità e l’inclusione o c’è ancora da fare in questo senso?
«Io spero di sì e credo di sì. Mi spaventa però questo periodo storico in cui alcuni chiedono di togliere le politiche di inclusione. Quindi sì, c’è ancora tantissimo da fare e spero in aziende coraggiose e lungimiranti».

Nel suo libro Prometto che ti darò il mondo, racconta il suo percorso e le sue esperienze. C’è un messaggio particolare che vorrebbe trasmettere a chi sta affrontando una situazione di difficoltà simile alla sua?
«Di cercare la felicità, di trovare qualcosa che li renda felici davvero. Spesso, quando affrontiamo una difficoltà grande, che sia una disabilità o un momento complicato della vita, rischiamo di chiuderci in noi stessi e di convincerci che certe cose non siano più alla nostra portata. È facile lasciarsi frenare dalla paura, dal giudizio degli altri o dalle limitazioni che la società ci impone. Ma la felicità non è qualcosa che arriva da sola, va cercata attivamente. Significa non smettere di sognare, di fare progetti, di credere che ci sia ancora spazio per noi nel mondo, anche quando tutto sembra dire il contrario. A volte la felicità si trova in posti inaspettati, in nuove strade che prima non avevamo considerato. Il messaggio che voglio trasmettere, quindi, è di non precludersi nulla da soli. Non dobbiamo essere noi i primi a porci dei limiti, perché la vita ha sempre qualcosa da offrirci, anche nei momenti più difficili. E soprattutto, meritiamo di essere felici, senza per questo doverci giustificare o sentire in difetto».

L'articolo Giulia Lamarca: viaggi, maternità e la sfida quotidiana contro le barriere (anche mentali) proviene da Superando.

Giornata per le Malattie Neuromuscolari: 19 incontri, 40 Centri di Ricerca e 30 Associazioni

Superando -

Offrire un aggiornamento sullo stato dell’arte a livello nazionale, regionale e territoriale sulla diagnosi, la terapia e la presa in carico delle persone con malattie neuromuscolari: è lo scopo dell’ottava Giornata per le Malattie Neuromuscolari, evento rivolto ai pazienti e alle loro famiglie, che il 22 marzo si articolerà su 19 incontri in contemporanea in altrettante città italiane, coinvolgendo 40 Centri di Ricerca e 30 Associazioni

19 incontri in contemporanea in altrettante città italiane (l’elenco in calce), con 40 Centri di Ricerca e 30 Associazioni coinvolte: sarà tutto questo, il 22 marzo, l’ottava Giornata per le Malattie Neuromuscolari (distrofie muscolare, atrofia muscolare spinale, miotonie. miastenie ecc.), evento che grande successo ha ottenuto negli anni scorsi, frutto di un progetto ideato e sostenuto dalle Associazioni laiche e dalle Associazioni scientifiche (AIM-Associazione Italiana di Miologia e ASNP-Associazione Italiana per lo Studio del Sistema Nervoso Periferico) che si occupano appunto di malattie neuromuscolari e che è rivolto ai pazienti e alle loro famiglie.

Scopo dell’iniziativa è segnatamente quello di offrire un aggiornamento sullo stato dell’arte a livello nazionale, regionale e territoriale sulla diagnosi, la terapia e la presa in carico delle persone con malattie neuromuscolari, sempre partendo dal presupposto che una diagnosi tempestiva e una gestione multispecialistica appropriata siano fondamentali per migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Il tutto prevede il coinvolgimento, nei vari incontri, di neurologi, fisiatri, medici di medicina generale, medici pediatri di famiglia e pediatri, neuropsichiatri infantili, fisioterapisti, biologi, genetisti, infermieri, psicologi, caregiver e tutti coloro i quali quotidianamente prendono parte alla gestione globale delle persone con malattie neuromuscolari. (S.B.)

Queste le città coinvolte nell’ottava Giornata per le Malattie Neuromuscolari: Ancona; Bari; Bologna; Brescia; Cagliari; Chieti; Genova; Messina; Milano; Napoli; Padova (con Verona); Palermo; Parma; Pisa; Roma; Siena; Torino; Trento; Trieste (con Udine).
A questo link sono disponibili i programmi di tutti gli incontri previsti, a quest’altro link un approfondimento su quello di Bologna, a cura di Deborah Annolino.

L'articolo Giornata per le Malattie Neuromuscolari: 19 incontri, 40 Centri di Ricerca e 30 Associazioni proviene da Superando.

In questa scuola che non capisco

Superando -

«C’è l’amaro in bocca – scrive Paola Di Michele – per chi si occupa di inclusione scolastica da tanto tempo e lavora da decenni per una scuola e un mondo più giusti, vedere l’inclusione stessa distorta in molti, troppi modi. La sensazione crescente è quella di chi è impossibilitato a comprendere perché la retorica politica e la furbizia sconfiggano così a mani basse una certa idea di giustizia sociale, sempre più fuori moda»

Ferve in questi giorni il dibattito sul cosiddetto “Decreto Continuità” (Decreto Ministeriale 32/25), che consente alle famiglie, previa approvazione del Dirigente Scolastico, di chiedere la continuità dell’insegnante di sostegno “precario”.
Due considerazioni preliminari; la prima riguarda la precarietà strutturale per cui il nostro sistema scolastico è in procedura di infrazione presso l’Unione Europea, ovvero l’avere docenti che continuano ad essere utilizzati annualmente con più di tre anni di servizio.
La seconda questione riguarda l’amplissimo uso delle cosiddette “cattedre in deroga”, ovvero quei posti che esistono ma non fanno parte dell’organico. Tanto per comprendere la dimensione del fenomeno, i recenti “concorsi PNRR hanno messo a bando poco più di duecento cattedre nella prima tornata e solo dodici nella seconda per la Regione Lazio. Ora, bisogna comprendere che, nella sola città di Roma, lavorano almeno 3.000 docenti con cattedra annuale in deroga. Ovvero, la precarietà strutturale che è la vera ragione della mancanza di continuità.

Detto questo, non è difficile per nessuno comprendere perché i genitori degli studenti con disabilità abbiano disperato bisogno di continuità dell’insegnante di sostegno ma è altrettanto semplice da comprendere che, “se il popolo ha fame, la soluzione non sono le brioches”!
Ovvero, bisogna evitare nel modo più assoluto di creare contrapposizioni assolutamente nocive fra le famiglie (e i loro sacrosanti diritti) e la categoria degli insegnanti, i quali giustamente, a mio parere, stanno mobilitando i sindacati di categoria contro un provvedimento che offre la stura non solo a violazioni in tema di trasparenza amministrativa, ma crea un forte vulnus nella necessaria distanza insita nella relazione educativa.

Rispetto alla trasparenza, appare evidente che i posti “richiesti” dovranno essere accantonati dagli Uffici Scolastici Provinciali prima di far partire il “sistemone” dell’algoritmo, il quale assegna le cattedre in modo automatico e secondo una serie di criteri complessi (il numero di richieste per una data scuola, la posizione mutevole in graduatoria ecc.), e in modo che non può essere modificato dall’esterno. Per inciso, chi scrive, ormai da quattro anni, compila la domanda delle 150 scuole per le supplenze sempre al medesimo modo e il “sistemone” la assegna ogni volta a scuole diverse.
Un’altra questione fondamentale riguarda un tema che non è stato discusso abbastanza, ovvero la qualità dell’inclusione scolastica, che avrebbe dovuto essere valutata in base al Decreto Legislativo 66/17 dall’INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa), ma che non ha mai visto la luce.
Per chi fosse a digiuno di tecnica della valutazione, essa dovrebbe basarsi su ipotesi chiare, con variabili definite e una raccolta dati condotta in un determinato modo. Non basta cioè l’osservazione dell’“uomo della strada” (ciò che in psicologia viene chiamata “valutazione ingenua”) per definire se l’inclusione sia efficace ed efficiente oppure no. I meccanismi di scelta avvengono nei modi più disparati e spesso si basano su criteri istintivi. Qualcuno ci piace perché ha un bel sorriso o perché ci dà sempre ragione.
Ecco dunque il rischio più evidente di questo Decreto, di cui, in forma diversa ho già parlato su queste stesse pagine. La scelta avviene su criteri personalistici, e riguarda solo uno specifico insegnante, come se l’inclusione (e per questo abbiamo lottato e continuiamo a farlo) riguardasse esclusivamente il docente specializzato su sostegno e non tutto il corpo docente, gli assistenti all’autonomia e comunicazione, i collaboratori scolastici, la scuola tutta, in base a quel bellissimo concetto pedagogico che è la comunità educante.

Quando mi è capitato di fare lezione agli studenti del TFA (Tirocinio Formativo Attivo), ho spesso affermato che è necessaria una deontologia dell’insegnante che purtroppo è lasciata spesso alla volontà del singolo. Questa deontologia dovrebbe iniziare proprio dal rapporto con i genitori: da comunicazioni chiare e bidirezionali (con uso di mail istituzionale e non di telefono personale, ad esempio) che coinvolgano tutti i docenti di classe, per evitare i noti meccanismi di delega. E, ancora di più, i meccanismi affettivi che gioco forza si creano (è del tutto comprensibile l’investimento emotivo, la preoccupazione e a volte la sfiducia dei genitori nell’affidare i figli a dei perfetti estranei) rischiano di sfociare in rapporti squilibrati, di familismo e collusione.
Il rischio più grande è che l’insegnante, per compiacere e non scontentare il genitore (non necessariamente per piaggeria, ma anche per genuina volontà di fare “bene”), passi sopra i propri doveri professionali e al sacrosanto principio di autonomia didattica.
Non bisogna dimenticare mai che il progetto educativo riguarda lo studente, e che a volte sono necessarie scelte difficili, da valutare in scienza e coscienza lontani da condizionamenti e ragionando in équipe con tutti i docenti curricolari.

Vorrei ricordare che, purtroppo nel totale silenzio di docenti, pedagogisti e psicologi, un meccanismo simile di scelta privatistica del professionista già avviene ed è col meccanismo di accreditamento del servizio di assistenza all’autonomia e comunicazione presente in diversi territori. Non ho alcuna difficoltà a testimoniare che ci sono stati casi di Cooperative che hanno chiesto ai propri lavoratori di distribuire volantini pubblicitari davanti alle scuole; o casi ancora più estremi in cui alcune famiglie abbiano indicato il nome di qualche familiare per svolgere il servizio.
Il rischio di violazioni c’è ed è alto; questo non si può ignorare.

Resta l’amaro in bocca di chi si occupa di inclusione da tanto tempo e la vede distorta in molti, troppi modi: dalla scelta privatista del solo insegnante di sostegno, alla mancanza di una vera e scientifica valutazione della qualità dell’inclusione scolastica; per finire con i recenti scandali legati alle graduatorie “intossicate” dai titoli culturali a pagamento, per cui, per avere la certezza di insegnare basta acquistare titoli su titoli, come nel mercato davanti alla Sinagoga, terminando con i “concorsi-lotteria” fatti di domandine mnemoniche neanche troppo ben scritte.
Ecco, per chi, come me, lavora da decenni per una scuola e un mondo più giusti, la sensazione crescente è quella di chi è impossibilitato a comprendere perché la retorica politica e la furbizia sconfiggano così a mani basse una certa idea di giustizia sociale, sempre più fuori moda.

*Insegnante di sostegno, già assistente all’autonomia e alla comunicazione.

L'articolo In questa scuola che non capisco proviene da Superando.

Corriamo insieme per salvare le Unità Spinali!

Superando -

«Per rendere ancora più incisiva la ricorrenza del 4 aprile, Giornata Nazionale della Persona con Lesione al Midollo Spinale, abbiamo deciso quest’anno – dicono dalla Federazione FAIP – di collaborare con la SIMS (Società Italiana di Midollo Spinale), nel promuovere l’evento “Corriamo insieme per salvare le Unità Spinali Codice 28 Alta Specialità Riabilitativa”, a sottolineare l’importanza di preservare e rafforzare in tutta Italia strutture essenziali quali sono le Unità Spinali Persone con lesione midollare

Indetta per il 4 aprile di ogni anno dal Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) del 28 novembre 2008, su formale istanza della FAIP, ovvero di quella che è oggi la Federazione delle Associazioni Italiane di Persone con Lesione al Midollo Spinale, la Giornata Nazionale della Persona con Lesione al Midollo Spinale ha certamente contribuito in questi anni a sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni sui temi della lesione midollare e della riabilitazione, rappresentando un’occasione importante per porre al centro dell’agenda politica le problematiche e le necessità delle persone coinvolte in queste situazioni.
«Per rendere ancora più incisiva la ricorrenza – spiegano dalla FAIP -, abbiamo deciso quest’anno di collaborare con la SIMS (Società Italiana di Midollo Spinale), nel promuovere l’evento denominato Corriamo insieme per salvare le Unità Spinali Codice 28 Alta Specialità Riabilitativa, a sottolineare l’importanza di preservare e rafforzare in tutta Italia queste strutture essenziali che sono appunto le Unità Spinali, ai fini della riabilitazione e dell’assistenza alle persone con lesione midollare».

Sostenuto dunque anche dalla Fondazione Serena Olivi e con la partecipazione del CIP (Comitato Italiano Paralimpico), l’appuntamento centrale è previsto per il 4 aprile a Roma, presso la Sala Monumentale della Presidenza del Consiglio e vi prenderanno parte Vincenzo Falabella, presidente della FAIP, Adriana Cassinis, presidente della SIMS, Luca Pancalli, presidente del CIP, la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, il ministro della Salute Orazio Schillaci e (in attesa di conferma), un referente della Conferenza delle Regioni.
Per favorire poi un ampio coinvolgimento, vi sarà un collegamento via Zoom con tutte le Unità Spinali del Paese, «ciò che permetterà – afferma il Presidente della FAIP – di fare emergere le criticità esistenti in queste strutture, che da troppo tempo si trovano ad affrontare problematiche legate alla carenza di risorse, al sovraffollamento e alla mancanza di personale specializzato. Durante l’evento, dunque, sarà fondamentale dare visibilità a queste difficoltà, impegnando direttamente i Ministri coinvolti a intervenire con politiche adeguate e misure concrete per rilanciare le stesse Unita Spinali, garantendo così una risposta sanitaria appropriata e tempestiva alle migliaia di persone con lesione al midollo spinale che vivono in Italia. È indispensabile, infatti, che le Istituzioni si facciano carico della situazione, mettendo in campo risorse e azioni per assicurare una riabilitazione di alta qualità a chi ne abbia necessità».

Da ricordare, infine, che in segno di adesione all’evento, verranno anche distribuite cinquanta magliette con il logo ufficiale della Giornata Nazionale 2025, ai Centri e alle Unità Spinali che parteciperanno all’evento. (S.B.)

Per ogni ulteriore informazione: segreteria@faiponline.it. A questo link è disponibile un documento di approfondimento sulle Unità Spinali, curato congiuntamente da FAIP e SIMS.

L'articolo Corriamo insieme per salvare le Unità Spinali! proviene da Superando.

Pagine

Abbonamento a Centri Territoriali di Supporto B.E.S. - Calabria aggregatore